T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 10-02-2011, n. 248 Orario di vendita e turni di apertura

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente è operatore commerciale che gestisce un centro commerciale che, trovandosi in una località (il Comune di Isso in provincia di Bergamo) che non è riconducibile ad alcuna delle situazioni eccezionali al cui verificarsi la legge regionale subordina l’autorizzazione in deroga all’apertura domenicale, usufruisce di quelle ammesse dalla legge con carattere di generalità dall’art. 5 bis, comma 5 della L.R. n. 22/2000 (prima domenica del mese da maggio a novembre ecc.). Essa lamenta, però, di essere stata danneggiata, a decorrere da aprile 2009 dall’apertura di un nuovo centro commerciale – sito in un Comune limitrofo, ma diverso (Antegnate) -, che è stato autorizzato (per effetto del susseguirsi di una pluralità di autorizzazioni in deroga) all’apertura per ben 23 domeniche da fine aprile (senza contare le successive aperture nel mese di dicembre) contro le 17 previste dalla legge in tutto l’arco dell’anno.

In altre parole, il Comune di Antegnate avrebbe:

– consentito l’apertura nell’ultima domenica di ogni mese, anziché in uno tra i tre mesi indicati dalla legge e scelto dal Comune (maggio, agosto e novembre);

– concesso al nuovo centro di "recuperare" le domeniche di mancata apertura che avrebbero potuto essere autorizzate fino al mese di aprile, se il nuovo centro fosse stato già aperto in tale periodo, senza che alcuna disposizione lo consentisse;

– autorizzato un numero di aperture domenicali e festive complessivamente superiore a quanto previsto dalla norma e sostanzialmente motivato esclusivamente con le ragioni della "grave congiuntura economica" del momento.

Parte ricorrente, ritenendo illegittimo l’esercizio del potere autorizzatorio così come posto in essere dal Comune di Antegnate, ha proposto il ricorso in esame, per ottenere l’annullamento dell’ordinanza del 7 agosto 2009, la quale "prende atto che gli esercizi" potranno rimanere aperti ai sensi dell’art. 5 bis della L.R. 22/00, domenica 2 agosto, domenica 6 settembre, domenica 4 ottobre, e domenica 1 novembre, nonché autorizza le aperture del 9 agosto, 16 agosto e 23 agosto.

A tal fine essa, dopo aver rappresentato il proprio interesse a ricorrere come specifico e differenziato, in quanto volto all’annullamento del vantaggio che sarebbe stato indebitamente riservato ad altri operatori commerciali, il cui esercizio avrebbe determinato effetti pregiudizievoli sulla propria sfera giuridica, ha dedotto:

1. violazione di legge, carenza di motivazione e sviamento di potere. Il Sindaco di Antegnate, anziché ottemperare all’obbligo di fissare, entro novembre 2008, il calendario delle giornate di apertura ai sensi dell’art. 5 bis, comma 6 della L.R. 22/00, ha autorizzato, con reiterati provvedimenti, aperture in deroga ai limiti di legge, in particolare consentendo anche il recupero di festività non godute, pur in assenza di qualsiasi disposizione normativa che lo consenta. Ciò nel solo interesse del nuovo operatore commerciale controinteressato, a scapito degli operatori concorrenti che nelle stesse domeniche hanno dovuto tenere i loro negozi chiusi;

2. eccesso di potere e carenza di interesse pubblico, nonché sviamento dalla causa tipica, tenuto conto che la ratio dell’art. 11 del d. lgs. 114/98 sarebbe, secondo parte ricorrente, quella di ristabilire un corretto rapporto tra piccola e grande distribuzione di vendita per quanto concerne le chiusure infrasettimanali e festive. Il recupero delle festività (7 giornate) non godute fino all’apertura del Centro commerciale e l’individuazione dei giorni di apertura domenicale ad libitum sarebbero, quindi, prive di fondamento giuridico;

3. eccesso di potere, sviamento dall’interesse pubblico, mancanza dei presupposti di legge, laddove l’ordinanza impugnata ha autorizzato l’apertura nelle domeniche 9, 16 e 23 agosto 2009, le quali non rientrano in alcun modo nel disposto normativo.

Si è costituito in giudizio il Comune di Antegnate, deducendo l’infondatezza del ricorso.

