Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 26-01-2011) 14-02-2011, n. 5374 Poteri della Cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Z.G. e C.L. ricorrono avverso la sentenza di cui in epigrafe che, confermando quella di primo grado, resa in esito a giudizio abbreviato, li ha riconosciuti colpevoli, rispettivamente, di plurime violazioni del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 (detenzione illecita e spaccio di droga del tipo eroina) e di un episodio di detenzione illecita di droga del tipo eroina (acquistata dal coimputato Z.G.).

Z.G. articola plurimi motivi.

Deduce, in primo luogo, la pretesa inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche sul rilievo che non ricorrevano le condizioni di cui all’art. 270 c.p.p., trattandosi di intercettazioni eseguite nell’ambito di diverso procedimento per reati asseritamente "svincolati" da quelli sub indice.

Ripropone la violazione dell’art. 649 c.p.p., sostenendo che il giudice di merito aveva ritenuto il ne bis in idem solo per uno degli episodi in contestazione (quello avvenuto il (OMISSIS)), mentre si sostiene che anche gli altri sarebbero stati già giudicati nell’ambito di altro procedimento penale definito con sentenza irrevocabile (che viene allegata).

Contesta, anche evocando la manifesta illogicità della motivazione risultante "da atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame", l’affermazione della responsabilità, sostenendo che l’assoluzione di due coimputati, già in primo grado, avrebbe dovuto portare ad analoga pronuncia liberatoria nei propri confronti.

Avrebbe errato il giudice a ritenere individuati comunque i soggetti acquirenti della droga, sì da fondare il giudizio di responsabilità.

Lamenta il diniego dell’attenuante del fatto di lieve entità, argomentato sulla sistematicità e sulla reiterazione delle condotte illecite apprezzate come indicative di un non occasionale collegamento con gli ambienti illeciti dei traffici di droga.

Evidenzia l’esito negativo delle perquisizioni personali e domiciliari eseguite nei confronti dello Z., da cui fa discendere l’assenza di autonoma disponibilità della sostanza stupefacente in capo all’imputato, a conferma del suo ruolo di mero tossicodipendente spacciatore.

Si duole, infine, del riconoscimento degli effetti della recidiva reiterata, sul rilievo che non sarebbe stato indicata la consumazione dei fatti incriminati in epoca successiva all’entrata in vigore della modifica ( L. n. 251 del 2005) restrittiva in tema di applicabilità della recidiva e dei conseguenti effetti sfavorevoli in tema di comparazione con le attenuanti.

C.L. lamenta la ritenuta utilizzazione delle intercettazioni asseritamente in violazione del disposto dell’art. 270 c.p.p..

Contesta, poi, raffermato giudizio di responsabilità, sostenendo che le espressioni di cui alle intercettazioni dovevano essere lette come dimostrative di un uso solo personale della droga.

I ricorsi non possono trovare accoglimento, a fronte di una sentenza che appare giuridicamente corretta e satisfattivamente motivata.

Quanto al comune motivo sulla inutilizzabilità delle intercettazioni vale l’assorbente rilievo che, a prescindere dall’apprezzamento della nozione di "diverso procedimento" ai fini qui di possibile interesse, le intercettazioni hanno comunque riguardato delitti per i quali era obbligatorio l’arresto in flagranza e i relativi esiti sono risultati "indispensabili" per il relativo accertamento, come statuito e argomentato dal giudice di merito e come, del resto, è palese dalla motivazione di condanna (cfr. art. 270 c.p.p., comma 1, ultima parte).

Ciò vale anche per il C., avendo esattamente rilevato il giudicante che l’attenuante del fatto di lieve entità gli è stata riconosciuta solo in esito al giudizio di primo grado rispetto ad una contestazione originaria tale da imporre l’obbligatorietà dell’arresto in flagranza.

Anche il principio del ne bis in idem pare correttamente applicato.

Proprio la sentenza allegata confina l’episodio per cui poteva porsi una duplicità di giudizio a quello verificatosi il 12 dicembre 2005, sicchè, secondo la costruzione accusatoria recepita dal giudicante, residuavano altri, distinti episodi per cui legittimamente si è proceduto. Nè è certamente possibile in questa sede una rinnovata valutazione dei singoli episodi secondo metodiche proprie del giudizio di merito.

E’ di fatto e sconfina in un ambito valutativo qui precluso la censura dello Z. sull’affermazione di responsabilità. La motivazione sviluppata dal giudicante, tra l’altro in modo conforme sia in primo che in secondo grado, regge al vaglio della logicità e completezza della motivazione. Nè, per vero, risulta allegati, al di là del generico richiamo operato nel ricorso, atti probatori del giudizio di merito dai quali potere desumere ictu oculi un evidente travisamento dell’apprezzamento probatorio, tale da scardinare la tenuta della decisione, linearmente sviluppata attraverso una non incoerente lettura delle intercettazioni (non è del resto inutile ricordare che, in tema di intercettazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato, anche quando sia criptico o cirrato, costituisce una questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, e si sottrae al sindacato di legittimità se tale valutazione risulta logica in rapporto a massime di esperienza: di recente, Sezione 6, 8 gennaio 2008, Gionta ed altri).

Corretto appare il diniego dell’attenuante del fatto di lieve entità, supportato da satisfattiva motivazione.

La Corte di merito, ha fatto applicazione del principio pacifico in forza del quale, in tema di sostanze stupefacenti, la circostanza attenuante del fatto di lieve entità ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5) può essere riconosciuta solo in ipotesi di "minima offensività penale" della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla norma (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove venga meno anche uno soltanto degli indici previsti dalla legge, diviene irrilevante l’eventuale presenza degli altri. Ciò in quanto la finalità dell’attenuante si ricollega al criterio di ragionevolezza derivante dall’art. 3 Cost., che impone – tanto al legislatore, quanto all’interprete – la proporzione tra la quantità e la qualità della pena e l’offensività del fatto (di recente, Sezione 4, 13 maggio 2010, Lucresi).

In questa prospettiva, legittimamente è stata valorizzata negativamente, in modo assorbente, la sistematicità delle condotte incriminate, che, al di là dei quantitativi di volta in volta trattati, deponeva per una pericolosità dell’attività, siccome dimostrativa di contatti con gli ambienti illeciti dei traffici di droga.

Corretto, infine, sempre con riferimento allo Z., è il riconoscimento della recidiva reiterata e dei relativi effetti, avendo, per quanto interessa, il giudicante fatto riferimento alla commissione di taluno dei fatti incriminati sicuramente in epoca successiva all’entrata in vigore della legge ex Cirielli, entrata in vigore in data 8.12.2005 (v. pag 6 della sentenza impugnata in cui viene dato atto che i fatti, oggetto del procedimento, sono stati commessi tra il 5 novembre e l’11 dicembre 2005).

Va rigettato anche l’ulteriore motivo proposto dal C. (del primo si è detto sopra). Trattasi di doglianza di merito, implicante la richiesta di una rinnovata valutazione del contenuto delle intercettazioni, che il giudicante, in linea con i principi sopra richiamati, ha sviluppato in modo satisfattivo dal punto di vista logico, non potendosi qui proporre la diversa, opinabile (ri)lettura del ricorrente.

Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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