T.A.R. Puglia Lecce Sez. I, Sent., 10-02-2011, n. 281 Competenza e giurisdizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Comitato Promotore Referendario "T.F.", con domanda del 21 luglio 2009, ha chiesto al Sindaco di Taranto, ai sensi dell’art. 8 del Regolamento comunale di disciplina dell’Istituto del referendum consultivo, di effettuare i referendum consultivi in ordine a cinque quesiti aventi ad oggetto l’ILVA, attuale ricorrente.

Con delibera di consiglio comunale del 29 ottobre 2010, il Comune ha disposto la nomina del Comitato dei garanti, che:

1) con verbale del 26 gennaio 2010, ha chiesto al Comune la domanda del Comitato promotore unitamente alle sottoscrizioni e ai relativi certificati di iscrizione alle liste elettorali dei cittadini sottoscrittori;

2) con verbale del 3 marzo 2010, ha osservato che la domanda pervenuta risultava presentata da solo tre cittadini, in contrasto con quanto prescritto dal Regolamento per il quale il Comitato deve essere composto da almeno dieci persone;

3) con verbale del 24 marzo 2010, nel rilevare che non risultava pervenuto l’atto di costituzione del Comitato promotore, ha richiesto al Comune di notificare i verbali delle riunione del Comitato dei garanti all’av. Nicola Russo, primo firmatario.

4) con verbale del 31 marzo 2010, ha preso atto "che del Comitato promotore referendario, oltre ai primi tre cittadini originariamente sottoscrittori, fanno parte altri sette cittadini iscritti nelle liste elettorali del Comune di Taranto, come risulta dai relativi certificati d’iscrizione esibiti", e, riformulando due dei quesiti, ha dichiarato ammissibili tre dei cinque quesiti proposti dal comitato promotore.

Avverso la deliberazione del 31 marzo 2010 del Comitato dei garanti è stato proposto il presente ricorso per i seguenti motivi: 1. Violazione degli artt. 23, 41 e 42 Cost. in tema di libertà di iniziativa economica e di tutela della proprietà privata; violazione dell’art. 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e delle norme del Trattato UE in relazione alla libertà d’impresa; violazione dei principi di fruttuosità/utilità, chiarezza/completezza e omogeneità/unicità sanciti dalla Corte costituzionale per l’ammissibilità delle proposte referendarie; violazione di legge; eccesso di potere; incompetenza; illogicità e contraddittorietà manifesta; errati presupposti. 2. Violazione art. 8, comma quarto, del d.lgs. 267/2000; violazione art. 52 dello Statuto del comune di Taranto; violazione art. 2 del Regolamento comunale di disciplina dell’istituto del referendum consultivo; violazione di legge e di norma regolamentare; eccesso di potere; incompetenza. 3. Violazione artt. 3 e 4 del Regolamento comunale di disciplina dell’istituto del referendum consultivo; violazione della norma regolamentare; eccesso di potere; errati e falsi presupposti. 3. Violazione art. 2 del Regolamento comunale di disciplina dell’istituto del referendum consultivo in relazione agli artt. 311 e 318 del d.lgs. 152/2006; violazione di legge e di norma regolamentare; eccesso di potere; carenza di motivazione; errati e falsi presupposti.5. Violazione art. 8, comma secondo, del d.lgs. 267/2000 in relazione al principio di partecipazione al procedimento sancito dalla l. 241/1990; violazione degli artt. 60, 61 e 62 dello Statuto comunale; violazione di legge e regolamento. 6. Violazione artt. 4 e 5 del Regolamento comunale di disciplina dell’istituto del referendum consultivo; violazione norma regolamentare; eccesso di potere; incompetenza; contraddittorietà.

Deduce la ricorrente: che il referendum mira alla chiusura totale o parziale dell’attività della società I. in contrasto con le norme costituzionali e comunitarie che garantiscono la libertà di iniziativa economica; che gli obiettivi dichiarati nei quesiti referendari non potrebbero mai essere conseguiti perché il Comune non ha legalmente il potere di chiudere l’I.; che i quesiti sono ingannevoli e fuorvianti; che la materia oggetto dei quesiti non è di esclusiva competenza locale; che la domanda non è soscritta da dieci cittadini; che il Comune non potrebbe richiedere comunque il risarcimento del danno ambientale; che all’I. non è stato comunicato l’avvio del procedimento; che il Comitato dei garanti ha manipolato i quesiti referendari.

