Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-12-2010) 14-02-2011, n. 5383

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Giordano Luca in sost. Dell’avv. Scalo Patrizia.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ha proposto ricorso per Cassazione L.G., per mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia del 18.10.2009, che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal locale Tribunale il 26.2.2004, con le conseguenti statuizioni per spese e danni a favore della persona, offesa, costituitasi parte civile, per il reato di sfruttamento della prostituzione ai sensi della L. n. 75 del 1958, art. 3, comma 2, n. 8, di cui al capo a della rubrica accusatoria, e per il reato di estorsione di cui al capo b), in esso assorbito il reato di tentata estorsione originariamente contestato al capo c).

Secondo l’accusa, l’imputato aveva agevolato, favorito e sfruttato la prostituzione di alcune cittadine extracomunitarie che lavoravano come ballerine all’interno della discoteca da lui gestita.

Avrebbe inoltre estorto con minaccia al cliente di una delle donne, D.R.E., il rilascio in proprio favore di tre assegni bancari rispettivamente di L. seimilioni, L. sette milioni e L. quindici milioni.

La difesa deduce con un primo motivo, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata in ordine all’attendibilità della presunta persona offesa e comunque relativamente all’effettiva concludenza probatoria delle sue dichiarazioni rispetto al costrutto accusatorio.

Il motivo è incentrato sulla causa "negoziale" della "disponibilità" in esclusiva offerta dall’imputato alla persona offesa, dietro compenso in denaro, della compagnia di due ragazze che lavoravano alle dipendenze dello stesso imputato in un locale notturno.

Il difensore deduce che secondo le stesse dichiarazioni del D. R., il pagamento non era stato pattuito in vista di dichiarati scopi sessuali, ma soltanto come corrispettivo della sottrazione delle due donne alle loro normali prestazioni lavorative, ignorando l’imputato quale potesse essere la natura dei rapporti tra gli occasionali compagni.

La motivazione presterebbe il fianco a critiche logiche anche in ordine alla sussistenza della minacce estorsive, avendo la Corte territoriale indebitamente escluso che la condotta del D.R. potesse essere attribuita ad una sorta di "autosuggestione" e alla sua spontanea preoccupazione di dover rendere conto del proprio operato alla moglie.

Rispetto a tali problematiche, poi, il rinvenimento di alcuni assegni della persona offesa nella disponibilità del L., non avrebbe nessun rilievo.

Con il secondo motivo, la difesa propone le stesse censure di legittimità sia in ordine al trattamento sanzionatorio, lamentando che l’aumento per continuazione sarebbe stato solo genericamente ed apoditticamente giustificato dalla Corte territoriale, nella sua concreta entità, con riferimento alla non meglio puntualizzata pluralità delle occasioni di incontro tra il D.R. e le due dipendenti dell’imputato; che con riferimento alla mancata riduzione della provvisionale concessa dal primo giudice.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Ed invero, le deduzioni del ricorrente si basano su una diversa valutazione di merito delle risultanze istruttorie, con particolare riferimento all’attendibilità del principale teste d’accusa, cioè il D.R..

Sul punto, però, la Corte territoriale si diffonde particolarmente con argomentazioni logiche e coerenti che si soffermano anche sui dubbi oggi avanzati dalla difesa con l’impugnazione di legittimità, invero alquanto implausibili ed ipotetici, nella misura in cui fanno riferimento alla possibilità di un’"autosuggestione" della persona offesa, e alla sua (del pari possibile) preoccupazione di dover rendere conto del proprio operato alla moglie. A quest’ultimo riguardo i giudici di appello obiettano poi condivisibilmente che il D.R., non si sarebbe certo mostrato in una luce migliore al coniuge, giustificando i continui prelievi dal proprio conto corrente con la fantasiosa allegazione del pagamento di prestazioni sessuali, anzichè con più banali condotte di prodigalità.

Ma sottolinea la Corte di merito anche i molteplici riscontri del racconto della persona offesa, tra cui la documentazione bancaria e la deposizione di un verbalizzante, testimone diretto di condotte violente e prevaricatorie del L. nei confronti del D.R..

I motivi subordinati sono poi del tutto generici.

Quello sul trattamento sanzionatorio fa leva in sostanza sulla presunta imprecisione della contabilità "numerica" degli incontri tra il D.R. e le ragazze "fornitegli" dall’imputato, l’ipotesi della loro molteplicità essendo comunque rilevabile dalla cospicua contabilità "economica" dei rapporti sessuali rilevata dai giudici di appello; mentre il motivo sull’ammontare della provvisionale è formulato senza nemmeno l’indicazione dell’importo assegnato alla persona offesa e della sua eventuale sproporzione rispetto all’entità del danno prevedibile, puntando soltanto sulla marginale questione del danno morale, in termini oltretutto del tutto arbitrari, pretendendo la difesa che la presunta serenità d’animo del D.R. risulti senz’altro dal contenuto della sua deposizione dibattimentale, affidata alle valutazioni di questa Corte senza alcuna mediazione argomentativa, senza dire dell’ovvia rilevanza del dato temporale, trattandosi di dichiarazioni rese a circa cinque anni di distanza dai fatti.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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