Cass. civ. Sez. V, Sent., 25-03-2011, n. 6898 Accertamento Base imponibile Esportazioni e importazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A seguito di sentenza della C.T. di primo grado di Trento, che aveva annullato due avvisi di rettifica notificati alla s.p.a. Manica, per il recupero dell’Iva su fatture emesse per operazioni ritenute dalla contribuente non imponibili perchè relative ad esportazioni fuori del territorio della Comunità Economica Europea ( D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, u.c., e art. 8), l’Agenzia delle Entrate di Rovereto proponeva appello dinanzi alla C.T. di secondo grado di Trento, che con sentenza n. 29/02 depositata il 24.6.2002 e non notificata rigettava però il gravame.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza proponevano ricorso l’Agenzia il Ministero delle Finanze esponendo un unico articolato motivo.

Nessuna attività difensiva svolgeva nel giudizio di legittimità l’intimata.
Motivi della decisione

Preliminarmente rileva la Corte che il ricorso è da ritenersi tempestivo giacchè depositato presso l’Ufficiale giudiziario per la notifica il 22.2.2005, e quindi l’ultimo giorno utile per l’impugnazione, avuto riguardo alla sospensione dei termini disposta ex L. n. 289 del 2002, applicabile alla fattispecie che ha ad oggetto sentenza depositata il 24.6.2002.

Tanto premesso, con l’unico complesso motivo articolato deducono i ricorrenti il vizio di violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 43 del 1983, art. 346, e dell’art. 793 del Regolamento CE n. 2454 del 2.7.1993, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso è infondato.

Ed invero esso si fonda sostanzialmente su due rilievi:

a) Il primo relativo al fatto che nel caso in esame non vi sarebbe prova, o adeguata motivazione al riguardo, in ordine all’arrivo della merce nei Paesi extracomunitari, ma solo prova dell’uscita dalla dogana nazionale. Sul punto però la censura è assolutamente generica, in nessun modo riproducendo i contenuti dei documenti richiamati, laddove la sentenza impugnata risulta estremamente analitica e puntuale nel fondare il convincimento del giudice su "bolle doganali emesse e vistate dalle dogane degli Stati esteri (che coincidono con quelli indicati fin dall’inizio nelle fatture emesse dalla ricorrente)". b) Il secondo conseguente al fatto che "dalle fatture emesse dalla contribuente nei confronti della GT Diffusion s.r.l. risulta che la spedizione era avvenuta a mezzo di un camion di quest’ultima", anzichè a cura della medesima cedente. Anche sotto tale profilo la censura risulta però generica, non riportando, in violazione del principio di autosufficienza, le indicazioni risultanti dalle fatture in questione, così da consentire la preliminare verifica di ammissibilità del rilievo.

L’aspetto della vicenda in contestazione risulta peraltro affrontato e risolto dal giudicante in conformità alla costante giurisprudenza di legittimità secondo la quale: "Un’operazione triangolare (così chiamata per la presenza di un cedente e di un cessionario residente nello Stato e di un terzo, destinatario della merce, residente all’estero), per essere considerata come cessione all’esportazione, esente dall’IVA ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 8, lett. a), non presuppone necessariamente che vi sia la prova che il trasporto all’estero sia avvenuto a cura e nome del cedente, quanto piuttosto che, fin dalla sua origine e nella sua rappresentazione documentale, sia stata voluta come cessione nazionale in vista del trasporto a cessionario residente all’estero, nel senso che tale destinazione sia riferibile alla comune volontà degli originari contraenti" (così Cass. 13.3.2009, n. 6114).

Su entrambe le questioni poste dai ricorrenti l’impugnata sentenza risulta in definitiva conforme a diritto mentre le censure esposte appaiono con tutta evidenza rivolte al conseguimento, attraverso la generica denuncia di un vizio motivazionale, di una diversa valutazione delle prove non consentita in sede di legittimità. Da qui l’infondatezza e quindi il rigetto del ricorso.

Nulla è dovuto per le spese in assenza di attività difensiva della intimata società.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *