Cons. Stato Sez. IV, Sent., 11-02-2011, n. 925 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1. Il ricorrente, Avv. F.M., espone di aver ricevuto in data 22 dicembre 2009 da parte dell’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Viareggio, l’avviso di accertamento n. R5V010201206 per l’anno di imposta 2004 e di aver proposto al riguardo ricorso R.G. 1140072010 pendente innanzi alla Commissione Tributaria di Lucca.

Secondo quanto riferito dal medesimo M., tale avviso di accertamento conseguirebbe da una verifica fiscale avviata dalla Compagnia di Viareggio della Guardia di Finanza e fondata anche su di un’indagine bancaria condotta nei suoi riguardi dalla medesima Guardia di Finanza relativa agli anni 2004 – 2008, nonché da un accesso domiciliare effettuato sempre dalla Guardia di Finanza il 26 giugno 2008 con richiesta assentita dal Procuratore della Repubblica di Lucca.

In relazione a ciò, pertanto, il M., nell’evidenziare che per quanto attiene all’anno 2004 il procedimento d’indagine può dirsi concluso in relazione all’avvenuto inoltro del predetto avviso di accertamento, espone di aver chiesto al fine della propria difesa in sede di contenzioso tributario con nota raccomandata a.r. dd. 10 marzo 2010 indirizzata sia alla Compagnia di Viareggio della Guardia di Finanza, sia all’Agenzia delle Entrate di Viareggio, l’accesso, a" sensi dell’art. 22 e ss. della L. 7 agosto 1990 n. 241 e successive modifiche, alla seguente documentazione:

1) nota Prot. 373/UG/ di sched. dd. 20 maggio 2008 con la quale la Compagnia di Viareggio della Guardia di Finanza ha chiesto alla Procura della Repubblica di Lucca l’autorizzazione all’accesso domiciliare;

2) nota Prot. 4253/3069 dd. 4 luglio 2008 con cui la medesima Compagnia ha chiesto di essere autorizzata ad effettuare indagini bancarie;

3) provvedimento n. 41963 dd. 1 ottobre 2008 con il quale il Comandante Regionale Toscana della Guardia di Finanza ha autorizzato le indagini bancarie.

Con nota Prot. 0123152/10 dd. 24 marzo 2010 la Compagnia di Viareggio della Guardia di Finanza ha negato il richiesto accesso, affermando che "ai sensi dell’art. 24 della L. 241 del 1990 come modificato dalla L. 11 febbraio 2005 n. 15 il diritto di accesso è escluso nei procedimenti tributari" e che "relativamente alla richiesta degli atti riguardanti l’accesso domiciliare effettuato da questo Comando in data 26 giugno 2008 presso l’abitazione privata dell’istante… autorizzata dal Procuratore della Repubblica di Lucca… la stessa potrà essere reperita presso la Procura della Repubblica di Lucca dove è aperto un Fascicolo processuale".

A sua volta, con nota Prot. AC/T4/2010/21257 dd. 23 marzo 2010 l’Agenzia delle Entrate di Viareggio ha parimenti opposto diniego all’istanza del M., affermando che "sia gli atti autorizzativi dell’accesso domiciliare… sia quelli dell’indagine finanziaria… sono in possesso dell’amministrazione che ha formato l’atto, ossia la Guardia di Finanza".

1.2. Con ricorso proposto innanzi al T.A.R. per la Toscana a" sensi dell’allora vigente art. 25, comma 5 e ss. della L. 241 del 1990 come modificato dall’art. 17 della L. 11 febbraio 2005 n. 15, il M. ha pertanto chiesto l’annullamento di tali provvedimenti e il conseguente accertamento del proprio diritto all’accesso.

1.3. In tale primo grado di giudizio si è costituito il Ministero dell’Economia e delle Finanze, concludendo per la reiezione del ricorso.

1.4. Il giudice di primo grado ha respinto il ricorso, "considerato che: il decreto ministeriale 29 ottobre 1996, n. 603, all’art. 2, comma 1, lett. a) esclude l’ostensibilità dei documenti relativi alle attività investigative ed ispettive; gli atti cui il ricorrente chiede l’accesso rientrano, a giudizio del Collegio, in tale ultima categoria in quanto la loro ostensione potrebbe rivelare il segreto delle tecniche investigative (Cons. Stato, Sez. IV, 11 aprile 2002 n. 1977); considerato inoltre che la giurisprudenza citata dal ricorrente riguarda fattispecie in cui erano richiesti documenti diversi da quelli in discussione, quali ad esempio la copia di una cartella esattoriale asseritamente notificata (T.A.R Lazio, Roma, Sez. II, 9 dicembre 2009 n.12668) o un parere della Direzione Regionale delle Entrate (Cons. Stato, Sez. IV, 21 ottobre 2008 n. 5144); ritenuto pertanto che il principio dell’ostensibilità della documentazione relativa al procedimento tributario successivamente alla sua conclusione debba trovare un limite rispetto agli atti, come quelli in discussione, per i quali è escluso l’accesso da specifiche fonti normative".