Il Comitato promotore si è costituito con memoria del 2 luglio 2010 con la quale ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, la tardività del ricorso e la carenza di legittimazione attiva.

Il Comune si è costituito con controricorso del 6 luglio 2010 eccependo il difetto di giurisdizione e l’inammissibilità del ricorso perché proposto avverso un atto endoprocedimentale.

Con memoria dell’8 luglio 2010 la ricorrente ha controdedotto alla memoria del Comitato promotore rilevando: che la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo; che la ricorrente ha legittimazione perché i quesiti referendari riguardano la propria attività; che il ricorso non è tardivo perché i regolamenti comunali sono impugnabili allorquando viene emanato un provvedimento applicativo lesivo dell’interesse fatto valere.

Il Comitato promotore ha depositato, il 4 ottobre 2010, una memoria ribadendo le proprie argomentazioni.

La ricorrente, l’8 novembre 2010, ha proposto motivi aggiunti avverso: il decreto del Sindaco del 1° settembre 2010 di indizione del referendum; del verbale del 20/23 luglio 2010 con il quale il Comitato dei garanti ha verificato e dichiarato la regolarità delle sottoscrizioni della richiesta referendaria per i tre quesiti ammessi; dei 259 moduli di raccolta firme.

La ricorrente ha dedotto gli ulteriori motivi: 7. Violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma quarto, l. 267/2000, dell’art. 52, commi secondo e terzo, dello Statuto comunale e dell’art. 2 del Regolamento comunale di disciplina dell’istituto del referendum consultivo; violazione di legge; eccesso e sviamento di potere; incompetenza. 8. Violazione del principio di chiarezza e completezza dei quesiti in materia di consultazioni referendarie; violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 7 del Regolamento comunale di disciplina dell’istituto del referendum consultivo; violazione di legge e di norma regolamentare; eccesso e sviamento di potere; illogicità e contraddittorietà.

Deduce la ricorrente: che il decreto del sindaco è illegittimo in quanto riguarda anche il comune di Statte; che il referendum comunale può riguardare solo questioni che rientrano nel territorio del comune che indice la consultazione referendaria; che i moduli per la raccolta delle firme riproducono il testo dei quesiti originari poi riformulati dal Comitato dei garanti.

Con memoria dell’11 dicembre 2010 la ricorrente, nel ribadire le proprie deduzioni, ha dedotto in ordine alla giurisdizione.

Il Comitato promotore, con memoria dell’11 dicembre, ha rilevato la carenza di interesse e il difetto di legittimazione della ricorrente. Nel merito ha dedotto sulla legittimità della procedura referendaria.

L’I. e il Comitato promotore, con memorie del 22 dicembre 2010, hanno ribadito le proprie deduzioni.

Nella pubblica udienza del 12 gennaio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Ha carattere pregiudiziale l’esame dell’eccezione di difetto di giurisdizione.

Le Sezioni unite della Cassazione hanno costantemente affermato la giurisdizione del giudice ordinario in materia di referendum abrogativo regionale e in materia di referendum consultivo e propositivo comunale.

In particolare, è stato rilevato che il comitato promotore di referendum agisce, nel relativo procedimento, in posizione di piena parità con l’organo dell’ente territoriale preposto al controllo della legittimità della richiesta referendaria, poiché entrambi operano a garanzia del diritto fondamentale di svolgere la consultazione e di attuare l’ordinamento, con la conseguenza della non degradabilità della posizione soggettiva del primo per effetto dell’attività posta in essere dal secondo. Il comitato promotore costituisce un vero e proprio potere, in quanto, pur non facendo parte dell’apparato organizzativo dell’ente territoriale, esercita una potestà pubblica ed è titolare di una situazione soggettiva volta alla realizzazione del diritto politico dei cittadini elettori, costituzionalmente garantito e regolato dalla legge e dallo statuto dell’ente, di intraprendere la procedura referendaria, non comprimibile da atti di organi cui siano attribuiti distinti poteri di intervento e di controllo nell’evoluzione della procedura stessa. L’organo di controllo dell’ente territoriale non è portatore di un interesse pubblico nel senso tradizionale in cui detto interesse è proprio della Pubblica Amministrazione, né si pone in posizione di supremazia nei confronti del comitato promotore, ma partecipa con questo della funzione referendaria, concorrendo all’attuazione di tale strumento di democrazia diretta, nell’interesse dello stesso istituto referendario come concretamente configurato. La funzione di controllo che tale organo esercita si esprime nell’accertamento della conformità della pretesa referendaria ai principi posti nell’ordinamento, a fronte della quale sussiste il diritto soggettivo pubblico dei promotori, che può essere affermato o negato, ma non degradato né inciso, essendo i suoi limiti dettati esclusivamente dalle leggi e dalle disposizioni statutarie che disciplinano il ricorso al referendum (v. Cass. Sez. Un., 24 giugno 2009 n. 14803; 3 febbraio 2004 n. 1991; 28 ottobre 1998 n. 10735; 6 giugno 1994 n. 5490).

