T.A.R. Campania Napoli Sez. IV, Sent., 10-02-2011, n. 848 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso atto notificato in data 18 giugno 2009 e depositato il successivo 17 luglio R.A. e A.M.V. hanno impugnato la disposizione dirigenziale n. 1479 del 2009 con la quale il Comune di Napoli aveva denegato la richiesta di concessione edilizia in sanatoria, ex art. 36 D.P.R. 380/01, contenente il contestuale ripristino dello stato dei luoghi in relazione alla realizzazione sull’immobile di loro proprietà, sito in Napoli, Corso S. Giovanni a Teduccio n. 954, piano I, di uno sporto balcone.

In punto di fatto hanno dedotto: 1) che già in precedenza la concessione in sanatoria era stata respinta dal Comune di Napoli, in riferimento alla realizzazione di tale sporto e di due finestrini, con disposizione dirigenziale n. 155 del 2 aprile 2007, sulla base del rilievo che "l’art. 79, co. 4 lett. c) della variante al prg prescrive la conservazione delle aperture esistenti nel loro numero, forma, dimensione e posizione e consente la modifica ove si persegua il recupero di assetti precedenti e riconoscibili ma solo nel contesto afferente l’intera unità edilizia: nel caso di specie si tratta di un intervento sporadico non riferito all’intero fronte e non indirizzato a recuperare assetti precedenti e documentati"; 2) che tale atto era stato annullato con sentenza di questa Sezione n. 952/08 in riferimento alla realizzazione dello sporto balcone; 3) che il Comune di Napoli con il provvedimento gravato in tale sede aveva negato ancora una volta la richiesta di sanatoria in relazione a detto sporto balcone sulla base del rilievo che l’art. 79 comma 4 lett. c) della variante generale al P.R.G. consente il restauro e il ripristino dei fronti esterni ed interni mentre non ammette interventi di ristrutturazione edilizia con modifica dei prospetti.

Ciò posto ha articolato le seguenti censure avverso l’atto in epigrafe indicato, affidate a quattro motivi di ricorso:

1)Violazione e falsa applicazione art. 2909 c.c.; erroneità; illogicità manifesta; eccesso di potere; difetto di motivazione.

Con il gravato provvedimento l’Amministrazione Comunale ha violato il principio di intangibilità del giudicato, disattendendo il dispositivo della sentenza del Tar Campania, Napoli, sez. IV n. 952/08 nella parte favorevole ai ricorrenti.

2) Erroneità; contraddittorietà; eccesso di potere; illogicità manifesta.

Erroneamente il Comune di Napoli ha ritenuto che i ricorrenti non avessero fornito le osservazioni ex art. 10 bis L. 241/90 nei termini di legge, in realtà tempestivamente trasmesse con raccomandata. Del tutto illogica è poi l’affermazione secondo la quale le osservazioni non consentivano di superare i motivi del rigetto.

3) Violazione e falsa applicazione di legge; eccesso di potere; motivazione insufficiente.

La motivazione del gravato provvedimento è insufficiente limitandosi a riproporre le stesse motivazioni esaminate e disattese con la sentenza passata in giudicato.

Illegittima è anche la reiterata ingiunzione a demolire, avendo i ricorrenti presentato istanza di accertamento in conformità, per cui alcun rilievo può avere il richiamo all’ordinanza di ripristino n. 1404 del 6/06/2006, antecedente alla presentazione dell’istanza in sanatoria.

4) Violazione e falsa applicazione di legge, art. 79 comma 4 lett. c) della variante generale al piano regolatore; eccesso di potere.

Il gravato provvedimento si fonda su un erronea interpretazione del disposto dell’art. 79 comma 4 lett. c) delle n.t.a della variante di P.R.G. del Comune di Napoli, già esaminata e disattesa dal Tar Campania nella citata sentenza.

