Cass. civ. Sez. V, Sent., 25-03-2011, n. 6905 Accertamento per adesione Pagamento dell’imposta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La controversia ha ad oggetto l’impugnativa proposta dai contribuenti sopra indicati avverso accertamento IRPEF e rettifica IVA per il 1996, sostenendo che il contesto era stato definito con atti di accertamento per adesione.

La Commissione Tributaria Provinciale ha respinto il ricorso, ritenendo che l’invocato accertamento per adesione era stato perfezionato in ritardo e che quindi non potesse impedire lo svolgimento della normale attività accertativa dell’Ufficio.

La Commissione Tributaria Regionale, invece, ha accolto l’appello della parte contribuente, osservando che la stessa contestava la certezza della data di stipulazione dell’atto di adesione, contestazione rispetto alla quale l’Ufficio era rimasto del tutto inerte in appello. Anche ove fosse risultata provata la data indicata dall’Ufficio, ciò non avrebbe fatto cadere l’intera procedura, mancando una sanzione espressa di nullità nel D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 9 e la stessa amministrazione con la circolare n. 65 del 28 giugno 2002 aveva invitato gli Uffici ad un uso avveduto della discrezionalità, distinguendo tra manovre dilatorie, da sanzionare con la decadenza dalla procedura, ed anomalie di lieve entità (come un lieve ritardo nei versamenti) da valutare alla stregua del principio della conservazione degli atti e tenendo conto che, nell’ipotesi, l’Ufficio si sarebbe trovato a gestire l’eventuale istanza di rimborso di somme versate in assenza di titolo legittimo, con ulteriore aggravio dell’azione amministrativa. In tali casi – tra cui rientrava quello di specie trattandosi di versamento con asseriti due giorni di ritardo – sussisteva il permanere dell’interesse attuale e concreto dell’amministrazione al perfezionamento dell’adesione in base ai principi di efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa nonchè del principio di collaborazione previsto dalla L. n. 212 del 2000.

Avverso tale sentenza, la parte erariale propone ricorso per cassazione sorretto da tre motivi. La parte contribuente non ha svolto attività difensiva.

Il ricorso proposto dal Ministero è inammissibile, essendo legittimata attivamente e passivamente in questo giudizio solo l’Agenzia delle entrate, succeduta a titolo particolare al ministero nel diritto controverso fin dal 1.1.2001, quindi in data anteriore alla instaurazione del giudizio in appello (avvenuta con atto depositato il 6.7.2004) ed unica partecipe del relativo giudizio, attraverso l’ufficio di (OMISSIS); con la conseguente tacita estromissione del ministero stesso (Cass. nn. 9004/2007, 3557/2005), privo pertanto di legittimazione nel presente giudizio.

Il ricorso dell’Agenzia è ammissibile: dall’attestazione in calce alla ricevuta del "cronologico" emerge che il primo tentativo di notifica alla P. è avvenuto in data 4 aprile 2006, con la conseguenza che – in assenza di contestazioni (che, nella specie, avrebbero dovuto concretarsi in querela di falso avverso l’attestazione del pubblico ufficiale) il ricorso per cassazione da notificare deve ritenersi ricevuto dall’Ufficiale giudiziario almeno fin da detta data e l’impugnazione risulta tempestivamente proposta (scadendo il termine il 5 aprile 2006, rispetto a sentenza pubblicata il 18 febbraio 2005). La prova dell’instaurazione del contraddittorio, in assenza del deposito da parte del ricorrente dell’avviso di ricevimento, può desumersi dal deposito in questa sede di procura speciale ad opera degli intimati.

Con il primo motivo, l’Agenzia denunzia violazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18 e 57, in relazione all’art. 360.1 n. 4 c.p.c, sostenendo che la sentenza sarebbe affetta da ultrapetizione, essendo stato ritenuto perfezionato l’accertamento per adesione per motivi diversi (mancata sanzione espressa di nullità e tenore della circolare erariale) da quello proposto originariamente dai contribuenti (presunta incertezza della data di stipulazione del concordato).