2.1. Con il ricorso in epigrafe il M. impugna la surriportata sentenza, deducendo al riguardo l’avvenuta violazione degli artt. 22, 24 e 25 della L. 241 del 1990 e successive loro modifiche in relazione ai principi di cui agli artt. 3, 24 e 97 Cost., nonché violazione e falsa applicazione del D.M. 29 ottobre 1996 n. 603.

2.2. Si è costituito anche nel presente grado di giudizio il Ministero dell’Economia e delle Finanze, concludendo per la reiezione del ricorso.

3. Alla camera di consiglio del 18 gennaio 2011 il ricorso è stato quindi trattenuto per la decisione.

4.1. Tutto ciò premesso il ricorso in epigrafe va accolto nei limiti di quanto qui appresso specificato.

4.2. Va innanzitutto evidenziato che l’assunto motivazionale contenuto nella sentenza impugnata secondo cui l’ostensione degli atti in questione potrebbe rivelare il segreto delle tecniche investigative non solo risulta ex se incongruo per quanto si dirà appresso al Par. 4.3, ma erroneamente unifica due fattispecie del tutto diverse.

A" sensi dell’art. 33, terzo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, così come sostituito dall’art. 2 del D.P.R.15 luglio 1982, n. 463, poi modificato dall’art. 5, D.L. 3 maggio 1991 n. 143, dall’art. 18 della L. 30 dicembre 1991, n. 413 ed infine dall’art. 23 del D.L.vo 10 marzo 2000 n. 74, "la Guardia di Finanza coopera con gli uffici delle imposte per l’acquisizione e il reperimento degli elementi utili ai fini dell’accertamento dei redditi e per la repressione delle violazioni delle leggi sulle imposte dirette procedendo di propria iniziativa o su richiesta degli uffici secondo le norme e con le facoltà di cui all’art. 32 e al precedente comma. Essa inoltre, previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria, che può essere concessa anche in deroga all’articolo 329 del codice di procedura penale, utilizza e trasmette agli uffici delle imposte documenti, dati e notizie acquisiti, direttamente o riferiti ed ottenuti dalle altre Forze di polizia, nell’esercizio dei poteri di polizia giudiziaria".

Il comma 1 dello stesso art. 33 del D.P.R. 600 del 1973, segnatamente relativo alla materia dell’accertamento delle imposte sui redditi, opportunamente rinvia per quanto attiene all’esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche, alle disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto contenute nell’art. 52 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633: rinvio, questo, reso oltremodo opportuno dalla notoria contestualità dei fenomeni evasivi inerenti tali pur diverse tipologie di tributi.

L’art. 52, terzo comma, del D.P.R. 633 del 1972 dispone quindi, così come modificato dall’art. 18 della L. 30 dicembre 1991 n. 413, che "è in ogni caso necessaria l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica… per procedere durante l’accesso a perquisizioni personali e all’apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili e per l’esame di documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale ferma restando la norma di cui all’art. 103 del codice di procedura penale".

Nel caso di specie, quindi, il Comando della Compagnia di Viareggio della Guardia di Finanza si è per necessità avvalsa della disciplina contenuta nell’art. 52 testè citato e dell’autorizzazione ivi contemplata in quanto resa vincolante a" sensi dell’art. 14, terzo comma, Cost. al fine di garantire la regolarità dell’accertamento fiscale pur all’interno del domicilio costituzionalmente "inviolabile" ed anche a prescindere dalla circostanza che l’accesso al domicilio medesimo avvenga in dipendenza di un reato tributario.

Risulta, peraltro, altrettanto assodato che se l’esito dell’accesso al domicilio determina l’accertamento di un’evasione fiscale riconducibile a reato, il materiale acquisito nonché il provvedimento ad esso prodromico, ossia la predetta autorizzazione del Procuratore della Repubblica, diviene parte integrante degli atti della conseguente istruttoria penale: e ciò è – per l’appunto – avvenuto nel caso del M., posto che, in forza di documento da lui già prodotto nel primo grado del presente giudizio e da lui stesso riproposto quale doc. 6 del proprio fascicolo di appello, risulta essere stato emesso nei suoi confronti dal G.I.P. del Tribunale di Lucca, a" sensi degli artt. 459 e 557 c.p.p., il decreto penale di condanna n. 245 dd. 22 gennaio 2010 nel procedimento n. 6239/09 R.N.R. – 133/10 G.I.P. a Euro 7.980.,00.- di multa in sostituzione di mesi sette di reclusione per il reato previsto e punito dall’art. 4 del D.L.vo 10 marzo 2000 n. 74 "perché, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto indicava nella dichiarazione per l’anno 2004 relativa a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo, segnatamente omettendo di dichiarare un reddito per Euro 380.642,74, con un’imposta IRPEF evasa pari ad almeno Euro 120.798 e con un ammontare degli elementi attivi sottratti all’imposizione superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione", nonché per avere indicato sempre allo stesso fine "nella dichiarazione per l’anno 2005 relativa a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo, segnatamente omettendo di dichiarare un reddito per Euro 747.429,38, con un’imposta IRPEF evasa pari ad almeno Euro 290.096,00.- e IVA evasa pari ad Euro 134.895,67,, con un ammontare degli elementi attivi sottratti all’imposizione superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione".

