T.A.R. Puglia Lecce Sez. III, Sent., 09-02-2011, n. 240 Demolizione di costruzioni abusive Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Dal ricorso e dagli altri atti della causa emerge che:

– il sig. M. è proprietario, in Nardò, di un’abitazione sita alla via Casale 70, su un lato della quale insisteva un pozzo luce;

– nel giugno del 2008 pervenivano al Comune di Nardò due esposti nei quali veniva indicato lo svolgimento non autorizzato, da parte del M., di lavori di copertura di tale vano;

– seguiva l’istruttoria comunale e, infine, l’ordinanza di demolizione n. 396 del 29 ottobre 2009, prot. n. 42502, del Dirigente dello Sportello Unico per l’Edilizia.

2.- La stessa veniva dunque impugnata con il ricorso in esame, per i seguenti motivi:

A) Violazione e falsa applicazione degli artt. 27 e 31 d.p.r. 380/01. Violazione e falsa applicazione dei principi in materia urbanistica ed edilizia. Eccesso di potere. Erroneità dei presupposti di fatto e di diritto. Travisamento dei fatti. Violazione e falsa applicazione dell’art. 40 delle n.t.a.. Difetto di istruttoria e di motivazione.

B) Violazione dell’art. 3 l. 241/90 ss.mm.ii.. Violazione dei principi in materia di procedimento sanzionatorio. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti. Difetto di istruttoria. Violazione del principio di affidamento nell’esercizio del potere sanzionatorio in materia edilizia.

C) Violazione degli artt. 7, 8, 10 ss. l. 241/90 ss.mm.ii.. Mancata comunicazione di avvio del procedimento. Eccesso di potere. Sviamento. Difetto di istruttoria sotto altro profilo. Violazione del principio di affidamento.

3.- Tanto premesso in fatto, rileva il Collegio che il ricorso è infondato e va respinto per le ragioni che di seguito si esporranno.

4.- Rilevato anzitutto, sul piano procedimentale, che per gli ordini di demolizione di opere abusive non è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di atti dovuti e rigorosamente vincolati, con riferimento ai quali non sono richiesti apporti partecipativi del destinatario (cfr, fra le ultime, T.a.r. Campania Napoli, III, 13 luglio 2010, n. 16683; T.a.r. Lazio Roma, I, 10 maggio 2010, n. 10467; T.a.r. Toscana Firenze, III, 30 aprile 2010, n. 1182), il Tribunale osserva inoltre che:

– i lavori di copertura del pozzo luce, tali da determinare la realizzazione di un nuovo vano coperto (della superficie di mq.11,40), non potevano essere considerati, come invece dedotto dal ricorrente, assoggettati ad una mera denuncia di inizio attività, neppure in ragione di un preteso carattere pertinenziale del vano medesimo. L’art. 3 del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380, difatti, indica al primo comma lett. e) quali "interventi di nuova costruzione" quelli comportanti la trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio non ricompresi tra gli "interventi di manutenzione ordinaria", tra "gli interventi di manutenzione straordinaria", tra "gli interventi di restauro e risanamento conservativo" e, infine, tra "gli interventi di ristrutturazione edilizia". E’ dunque sufficiente considerare le caratteristiche dell’opera eseguita dal ricorrente per avvedersi che la stessa non può essere ricompresa in alcune delle suindicate categorie e costituisce, pertanto, per esclusione, intervento di nuova costruzione, la cui esecuzione è subordinata al previo rilascio del permesso di costruire, a norma dell’art. 10 del citato d.p.r. 380/01.

Ai fini urbanistici, d’altronde, la strumentalità propria della nozione civilistica di pertinenza prescinde dalla destinazione soggettivamente data dal proprietario, non potendosi in specie ritenere beni pertinenziali quegli interventi edilizi che, pur legati da un vincolo di servizio al bene principale, tuttavia non sono coessenziali ma ulteriori ad esso, in quanto per un verso suscettibili -come quello per cui è causa- di utilizzo autonomo e, per altro verso, tali da occupare aree e volumi diversi.

In tali casi l’impatto volumetrico dell’intervento, incidendo in modo permanente e non precario sull’assetto edilizio del territorio, giustifica la necessità del permesso di costruire, con conseguente applicabilità del regime demolitorio (cfr. Consiglio Stato, IV, 13 ottobre 2010, n. 7481; T.a.r. Campania Napoli, VI, 7 settembre 2009, n. 4899; T.a.r. Basilicata Potenza, I, 29 novembre 2008, n. 915; Cons. Stato, VI, 27 gennaio 2003, n. 419).

– in materia edilizia, ancora, l’ordinanza di demolizione non deve essere sorretta da una specifica motivazione circa la sussistenza dell’interesse pubblico a disporre la sanzione, in quanto non può annettersi alcun legittimo affidamento alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il tempo non può ex se legittimare, con la conseguenza che, ove sussistano i presupposti per l’adozione del provvedimento di riduzione in pristino, lo stesso costituisce atto dovuto, sufficientemente motivato con l’affermazione della abusività dell’opera (fra le altre, T.a.r. Puglia Lecce, III, 28 gennaio 2010, n. 335; T.a.r. Sicilia Palermo, III, 20 ottobre 2009, n. 1665).

Nel caso in esame, peraltro, pur in presenza di dichiarazioni ex d.p.r. 445/00 fra di loro contrastanti prodotte dal ricorrente e dalla p.a. sul punto della risalenza nel tempo della copertura in oggetto, va rilevato che nel senso di un’edificazione molto recente della medesima deponeva in maniera puntuale un contratto di vendita di un’abitazione confinante allegata agli atti dal Comune, nel corpo del quale, descrivendo l’abitazione in parola, si precisava espressamente che "il vano cucina ha una piccola finestra di affaccio sul pozzo luce di proprietà di terzi" (atto rep. n. 65192 del 25 agosto 2008).

5.- Sulla base di tutto quanto fin qui esposto, ribadite l’abusività dell’opera e l’assenza di circostanze che eccezionalmente facessero venir meno l’interesse pubblico alla sua rimozione, il ricorso de quo va dunque respinto.

6.- Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nella somma complessiva di euro 3.000, oltre agli accessori di legge.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Terza di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1488/2010 indicato in epigrafe, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio, liquidate nella somma complessiva di euro 3.000, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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