Con il secondo motivo, l’Agenzia lamenta violazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, artt. 8 e 9, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e, se del caso, anche art. 4 c.p.c., perchè dette norme scandiscono chiaramente gli elementi e la procedura per il perfezionamento del concordato, sicchè – diversamente da quanto affermato dalla C.T.R. il difetto di previsione della nullità dell’atto non sarebbe verificabile: il versamento della prima rata deve avvenire entro il termine di venti giorni; la corresponsione degli interessi è prevista solo per le rate successive; va esclusa la possibilità di sanatoria circa il ritardo.

I primi due motivi – che possono trattarsi congiuntamente essendo entrambi rivolti a contestare la ratio decidendi relativa all’ammissibilità del perfezionamento del concordato anche in caso di lieve ritardo nel pagamento – non colgono nel segno.

Infatti, la decisione impugnata si basa sulla diversa e decisiva ratio decidendi della mancata certezza della data di stipulazione dell’atto di adesione, rispetto alla quale l’Ufficio in appello è rimasto, secondo la C.T.R., del tutto inerte. Pertanto, per sovvertire validamente il decisimi, la parte erariale avrebbe dovuto contestare detta ratio, dimostrando se e come avesse resistito nelle fasi di merito alla contestazione della parte privata e come avesse dedotto nelle stesse le circostanze di fatto indicate a pagina 8 del ricorso per cassazione.

Infatti, l’altra ratio, relativa alla possibilità di perfezionamento del concordato anche a seguito di lieve ritardo nei pagamenti, si rivela un’argomentazione ultronea espressa ad abundantiam, la quale è improduttiva di effetti giuridici (Cass. n. 317/02) e che non ha lo scopo di sorreggere la decisione, già basata su altra decisiva ragione, non suscettibile, quindi, di censura in sede di legittimità (Cass. S.U. n. 8087/07; Cass. n. 10420/05), in quanto le argomentazioni che non hanno efficacia determinante sulla decisione, non essendo destinate a sorreggerne la motivazione, non possono portare alla cassazione della sentenza.

Del resto, qualora la sentenza di merito impugnata si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione secondo l’iter logico-giuridico seguito sul punto in questione nella sentenza impugnata, l’omessa impugnazione, con ricorso per cassazione, di taluna (o anche di una soltanto) di tali ragioni determina l’inammissibilità del gravame proposto avverso le altre, in quanto l’eventuale accoglimento del ricorso non inciderebbe sulle "rationes decidendi" non censurate (o sulla "ratio decidendi" non censurata), con la conseguenza che la sentenza impugnata resterebbe pur sempre fondata su di esse (tra le molte, v. Cass. 10420/05, cit.; 2273/05).

Con il terzo motivo, lamentando contraddittoria e, in ogni caso, insufficiente motivazione, la parte erariale si duole che la C.T.R. si sarebbe limitata ad affermare genericamente quanto contestato nel ricorso a questa S.C., senza verificare l’assetto normativo ed ordinamentale che regge la fattispecie. Anche questa censura non coglie nel segno, dato che, in ossequio al requisito della specificità dei motivi del ricorso per cassazione, quando si denuncia il difetto di motivazione, oltre alla precisazione del punto della controversia al quale detto difetto si riferisce, è necessaria anche l’indicazione delle questioni che si assumono obliterate nella sentenza (Cass. n. 5274/07; 12446/06; 12187/02; 7820/02). Pertanto non è sufficiente il richiamo generico, in ordine al punto controverso, a quanto contestato in altra parte del medesimo ricorso per cassazione e, circa le questioni pretermesse, all’assetto normativo ed ordinamentale della fattispecie.

In conclusione, perciò, il ricorso va respinto.

Nulla per le spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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