Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 20-01-2011) 14-02-2011, n. 5577

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

L..
Svolgimento del processo

1. Con il decreto Impugnato, la Corte di appello di Napoli ha confermato il provvedimento emesso da quel tribunale in data 10 luglio 2007, con cui sono stati confiscati a D.M.L. terreni e beni aziendali relativi ad un allevamento di bestiame, intestato al figlio convivente V. ed una autovettura Audi intestata al coniuge M.A..

Osservava in motivazione che:

1. era palese la sproporzione fra i redditi da lavoro dichiarati dai due coniugi ed i beni in sequestro; 2. gli acquisti erano stati effettuati nello stesso periodo di tempo in cui il D.M. aveva commesso attività delittuose; 3. nessuno dei figli, all’epoca degli acquisti, aveva un reddito autonomo; 4. non era provato che i terreni fossero pervenuti al figlio V. per donazione fattane da parte del nonno D.M.N.; 5. pure ammesse alcune lacune istruttorie in relazione alle movimentazioni di denaro per la acquisto dei beni, le successive implementazioni necessarie per l’acquisto di beni aziendali, la sola rilevata sproporzione era sufficiente per soddisfare l’onere probatorio a carico dell’accusa.

2. Ricorrono congiuntamente i D.M. e la M.;

quest’ultima ha inoltre proposto autonomo gravame; con i motivi che possono essere enunciati congiuntamente, data la identità dei temi trattati, in primo luogo è contestata la pericolosità sociale del L., nel senso che non era stato nemmeno esaminata dalla corte distrettuale la attualità della stessa; difetta inoltre l’accertamento del processo formativo delle possidenze, essendosi la Corte limitata a rilevare la sproporzione, peraltro superata dalla documentazione offerta che dimostrava la provenienza lecita in capo al V. ad opera del nonno, che la corte non aveva esaminato;

peraltro, le lacune istruttorie avrebbero dovute essere colmate dal giudice distrettuale; per quanto riguarda la autovettura mettono in evidenza la adeguatezza dei redditi da lavoro per la acquisto avvenuto peraltro ratealmente; anche il PG nella sua requisitoria sottolinea che il decreto è viziato, non essendo sufficiente la sola sproporzione reddituale per la confisca.
Motivi della decisione

1. Il ricorsi sono manifestamente infondati.

2. Il sindacato di legittimità sui provvedimenti in materia di prevenzione è limitato, a norma della L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 11, alla sola violazione di legge e quindi non può estendersi al controllo sulla adeguatezza e coerenza logica della motivazione, come peraltro ritenuto non irragionevole anche dalla Corte Costituzionale (v. sentenza n. 321 del 2004) stante la peculiarità del procedimento di prevenzione sia sul piano sostanziale che su quella processuale.

3. Nel caso in esame, il provvedimento impugnato è comunque sorretto da una motivazione ineccepibile anche alla stregua del sindacato sulla motivazione previsto in via generale per le sentenze penali dall’art. 606 c.p.p., lett. e). Anche in tal caso, infatti, il vizio di motivazione può essere denunciato nel giudizio di legittimità o nel caso di inesistenza (cui correttamente si equipara la mera apparenza) di un apparato argomentativo a sostegno della decisione impugnata, ovvero nel caso di manifesta illogicità emergente dal testo dalla decisione stessa (e quindi non riconducibile ad atti extratestuali o ad una diversa interpretazione del quadro probatorio, in chiave di logica alternativa) di quello esistente. Nessuna di tale due ipotesi ricorre nel caso in esame.

4. Per quanto riguarda la posizione del D.M.L., è da rilevare preliminarmente che il motivo di ricorso relativo alla non attualità della sua pericolosità sociale quale presupposto della confisca dei beni, presenta evidenti profili di inammissibilità, dato che il tema non era stato introdotto con apposito motivo innanzi la Corte territoriale, che sul punto ha richiamato peraltro la motivazione dei primi giudici; in questa sede, il punto di doglianza, oltre a non essere introducibile, è assolutamente generico, affidato solo ad una apodittica osservazione di lontananza nel tempo dei presupposti che hanno portato alla applicazione della misura personale, che di fatto il giudice di merito non ha ritenuto rilevante.

5. Parimenti, inammissibili sono i motivi con cui i ricorrenti si dolgono della misura patrimoniale; infatti essi si limitano a ripetere pedissequamente che sarebbe stata vinta la presunzione di provenienza dei mezzi impiegati nell’acquisto da attività illecita del padre e del coniuge, essendo in atti la prova che la azienda agricola ed il terreno sarebbe stati donati dal nonno al nipote e che gli introiti familiari consentivano l’acquisto della autovettura. I motivi in esame, che come ben messo in evidenza nel provvedimento impugnato, non tengono affatto conto che le acquisizioni sono coeve alla attività illecita del marito ed ad esso connesse, sono sul punto meramente ripetitivi di quanto enunciato innanzi al giudice di merito e tendono esclusivamente a reinterpretare la ricostruzione, in senso favorevole ai ricorrenti, del patrimonio Intestato ai parenti del proposto.

6. Sul punto la Corte distrettuale ha correttamente considerato che la L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, commi 2 e 3, autorizza il sequestro e la confisca dei beni di cui la persona, nei cui confronti è iniziato il procedimento, risulta potere disporre direttamente o indirettamente e fra questi rientrano per presunzione di legge, sia pure relativa, i beni del coniuge, dei figli e degli altri convivente nei cui confronti, a norma della stessa legge, art. 2 bis, comma 3, devono essere sempre disposte le indagini, in vista della applicazione della misura patrimoniale, poichè la legge presuppone che il prevenuto, in quanto consapevole di potere formare oggetto di indagini patrimoniali ai fini di una eventuale confisca, faccia in modo che quanto da lui realizzato illecitamente appaia formalmente nella disponibilità giuridica delle persone in cui ha maggiore fiducia e cioè i suoi conviventi, spettando invece a costoro dimostrare, per sottrarre i beni alla confisca, l’esclusiva disponibilità da parte dell’intestatario formale.

7. In applicazione di tale principio, ha messo in evidenza come nessuna delle acquisizioni in capo ai due familiari risultasse giustificata dal possesso di adeguato reddito ed ha escluso, con ampia e corretta disamina, che gli atti forniti dal D.M. V. avesse valore probatorio tale da superare la presunzione, trattandosi di un preliminare per persona da nominare, privo di data certa e perciò assolutamente insufficiente a dimostrare una donazione indiretta dal nonno al nipote; del pari, ha ritenuto labiali le ulteriori giustificazioni offerte, mancando in atti sia la prova scritta del detto trasferimento sia della concreta contribuzione offerta dal padre del proposto al mantenimento della numerosa famiglia del figlio, i cui componenti non avevano, al pari del L., alcuna capacità di reddito: Infine ha messo in evidenza che la moglie del proposto era concretamente l’unico membro della famiglia che avesse compiuto atti di gestione dell’allevamento di bestiame, il che rafforzava logicamente il giudizio di riconducibilità dei beni al proposto.

8. Poichè tale motivazione appare adeguata, nel senso sopra indicato, il ricorsi sono da dichiarare inammissibili.

9. Consegue alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi per loro manifesta infondatezza, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di e mille ciascuno, alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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