Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-12-2010) 14-02-2011, n. 5364

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 9 luglio 2009, la Corte d’appello di Bari confermava la sentenza pronunziata in data 20 giugno 2008 dal Tribunale di Foggia che aveva condannato S.P. – concesse le attenuanti generiche dichiarate prevalenti sulle aggravanti e riconosciuta all’imputato la sospensione condizionale della pena – alla pena di Euro 300 di multa, quale responsabile del delitto di ingiuria di cui al capo A ed a quella di UN mese e giorni DIECI di reclusione perchè ritenuto responsabile di quello di cui al capo B, di lesioni colpose, così qualificato il reato di cui all’art. 582 c.p.: reati commessi entrambi in danno di Sa.

D., in (OMISSIS). Seguiva la condanna dello stesso al risarcimento dei danni in favore della parte civile ed al pagamento di una provvisionale.

L’episodio per cui è processo veniva ricostruito come segue,sulla base delle conformi statuizioni dei Giudici di merito.

Nella mattinata del suddetto giorno, il Sa., mentre era seduto nel proprio banco della classe 4 B/M dell’ITIS " S. Altamura ", veniva fatto oggetto di una frase offensiva pronunziata nei suoi riguardi dall’imputato ("che hai la rogna che gli altri si allontanano?") dopo aver constatato che i compagni di scuola si erano allontanati dal ragazzo, particolarmente nervoso e teso, avendo, con il suo comportamento, iniziato a disturbare la lezione.

Il Sa. reagiva lanciando una penna verso il S., senza però colpirlo. Si alzava subito dopo dal banco e si dirigeva velocemente verso quest’ultimo e verso la zona dell’aula ove aveva gettato la penna. I due, alzatosi anche l’imputato, si fronteggiavano restando in piedi, molto vicini e si respingevano a vicenda con le mani. In tale frangente,l’imputato alzava contemporaneamente la gamba colpendo con una ginocchiata ai genitali, la parte offesa; da qui la produzione delle lesioni personali, avendo lamentato il Sa., già dopo una mezz’ora, dolore e gonfiore ai testicoli.

Ricorre per cassazione l’imputato per tramite del difensore articolando tre ordini di censure.

Con il primo ed il secondo motivo si assume il difetto di motivazione della sentenza emessa dalla Corte d’appello che, rinviando per relationem alle argomentazioni esposte dal Tribunale di Foggia, aveva omesso di esaminare le specifiche doglianze proposte dall’imputato in atto d’appello, circa la dedotta mancanza del dolo richiesto ai fini della sussistenza del delitto di ingiuria sub A nonchè la violazione di legge per aver la Corte d’appello errato nell’interpretazione della legge penale allorchè aveva ritenuto incondizionatamente "sussistente detto reato anche in presenza dell’"animus jocandi".

Con il terzo motivo censura il ricorrente la sentenza di secondo grado,sotto il profilo della contraddittorietà e della manifesta illogicità della motivazione in relazione alle argomentazioni concernenti l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato per il delitto di lesioni colpose. La Corte d’appello,pur muovendo dalla conferma delle statuizioni del Tribunale che aveva ravvisato nella condotta dell’imputato un eccesso colposo in legittima difesa putativa per avere questi posto in atto – ritenendosi erroneamente aggredito dalla persona offesa – una reazione sproporzionata all’offesa che stava per ricevere, aveva poi, nel respingere le doglianze del difensore,illogicamente contraddetto la stessa affermazione dei Giudici di primo grado (che aveva fatto propria) giungendo ad escludere che l’imputato avesse "per imprudenza ecceduto dai limiti della necessità".

Il ricorso va giudicato inammissibile per manifesta infondatezza, con ogni conseguente effetto, come da dispositivo.

Quanto al primo ed al secondo motivo di doglianza, osserva il Collegio che, con statuizioni esaustive e solidamente ancorate all’insegnamento di questa Corte (cui fanno riferimento le pronunzie citate nella sentenza del Tribunale di Foggia) i Giudici di merito hanno ineccepibilmente ribadito che,anche ove fosse ravvisabile l’animus jocandi (ipotesi invero del tutto da escludere nella concreta fattispecie attesa la surrichiamata ricostruzione dell’episodio), il reato di ingiuria sarebbe cionondimeno sussistente, anche sotto il profilo soggettivo, non essendo lecito divertirsi o far divertire altri con nocumento dell’onore e della reputazione altrui. Inoltrerei tutto legittimamente la Corte d’appello di Bari (richiamando prevalente e consolidata giurisprudenza di legittimità e ritrascrivendo altresì corposi passi di talune sentenze) ha motivato la sentenza impugnata per relationem con quella emessa dal Primo Giudice, premesso che le argomentazioni esposte nei motivi d’appello a confutazione di quest’ultima decisione, erano state già prospettate, esaminate e disattese dal Tribunale. Il che emerge comunque ictu oculi anche ad una sommaria lettura delle due decisioni.

Eguali conclusioni vanno adottate quanto alla terza doglianza. La Corte d’appello con esaustiva e perspicua motivazione ha ribadito la sussistenza della responsabilità dell’imputato – già ravvisata dal Tribunale – a titolo di lesioni colpose, in ragione della ricorrenza di eccesso colposo in legittima difesa putativa, confutando criticamente, alla stregua di una valutazione delle risultanze, saldamente ancorata ai precetti della logica, le infondate tesi avanzate dalla difesa ai fini dell’assoluzione dell’imputato.

Nè può convenirsi con il ricorrente che, facendo leva strumentalmente su di un quantomai evidente refuso meramente materiale insito nella redazione dattilografica della motivazione, ne ha eccepito la " manifesta illogicità". In contrario deve sottolinearsi che una semplice lettura, scevra da preconcetti ed intrinsecamente coerente, dell’ordito argomentativo del testo della stessa motivazione avrebbe indiscutibilmente condotto, partendo dall’incipit della stessa: "Va pertanto rigettata la richiesta di assoluzione dal reato sub B) perchè il fatto non costituisce reato, potendo prospettarsi un’ipotesi di eccesso colposo di legittima difesa", ad evidenziare che solo a cagione dell’anzidetto refuso grafico (costituito dall’improvvida inserzione dell’avverbio negativo: "non"), si era giunti,negli assunti conclusivi, a sostenere, senza alcuna plausibile spiegazione "logica", proprio l’esatto contrario ovverosia che…: "non vi sono elementi per ritenere che il S. abbia per imprudenza ecceduto dai limiti della necessità, sferrando all’altro un calcio ai testicoli e cagionandogli così le gravi lesioni in concreto riportate". Proprio facendo appello all’evidente coerenza logica dell’esposizioni complessiva delle argomentazioni che hanno condotto la Corte d’appello, non poteva che concludersi che, proprio in nome della "logica", non si sarebbe dovuto tener conto dell’affermazione "negativa" che non compromette o rende perplesso l’apparato motivazionale della sentenza impugnata, perchè dovuta ad un mero refuso.

Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente:cfr. Corte Costituzionale sent. N. 186 del 7 – 13 giugno 2000) al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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