T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 10-02-2011, n. 256 Provincia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 14 e depositato il 23 dicembre 2009, H.L. e numerosi litisconsorti, tutti proprietari di beni immobili e/o residenti nel Comune di Aulla, in località Albiano Magra, nei pressi dell’impianto per il trattamento dei rifiuti e la produzione di CDR gestito dall’impresa C.M., proponevano impugnazione avverso la determinazione dirigenziale n. DD/8664/2009, del 13 ottobre 2009, con cui la Provincia di Massa Carrara aveva fissato in 90.000 tonnellate annue la quantità complessivi di rifiuti trattabili ed in 1.500 tonnellate annue la capacità massima di stoccaggio nell’impianto predetto. Il gravame era affidato a tre motivi in diritto, sulla base dei quali i ricorrenti instavano per l’annullamento, previa sospensiva, del provvedimento impugnato e di tutti gli atti ad esso presupposti, consequenziali e connessi, meglio indicati in epigrafe, nonché per la condanna dell’amministrazione procedente al risarcimento dei danni.

Costituitisi in giudizio la Provincia di Massa Carrara e l’impresa Costa, che resistevano alle domande avversarie, nella camera di consiglio dell’8 gennaio 2010 la trattazione dell’istanza cautelare veniva riunita al merito.

Successivamente, con atto di motivi aggiunti depositato il 27 gennaio 2010, i ricorrenti arricchivano di un’ulteriore censura le proprie doglianze nei confronti degli atti impugnati. La causa veniva quindi discussa e trattenuta per la decisione di merito nella pubblica udienza del 23 novembre 2010, preceduta dal deposito di documenti e memorie difensive.
Motivi della decisione

L’oggetto principale della controversia è costituito dalla determinazione dirigenziale n. DD/8664/2009, con cui la Provincia di Massa Carrara ha stabilito in 90.000 tonnellate annue la quantità complessiva di rifiuti trattabili ed in 1.500 tonnellate annue la quantità massima di rifiuti stoccabili presso l’impianto per la selezione e cernita di rifiuti e per la produzione di CDR gestito nel Comune di Aulla, località Albiano Magra, dall’impresa C.M., ed ubicato in prossimità delle abitazioni e proprietà immobiliari degli odierni ricorrenti. Sostengono, costoro, che l’adozione della determina sopra menzionata, foriera di effetti potenzialmente devastanti sull’ambiente e sulla salute, sarebbe avvenuta in assenza delle necessarie procedure di verifica di compatibilità ambientale.

In via pregiudiziale, è eccepita l’improcedibilità del ricorso, posto che, nelle more del giudizio, la determinazione n. 8664/2009, unitamente all’allegato verbale della riunione tecnica del 19 giugno 2009, è stata annullata da questo stesso tribunale con la sentenza n. 5145 del 31 agosto 2010, circostanza che comporterebbe il venir meno dell’interesse processuale dei ricorrenti.

L’eccezione è fondata.

È noto che l’interesse a ricorrere, nel giudizio amministrativo, è caratterizzato dalla prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente, e dall’effettiva utilità che potrebbe derivare a quest’ultimo dall’eventuale annullamento dell’atto impugnato; esso, costituendo una condizione dell’azione, deve sussistere sia al momento della proposizione del gravame, sia al momento della decisione, ed è rimesso al giudice amministrativo il potere di verificare la persistenza della predetta condizione in relazione a ciascuno di tali momenti (fra le molte, da ultimo cfr. Cons. Stato, sez. VI, 3 settembre 2009, n. 5191).

Il venir meno dell’interesse processuale può derivare o da un mutamento della situazione di fatto o di diritto presente al momento della presentazione del ricorso, che faccia venire meno l’effetto del provvedimento impugnato, ovvero dall’adozione, da parte dell’amministrazione, di un provvedimento, che, idoneo a ridefinire l’assetto degli interessi in gioco, pur senza avere alcun effetto satisfattivo nei confronti del ricorrente, sia tale da rendere certa e definitiva l’inutilità della sentenza. Ed è quanto si è verificato nella fattispecie in esame, giacché l’annullamento giurisdizionale della determinazione n. 8664/2009 priva del suo stesso oggetto la domanda di annullamento qui proposta, vanificando di fatto l’utilità del suo eventuale accoglimento; e se pure è vero che, come sottolineano i ricorrenti nella memoria di replica, le censure svolte in questa sede hanno contenuto difforme rispetto ai profili di illegittimità vagliati dalla sopra citata sentenza n. 5145/2010, e da questa posti a sostegno dell’accoglimento della domanda, è altrettanto certo ed innegabile che la sopravvenuta perdita di efficacia del provvedimento impugnato, oramai rimosso dal mondo del diritto, impedisce in radice il prodursi di ulteriori effetti conformativi, salva – evidentemente – la riproposizione delle medesime censure avverso i nuovi atti che l’amministrazione procedente dovesse adottare in sostituzione di quello annullato (proprio il fatto che la caducazione aliunde del provvedimento impugnato non rivesta carattere immediatamente satisfattivo degli interessi dedotti in causa spiega, del resto, perché il presente giudizio non possa venire definito con una statuizione di cessata materia del contendere).

All’improcedibilità della domanda di annullamento si accompagna la nullità di quella risarcitoria, per assoluta indeterminatezza del suo oggetto, secondo i principi generali ricavabili dagli artt. 163 e 164 c.p.c. (principi oggi recepiti ed espressamente affermati dagli artt. 40 e 44 del codice del processo amministrativo). I ricorrenti si sono, infatti, limitati a chiedere il risarcimento di "tutti i danni derivanti dagli illegittimi provvedimenti impugnati", omettendo di descrivere natura e consistenza dei pregiudizi asseritamente patiti, ed il relativo rapporto di derivazione causale dall’attività dell’amministrazione intimata; né, in senso contrario, può attribuirsi alcun significato all’invocato ricorso alla determinazione equitativa, o ai criteri dettati dall’art. 35 D.Lgs. n. 80/98, nell’uno e nell’altro caso trattandosi di meccanismi liquidatori volti a superare obiettive difficoltà di quantificazione, ma che pur sempre presuppongono la prova – e, a monte, un’adeguata allegazione – circa l’esistenza del danno.

Per inciso, la rilevata nullità della domanda di risarcimento evidenzia a maggior ragione l’insussistenza di residui profili di interesse alla delibazione della controversia nel merito.

Infine, va dichiarata inammissibile l’impugnazione rivolta nei confronti degli atti e provvedimenti diversi dalla determinazione n. 8664/2009, dal momento che, in realtà, tali atti e provvedimenti non sono attinti da alcuno dei motivi di gravame.

Le ragioni della decisione rendono opportuna la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, dichiara le domande proposte inammissibili, improcedibili e nulle nei sensi di cui in parte motiva.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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