T.A.R. Puglia Bari Sez. II, Sent., 09-02-2011, n. 228 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ricorso notificato il 5.11.2001, C.F. ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il parere negativo espresso il 9.7.2001 dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali alla sanatoria di opere abusive richiesta il 16.5.2001 al Comune di Locorotondo.

Deduce l’interessato che la Soprintendenza si è espressa in modo vago e generico.

La Soprintendenza per i Beni Ambientali si è costituita in giudizio.

2. – Il ricorso è fondato.

Reca il provvedimento impugnato che "l’intervento realizzato abusivamente, consistente nella costruzione di una serie di corpi di fabbrica, con annessi insediamenti abitativi a carattere industriale, di cattiva qualità architettonica si pone per la sua consistente dimensione in contrasto con i peculiari caratteri dei luoghi".

Le censure sono condivisibili.

Appartiene ad una giurisprudenza oramai consolidata il principio secondo cui il diniego di concessione edilizia deve essere motivato con puntuale e completa esposizione delle specifiche ragioni che impediscono il rilascio del titolo.

A tale onere evidentemente non può neppure sottrarsi l’Autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico chiamata a pronunciarsi in seno al procedimento di sanatoria edilizia di cui all’art. 32 della L. n. 47/85.

Assumendo infatti valore vincolante il parere espresso da tale Autorità, va da sé che il giudizio negativo comporti una compressione dello "ius aedificandi" ed il giudizio positivo una tendenziale irreversibilità dello stato dei luoghi, così da rendere necessaria l’esternazione delle ragioni della scelta operata (positiva o negativa), onde consentire di valutarne la non manifesta irragionevolezza (Cons. St. VI sez. 13/2/01 n. 685).

Orbene, nel caso di specie tale obbligo motivazionale non risulta correttamente assolto dalla Soprintendenza.

L’Organo statale infatti si limita ad affermare che le opere abusive, di cattiva qualità architettonica, si pongono per la loro "consistente dimensione in contrasto con i peculiari caratteri dei luoghi". A ragione, perciò, il proprietario dei manufatti da sanare lamenta che è mancata qualsiasi precisazione in merito ai "contenuti concreti" ed agli "indispensabili riferimenti alla reale situazione dei luoghi" e, in particolare, che si è taciuto perché "la consistente dimensione" dei manufatti da condonare, benché le opere realizzate ricadano su di un’area assai ampia (di circa 3 ettari), inciderebbe sul valore paesistico del sito al punto da renderne l’inserimento incompatibile con l’interesse pubblico tutelato.

Le censure appena esposte sono in vero condivisibili perché, in merito ai profili dell’asserito contrasto dell’intervento edilizio considerato con il paesaggio circostante, il provvedimento impugnato non contiene una specifica e dettagliata motivazione con riferimento alla ritenuta incompatibilità delle nuove opere con la valenza paesaggistica dell’area.

Sul punto vai la pena di menzionare quanto rilevato dalla giurisprudenza in materia.

Infatti, Il Consiglio di Stato ha avuto modo di evidenziare che "È illegittimo, nell’ambito della procedura di sanatoria degli abusi edilizi, il parere negativo espresso dal soggetto deputato alla tutela di un vincolo paesistico ai sensi dell’art. 32 comma 11. n. 47 del 1985, che si limiti ad una descrizione dell’intervento operato rispetto all’originario stato dei luoghi e non contenga invece una specifica motivazione in ordine al pregiudizio che all’interesse pubblico deriverebbe dall’intervento stesso." (17 ottobre 2000, n. 5557).

Inoltre, il Tar Lazio – Roma (Sez. 1ter, sentenza 02.11.2004 n. 12086) ha osservato che "Pur non spingendosi l’onere motivazionale fino al punto dell’indicazione di prescrizioni tali da rendere l’intervento edilizio assentibile, il provvedimento di diniego deve rendere intelligibili all’interessato le ragioni del ritenuto contrasto dell’opera con il paesaggio circostante, così da consentire, se del caso, l’adozione di eventuali accorgimenti volti a consentirne il recupero della compatibilità ambientale e paesaggistica".

Pertanto, alla stregua di quanto precede, assorbito ogni ulteriore profilo di illegittimità dedotto, il ricorso in esame deve riconoscersi meritevole di accoglimento, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti della P.A.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nei dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei sensi indicati in motivazione.

Condanna la Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici al pagamento delle spese di giudizio che liquida in complessivi euro 2.500,00 in favore del ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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