T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 10-02-2011, n. 245 Provvedimenti contingibili ed urgenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in esame, E.S. s.r.l. censura la legittimità dei provvedimenti conclusivi del procedimento di acquisizione degli impianti di illuminazione pubblica di proprietà della stessa E.S. s.r.l. posto in essere dal Comune di Quinzano d’Oglio, deducendo le seguenti censure:

1. violazione dell’art. 9 del DPR 902/86 e, più precisamente, del termine di un anno dal preavviso previsto per l’esercizio del riscatto. Secondo tale disposizione, infatti, la volontà di avvalersi della facoltà di riscattare gli impianti deve essere manifestata con una deliberazione del Consiglio comunale, la quale deve essere portata a conoscenza del titolare degli impianti entro il termine di 30 giorni dalla sua adozione. Successivamente, prevede l’art. 10, entro 30 giorni dalla notificazione del preavviso, il concessionario deve redigere lo stato di consistenza, che, nel caso di silenzio, sarà formato nei successivi 120 giorni dal Comune. A tale procedimento potrebbe, però, essere dato corso, ai sensi del terzo comma dell’art. 24 del R.D. 2578/1925, solo dopo il decorso di un anno dal preavviso della volontà di procedere al riscatto. Nel caso di specie, tra la comunicazione del preavviso e la adozione della deliberazione con cui la Giunta comunale ha dato mandato al Sindaco e al responsabile dell’Ufficio tecnico di porre in essere gli atti necessari per l’acquisizione al patrimonio comunale degli impianti non sarebbe trascorso un anno (la deliberazione del Consiglio comunale risale al 18 giugno 2009, essa è stata comunicata il 15 luglio 2009 e la Giunta si è pronunciata il 14 giugno 2010, mentre l’ordinanza di acquisizione è del 29 giugno 2010);

2. violazione dell’art. 24 del R.D 2578/1925, perché il riscatto è stato disposto prima della determinazione definitiva dell’indennità dovuta che, essendo stata contestata, doveva essere preventivamente determinata in via definitiva dal Collegio arbitrale. Inoltre la legge subordinerebbe il riscatto all’avvenuto pagamento dell’indennità che, in analogia alla normativa espropriativa, dovrebbe essere considerato presupposto necessario. Pertanto, così come nell’espropriazione per pubblica utilità, secondo il CGA, il decreto di esproprio non potrebbe essere adottato se non sia stata precedentemente pagata l’indennità di espropriazione, altrettanto dovrebbe essere nel caso di specie posto che sempre di un atto ablatorio si tratterebbe nella sostanza;

3. carenza dei presupposti per l’adozione di un’ordinanza contingibile ed urgente e assenza delle condizioni legittimanti l’esercizio del potere di autotutela ex art. 823 cod. civ..

Inoltre, nel caso di specie, il Comune non avrebbe in alcun modo manifestato la volontà di procedere all’affidamento del servizio indicendo, all’uopo, un’apposita gara pubblica: condizione questa che da sempre è stata ritenuta necessaria, in prospettiva, per legittimare l’esercizio del riscatto. Nella fattispecie il Comune sembrerebbe, considerata anche la pretesa di conoscere tutti i dati relativi ai contratti in essere, intendere subentrare nella gestione diretta del servizio, in violazione dei principi alla base della nuova disciplina che espressamente precludono tale soluzione all’ente locale.

Il Comune ha eccepito, nella sua costituzione, in primo luogo l’improcedibilità del ricorso, in quanto non vi sarebbe giurisdizione del GA, non essendo mai intervenuta una proroga dell’originaria concessione, per cui da innumerevoli anni (dal 1994) la gestione non avverrebbe in forza di un contratto (posto che il legislatore ha definito nulla la proroga tacita dei contratti relativi a servizi e forniture), ma solamente in via di fatto: ne deriva che non vi sarebbero interessi legittimi, ma solo eventuali diritti da far valere (tra cui non vi è quello al riscatto, che presuppone l’esistenza di un rapporto contrattuale in essere) e, quindi, ciò fonderebbe la giurisdizione del GO.

Il ricorso sarebbe altresì tardivo, in quanto il mancato rispetto del termine di preavviso di un anno avrebbe dovuto essere fatto valere entro 60 giorni dalla conoscenza della deliberazione con cui è stato dato avvio al procedimento di riscatto (e cioè dal 15 luglio 2009): in ogni caso, il termine annuale risulterebbe essere stato rispettato, perché della volontà di fare ricorso al riscatto è stata data notizia il 18 febbraio 2008, per cui la deliberazione di riscatto del 18 giugno 2009 avrebbe ampiamente rispettato il termine stesso.

Le censure relative al procedimento di determinazione dell’indennità sarebbero inammissibili, in quanto quest’ultima deve essere determinata, in mancanza di accordo, in sede arbitrale.

A prescindere da tali eccezioni in rito, il ricorso sarebbe comunque infondato, sia nella parte in cui vorrebbe subordinare il trasferimento della proprietà al previo pagamento dell’indennizzo, sia nella parte in cui vorrebbe dimostrare l’inammissibile gestione diretta del servizio il quale, nelle more dello svolgimento della gara, è stato assegnato per un quadrimestre ad un terzo, in ragione di quanto disposto dall’art. 125 del codice dei contratti pubblici.

In vista della pubblica udienza, parte ricorrente ha depositato una memoria nella quale ha ribadito come la concessione stipulata tra le parti in data 1 aprile 1979 era, secondo il proprio convincimento, ancora in corso al momento dell’esercizio del riscatto, per effetto della sua tacita proroga alla scadenza di ogni triennio in ragione della previsione in tal senso contenuta nell’art. 2 della convenzione sottoscritta, con conseguente sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo in relazione ad ogni controversia avente ad oggetto il rapporto concessorio.

Nel merito, parte ricorrente ha sostenuto la illegittimità dei provvedimenti impugnati, ribadendo quanto già rappresentato nel ricorso.

Il Comune ha replicato affermando l’illegittimità della proroga automatica della concessione che parte ricorrente rivendica, con conseguente refluenza sulla sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo e ribadendo la propria linea difensiva, così come già rappresentata.

Alla pubblica udienza del 27 gennaio 2011 la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Si può prescindere dall’entrare nel merito della natura dei rapporti intercorrenti tra la ricorrente e il Comune e, quindi, della legittimità o meno della proroga nel tempo della concessione stipulata tra il Comune e la dante causa dell’odierna ricorrente nel 1979, posto che il fatto stesso di controvertere in ordine alla legittimità del procedimento di riscatto determina comunque la giurisdizione del Giudice amministrativo.

È, infatti, lo stesso ricorso al suddetto procedimento, disciplinato dal R.D. 2578/1925 e dal D.P.R. n. 902/1986, che presuppone l’esistenza di un rapporto concessorio: ne discende che la negazione dell’esistenza di quest’ultimo non può che determinare la rinuncia al riscatto stesso da parte dell’Amministrazione.

In ogni caso, oggetto della controversia è proprio la legittimità degli atti adottati nell’ambito di uno specifico procedimento, quello di riscatto, per l’appunto, che, per sua stessa natura rimane assoggettato alla giurisdizione del giudice amministrativo.

Ciò premesso, il Collegio non ravvisa motivi di discostarsi dal proprio precedente di cui alla sentenza n. 2165/10 e conseguentemente ritiene sussistente la tardività delle censure aventi ad oggetto il mancato rispetto del termine annuale di preavviso previsto dall’art. 24 del R.D. 2578/1925.

Come si legge nella richiamata pronuncia, dal dato letterale della disposizione ora citata si può "inferire che il preavviso di un anno deve precedere la manifestazione di volontà del Comune di riscattare la proprietà degli impianti oggetto di concessione e non anche l’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento che da tale manifestazione di volontà prende avvio, rappresentato dall’atto traslativo della proprietà.".

Ne deriva che, nel caso di specie, si sarebbe dovuto dedurre tempestivamente il mancato rispetto del preavviso di un anno, censurando la legittimità della deliberazione del Consiglio comunale n. 41 del 18 giugno 2009, con cui si è optato per il riscatto degli impianti in questione.

Peraltro, risulta agli atti che della intenzione di fare ricorso al riscatto è stata data notizia all’odierna ricorrente il 18 febbraio 2008, per cui alla data della manifestazione della volontà di procedere al riscatto – 18 giugno 2009 – il termine di un anno risultava ampiamente rispettato.