In ogni caso l’intervento realizzato, di modifica della preesistente finestra in balcone, è compatibile con le norme del P.R.G. del Comune di Napoli atteso che nella zona in cui ricade l’immobile sono consentiti interventi di manutenzione ordinaria, nonché di restauro e risanamento conservativo degli edifici esistenti e l’intervento di specie è da ascriversi al restauro e risanamento conservativo, avendo comportato un minimo aumento di superficie utile; inoltre l’apertura del balcone non aveva comportato modifiche consistenti all’edificio e all’assetto urbanistico del territorio comunale, come già rilevato nella sentenza del Tar Campania, Napoli, sez. IV n. 952/08.

Si è costituto il Comune di Napoli, instando per il rigetto del ricorso.

All’esito dell’udienza fissata per la trattazione dell’istanza cautelare il Collegio "rilevata la sussistenza del periculum in mora atteso che il provvedimento gravato contiene l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi; ritenuta altresì la sussistenza del fumus boni iuris, in considerazione della circostanza che il provvedimento gravato contiene una motivazione sostanzialmente affine a quella ritenuta illegittima dal T.A.R. con sentenza da ritenersi passata in giudicato e che pertanto lo stesso si presenta elusivo del giudicato", ha accolto l’istanza di sospensiva del gravato provvedimento.

In data 22 ottobre 2010 il Comune di Napoli ha depositato memoria difensiva nella quale ha compiutamente confutato i motivi di gravame.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 24 novembre 2010.
Motivi della decisione

1. Nell’esaminare i motivi di ricorso il Collegio ritiene di dovere procedere in ordine logico, scrutinando gli stessi nell’ottica di maggiore satisfattività degli interessi di parte ricorrente e procedendo ad una trattazione congiunta dei motivi che presentano affinità da un punto di vista strutturale.

2. In quest’ottica vanno analizzati prioritariamente il primo e parte del terzo motivo di ricorso, con cui i ricorrenti lamentano da un lato l’elusione del giudicato, dall’altro l’insufficienza di motivazione, essendo il gravato provvedimento fondato su motivazione simile a quella già disattesa dal Tar con sentenza passata in giudicato.

I motivi ad un più approfondito esame disattesi non possono essere condivisi.

2.1 Ed invero è noto che "la sentenza di annullamento del giudice amministrativo, oltre al c.d. effetto caducatorio o demolitorio (consistente nell’eliminazione dell’atto impugnato) produce ulteriori effetti: quello c.d. ripristinatorio e quello c.d. conformativo. L’effetto conformativo vincola la successiva attività dell’Amministrazione di riesercizio del potere perché il giudice, quando accerta l’invalidità dell’atto e le ragioni che la provocano, stabilisce (in maniera più o meno piena a seconda del tipo di potere che viene esercitato e del vizio riscontrato) qual è il corretto modo di esercizio del potere e fissa, quindi, la regola alla quale l’amministrazione si deve attenere nella sua attività futura" (Cons.giust.amm. Sicilia, sez. giurisd., 12 agosto 2010, n. 1112; Consiglio Stato, sez. VI, 16 ottobre 2007, n. 5409).

Peraltro "mentre l’effetto di annullamento dell’atto, che consegue ad una sentenza amministrativa di accoglimento del ricorso, non è delineato dai motivi di impugnazione ma ha un’estensione commisurata all’oggetto di impugnativa (anche se sia stata accolta una sola censura), per contro, ai fini della delimitazione dell’ambito del giudicato sotto il profilo del c.d. effetto conformativo dell’ulteriore attività dell’amministrazione occorre aver riguardo alla tipologia e al numero dei motivi accolti; di conseguenza sul piano applicativo la distinzione di base vede contrapposte le sentenze ad effetto vincolante pieno, con le quali l’atto viene annullato per difetto dei presupposti soggettivi o oggettivi o per violazione di termini perentori relativi all’esercizio del potere, a quelle ad effetto vincolante strumentale, con le quali l’annullamento per vizi formali (come quelli procedimentali o di mero difetto di motivazione) impone soltanto all’amministrazione di eliminare il vizio dall’atto ma non la vincola in alcun modo nei contenuti" (Consiglio Stato, sez. IV, 05 dicembre 2006, n. 7112).

