T.A.R. Puglia Lecce Sez. II, Sent., 09-02-2011, n. 263 Trattamento economico Pensioni, stipendi e salari Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

l’avv.to L. Longo;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La ricorrente, dipendente di ruolo del Comune di Cavallino dal 10 aprile 1985, chiede il riconoscimento del suo diritto al trattamento retributivo, assistenziale e previdenziale per le mansioni espletate, quale assistente sociale, nel periodo antecedente alla sua immissione in ruolo (dal 1979 al 1985).

Dopo aver precisato di aver lavorato al servizio del Comune di Cavallino, dapprima, sulla base di incarichi verbali (sanati con deliberazione di G.M. n. 478 del 25 settembre 1980) e, successivamente (dal 1° dicembre del 1980), sulla base di apposita convenzione, ripetutamente rinnovata, la ricorrente contesta la qualificazione giuridica del servizio anteruolo quale rapporto lavorativo d’opera professionale (ex art. 2222 c.c.), dovendo esso essere qualificato, a suo dire, come rapporto di lavoro dipendente. A sostegno della propria tesi, la ricorrente deduce i seguenti motivi:

1) Violazione di generali principi del pubblico impiego. Violazione dell’art. 2126 c.c. e degli artt. 36 e 38 Cost. Rep.;

2) Eccesso di potere. Disparità di trattamento.

Si è costituito il Comune di Cavallino, eccependo l’inammissibilità del ricorso sotto diversi profili e contestandone, comunque, la fondatezza nel merito. L’amministrazione comunale ha eccepito, altresì, la prescrizione dei crediti retributivi e previdenziali eventualmente spettanti alla ricorrente.

Nel corso del giudizio le parti con diverse memorie hanno avuto modo di rappresentare le ragioni poste alla base delle rispettive posizioni processuali.

Alla pubblica udienza del 16 dicembre 2010 la causa, dopo ampia discussione, è stata posta in decisione.

Preliminarmente, il Collegio è chiamato a verificare la fondatezza delle eccezioni sollevate dalla parte resistente.

1. In primo luogo, l’amministrazione resistente eccepisce l’inammissibilità del ricorso in quanto la ricorrente chiede il riconoscimento del trattamento economicoretributivo, assistenziale e previdenziale per le mansioni svolte dalla ricorrente al servizio del Comune di Cavallino nel periodo compreso tra il 1979 ed il 1985 senza chiedere nel contempo l’accertamento della natura giuridica del relativo rapporto lavorativo.

L’eccezione è infondata.

La ricorrente contesta la qualificazione formale del rapporto lavorativo intercorso nel periodo antecedente alla sua immissione in ruolo, per cui, ancorché non chieda espressamente l’accertamento della natura del rapporto lavorativo ante ruolo, tale domanda deve ritenersi implicita nella richiesta delle differenze retributive e contributive per le mansioni svolte quale assistente sociale nel predetto periodo.

2. L’amministrazione resistente eccepisce poi l’inammissibilità (rectius, irricevibilità) del gravame per la mancata tempestiva impugnazione dei provvedimenti comunali che qualificavano in termini di opera professionale, ai sensi dell’art. 2222 c.c., il rapporto di lavoro intercorso tra la ricorrente ed il Comune di Cavallino nel periodo compreso tra il 1979 ed il 1985.

Anche questa eccezione non può essere condivisa.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale condiviso dal Collegio, l’azione diretta al conseguimento delle differenze retributive ragguagliate al trattamento del personale di ruolo di corrispondente qualifica ed alla regolarizzazione della posizione contributivoprevidenziale, che presuppone l’accertamento della sussistenza di un dissimulato rapporto di pubblico impiego (c.d. di locatio operarum) sotto la veste di un contratto d’opera professionale ex art. 2222 c.c. (c.d. di locatio operis) non ha carattere impugnatorio, bensì di accertamento, in sede di giurisdizione esclusiva, di diritti soggettivi a contenuto patrimoniale; tale azione, pertanto, va proposta nell’ordinario termine di prescrizione del diritto e prescinde dalla impugnazione, nel termine decadenziale, degli atti che abbiano formalmente impresso una diversa configurazione e qualificazione al rapporto (Tar Campania, Napoli, Sez. III 3 maggio 2007 n. 4698; Tar Campania, Napoli, Sez. V 7 dicembre 2004 n. 18520).

Orbene, nel caso di specie, il ricorso, ancorché sia stato presentato solo nel 1999 (a distanza di oltre dieci anni dal rapporto lavorativo di qualificazione controversa), deve considerarsi tempestivo in considerazione delle numerose istanze presentate dalla ricorrente medesima, da qualificarsi come veri e propri atti interruttivi della prescrizione (istanza del 9 gennaio 1986 prot. n. 232; istanza del 27 luglio 1989 prot. n. 4879; istanza del 1° giugno 1990 prot. n. 3709; istanza del 19 maggio 1995 prot. 4197; diffida dell’8 gennaio 1997).

3. L’amministrazione resistente eccepisce, infine, l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Anche questa eccezione deve essere disattesa.

Occorre rilevare, infatti, che l’accertamento della avvenuta instaurazione di un rapporto di pubblico impiego tra la ricorrente ed il Comune di Cavallino rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, trattandosi di questione relativa al periodo di lavoro anteriore al 30 giugno 1998, proposta entro il 15 settembre 2000 (art. 69, comma 7°, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165).