Ciò in primo luogo considerato che i provvedimenti censurati sarebbero frutto di un’interpretazione della norma costituzionalmente e comunitariamente orientata, nonché dell’esercizio di altri poteri amministrativi (oltre quelli derivanti dalla L.R. 22/00) connessi alla tutela di ulteriori interessi pubblici, garantiti al Comune dall’affermazione del principio di sussidiarietà ed esercitati per mezzo di ordinanze sindacali extra ordinem. L’opportunità di supportare le esigenze derivanti dalla necessità di assicurare il mantenimento di adeguati livelli di occupazione ed il rilancio dei consumi, con ricaduta in termini di ordine pubblico e sicurezza urbana, sarebbe, quindi, alla base della censurata autorizzazione all’apertura domenicale.

Un’interpretazione della legge regionale più restrittiva, che escludesse un tale potere di intervento del Sindaco dovrebbe, secondo il Comune, ritenersi costituzionalmente illegittima per violazione degli artt. 3, 41 e 117 della Costituzione, generando un’ingiustificata disparità di trattamento tra gli operatori in ragione delle dimensioni dei punti vendita, nonché determinando il mancato rispetto dei principi di libera concorrenza promananti dal Trattato CE.

Tale restrittiva interpretazione sarebbe altresì posta in essere in violazione degli artt. 81 e ss. del trattato CE.

Si è costituita in giudizio anche la controinteressata I.T. s.r.l eccependo, nella propria memoria, la carenza di legittimazione all’azione della ricorrente. A tal fine si sostiene che la legittimazione a ricorrere sussisterebbe esclusivamente nel caso di eventuale apertura di una nuova struttura, ma non anche con riferimento all’orario di una struttura il cui insediamento non è stato censurato, difettando in tal caso un interesse differenziato, anche in ragione della mancata prova della possibile identità/interferenza dei bacini di utenza delle due strutture.

A tale proposito parte resistente ha anche prodotto una perizia tecnica nella quale si evidenzierebbe la chiara diversità delle proposte commerciali che vede contrapposto il centro commerciale di Antegnate – con una superficie di vendita di mq 23.000, di cui 9.000 riservati al settore alimentare e grocery nell’ambito del quale opera l’ipermercato A. (caratterizzato per la prevalenza di prodotti di grande marca, periodicamente promozionali e non trattati a primo prezzo) – al discount N.S..

I.T. s.r.l. ha eccepito, altresì, anche la carenza di interesse a ricorrere della ricorrente, non avendo dimostrato che l’apertura del Centro di Antegnate nelle giornate domenicali autorizzate avrebbe in concreto determinato un danno; circostanza che, secondo la resistente, sarebbe esclusa proprio dalla diversità di utenza e di tipologia di acquisti cui si è già accennato. In ogni caso, anche laddove fosse provato il potenziale danno, il gravame avrebbe dovuto essere proposto contro il Comune di Isso che non consente, a condizioni di parità, l’apertura domenicale.

Nel merito essa ha sostenuto che:

– il primo motivo di ricorso sarebbe infondato, in quanto l’ordinanza impugnata non riguarderebbe il "recupero" delle mancate aperture domenicali e festive sino al mese di aprile e comunque non di vero e proprio recupero si tratterebbe, ma della possibilità di operare quelle aperture che non sono state possibili per effetto della mancata adozione, da parte del Comune, del relativo calendario. In ogni caso il legislatore non escluderebbe, né vieterebbe il lamentato "recupero";

– il provvedimento impugnato perseguirebbe l’interesse pubblico collegato alla possibilità di offrire alla collettività dei consumatori una più ampia possibilità di scelta, oltre che a quello di sostenere il livello di occupazione;

– il sopravvenire della L.R. 9/09 avrebbe determinato la possibilità per il Comune di autorizzare ulteriori cinque giornate di apertura oltre alle tre già previste dalla lettera d), comma 5, dell’art. 5 bis della L.R. n. 22/2000;

– la ratio del d. lgs. 114/98 non sarebbe solo quella di equilibrare il rapporto tra piccola e grande distribuzione, ma anche di liberalizzare il commercio nel suo complesso, per cui una lettura costituzionalmente orientata della norma, nonché di quella regionale, dovrebbe portare a concludere per l’esistenza di un generalizzato potere del Sindaco di autorizzare l’apertura domenicale e festiva ogni volta che ciò risponda alle esigenze della collettività. In ragione di ciò, in via subordinata, anche la controinteressata ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della norma regionale, laddove si dovesse ritenere non ammissibile l’interpretazione della stessa operata dal Comune al fine di adottare i provvedimenti censurati.

In vista della pubblica udienza tutte le parti hanno prodotto memorie per ribadire quanto già precedentemente rappresentato.

Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2009 la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione ed in tale occasione, ravvisato come la questione si dovesse porre in termini di corretta applicazione della L.R. n. 22/2000, già rimessa al vaglio della Corte Costituzionale proprio per la violazione degli stessi limiti costituzionali invocati nel controricorso, il Collegio non ha potuto che disporre la sospensione del giudizio sino alla pronuncia della Corte Costituzionale.

A seguito della pubblicazione della sentenza del giudice delle leggi n. 288 dell’8 ottobre 2010, parte ricorrente ha provveduto alla riassunzione del giudizio, evidenziando come il provvedimento impugnato fosse in contrasto con quelle stesse disposizioni della legge regionale, limitative del numero di domeniche in cui il Comune è autorizzato a disporre l’apertura domenicale, che la Corte Costituzionale ha ritenuto essere state adottate senza incorrere nella violazione dell’art. 117 della Costituzione.

Per quanto attiene agli aspetti processuali, essa insiste sulla propria legittimazione a ricorrere, in quanto operatore del settore e sulla permanenza dell’interesse alla decisione anche dopo che il provvedimento impugnato ha perduto la propria efficacia, in ragione dell’interesse "a non vedere adottati provvedimenti similari in relazione agli effetti conformativi propri del giudicato e permane inoltre l’interesse all’eventuale proposizione di una azione di risarcimento per il danno subito" (così la memoria depositata il 23 dicembre 2010, pag. 4, penultimo capoverso, nella quale si legge ancora che "L’utilità di una sentenza di merito è connessa alla affermazione del principio per cui il Sindaco nel derogare alla chiusura obbligatoria domenicale e festiva deve attenersi ai limiti previsti dalla legge regionale").

La controinteressata, in vista dell’ulteriore pubblica udienza, ha, in primo luogo, formulato una pluralità di eccezioni in rito:

a) inammissibilità del ricorso per mancata integrazione del contradditorio nei confronti delle altre medie/grandi strutture presenti sul territorio di Antegnate;

b) inammissibilità per mancata impugnazione degli atti presupposti rispetto all’ordinanza n. 37/09;

c) inammissibilità per carenza di interesse, considerato che non solo le domeniche in questione sono già trascorse da più di un anno, ma anche che nelle vicinanze del negozio della ricorrente si trova anche un altro centro commerciale (sito in Comune di Cortenuova) da anni aperto tutte le domeniche;

d) inammissibilità e/o improcedibilità per carenza di interesse sotto il diverso profilo legato al fatto che la ricorrente non ha subito alcun pregiudizio a causa dell’atto impugnato e non ha chiesto alcun risarcimento del danno, per cui l’unico interesse sotteso sarebbe quello "di ottenere l’annullamento del vantaggio che sarebbe stato indebitamente riservato ad altri soggetti": annullamento che non sarebbe più possibile, avendo il provvedimento già prodotto i propri effetti;

e) improcedibilità dovuta all’acquiescenza prestata rispetto ai successivi provvedimenti con cui il Comune ha successivamente autorizzato l’apertura domenicale;

f) inammissibilità e/o improcedibilità per carenza di interesse, avendo il ricorso il solo chiaro scopo di precludere una piena eplicazione della libertà di iniziativa privata della controinteressata, in violazione dell’art. 41 della Costituzione. La ricorrente non rivendicherebbe, infatti, la possibilità di ottenere l’autorizzazione ad un maggior numero di aperture domenicali, ma la limitazione delle aperture degli operatori concorrenti;

g) inesistenza del pregiudizio, in quanto i due operatori che si vedono quali parti contrapposte nel giudizio svolgono attività di commercio tra di loro diverse, che non si pongono in concorrenza e non hanno relazioni dirette o indirette tra loro, non essendo la loro clientela sovrapponibile.

Parte ricorrente non avrebbe comunque provato di aver subito una diminuzione di fatturato o, più precisamente, non avrebbe dimostrato che la diminuzione di fatturato nel corso dell’anno 2009 sia imputabile al numero di domeniche in cui la controinteressata è stata autorizzata all’apertura del proprio negozio.

