Cass. civ. Sez. I, Sent., 25-03-2011, n. 6957 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto in data 15.7/7.8 2008 la Corte d’appello di Trento accogliendo parzialmente la domanda proposta dalla Contea, s.r.l. in relazione alla durata, ritenuta irragionevole, di un procedimento concernente l’utilizzazione di un marchio, iniziato nel 2000 e conclusosi nel luglio del 2007. condannava il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 3.500,00.

La Corte di merito determinava, sulla base del concreto svolgimento del menzionato procedimento e della sua complessità, il periodo di durata non ragionevole in 3 anni e sei mesi. Il danno non patrimoniale veniva quindi liquidato mediante attribuzione della somma di Euro 1000,00 per ciascun anno eccedente la ragionevole durata.

Per la cassazione di tale decreto ricorre la società, deducendo tre motivi.

Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.
Motivi della decisione

2 – La ricorrente denuncia, con i primi due motivi, insufficiente motivazione, nonchè, con il terzo motivo, erronea e falsa applicazione di legge ( L. n. 89 del 2001, art. 2), sostenendo che sarebbe stata negletta la circostanza relativa all’eccessiva durata del periodo conseguente al rinvio per la precisazione delle conclusioni, che non sarebbero state individuate le ragioni tali da determinare la complessità del giudizio presupposto e che, nella liquidazione del danno, sarebbero stati violati i parametri desumibile dalla giurisprudenza della Corte di Stasburgo.

2.1 – Deve preliminarmente rilevarsi come al ricorso in esame, avente ad oggetto un provvedimento emesso nel luglio 2008, debbano applicarsi le disposizioni del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (in vigore dal 2.3.2006 sino al 4.7.2009), e in particolare l’art. 6 che ha introdotto l’art. 366 bis cod. proc. civ.. Alla stregua di tali disposizioni – la cui peculiarità rispetto alla già esistente prescrizione della indicazione nei motivi di ricorso della violazione denunciata consiste nella imposizione di una sintesi originale ed autosufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto al fine del miglior esercizio della funzione nomofilattica – l’illustrazione dei motivi di ricorso, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto che, riassunti gli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito e indicata sinteticamente la regola di diritto applicata da quel giudice, enunci la diversa regola di diritto che ad avviso del ricorrente si sarebbe dovuta applicare nel caso di specie, in termini tali che per cui dalla risposta che ad esso si dia discenda in modo univoco l’accoglimento o il rigetto del gravame. Analogamente, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione del motivo deve contenere (cfr. ex multis:

Cass. S.U. n. 20603/2007; Sez. 3 n. 16002/2007; n. 8897/2008) un momento di sintesi – omologo del quesito di diritto – che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. 3.- Il ricorso in esame non è conforme a tali disposizioni, atteso che i motivi non contengono alcuna delle sintetiche indicazioni come sopra delineate.

Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 600,00, oltre spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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