Per quanto attiene alla seconda censura, il Collegio ritiene che non meriti positivo apprezzamento la tesi secondo cui, in analogia al procedimento espropriativo, l’acquisizione al patrimonio degli impianti dovrebbe essere subordinata al previo pagamento dell’indennità. Posto che anche nel procedimento ablatorio l’adozione dell’atto traslativo della proprietà non è subordinata alla definizione e al pagamento dell’indennità contestata, bensì solo a quello dell’indennità così come determinata in via definitiva dall’Amministrazione, nel procedimento di riscatto degli impianti di illuminazione non si ravvisa alcuna norma che imponga una tale condizione. Non può essere intesa in tal senso, infatti, l’espressione di cui all’art. 24 del R.D. 2578/1925 secondo cui "quando i Comuni procedono al riscatto degli impianti debbono pagare ai concessionari un’equa indennità", la quale impone senz’altro l’obbligo al Comune di corrispondere tale somma, ma, anche alla luce del contenuto complessivo della norma, non pone il pagamento dell’indennità eventualmente contestata come condizione per poter dare ulteriore impulso al procedimento, non prevedendo, al contrario di quanto asserito da parte ricorrente, la contestualità tra riscatto e pagamento.

Anche la terza doglianza appare infondata, atteso che il provvedimento impugnato non è qualificabile come un’ordinanza contingibile ed urgente: si tratta, infatti, di un ordine di rilascio degli immobili che nemmeno richiama il d. lgs. 267/00 e che ha come obiettivo il semplice completamento dell’iter procedurale di riscatto degli impianti.

Non era quindi necessario che per l’adozione dello stesso sussistessero i presupposti sottesi all’esercizio del potere extra ordinem.

In merito all’esercizio del potere di autotutela il Collegio ritiene sufficiente richiamare i propri precedenti (cfr., fra gli altri T.A.R. Brescia n. 490/2007), alla stregua dei quali "l’assoggettabilità degli impianti di distribuzione del gas al regime di autotutela previsto dall’art. 823 c.c. è confermato dall’art. 826, comma 3, secondo cui "fanno parte del patrimonio indisponibile…gli altri beni destinati a un pubblico servizio".

Dato tale principio, e considerato che anche l’impianto di illuminazione pubblica è senz’altro riconducibile alla categoria dei beni destinati a un pubblico servizio, anche in relazione a quest’ultimo risulta pertanto possibile il ricorso allo speciale potere di autotutela in parola, che, per giurisprudenza costante, non può essere limitato alla tutela dei beni appartenenti al demanio, ma deve essere esteso anche a quelli patrimoniali indisponibili (cfr. T.A.R. Lombardia Brescia, sez. II, 27 maggio 2010, n. 2165, Cons. Stato 6.12.2007, n. 6259 e 22.11.1993, n. 1164).

Accertata la conformità all’ordinamento dell’esercizio dell’autotutela, il ricorso in esame non può trovare accoglimento nemmeno sotto l’ultimo profilo dedotto, considerato che non è stato fornito alcun principio di prova che il Comune intenda procedere alla gestione diretta dell’impianto, fermo restando che ciò parrebbe incidere più sulla legittimità di tale attività, che non del procedimento di riscatto. A tale proposito, questo Tribunale ha già avuto modo di affermare, in precedenti da cui non si ravvisa ragione di discostarsi, la legittimità della previsione della gestione diretta del servizio, mediante il subentro nei contratti già stipulati da E.S. s.r.l., nel caso in cui essa abbia natura transitoria e quindi, dagli atti, possa desumersi la volontà del Comune di procedere, nei tempi tecnici a ciò necessari, all’espletamento della gara pubblica per l’individuazione del nuovo gestore. Nella fattispecie la deliberazione del Consiglio comunale con cui si è stabilito di dare corso al riscatto fa espressamente riferimento al fatto che poi il servizio dovrà essere riassegnato ad un gestore individuato con gara pubblica, essendo preclusa la gestione al proprietario delle reti. La deliberazione della Giunta comunale n. 128 del 30 agosto 2010 prevede espressamente che la gestione sia affidata ad una ditta con idonei requisiti, fino al 31.12.2010, nelle more della gara pubblica per l’affidamento del servizio nel rispetto degli obblighi di legge. Ne risulta esclusa la volontà di gestire il servizio in modo diretto, la quale non può essere revocata in dubbio per il solo fatto che sia stata richiesta la conoscenza dei dati relativi ai contratti in essere, la quale si rende necessaria ai fini della predisposizione di un adeguato capitolato di gara.

Respinto il ricorso, le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in causa, atteso il peculiare andamento della vicenda dedotta in causa.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Dispone la compensazione delle spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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