A tale proposito deve essere altresì rilevato come, secondo I.T., con il ricorso sarebbe stato richiesto l’annullamento dell’ordinanza del 7 agosto 2009 nella sola parte in cui autorizza l’apertura domenicale del 04.10.2009 e del 01.11.2009: tali date corrispondono alla prima domenica del mese di ottobre e di novembre, per le quali la possibilità dell’apertura è garantita direttamente dalla legge all’art. 5 bis, comma 5, lett. A) della L.R. 22/00. In ogni caso ogni possibile danno sarebbe di per sé escluso dal fatto stesso che la clientela attirata dal centro commerciale di Antegnate non sarebbe minimamente sovrapponibile, per target, e per differenza di prodotti venduti, a quella del discount ricorrente.

Anche a voler superare le suddette eccezioni, il ricorso sarebbe comunque infondato, in quanto la sopravvenuta L.R. 9/2009, modificando l’art. 5 bis della L.R. 22/2000, avrebbe riconosciuto al Comune il potere di autorizzare ulteriori cinque giornate di apertura. L’ordinanza censurata sarebbe, quindi, supportata da un’adeguata motivazione rappresentata dai molteplici interessi pubblici sottesi, tra cui in evidenza si pongono l’interesse dei consumatori e quello al rilancio dell’economia.

Tutte e tre le parti del giudizio hanno, quindi, replicato alle memoria di controparte, sostenendo le proprie posizioni, così per come già rappresentate.

In particolare la ricorrente si è diffusa sull’infondatezza delle eccezioni di inammissibilità ed improcedibilità che le sono state mosse, ribadendo il proprio interesse alla pronuncia, anche in vista di un eventuale azione risarcitoria, che la stessa si è riservata di proporre.

Alla pubblica udienza del 27 gennaio 2011 la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. Debbono essere preliminarmente esaminate le eccezioni in rito introdotte dalla controinteressata, e dall’Amministrazione resistente.

1.a. Il Collegio non ritiene ravvisabile l’eccepita inammissibilità del ricorso per effetto della mancata integrazione del contradditorio nei confronti degli altri operatori di medie/grandi strutture presenti nel Comune di Antegnate. L’invocata, a tal fine, disposizione (art. 35 d. lgs. 104/10), si riferisce alla diversa ipotesi in cui la carenza di contraddittorio sia stata rilevata e non colmata nel termine assegnato. Nel caso di specie si potrebbe, al più, ipotizzare di disporre l’integrazione del contraddittorio, ma si ritiene di poter soprassedere a tale incombente, attesa l’infondatezza del ricorso per le ragioni che si andranno a rappresentare.

1.b. La controinteressata, così come il Comune resistente, vorrebbero far discendere l’inammissibilità del ricorso in esame dalla mancata impugnazione degli atti presupposti rispetto all’ordinanza n. 37/09. A tale proposito il Collegio ritiene, convivendo l’orientamento giurisprudenziale di cui alla sentenza del Consiglio di Stato n. 1041/2001 citata dalla stessa parte resistente, che non sia il ricorso, ma talune censure con esso proposte ad essere inammissibili per effetto della mancata impugnazione degli atti viziati adottati a monte di quello impugnato.

In particolare, ciò vale per l’illegittimità che si vorrebbe far discendere da quella dell’autorizzazione del Comune, a favore della contro interessata, a "recuperare" le domeniche di apertura di cui avevano già goduto gli operatori del Comune di Antegnate dall’inizio dell’anno all’apertura (in aprile) del nuovo centro commerciale.

1.c. Quanto dedotto al fine di escludere la permanenza di un interesse concreto ed attuale alla pronuncia sembra, invece, al Collegio, risultare rilevante ai fini della valutazione della fondatezza del ricorso, come si è già avuto modo di anticipare nella sentenza n. 59/2010.

1.d. Anche rispetto all’asserita, da parte della controinteressata, carenza di pregiudizio subito dalla ricorrente a causa dell’atto impugnato punti d), f) e g) delle eccezioni formulate dalla medesima nella propria memoria in vista della pubblica udienza, desumibile anche dalla mancata richiesta di risarcimento del danno, questo Tribunale ha già avuto occasione di pronunciarsi con la sentenza ora citata. Quest’ultima, nel riconoscere la legittimazione della ricorrente, implicitamente riconosce anche l’esistenza in capo alla stessa di un interesse concreto ed attuale alla decisione, a prescindere dall’efficacia del provvedimento impugnato, già venuta meno, in buona sostanza, al momento della pronuncia con cui il giudizio è stato sospeso.