Nello stesso senso si sono espressi anche i giudici amministrativi per i quali "Allorquando la regione disciplina, conformemente allo statuto ed alle disposizioni costituzionali, il referendum abrogativo di legge regionale, disegnandone i limiti e le condizioni di ammissibilità, conforma la pretesa referendaria, che di conseguenza esiste nei singoli ordinamenti regionali nei limiti e secondo le modalità che la stessa legge regionale ha ritenuto di configurare; pertanto, l’eventuale deliberazione con la quale l’organo a ciò deputato dichiara inammissibile il referendum, si risolve nella negazione del diritto dei promotori al referendum stesso, così come esso è stato in concreto riconosciuto dalla legislazione regionale, e, di conseguenza, ove si contesti la legittimità di tale deliberazione, si da far valere una posizione soggettiva la cui cognizione spetta al giudice ordinario" (così Cons. St., 22 marzo 1993 n. 328; conforme Cons. St. 31 marzo 1987, n. 194; Tar Bologna, 24 gennaio 2008, n. 95; Tar Genova, 2 marzo 2007, n. 369; Tar Venezia, 1° marzo 2002, n. 989).

È da rilevare che tutta la giurisprudenza che si è occupata della questione ha avuto riguardo a situazioni in cui era lo stesso comitato promotore ad azionare il giudizio, mentre, nel caso in esame, il giudizio è stato promosso da un soggetto diverso che si reputa leso dalla decisione del comitato dei garanti.

Tuttavia, non può ritenersi che la situazione soggettiva possa essere modificata a seconda del soggetto che propone il ricorso, proprio perché lo stesso è sempre diretto a incidere sulla posizione di diritto soggettivo del comitato promotore.

Infatti, seppur è vero che il comitato promotore "non ha lamentato alcuna limitazione al proprio diritto soggettivo pubblico alla consultazione referendaria", è da rilevare che la questione oggetto del giudizio tende sempre a "incidere" sulla posizione di diritto soggettivo del comitato promotore di vedersi riconosciuto il diritto a indire il referendum nei termini da lui proposti.

Infatti, nel caso in esame, qualora il Tribunale si orientasse nel senso dell’illegittimità dell’operato del comitato promotore, ritenendo di dover annullare la decisione di indizione del referendum, questa decisione inciderebbe sul diritto soggettivo del comitato promotore a esercitare il proprio diritto referendario.

In sostanza, non si tratta di determinare se i motivi addotti a sostegno dell’impugnazione investono o meno la legittimità del procedimento – ben potendo sussistere un diritto soggettivo anche in presenza di attività procedimentalizzata – ma di valutare se il comitato dei garanti agisce in veste di autorità nell’esercizio di poteri pubblicistici, a fronte dei quali si configura la posizione di interesse legittimo, o se, al contrario, agisce in rapporto paritetico con gli altri soggetti, per cui le posizioni giuridiche coinvolte sono quelle di diritto soggettivo.

La giurisprudenza costante, alla quale il Collegio ritiene di aderire, ha affermato che il "Comitato promotore di un referendum, anche di quello propositivo comunale, agisce nel relativo procedimento in posizione di piena parità con l’organo dell’ente territoriale preposto al controllo di legittimità della richiesta referendaria, giacché quest’ultimo opera non a tutela di uno specifico interesse dell’amministrazione pubblica, ma – come lo stesso Comitato – per l’attuazione dell’ordinamento" (così Cass. Sez. Un., 2004 n. 1991 cit.).

Per i suesposti motivi questo Collegio ritiene la giurisdizione del giudice ordinario avverso la deliberazione del 31 marzo 2010 del Comitato dei garanti, con la quale è stata ammessa la proposta di referendum consultivo.

2. Un diverso discorso va fatto per quanto riguarda l’impugnazione, proposta con i motivi aggiunti, contro il decreto del Sindaco del 1° settembre 2010 di indizione del referendum.