In quest’ottica, "il passaggio in giudicato della sentenza recante annullamento dell’impugnato provvedimento amministrativo per difetto di motivazione non impedisce all’Amministrazione soccombente di rivedere la precedente determinazione e di riadattarla con il medesimo dispositivo dopo aver previamente provveduto ad eliminare il vizio che era stato riscontrato nella sua precedente determinazione" (Consiglio Stato, sez. V, 29 gennaio 2009, n. 506).

2.2 Nell’ipotesi di specie questa Sezione con la sentenza n. 952/08 aveva annullato il precedente diniego di sanatoria, determinato dal rilievo che "l’art. 79, co. 4 lett. c) della variante al prg prescrive la conservazione delle aperture esistenti nel loro numero, forma, dimensione e posizione e consente la modifica ove si persegua il recupero di assetti precedenti e riconoscibili ma solo nel contesto afferente l’intera unità edilizia: nel caso di specie si tratta di un intervento sporadico non riferito all’intero fronte e non indirizzato a recuperare assetti precedenti e documentati" per difetto di motivazione. Nella citata sentenza infatti si afferma che "le aperture esistenti su detta facciata interna, come ricavabile dalla documentazione fotografica allegata in atti, non rispecchiano quel sistema regolare di allineamento verticale e simmetrico suscettibile – come riportato nella scheda tecnica descrittiva sopra richiamata – di essere interrotto o alterato da un intervento sporadico non coerente né conforme al sistema distributivo preesistente. Dalla visione delle riproduzioni fotografiche dello stato dei luoghi è evidente che la modifica della preesistente finestra in balcone, operata attraverso l’abbattimento del parapetto e la apposizione di una ringhiera metallica, non altera l’impianto distributivo delle aperture esistenti. Ed infatti, come innanzi precisato, la facciata del fabbricato che prospetta sul cortile interno non presenta un sistema distributivo di aperture caratterizzato da simmetria e linearità, essendo composta in varia parte sia da finestre che da balconi collocate secondo una sequenza non ordinata né organica, sicchè non si comprende quale impianto distributivo il Comune abbia inteso preservare attraverso il diniego in oggetto sia rispetto alla logica distributiva propria dell’unità edilizia interessata, sia rispetto ad eventuali trasformazioni intervenute nel tempo. Pertanto la motivazione addotta dal Comune di Napoli non può ritenersi in ogni caso idonea a legittimare il diniego della modifica della finestra in balcone, laddove i ricorrenti nel realizzare tale intervento hanno peraltro dimostrato di essersi attenuti alle medesime caratteristiche costruttive degli altri balconi esistenti sulla medesima facciata, ed hanno altresì inteso riequilibrare la facciata medesima attraverso un riallineamento con altro analogo balcone già esistente al piano superiore. Sotto tale profilo il Comune intimato avrebbe potuto assentire la modifica di un’apertura esistente, in assenza di un accertato pregiudizio all’aspetto architettonico esteriore del fabbricato ed alla sua conformazione originaria come tutelata dalla norma tecnica di attuazione, mentre, correttamente ha escluso la sanabilità delle "nuove aperture" la cui realizzabilità è radicalmente esclusa dalla normativa medesima".

Pertanto l’effetto conformativo del giudicato è esattamente circoscritto dalla motivazione della sentenza, nella quale si è dato atto del difetto di motivazione del diniego originario di sanatoria, non avendo l’intervento di sostituzione di finestra in balcone determinato un’alterazione dell’impianto distributivo delle aperture esistenti, in considerazione della circostanza che l’impianto distributivo della facciata de qua – che si affaccia sul cortile interno – non presentava un sistema di aperture caratterizzato da simmetria e linearità.