Se così è, pertanto, la nota Prot. 373/UG/ di sched. dd. 20 maggio 2008 con la quale la Compagnia di Viareggio della Guardia di Finanza ha chiesto alla Procura della Repubblica di Lucca l’autorizzazione all’accesso domiciliare e della quale il M. ha – a sua volgta – chiesto il rilascio di copia fa parte integrante di un fascicolo penale e, in conseguenza di ciò, trova applicazione l’art. 116 c.p.p., in forza del quale – e per quanto qui segnatamente interessa – "durante il procedimento (penale) e dopo la sua definizione, chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio a proprie spese di copie, estratti o certificati di singoli atti. Sulla richiesta provvede il pubblico ministero o il giudice che procede al momento della presentazione della domanda ovvero, dopo la definizione del procedimento, il presidente del collegio o il giudice che ha emesso il provvedimento di archiviazione o la sentenza".

Tale disciplina risulta del tutto esterna al "sistema" di garanzie proprio dell’art. 22 e ss. L. 241 del 1990 nonché, ora, dell’art. 133 cod. proc. amm. (cfr. sul punto anche Cons. Stato, Sez. VI, 13 dicembre 2006 n. 7389) e, conseguentemente, la domanda di accesso avente ad oggetto la nota predetta va respinta, marginalmente denotando – peraltro – che l’assunto del ricorrente secondo cui la nota stessa "contrariamente a quanto asserito dalla stessa Guardia di Finanza con la nota di diniego del 24 marzo 2010 non è reperibile neppure presso il Tribunale Penale di Lucca" (cfr. pag. 4 dell’atto introduttivo del presente giudizio d’appello) non risponde a verità.

Infatti, con nota N. 6239/09 P.M. – N. 133/10 G.I.P. dd. 27 luglio 2010 (prodotta, si badi, dallo stesso ricorrente quale proprio doc. 5), il G.I.P. presso il Tribunale di Lucca ha trasmesso alla Procura della Repubblica della medesima città la richiesta di rilascio della copia della predetta la nota Prot. 373/UG/ di sched. dd. 20 maggio 2008 "per la diretta evasione", in quanto l’atto stesso "non si trova nel fascicolo processuale definito con decreto penale di condanna n. 245/10 e dovrebbe trovarsi, invece, nel fascicolo registrato al n. 562/08K di codesto ufficio" verosimilmente, quindi, non ancora portato alla decisione da parte del G.I.P. medesimo: sintomo evidente, questo, della circostanza che lo stesso ricorrente, in realtà, riconosce che la sola Procura della Repubblica di Lucca, e non già questo giudice, può dunque determinarsi sull’istanza di accesso da lui presentata al riguardo.

4.3. A differente conclusione – viceversa – si perviene, in parte, per quanto attiene alla richiesta di accesso relativa alla nota Prot. 4253/3069 dd. 4 luglio 2008 con cui la medesima Compagnia della Guardia di Finanza di Viareggio ha chiesto di essere autorizzata ad effettuare indagini bancarie nei riguardi del M. e al conseguente provvedimento n. 41963 dd. 1 ottobre 2008 con il quale il Comandante Regionale Toscana della Guardia di Finanza ha autorizzato le indagini medesime.

Questa stessa Sezione ha già avuto modo di evidenziare – tra l’altro, e significativamente, in riforma di altra sentenza (n. 1215 dd. 9 luglio 2009) emessa nella materia di cui trattasi dalla medesima Sezione del T.A.R. per la Toscana – che "in sede di interpretazione del divieto di accesso agli atti del procedimento tributario, sancito dall’art. 24 della L. 241 del 1990 e successive modifiche, occorre procedere ad una lettura costituzionalmente orientata della disposizione anzidetta, alla stregua della quale l’inaccessibilità agli atti in questione è temporalmente limitata alla fase di pendenza del procedimento tributario, non rilevandosi esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento di adozione del provvedimento definitivo di accertamento dell’imposta dovuta, sulla base degli elementi reddituali che conducono alla quantificazione del tributo giacché, diversamente opinando, si perverrebbe alla singolare conclusione che il cittadino può subire ulteriori incisioni nella propria sfera giuridica in conseguenza di un procedimento tributario, pur conclusosi favorevolmente in sede giustiziale, qualora gli fosse impedito di accedere a tutti gli atti che lo riguardano, al fine di difendersi in un parallelo procedimento pendente per gli stessi fatti, nella specie quello penale instauratosi a seguito di verifica tributaria" (così, puntualmente, la decisione n. 53 dd. 13 gennaio 2010 n. 53),

