Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 26-01-2011) 14-02-2011, n. 5578 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di B.M.L. propone ricorso avverso il provvedimento del 12/03/2010 con il quale la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la misura della sorveglianza speciale applicata con provvedimento del Tribunale di Crotone, eccependo difetto di motivazione.

Si espone a riguardo che la misura venne emessa dal giudice di primo grado utilizzando quale indice di pericolosità l’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. e si lamenta che, malgrado la sopraggiunta revoca della misura disposta dal Tribunale del riesame, tale elemento di fatto non sia stato ritenuto utile, secondo il giudizio della Corte, ad escludere il necessario requisito della pericolosità, permettendo la conferma del provvedimento impugnato.

La difesa contesta che possa essere ostativo ad una nuova valutazione del giudizio di pericolosità il giudicato cautelare formatosi sui gravi indizi richiamati nell’ordinanza impositiva, come valorizzati dal giudice del gravame, ove la successiva valutazione del riesame abbia posto in dubbio la sussistenza del quadro indiziario e lamenta che la Corte d’appello, pur avendo a disposizione gli elementi di fatto emersi nel corso dell’istruttoria dibattimentale a favore del B., li abbia esclusi dalla valutazione, seguendo il percorso argomentativo del giudice della misura cautelare, sviluppatosi necessariamente prima dell’intervento del riesame, ravvisando in questo il difetto di motivazione.

Secondo il ricorrente tali rilievi non possono essere superati dalla considerazione della particolare natura del giudizio di prevenzione, rendendosi necessario individuare quali ulteriori elementi consentirebbero di desumere la probabilità di appartenenza all’associazione mafiosa.
Motivi della decisione

1. Deve preliminarmente osservasi che, per espressa limitazione normativa contenuta nella L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 7 il ricorso per Cassazione è proponibile nei confronti del provvedimento applicativo della misura di prevenzione solo per il caso di violazione di legge, tra i quali per pacifica giurisprudenza, rientra solo l’ipotesi di assenza di motivazione (per tutte Sez. 6, Sentenza n. 35044 del 08/03/2007 imp. Bruno e altri, Rv. 237277) e non può essere compreso il controllo dell’iter giustificativo della decisione.

Nella specie al contrario, come si evince dalla narrativa, non si contesta l’inesistenza della motivazione, ma la sua esaustività, coerenza e logicità, di fatto sollecitando una valutazione di merito che non compete, per la accennata limitazione, a questo giudice.

Peraltro l’assenza di motivazione non sussiste neppure nel concreto poichè il provvedimento impugnato ha congruamente motivato riguardo gli specifici elementi indicatori della pericolosità desumibili dall’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti del B., la cui valenza ai fini che ci occupa, non risulta scalfita dalla decisione in appello del Tribunale del riesame, in forza delle compiute considerazioni a riguardo operate nel provvedimento impugnato, che si è rapportato al giudicato cautelare riguardo agli indizi, ed alla parzialità delle risultanze dell’istruttoria dibattimentale, che non permette di svolgere una compiuta previsione di una decisione favorevole al B..

L’autonomia del giudizio penale di responsabilità rispetto a quello di prevenzione emerge evidente dalla pacifica coesistenza tra giudizio di assoluzione e misura di prevenzione (Sez. 2, Sentenza n. 25919 del 28/05/2008 imp. Rosaniti e altri., Rv. 240629) essendo diverso l’ambito di valutazione, circostanza che a fortiori, ove all’assoluzione non si è ancora giunti, come nella specie, impone di concludere nel senso della persistenza degli elementi legittimanti la misura applicata.

2. In ragione di quanto esposto deve giungersi alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con condanna del proponente al pagamento delle spese processuali, nonchè del pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, nell’entità indicata in dispositivo, in applicazione dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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