Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 26-01-2011) 14-02-2011, n. 5381 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

L.S.N., a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza della Corte di Appello di Reggio Calabria con la quale è stata rigettata la sua istanza di riparazione per l’ingiusta detenzione subita dal 25.9. al 10.12.1993 per il delitto di associazione per delinquere e numerosi reati fine (detenzione di titoli di credito falsi e ricettazione), con riferimento ai quali, previa regressione del procedimento per una nullità di tipo procedurale, veniva pronunciata sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione. In via preliminare il giudice della riparazione, dava atto che nei confronti di altri coimputati era stata pronunciata in grado di appello, sentenza di assoluzione perchè il fatto non sussiste sul rilievo che non erano state reperite le bobine delle intercettazioni telefoniche, con la caducazione dell’intero quadro probatorio.

Ciò premesso, osservava la Corte che la domanda non poteva, pertanto, essere accolta, essendo esclusa dalla riparazione per l’ingiusta detenzione la pronuncia di estinzione del reato per prescrizione, a nulla rilevando l’invocata estensione ai sensi dell’art. 587 c.p.p. degli effetti dell’assoluzione pronunciata nei confronti degli altri imputati.

Gli altri imputati erano stati infatti assolti sulla base di un accertamento negativo che riguardava quel procedimento e non quello stralciato, afferente la posizione del L., per il quale non risultava nè che fosse mai stata richiesta l’acquisizione delle bobine nè che se ne fosse mai stata contestata l’esistenza.

Il giudice della riparazione, inoltre, affermava che, in ogni caso, era da ravvisare la circostanza escludente del diritto alla riparazione di cui all’art. 314 c.p.p., comma 1, e cioè di avere concorso a dare causa all’emissione del provvedimento restrittivo della libertà personale per colpa grave, costituita dal rinvenimento nell’autovettura del L. di un certificato di credito del Tesoro, rivelatosi falso, che confermava la fondatezza delle valutazioni effettuate dagli investigatori in esito alle intercettazioni.

Il ricorrente articola due motivi.

Con il primo deduce la violazione degli artt. 314 e 315 c.p.p., alla luce della sentenza della Corte Costituzionale del 20 giugno 2008 n. 219, che aveva riconosciuto l’illegittimità dell’art. 314 c.p.p. nella parte in cui, nell’ipotesi di detenzione cautelare sofferta, condiziona in ogni caso il diritto all’equa riparazione al proscioglimento nel merito delle imputazioni. Sostiene, inoltre, anche in questa sede, l’effetto estensivo della sentenza di assoluzione alla propria posizione processuale. Con il secondo motivo lamenta la manifesta illogicità della motivazione laddove aveva affermato rincidenza causale della condotta colposa dell’istante nella emissione della misura cautelare, sostenendo l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

Il ricorso è infondato, essendo l’ordinanza impugnata in linea con i principi espressi in più occasioni di questa Corte.

Secondo la giurisprudenza di legittimità consolidata di questa Corte (v. Sezioni unite, 30 ottobre 2008, Pellegrino, rv. 241855 e, da ultimo, Sez. 4, 10 giugno 2010, Maugeri, rv. 248076) non è configurabile il diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione in caso di estinzione del reato per prescrizione, a meno che la durata della custodia cautelare sofferta risulti superiore alla misura della pena astrattamente irrogabile, o a quella in concreto inflitta, ma solo per la parte di detenzione subita in eccedenza, ovvero quando risulti accertata in astratto la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’ingiustizia formale della privazione della libertà personale.

Nella specie, in cui non è stata dedotta alcuna di queste ipotesi di "ingiustizia formale", il giudice di merito ha correttamente applicato il principio suindicato.

Infondato è anche l’altro motivi afferente l’asserita violazione dell’art. 587 c.p.p..

Il ricorrente tralascia di considerare che l’effetto estensivo della impugnazione opera a favore degli altri imputati solo se questi non hanno proposto impugnazione o se quella proposta sia stata dichiarata inammissibile, non quando essa sia stata esaminata nel merito, come nel caso in esame, con decisione divenuta irrevocabile, poichè in tal caso opera il principio di inviolabilità del giudicato (v. tra le tante, Sez. 1, 4 marzo 2004, Platania, rv. 228052).

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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