Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 11-01-2011) 15-02-2011, n. 5607 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. R.B. propone ricorso avverso la sentenza emessa dal GUP del Tribunale di Firenze ex art. 444 c.p.p. in data 15 aprile 2010, applicativa della pena di quattro anni e sei mesi di reclusione per il delitto di cui all’art. 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 nella parte in cui ha disposto l’espulsione dal territorio dello Stato.

Si duole della mancata sussistenza del presupposto della pericolosità sociale.

Il P.G. ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

Questa Corte (Cass., sez. 6, 12 giugno 2006 – 13 ottobre 2006, n. 34438) ha già affermato che in tema di misure di sicurezza, l’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato a pena espiata, prevista in ordine al reato di spaccio di sostanze stupefacenti ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73) dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 86, comma 1, può essere applicata con la sentenza di patteggiamento "allargato", ai sensi dell’art. 444 c.p.p., comma 1, (novellato L. n. 134 del 2003, ex art. 1) e art. 445 c.p.p., comma 1, quando la pena irrogata superi i due anni di pena detentiva sola o congiunta a pena pecuniaria; in tal caso, il giudice di merito deve effettuare, in virtù della statuizione contenuta nella sentenza n. 58 del 1995 della Corte costituzionale, l’accertamento della sussistenza in concreto della pericolosità sociale dello straniero.

Nella specie è sufficiente rilevare che la motivazione della sentenza impugnata fa anche specifico e congruo riferimento alla pericolosità dell’imputato desunta dal rilevante quantitativo della sostanza stupefacente da lui commerciata (oltre un chilogrammo di cocaina) e al conseguente suo perdurante inserimento nel circuito criminale, da ciò1 ragionevolmente desumibile.

2. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.

Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.500,00.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro millecinquecento alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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