Il ricorso è, tuttavia, infondato nel merito.

4. Con il primo motivo, la ricorrente, dopo aver richiamato la natura delle mansioni cui era adibita, deduce, quali indici rivelatori, nel caso de quo, della natura di pubblico impiego: la continuità e la regolarità delle prestazioni svolte; il fatto che la ricorrente nell’espletamento di dette mansioni utilizzasse locali ed attrezzature messe a disposizione dell’Ente; il carattere predeterminato della retribuzione; l’orario della prestazione lavorativa fissato in 36 ore settimanali.

A suo dire, gli elementi sopra richiamati sarebbero idonei a superare la qualificazione formale (nomen iuris) del rapporto lavorativo de quo in termini di prestazione d’opera professionale ex art. 2222 c.c..

A conferma della propria tesi, viene addotta la circostanza che la ricorrente, a seguito del superamento di un concorso, sarebbe stata poi definitivamente assunta in ruolo con la qualifica di assistente sociale.

Ciò detto, la ricorrente, consapevole della nullità degli atti di assunzione nel pubblico impiego adottati in violazione di norme imperative, invoca l’applicazione dell’art. 2126 del c.c. ai fini del pagamento delle differenze retributive e della regolarizzazione della posizione contributiva.

La tesi della ricorrente non può essere condivisa.

Il discrimen tra il rapporto di pubblico impiego (c.d. di locatio operarum) ed il rapporto d’opera professionale ex art. 2222 c.c. (c.d. di locatio operis) viene comunemente individuato nel fatto che il primo si connota essenzialmente per il vincolo di subordinazione gerarchica, per lo stabile inserimento del lavoratore nella organizzazione dell’ente, per la soggezione agli ordini di servizio dei superiori gerarchici, nonché per la esclusività delle prestazioni rese.

Nel caso di specie, la ricorrente non solo non prova, ma nemmeno allega il vincolo di subordinazione gerarchica e la soggezione ai poteri di direttiva dei superiori gerarchici (non è stata documentata l’emanazione di un solo ordine di servizio) né tantomeno si sofferma sul carattere di esclusività della prestazione lavorativa svolta al servizio del Comune di Cavallino.

A giudizio del Collegio, gli elementi addotti dalla ricorrente a sostegno della propria tesi (la continuità della prestazione, l’uso delle attrezzature e dei locali dell’ente, l’orario lavorativo fissato in 36 ore ed il carattere predeterminato della retribuzione) assumono un carattere meramente complementare e accessorio rispetto a quelli sopra richiamati e non sono, quindi, di per sé soli, sufficienti a riconoscere la dedotta natura pubblicistica del rapporto di lavoro.

Né può assumere un rilievo dirimente ai fini della soluzione della controversia de qua la circostanza che la ricorrente sia poi stata assunta nell’organico dell’Ente, in quanto, per ammissione della stessa ricorrente, la sua successiva assunzione è avvenuta a seguito dell’espletamento di un concorso.

E’ evidente, infatti, che la qualificazione del rapporto lavorativo svolto dalla ricorrente successivamente al superamento del predetto concorso non può estendersi retroattivamente anche al rapporto lavorativo pregresso.

Stando così le cose, la censura deve essere respinta.

5. Con l’ultima censura la ricorrente contesta la legittimità dell’azione amministrativa per eccesso di potere, sotto il profilo della disparità di trattamento.

Dopo aver premesso di trovarsi in posizione sostanzialmente analoga a quella di altri due dipendenti del Comune di Cavallino, la ricorrente lamenta il fatto che l’amministrazione comunale avrebbe raggiunto un accordo transattivo solo con questi ultimi, ponendo in essere un comportamento sperequato.

La tesi della ricorrente non può essere condivisa.

Anzitutto, il Collegio fa rilevare che, ai sensi dell’art. 1965, comma I, c.c. "la transazione è il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro".

In linea generale, quindi, la transazione ha, per sua natura, una funzione meramente deflativa del contenzioso e da essa non possono farsi derivare conseguenze in ordine alla qualificazione giuridica dei rapporti controversi.

Nel caso di specie, poi, il fatto che l’amministrazione comunale di Cavallino abbia raggiunto un accordo di natura transattiva con alcuni dipendenti è del tutto irrilevante ai fini della soluzione della controversia dedotta in giudizio.

In disparte la considerazione che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il dedotto vizio di eccesso di potere, sotto il profilo della disparità di trattamento, non può fondarsi su precedenti atti illegittimi (Consiglio di Stato, Sez. V 7 settembre 2001 n. 4670; Consiglio di Stato, Sez. IV 14.01.1997 n. 7) e che la legittimità degli atti relativi ad altri dipendenti del Comune di Cavallino non può essere scrutinata in questa sede, il Collegio fa rilevare che, in base alla documentazione versata in atti, le mansioni cui erano adibiti i dipendenti con i quali il Comune di Cavallino ha raggiunto un accordo transattivo risultano essere di natura diversa (geometra; animatrice centro sociale) rispetto a quelle svolte dalla ricorrente (assistente sociale) e che, conseguentemente, le relative posizioni sostanziali non solo fra loro comparabili, ai fini della valutazione del lamentato trattamento discriminatorio.

In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.

La natura della controversia giustifica, tuttavia, la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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