In tale occasione si è ravvisata, in capo alla ricorrente, una posizione differenziata, quale operatore commerciale, legittimante anche all’impugnazione della regolamentazione delle aperture domenicali in Comuni limitrofi, che fanno riferimento allo stesso bacino di utenza: proprio tale circostanza e il conseguente, lamentato, sviamento di clientela integra un potenziale danno che genera un interesse concreto ed attuale, almeno teorico, all’eliminazione del provvedimento anche in vista di un’eventuale azione risarcitoria la cui fondatezza potrà essere valutata, alla luce di tutto quanto eccepito dalle parti resistenti, laddove fosse proposta.

Rispetto alla sussistenza dell’interesse quale conseguenza del potenziale pregiudizio derivante alla ricorrente dall’adozione del provvedimento censurato, quindi, deve ritenersi già formato il giudicato interno. Né tale rispondenza può essere revocata in dubbio a causa del decorso del tempo che ha determinato la cessazione degli effetti del provvedimento impugnato, essendo il ricorso in concreto destinato non più ad impedire che il provvedimento esplichi i propri effetti (com’era al momento della sua proposizione), bensì ad accertare l’eventuale illegittimità dell’atto che ha autorizzato comportamenti che possono, quantomeno in linea teorica potrebbero, avere generato danno alla ricorrente.

Nemmeno può condividersi la tesi secondo cui sarebbe decaduto il termine per la proposizione dell’azione risarcitoria. Per il caso in cui la condotta lesiva coincida con l’adottare ed il portare ad esecuzione un provvedimento illegittimo, il danno non può dirsi perfezionato – o meglio il termine per la proposizione del ricorso non inizia a decorrere – sino a che non sia pronunciata la sentenza che conclude il giudizio impugnatorio; ciò è espressamente previsto dal quinto comma dell’art. 30 del d. lgs. 104/2010, il quale prevede che, nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento, la domanda risarcitoria può essere proposta, oltre che con motivi aggiunti, entro il termine di centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza.

1.e. Anche la mancata impugnazione degli atti successivi presenta, secondo il Collegio, una rilevante refluenza, in senso negativo, sulla fondatezza dell’eventuale pretesa avente ad oggetto il risarcimento del danno, a prescindere dalla possibilità che la stessa possa rappresentare una sorta di acquiescenza, ancorchè rispetto ad atti altri ed ulteriori, la quale potrebbe incidere sulla permanenza dell’interesse alla pronuncia.

2. Ciò premesso in rito, nell’affrontare il merito il Collegio ritiene dapprima opportuno richiamare la propria precedente pronuncia in cui si è escluso che il provvedimento in esame possa essere considerato quale esercizio di un generico potere di intervento extra ordinem attribuito al Sindaco per fare fronte a situazioni contingenti che richiedano un intervento pubblico, diverso ed ulteriore rispetto a quello di regolamentazione dell’esercizio dell’attività commerciale nel rispetto della legge regionale n. 22/00.

3. A tale proposito va ricordato come questo Tribunale ha ritenuto – sotto il profilo della rilevanza della questione – che il provvedimento impugnato andasse oltre il potere attribuito al Sindaco dalla legge regionale e che, quindi, si fosse in presenza di una questione non manifestamente infondata di legittimità costituzionale della normativa regionale, in quanto in contrasto con i principi della liberalizzazione dell’attività commerciale e della tutela della concorrenza sottesi al d. lgs. 114/98 e operanti quali limiti alla potestà legislativa regionale ai sensi dell’art. 117 della Costituzione.

Per tale ragione il giudizio è stato sospeso in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale, la quale ha ritenuto che la regolamentazione delle aperture domenicali sia questione attinente non alla materia della tutela della concorrenza, bensì alla materia del commercio, rimessa alla competenza legislativa regionale. Secondo la sentenza n. 228/10, peraltro, quella della regione Lombardia sarebbe una normativa ispirata e al rispetto dei principi della legge quadro rappresentata dal d. lgs. 114/98, dal che ne risulta la conformità a costituzione della disciplina contenuta nell’art. 5 bis della L.R. 22/2000.

4. Secondo la controinteressata tale pronuncia non escluderebbe il dovere del giudice amministrativo di disapplicare la normativa che, seppur ritenuta conforme a Costituzione, risulti essere in contrasto con i principi della disciplina comunitaria, in specie in materia di concorrenza.