Solo in questo senso, essendosi la Sezione limitata a censurare la motivazione dell’originario diniego di sanatoria e non ad escludere l’applicabilità all’ipotesi di specie del disposto dell’art. 79 comma 4 lett. c), va pertanto letta, ad un più approfondito esame, la successiva affermazione contenuta nella sentenza secondo la quale "il Comune intimato avrebbe potuto assentire la modifica di un’apertura esistente, in assenza di un accertato pregiudizio all’aspetto architettonico esteriore del fabbricato ed alla sua conformazione originaria come tutelata dalla norma tecnica di attuazione".

A tale stregua non si può ritenere che il diniego di sanatoria oggetto dell’odierno gravame presenti una motivazione reiterativa del precedente diniego, in quanto sebbene lo stesso sia del pari basato sul rilievo della non assentibilità dell’intervento in forza del medesimo disposto dell’art. 79 comma 4 lett. c) delle n.t.a della variante al P.R.G., nel gravato provvedimento si pone in luce un ulteriore aspetto sotteso a tale disposto, ovvero che lo stesso consentirebbe solo interventi di restauro e ripristino dei fronti esterni ed interni e non di ristrutturazione edilizia, con modifica dei prospetti. Nel gravato provvedimento si evidenzia infatti che "l’intervento ha comportato la modifica del prospetto e l’aumento di superficie residenziale per cui lo stesso è da ascriversi alla categoria della ristrutturazione edilizia, ai sensi dell’art. 3 comma 1, lett. d) del T.U. approvato con D.P.R. 380/01".

2.3 Pertanto il motivo del diniego del gravato provvedimento è determinato dall’ascrivibilità dell’intervento de quo, in considerazione dell’aumento di superficie e della modifica dei prospetti operata, fra gli interventi di ristrutturazione edilizia, non consentiti dalla citata disposizione delle N.T.A.

2.4 La motivazione posta a base del gravato provvedimento presenta pertanto un quid novi e non può essere ricondotta a quella oggetto dell’originario diniego, già censurato dalla Sezione con la citata sentenza.

Ed invero anche a ritenere che il Comune non avrebbe potuto più pronunciarsi sulla modifica dei prospetti, avendo escluso la citata sentenza che detta modifica fosse particolarmente rilevante ed in grado di alterare l’impianto distributivo della facciata, vi è da evidenziare che l’intervento de quo ha comunque determinato un aumento, sia pure minimo di superficie – aumento questo in alcun modo preso in esame nella sentenza n. 952/08 – e a tale stregua, in considerazione di questo solo rilievo, è riconducibile agli interventi di ristrutturazione edilizia, ai sensi del combinato disposto dell’art. 3 comma 1 lett. d) e dell’art. 10 comma 1 lett. c) D.P.R. 380/01.

Ed invero i due presupposti, aumento delle superfici o modifica dei prospetti sono considerati in via alternativa in tale ultimo disposto normativo e non in via congiuntiva, ai fini dell’ascrivibilità dell’intervento fra quelli di ristrutturazione edilizia.

Pertanto l’atto oggetto dell’odierno gravame si fonda su un presupposto – configurabilità dell’intervento fra quelli di ristrutturazione edilizia, in considerazione dell’aumento di superficie – nuovo rispetto a quello già censurato nella citata sentenza e dotato di autosufficienza motivazionale ai fini del diniego.

3. In considerazione di tali rilievi va anche disatteso il quarto motivo di ricorso con cui parte ricorrente lamenta sia l’insufficienza di motivazione che l’erronea applicazione dell’art. 79 comma 4 lett. c) della n.t.a. della variante di P.R.G,., dovendo l’intervento de quo ascriversi fra quelli di restauro e risanamento conservativo, in considerazione dell’esiguità dell’aumento di superficie.

