Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07-01-2011) 14-02-2011, n. 5402

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Bari, con ordinanza in data 12 luglio 2010, confermava il provvedimento del G.I.P. del Tribunale di Trani del 21 giugno 2010 di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di K.I., indagata per i reati di associazione per delinquere, concorso in usura aggravata e in estorsione tentata in continuazione con il reato di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 132.

Dopo avere ampiamente esaminato la gravità indiziaria, il Tribunale riteneva sussistente l’esigenza cautelare del pericolo di recidivanza e inadeguata la misura degli arresti domiciliari; osservava, dopo avere rilevato la disomogeneità della posizione della K. rispetto agli altri indagati nel medesimo procedimento, che l’abitazione della ricorrente è stata teatro dell’attività criminosa e che la K. non ha interrotto la sua attività illecita anche dopo l’arresto di un altro indagato.

Propone ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, deducendo mancanza e manifesta illogicità della motivazione, poichè l’ordinanza impugnata non avrebbe tenuto conto di molteplici circostanze, quali i precedenti penali insignificanti e antichi, l’ammissione da parte dell’indagata delle condotte ascrittegli, il coinvolgimento in alcune soltanto delle numerose vicende di usura di cui tratta l’indagine e il suo ruolo marginale, la diversa valutazione effettuata rispetto ad altro coindagato sottoposto agli arresti domiciliari, lo svolgimento di attività criminosa nella casa di abitazione soltanto in un’unica occasione.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati ovvero non consentiti nel giudizio di legittimità e devono essere dichiarati inammissibili. I motivi di ricorso sono manifestamente infondati per la parte in cui contestano l’esistenza di un apparato giustificativo della decisione, che invece esiste ed è corretto dal punto di vista logico e giuridico; non consentito per la parte in cui pretendono di valutare, o rivalutare, gli elementi di fatto al fine di trarre proprie conclusioni in contrasto con quelle del giudice del merito chiedendo alla Corte di legittimità un giudizio di valore che non le compete. E’ evidente, infatti, che, rispetto agli elementi evidenziati dalla difesa, il Tribunale ha ritenuto prevalenti sia la circostanza che l’abitazione dell’indagata è stata punto di riferimento per lo svolgimento di attività illecite, e ciò consente di escludere l’adeguatezza degli arresti domiciliari, sia, soprattutto, il fatto che l’indagata stessa non ha interrotto la sua attività criminosa neanche dopo l’arresto del complice.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso, al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro 1000,00 a favore della Cassa delle ammende.

Copia del presente provvedimento deve essere trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario, affinchè provveda a quanto previsto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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