Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 16-12-2010) 14-02-2011, n. 5340 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza emessa in data 23 Giugno 2009 dal Tribunale di Milano il Sig. V. è stato condannato alla pena di sei anni di reclusione in relazione al reato continuato di maltrattamenti e violenza sessuale (limitatamente all’episodio del giorno (OMISSIS)) in danno della convivente. Fatti commessi dall’ (OMISSIS).

Premesso che l’accusa di maltrattamenti e violenza sessuale mossa al Sig. V. è fondata quasi unicamente sulle dichiarazioni della persona offesa, il Tribunale ha considerato supportate da prove adeguate solo una parte delle dichiarazioni accusatorie, ridimensionando il numero e la gravità degli episodi criminosi;

tuttavia, ricondotta l’accusa di violenza sessuale ad un solo episodio accertato come commesso nel marzo 2008, il Tribunale ha valutato sussistere gli estremi anche del reato di maltrattamenti, ricostruito attraverso le denunce presentate dalla donna nel tempo e attraverso le dichiarazioni che ella ha reso nel periodo giugno – settembre 2008.

Avverso tale sentenza il Sig. V. ha proposto appello, che la Corte territoriale ha respinto con la sentenza qui impugnata.

Dopo avere sinteticamente esposto il contesto della relazione affettiva esistente fra la persona offesa e il ricorrente, caratterizzata dalla grande gelosia di costui, ma fondata anche su lunghi periodi di armonia e sul sostegno che l’uomo, soprattutto nella fase iniziale, aveva offerto alla donna, giunta in Italia clandestinamente, la Corte di Appello passa ad esaminare (pag. 4) i riscontri al racconto della persona offesa costituiti dalle dichiarazioni dei coniugi D.C., presso cui ella aveva prestato attività di collaboratrice domestica, e della Sig.ra S.. Sulla base di tali elementi la Corte di Appello ha confermato la condanna inflitta al ricorrente in primo grado.

Il Sig. V. propone ricorso tramite il Difensore.

Con primo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’ipotesi ex art. 609 – bis c.p., per avere la Corte di Appello omesso di considerare gli specifici motivi di impugnazione avverso la conclusione cui erano giunti i primi giudici in merito al reato di violenza sessuale. In particolare, sussiste manifesta contraddizione fra la motivazione della sentenza del Tribunale che, da un lato, qualifica come non rifiutati per lungo periodo dalla persona offesa i rapporti sessuali "particolari" che il ricorrente desiderava e praticava e, dall’altro, non chiarisce perchè l’episodio del marzo 2008 dovrebbe assumere valore di violenza e di violenza consapevole da parte del ricorrente stesso. Tale incoerenza del percorso motivazionale risulta ancora maggiore se si aggiunge che in occasione dei fatti dell'(OMISSIS) erano presenti nell’alloggio altre persone, tra cui una ospite, la Sig.ra Z., che non si accorse di alcunchè di anomalo, neppure quando entrò nella camera da letto dove il ricorrente e la convivente si trovavano.

Con secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato ex art. 572 c.p., per essere la motivazione caratterizzata da contraddittorietà: dopo avere ridimensionato i fatti ed evidenziato i periodi di positiva relazione all’interno della coppia, i giudici di merito giungono in modo del tutto illogico a ritenere sussistente il reato di maltrattamenti.

Con terzo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato ex art. 572 c.p., per avere erroneamente i giudici omesso di considerare i fatti come ricompresi all’interno dell’ipotesi prevista dall’art. 609 – bis c.p., attesa la finalizzazione dei comportamenti violenti alla realizzazione dei rapporti sessuali.

Con quarto motivo lamenta vizio di motivazione in relazione alla determinazione della pena: l’entità della sanzione è logicamente incompatibile con il ridimensionamento dei fatti operato dai giudici di merito.

Con successiva memoria la Difesa del ricorrente ripropone, con maggiore ampiezza, i quattro motivi di ricorso sopra sintetizzati. In particolare, alle pagine 2 e ss. e 5 e ss viene dettagliatamente esaminata la deposizione della teste Z., il cui contenuto smentirebbe radicalmente il racconto della persona offesa, quanto meno per i fatti accaduto a partire dall’inizio nel mese di gennaio 2008 della sua permanenza nella casa della coppia e per l’episodio dell'(OMISSIS). Inoltre, pag. 8 e ss., la memoria stigmatizza la condotta della persona offesa, con riferimento soprattutto ai suoi immotivati allontanamenti dalla casa di abitazione e alla descrizione che di lei hanno fornito i testi P. e D.. Tali elementi di prova, sarebbero stati erroneamente sottovalutati e non affrontati dai giudici di merito, che hanno invece fondato il loro giudizio sulle dichiarazioni dei testi D.C., che (pag. 11 e ss) non possiedono quel significato univoco che viene loro attribuito, e su quelle della teste S., persona che non può essere ritenuta attendibile.
Motivi della decisione

1. Osserva preliminarmente la Corte che il giudizio di legittimità rappresenta lo strumento di controllo della corretta applicazione della legge sostanziale e processuale e non può costituire un terzo grado di giudizio volto alla ricostruzione dei fatti oggetto di contestazione. Si tratta di principio affermato in modo condivisibile dalla sentenza delle Sezioni Unite Penali, n. 2120, del 23 novembre 1995 – 23 febbraio 1996, Fachini (rv 203767) e quindi dalla decisione con cui le Sezioni Unite hanno definito i concetti di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione (n. 47289 del 2003, Petrella, rv 226074).