Infatti, il Sindaco agisce quale autorità nell’esercizio del potere amministrativo, a fronte del quale sussiste una situazione soggettiva di interesse legittimo.

Pertanto, ritiene il Collegio, che, per questo provvedimento, sussiste la giurisdizione di questo giudice.

2.1. Prima di valutare il merito, è necessario affrontare le eccezioni di difetto di legittimazione attiva, proposte con riguardo ai motivi aggiunti avverso il decreto sindacale.

Le eccezioni sono infondate.

Ritiene il Collegio che dallo svolgimento del referendum in questione possa derivare un concreto pregiudizio alla ricorrente, e quindi deve essere riconosciuta alla stessa una posizione differenziata, che la legittima ad agire nel presente giudizio.

Infatti, non è dubitabile che i quesiti referendari riguardano direttamente l’attuale ricorrente, proponendo la chiusura del suo stabilimento, e quindi determinano una possibile lesione della sua sfera giuridica.

La ricorrente, poi, ha depositato la visura storica della società dalla quale risulta che il sig. Riva è l’attuale rappresentante legale, documentando in tal modo il possesso dei poteri di rappresentanza contestati dalla difesa del comitato promotore.

2.2. Nel merito l’impugnazione proposta con i motivi aggiunti è fondata.

L’art. 6 del Regolamento comunale di disciplina dell’istituto del referendum consultivo, nel disciplinare la raccolta delle firme, prevede che "Per la raccolta delle firme devono essere usati moduli in carta libera vidimati dal Dirigente dell’Ufficio Elettorale del Comune o suo delegato, sui quali deve essere esattamente riportato, a cura dei soggetti promotori, il testo della proposta".

Nei modelli con le sottoscrizioni dei cittadini relativamente ai tre quesiti referendari ammessi non vengono riportati i soli quesiti, così come sono stati ammessi dal comitato dei garanti, ma ciascuno di essi viene introdotto da una "relazione" nella quale, per i primi due, si riporta sostanzialmente il testo dei quesiti originari espunti dal comitato dei garanti.

La difesa del comitato promotore ha rilevato che, nel caso in esame, deve trovare applicazione l’art. 49 l. 352/190, per il quale "La proposta deve contenere il progetto redatto in articoli, accompagnato da una relazione che ne illustri le finalità e le norme", con la conseguente legittimità della "relazione" riportata nel modulo di raccolta delle firme.

Il Collegio ritiene l’inesattezza di tale prospettazione.. Infatti, la "relazione" prevista dalla legge deve essere intesa come una nota accompagnatoria del quesito referendario, con la quale vengano esplicitate le ragioni che hanno indotto a proporre il referendum ed eventualmente le conseguenze che deriverebbero dal suo accoglimento, al fine di consentire di comprendere meglio il senso del voto. In sostanza si tratta, così come evidenziato proprio dalla difesa del comitato promotore, di dare una legittima informazione e chiarire le finalità del referendum.

Nel caso in esame, invece, la "relazione" non contiene un’esplicazione nel senso sopra detto, ma, come detto, per i primi due quesiti riporta i quesiti originari, che il comitato dei garanti, però, non ha ammesso, mentre per il terzo non v’è chiarezza in ordine al soggetto che potrebbe chiedere il risarcimento dei danni all’I..

In definitiva, nessuna informazione o chiarimento è stata data con la "relazione" ma, al contrario, sono state date indicazioni contrastanti con il contenuto dei quesiti così come ammessi dal comitato dei garanti, con la conseguenza che devono essere ritenuti irregolari i moduli con cui sono state raccolte le firme dei cittadini iscritti nelle liste elettorali del Comune.

Pertanto, il decreto sindacale, impugnato con i motivi aggiunti, deve essere annullato, proprio perché fonda la propria legittimità, sul presupposto errato della regolarità dell’acquisizione delle firme.

3. In conclusione, per quanto riguarda l’impugnazione proposta con il ricorso principale, avverso la procedura referendaria, deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo nei confronti dell’autorità giudiziaria ordinaria.

L’impugnazione proposta con i motivi aggiunti, avverso il decreto del Sindaco, deve invece essere accolta.

Per la complessità della vicenda sussistono motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Prima

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

a) dichiara il proprio difetto di giurisdizione in favore di quella del Giudice ordinario e, pertanto, dichiara inammissibile il ricorso principale in epigrafe, ai sensi e per gli effetti precisati in motivazione;

b) annulla il decreto del Sindaco del 1° settembre 2010 di indizione del referendum.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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