Cass. civ. Sez. V, Sent., 25-03-2011, n. 6939 Ricavi, plusvalenze, sopravvenienze attive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

l’Agenzia delle Entrate di Caserta notificava alla Cooperativa Produttori Latte Bufalino atto di accertamento con il quale si recuperavano a tassazione redditi ai fini IRPEG ed ILOR per l’anno 1997, a fronte di ricavi non contabilizzati ed operazioni inesistenti.

Impugnava l’atto la Cooperativa innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Caserta sostenendone la illegittimità e la infondatezza. La Commissione accoglieva il ricorso.

Appellava l’Ufficio e la Commissione Tributaria Regionale della Campania con sentenza n. 113 in data 16-3-1995 depositata il 22/6/2005 accoglieva il gravame, dichiarando la legittimità dell’operato dell’Ufficio.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la Cooperativa nei confronti del Ministero della Economia e delle Finanze e della Agenzia delle Entrate, con un motivo.

Gli enti intimati resistono con controricorso.
Motivi della decisione

Preliminarmente, va rilevata la inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero della Economia e della Finanze: nel caso di specie al giudizio innanzi la Commissione Regionale ha partecipato l’ufficio periferico di Caserta della Agenzia delle Entrate successore a titolo particolare del Ministero, ed il contraddittorio è stato accettato dal contribuente senza sollevare alcuna eccezione sulla mancata partecipazione del Ministero, che così risulta, come costantemente ha rilevato la giurisprudenza di questa Corte, (ex plurimis v. Cass. n. 3557/2005) estromesso implicitamente dal giudizio, con la conseguenza che la legittimazione passiva relativa al ricorso per cassazione sussisteva unicamente in capo alla Agenzia.

Le spese relative devono essere compensate, per le incertezze giurisprudenziali all’epoca esistenti.

Con l’unico, articolato motivo, la contribuente deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 15, 39 e 42, nonchè insufficiente ed illogica motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Espone che il richiamo ad irregolarità contabili per giustificare il ricorso dell’Ufficio ad accertamento induttivo era stato menzionato dalla Agenzia unicamente in atto di appello, mentre l’accertamento portava una motivazione diversa; che il giudice di appello non aveva rilevato la tardività: che le stesse irregolarità contabili considerate in sentenza non sussistevano, con particolare riferimento al libro degli inventari, in quanto alla data di conclusione della ispezione ( 10-3-2008) il termine per la redazione dello stesso per l’anno 1997 non era ancora scaduto; che il recepimento del criterio di redditività del 20% rispetto ai ricavi per determinare il reddito imponibile, tratto dalla "Visentini ter" ( L. n. 17 del 1985) era infondato attesa la non applicabilità della disposizione in parola al caso concreto e pertanto astratto ed indimostrato.

La Agenzia in controricorso sostiene la infondatezza delle argomentazioni della contribuente. Il motivo non è fondato.

In primo luogo, in merito alla dedotta tardività del richiamo ad irregolarità contabili quale causa giustificativa dell’accertamento induttivo, il motivo è privo di autosufficienza, non avendo testualmente riportato nè espressamente indicato gli atti comprovanti tale assunto, che non si evince dal testo della sentenza.

Relativamente alla idoneità delle irregolarità contabili a sorreggere il ricorso ad accertamento induttivo, la sentenza è correttamente ed adeguatamente motivata, rilevando la mancata stampa del libro giornale e del libro IVA per lo stesso anno 1997, e richiamando la mancata redazione del libro inventari non per lo stesso anno, (contrariamente all’assunto della ricorrente) ma per le annualità precedenti, unicamente quale elemento di supporto per ritenere la completa inaffidabilità della contabilità, fatto che legittima l’accertamento.

Quanto alla applicazione della percentuale di redditività, dalla sentenza si evince che il ricorso alla c.d. "Visentini ter" non deriva da una diretta applicabilità della procedura di cui alla legge citata, non ammissibile, ma unicamente sotto un profilo tecnico, utilizzando i parametri citati in tale provvedimento dal punto di vista statistico, quale strumento utile alla determinazione in concreto del reddito di impresa, con esito che la Commissione ritiene "ragionevole e congruo".

Pertanto, escluso il profilo di illegittimità, la motivazione è corretta e priva di incongruenze, e pertanto non sindacabile in sede di legittimità, essendo onere della contribuente, non assolto, la dimostrazione della inidoneità di fatto con riferimento al caso specifico dei parametri adottati.

Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero e compensa le relative spese; rigetta il ricorso nei confronti della Agenzia; condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 6.000,00 oltre le spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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