Ed invero secondo il rilievo del Comune, peraltro non contestato da parte ricorrente, nella zona di cui è causa non sono ammessi interventi di ristrutturazione edilizia.

L’intervento de quo è stato correttamente annoverato dal Comune, in considerazione dell’aumento di superficie – oltreché della modifica dei prospetti – fra quelli di ristrutturazione edilizia.

Erronea si presenta al riguardo la deduzione di parte ricorrente circa l’annoverabilità dell’intervento de quo fra quelli di restauro o risanamento conservativo in quanto gli interventi che determinano aumento di superficie, vanno configurati come interventi di ristrutturazione edilizia (Consiglio Stato sez. V 23 agosto 2005 n. 4385; T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 11 settembre 2009, n. 8644 secondo cui "la chiusura di un piano piloty comporta aumento di superficie e di volumetria e non si riduce quindi alla semplice rinnovazione o sostituzione di parti anche strutturali di un edificio; il detto intervento non può, pertanto, essere riferito all’ipotesi della manutenzione straordinaria, come definita dall’art. 31, lett. b), l. n. 457 del 1978, né è assimilabile ad un intervento di restauro, di risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia, che non comporti aumento di superfici utili di calpestio, ancorché non residenziali; in senso analogo T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 01 marzo 2004, n. 1839 secondo cui "la sostituzione del tetto a spiovente con quello a terrazza produce un non trascurabile aumento di volumetria e di superficie utile, oltre che la modificazione del precedente assetto strutturale ed estetico, con la conseguenza che non può farsi rientrare nella nozione di manutenzione straordinaria che, invece, presuppone l’immutabilità dei volumi e delle superfici. Detto intervento, invero, può essere condotto alla figura della ristrutturazione, assentibile soltanto mediante concessione edilizia").

4. Del pari infondato il terzo motivo di ricorso nella parte in cui i ricorrenti lamentano l’illegittimità dell’ordine di ripristino del gravato provvedimento, laddove richiama il precedente ordine di ripristino, divenuto inefficace con la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità.

Ed invero l’originario ordine di ripristino viene richiamato semplicemente nel preambolo del gravato provvedimento, mentre il nuovo ordine di ripristino è determinato dalla distinta valutazione della non sanabilità dell’intervento de quo, per il contrasto con la normativa urbanistico- edilizia del Comune di Napoli e quindi sul disposto dell’art. 27 comma 2 D.P.R. 380/01 (illegittimità sostanziale) e non sulla base del semplice rilievo dell’abusività dell’opera, ex art. 33 D.P.R: 380/01 (illegittimità formale). La valutazione di non sanabilità dell’intervento, sulla quale si fonda il nuovo ordine di ripristino, è stata provocata proprio dal ricorrente con la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità. Detta valutazione si sostituisce pertanto a quella posta a base dell’originario ordine di ripristino, basata sulla semplice constatazione dell’abusività dell’opera.

5. Irrilevante è poi il secondo motivo di ricorso con cui parte ricorrente deduce che erroneamente si sarebbe affermato nel gravato provvedimento che la parte non aveva presentato nei termini le controdeduzione ex art. 10 bis L. 241/90, in quanto comunque le deduzioni sono state esaminate nel gravato provvedimento e considerate con motivazione idonea non in grado di superare i motivi ostativi del rigetto in quanto "l’art. 79 della variante generale al P.R.G. non fa distinzione fra le facciate esterne ed interne dei fabbricati. Circa i finanziamenti eventualmente accordati per il progetto Sirena si è provveduto ad informare l’edificio competente".

6. In considerazione dell’infondatezza di tutti i motivi di gravame il ricorso va rigettato.

7. Sussistono eccezionali e gravi motivi in considerazione della particolarità della fattispecie e dei motivi di diritto posti a base della decisione per compensare integralmente fra le parti le spese di lite.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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