Una dimostrazione della sostanziale differenza esistente tra i due giudizi può essere ricavata, tra l’altro, dalla motivazione della sentenza n. 26 del 2007 della Corte costituzionale, che (punto 6.1), argomentando in ordine alla modifica introdotta dalla L. n. 46 del 2006 al potere di impugnazione del pubblico ministero, afferma che la esclusione della possibilità di ricorso in sede di appello costituisce una limitazione effettiva degli spazi di controllo sulle decisioni giudiziali in quanto il giudizio avanti la Corte di cassazione è "rimedio (che) non attinge comunque alla pienezza del riesame di merito, consentito (invece) dall’appello".

Se, dunque, il controllo demandato alla Corte di cassazione non ha "la pienezza del riesame di merito" che è propria del controllo operato dalle corti di appello, ben si comprende come il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., lett. e), non autorizzi affatto il ricorso a fondare la richiesta di annullamento della sentenza di merito chiedendo al giudice di legittimità di ripercorrere l’intera ricostruzione della vicenda oggetto di giudizio.

Tale impostazione è stata ribadita, anche dopo la modifica della lette) dell’art. 606 c.p.p., apportata dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, comma 1, lett. b), dalle sentenze della Seconda Sezione Penale, n. 23419 del 23 maggio – 14 giugno 2007, PG in proc. Vignaroli (rv 236893) e della Prima Sezione Penale, n. 24667 del 15 – 21 giugno 2007, Musumeci (rv 237207). Appare, dunque, del tutto convincente la costante affermazione giurisprudenziale del principio, secondo cui è "preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti" (fra tutte: Sezione Sesta Penale, sentenza n. 22256 del 26 aprile – 23 giugno 2006, Bosco rv 234148).

2. Alla luce dei principi qui esposti la Corte ritiene che non possano trovare ingresso le censure che il ricorrente con l’impugnazione e, a maggior ragione, con la memoria depositata successivamente al ricorso, ha mosso alla impugnata circa la ricostruzione dei fatti e il giudizio di responsabilità penale, sia con riferimento al reato di maltrattamenti sia con riferimento al reato di violenza sessuale. L’esistenza di un rapporto affettivo tra il ricorrente e la persona offesa non esclude in alcun modo sul piano logico la sussistenza di episodi di violenza, che possono consistere anche nel superamento delle resistenze rispetto alle modalità dei rapporti sessuali; parimenti, l’esistenza di, periodi di maggiore tranquillità nei rapporti personali non esclude che possano crearsi le condizioni per la progressiva realizzazione dei presupposti del reato previsto dall’art. 572 c.p.p., conclusione cui i giudici di merito giungono sulla base di circostanze di fatto e di valutazioni di merito che non meritano le censure mosse dal ricorrente.

3. Quanto al terzo motivo di ricorso, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato, pur con approcci non sempre uniformi, che il reato di maltrattamenti e quello di violenza sessuale possono porsi in rapporto di specialità esclusivamente nell’ipotesi che le condotte a sfondo sessuale siano le uniche che fondano anche l’ipotesi di maltrattamenti (si veda Terza Sezione penale, sentenza 12 luglio 2007, Ponti, rv 237312), mentre risulta costante la giurisprudenza nell’affermare che i due delitti conservano autonomia e possono concorrere tra loro qualora le violenze sessuali integrino soltanto una delle forme di umiliazione e compressione della libertà della vittima (si veda Terza Sezione Penale, sentenza 12 novembre 2008, Cantore, rv 241798). Non vi è dubbio, dunque, che nel caso in esame la Corte di Appello ha fatto buon uso dei principi ricordati e ha confermato la decisione di primo grado. Il motivo di ricorso è pertanto manifestamente infondato.

4. Generico e inammissibile si presenta, infine, il quarto motivo di ricorso. Il giudice di appello, rivalutata nel complesso la vicenda processuale, ha ampiamente illustrato a pag. 7 della motivazione le ragioni del rigetto dell’appello in punto pena, e si tratta di ragioni che questa Corte non ritiene prive di logica nè incoerenti.

Sulla base delle argomentazioni che precedono la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 16 c.p.p..
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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