Questo Collegio ritiene, a tale proposito, di poter aderire alla ricostruzione operata dalla Corte Costituzionale, la quale ha ricondotto la regolamentazione delle aperture domenicali e festive all’ambito della disciplina del commercio, in quanto la stessa non sarebbe di per sé idonea ad incidere sul regime della concorrenza, se non laddove andasse ad operare una discriminazione tra diversi operatori del settore. Nessun profilo di tale tenore è stato però dedotto nel caso di specie, con la conseguenza che la semplice individuazione di un numero massimo di aperture domenicali e festive nel corso dell’anno non può ritenersi idonea ad incidere sulla libera concorrenza tra operatori che i Governi nazionali e regionali, per quanto di competenza, sono tenuti a garantire nel legiferare.

5. Accertata la conformità alla Costituzione della normativa regionale questa impone, all’art. 5 bis della L.R. 22/2000 dei limiti alle aperture domenicali che, nel caso di specie, risultano essere stati indubbiamente violati, se si guarda al numero complessivo delle giornate festive o di domenica nelle quali il Comune di Antegnate ha autorizzato – con una pluralità di provvedimenti che mal si concilia, come già si è detto nella sentenza n. 59/2010, con lo scopo programmatorio che dovrebbe avere l’adozione del provvedimento con cui si individuano, entro il 30 novembre di ciascun anno, le cinque giornate domenicali o festive scelte dai Comuni, in base alle esigenze locali, per le aperture ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge alle voci da a) a c) del comma 5 dell’art. 5 bis della L.R. 22/2000 – le aperture domenicali nel proprio territorio comunale.

Considerate, quindi, le giornate di apertura autorizzate con provvedimenti non censurati, quelle oggetto del provvedimento impugnato comportano senz’altro il superamento del limite di legge e, proprio per tale ragione, è nel momento dell’adozione di quest’ultima ordinanza che si è perfezionato l’interesse concreto ed attuale della ricorrente alla proposizione del ricorso.

La mancata impugnazione degli atti pregressi, però, rende impossibile entrare nel merito della legittimità delle aperture autorizzate con quegli atti, mentre per quanto riguarda le aperture autorizzate e non ancora effettuate al momento della proposizione del ricorso, non può non concordarsi con parte resistente circa la circostanza per cui tali date coincidono con quelle espressamente previste dalla legge come di possibile apertura. Ne discende che se censura può esservi, la stessa non può che riguardare le cinque giornate, diverse da quelle autorizzate ex lege, che rientra nella facoltà del Sindaco individuare come aperture domenicali o festive rispondenti alle specifiche esigenze locali.

Invero, nel caso di specie, è messa in discussione anche la possibilità dell’autorizzazione rilasciata dal Sindaco al "recupero" delle giornate di apertura domenicale e festiva di cui hanno goduto gli altri operatori del Comune dal 1 gennaio 2009 alla data dell’apertura del nuovo centro commerciale appartenente ad I.T. (nell’aprile 2009).

Il Collegio ritiene, però, di non poter entrare nel merito di una tale previsione, che, peraltro, non appare suffragata da alcuna disposizione di legge, considerato che lo specifico provvedimento con cui lo stesso è stato consentito non è stato espressamente impugnato dalla ricorrente.

Nel complesso, quindi, la sola parte del provvedimento suscettibile di essere oggetto del giudizio è quella in cui si autorizza l’apertura nelle giornate del 9, 16 e 23 agosto 2009: date, queste, che non risultano essere ricomprese tra quelle autorizzate ex lege e che debbono, pertanto, essere fatte rientrare tra quelle cinque giornate che sono nella disponibilità del Sindaco.

Poiché, però, prima del mese di agosto risultano, dagli atti depositati, essere state già autorizzate più di cinque giornate di apertura diverse da quelle autorizzate ex lege, quelle in parola sarebbero prive di copertura normativa, in ragione di tutto quanto già detto in ordine ai limiti che incontra il potere del Sindaco nella regolamentazione delle aperture domenicali e festive.

A tale proposito si rende necessario precisare che le giornate di apertura che rientrano nella disponibilità del Sindaco sono solo cinque ed erano cinque anche nel 2009, atteso che la sopravvenuta normativa regionale che ha modificato l’art. 5 bis della L.R. 22/00 non ha previsto la possibilità di concedere ulteriori cinque giornate di apertura, bensì ha elevato, anche per lo stesso 2009 in corso alla sua entrata in vigore, il numero di tali giornate da 3 a 5.

Ne discende che il ricorso può essere accolto limitatamente all’accertamento dell’illegittimità del provvedimento impugnato nella parte in cui autorizzava l’apertura nelle suddette giornate del 9, 16 e 23 agosto 2009.

Le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in causa, attesa la particolarità della controversia.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe indicato, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione.

Dispone la compensazione delle spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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