Cass. civ. Sez. V, Sent., 25-03-2011, n. 6915 Imposta incremento valore immobili – INVIM

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 49/64/05, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in riforma della decisione di primo grado, dichiarava nullo l’avviso di liquidazione, notificato in data 19.10.95 a M.P., con il quale l’Ufficio del registro di Breno aveva rettificato il valore iniziale dell’immobile ai fini dell’INVIM, in relazione all’atto di compravendita registrato in data 24.12.93. 2. Il giudice di appello considerava affetto da carenza di motivazione il suddetto avviso di liquidazione,non essendo stati indicati nell’atto gli elementi posti a base dell’imposizione.

3. Per la cassazione della sentenza n. 49/64/05 hanno proposto ricorso il Ministero delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, fondato su un unico motivo. Il resistente non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione

1. Deve rilevarsi, in via pregiudiziale, che il ricorso proposto dal Ministero delle Finanze deve essere dichiarato inammissibile.

Ed invero, va osservato che, qualora – come nel caso di specie – al giudizio di appello abbia partecipato solo l’Agenzia delle Entrate – succeduta a titolo particolare nel diritto controverso al Ministero delle Finanze nel giudizio di primo grado, ossia in epoca successiva all’1.1.01, data nella quale le Agenzie sono divenute operative in forza del D.Lgs. n. 300 del 1999 – e il contribuente abbia accettato il contraddittorio, o addirittura abbia instaurato il contraddittorio, come nel caso concreto, nei confronti del solo nuovo soggetto processuale, deve ritenersi verificata, sebbene per implicito, l’estromissione del Ministero delle Finanze dal giudizio.

Ne consegue che l’unico soggetto legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale è l’Agenzia delle Entrate; per cui il ricorso proposto dal Ministero deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione attiva (cfr.,tra le tante, Cass. 24245/04, 6591/08).

2. Premesso quanto precede, rileva la Corte che, con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 643 del 1972, artt. 6, 19, comma 2 e art. 20, nonchè l’omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia. Si duole, invero, l’amministrazione ricorrente del fatto che il giudice di appello abbia – in contrasto con le norme suindicate – erroneamente ritenuto che l’Ufficio avrebbe dovuto indicare nell’avviso di liquidazione, onde renderli noti al contribuente, i parametri in base ai quali era stato determinato il valore iniziale, ritenuto incongruo ai fini INVIM, senza limitarsi a tenere conto del valore attribuito all’immobile in sede di registrazione del precedente atto di compravendita, avvenuta in data 5.5.80.

Ad avviso dell’amministrazione ricorrente, invero, la rettifica del valore iniziale ai fini INVIM non è il risultato di un accertamento – come erroneamente ritenuto dalla Commissione Tributaria Regionale – "bensì è la diretta conseguenza di una separata valutazione, concernente l’atto di provenienza dell’immobile in questione, effettuata da altro ufficio finanziario".

Correttamente, pertanto, – a parere dell’amministrazione ricorrente – l’Ufficio aveva posto a base della rettifica il valore determinato in sede di registrazione del precedente atto, definito dal contribuente mediante condono ex L. n. 516 del 1982. 2.1 Il motivo è fondato e va accolto.

Osserva, invero, la Corte che la rettifica che l’Ufficio finanziario intenda effettuare, nell’ambito del procedimento di riscossione dell’INVIM, della misura del valore iniziale dell’immobile ceduto dichiarata dal soggetto passivo, ai sensi del D.P.R. n. 643 del 1972, art. 19, comma 2, non si traduce necessariamente in un accertamento del valore dell’immobile, il cui relativo avviso debba, pertanto, contenere, a pena di invalidità, l’indicazione dei parametri sui quali si fonda tale valutazione. Ed invero, qualora l’Ufficio ritenga che il valore iniziale dichiarato dal contribuente contrasti con la misura risultante da una precedente definizione dello stesso, avvenuta a norma del D.P.R. n. 643 del 1972, art. 6, ben può omettere l’avviso di accertamento e procedere direttamente alla liquidazione del tributo sulla base del valore ritenuto applicabile (conf. Cass. 92855/96, 4326/03). In altri termini, qualora l’Ufficio sia già in possesso di un diverso valore iniziale dell’immobile, determinato ai fini dell’imposta di registro o sulle successioni in occasione di un precedente acquisto, come previsto dal D.P.R. n. 643 del 1972, art. 6, il medesimo ben può avvalersi di tale valore e liquidare direttamente l’imposta, senza necessità di dover procedere ad un ulteriore, autonomo, accertamento.

A tal fine, poi, deve ritenersi del tutto irrilevante il modo in cui il suddetto accertamento di valore del bene sia stato effettuato nella sede suindicata. Tale valore iniziale definitivo può, invero, coincidere con quello dichiarato dal contribuente nel precedente atto, e non rettificato dall’amministrazione; oppure può consistere in quello corretto da quest’ultima e non impugnato dall’interessato;

o ancora il valore in parola può essere quello stabilito d’accordo dalle parti o determinato automaticamente sulla base di norme dettate per agevolare la definizione delle pendenze tributarie (v., in tal senso, Cass. 602/06, 22147/06).

2.2. Nel caso di specie, l’immobile oggetto dell’atto di compravendita, registrato il 24.12.93, era stato già valutato dall’Ufficio del registro in sede di precedente vendita in data 5.5.80, ed il valore era stato successivamente definito dal contribuente, in sede di condono ex L. n. 516 del 1982, nella misura di L. 40.000.000, a fronte del valore iniziale di L. 90.000.000, dichiarato invece, ai fini INVIM, nel successivo atto del 24.12.93.

Ne consegue che, stante la definitività di tale accertamento, derivante dall’irrevocabilità della domanda di condono proposta dal contribuente (cfr. Cass. 98/4978), l’Ufficio ben poteva porre tale valore a fondamento dell’avviso di liquidazione in questione, ai sensi del D.P.R. n. 643 del 1972, artt. 6 e 19, senza necessità di dover effettuare autonomi ed ulteriori atti di accertamento, comunicandone i relativi elementi al contribuente.

3. L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, nell’esercizio del potere di decisione nel merito di cui all’art. 384 c.p.c., comma 1, rigetta l’opposizione proposta dal contribuente.
P.Q.M.

La Corte di Cassazione;

dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Ministero; accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione proposta dal contribuente; condanna il resistente al rimborso delle spese del presente giudizio, a favore dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in Euro 1.600,00, oltre spese prenotate a debito, nonchè delle spese dei giudizi di merito, che liquida in Euro 400,00 per diritti ed Euro 700,00 per onorari, per ciascun giudizio, oltre eventuali spese prenotate a debito.

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