"Né possono rinvenirsi elementi interpretativi di senso contrario nella diversità testuale tra l’articolo 24 nella sua formulazione originaria – che stabiliva che "…non è comunque ammesso l’accesso agli atti preparatori nel corso della formazione dei provvedimenti di cui all’art. 13..", tra i quali erano contemplati anche quelli tributari – e quella, invece, introdotta per effetto della sostituzione operata dall’art. 16, comma 1, lettera b), della legge n. 15 del 2005, tenuto conto che la ratio della modifica… ben può essere ricercata… nell’esigenza di armonizzazione lessicale tra i ridetti articoli.

Del resto… è lo stesso articolo 24, al settimo comma, che, con norma di chiusura, garantisce comunque l’accesso a quei documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici, individuando come unico limite i documenti contenenti dati sensibili e giudiziari" (cfr. ibidem; cfr., altresì, nello stesso senso la decisione n. 5144 dd. 21 ottobre 2008n parimenti resa da questa stessa Sezione).

Come ben si vede, la surriportata decisione è stata emessa con riguardo ad esigenze difensive del richiedente l’accesso in sede di giudizio penale; ma gli assunti in essa contenuti sono, all’evidenza, puntualmente trasponibili anche per le esigenze difensive in sede di processo tributario qui rappresentate dall’attuale ricorrente: e ciò in quanto gli assunti medesimi sostanziano, in via generale, il principio per cui l’accesso agli atti del procedimento tributario è comunque consentito, affinchè il contribuente possa curare o difendere a" sensi dell’art. 24 della L. 241 del 1990 e successive modifiche i propri interessi giuridici, allorquando è intervenuto l’atto di accertamento definitivo del tributo.

La Sezione ha pure già avuto modo di evidenziare che le autorizzazioni ad effettuare indagini bancarie sulla posizione di un contribuente (presentemente disciplinate, per quanto attiene alla competenza dei Comandi Regionali della Guardia di Finanza, dall’art. 51, commi 6bis, 7 e 7bis del D.P.R. 633 del 1972 e successive modifiche in materia di IVA, e dall’art. 32, commi 6bis e 7 del D.P.R. 600 del 1973 e successive modifiche in materia di imposizione sui redditi) non costituiscono autonomi provvedimenti, ma si inseriscono nell’ambito di un subprocedimento, destinato a sfociare, attraverso la statuizione dell’ufficio finanziario, nel definitivo accertamento tributario, che costituisce il provvedimento impugnabile nella relativa sede di giudizio, pervenendo in tal modo alla conclusione che i relativi atti non possono formare oggetto di istanza di accesso a" sensi dell’art. 24 e ss. della L. 241 del 1990 qualora l’accertamento medesimo non sia ancora intervenuto (cfr. la decisione n. 264 dd. 18 aprile 1985 n. 264).

Risulta altrettanto evidente, anche nella logica di tale precedente della Sezione, che la conclusione è diversa allorquando l’atto definitivo di accertamento è stato – viceversa – emesso.

Nel caso di specie, pertanto, nulla osta a che l’autorizzazione di cui trattasi e la relativa richiesta possano essere rilasciate in copia al contribuente, a" sensi dell’art. 25 della L. 241 del 1990 e successive modifiche se – come, per l’appunto, per quanto attiene al M. – il conseguente procedimento di accertamento è stato concluso.

Proprio in ragione di ciò, tuttavia, il rilascio potrà riguardare unicamente la parte di tali atti segnatamente relativi all’anno per il quale l’accertamento è stato effettivamente concluso e in ordine al quale pende il contenzioso innanzi al giudice tributario: ossia, soltanto per l’anno 2004, con conseguente esclusione mediante apposizione di omissis su qualsivoglia, ulteriore informazione relativa ad annate diverse pur se, in ipotesi, parimenti ivi contenuta.

Il Collegio, inoltre, dubita che l’autorizzazione e la presupposta sua richiesta, proprio in relazione alla loro natura di atti puntuali, rechino in dettaglio anche notizie di ordine generale concernenti particolari tecniche investigative assoggettate, in quanto tali, a segretezza a" sensi del tuttora vigente art. 4 del D.M. 29 ottobre 1996 n. 603, laddove segnatamente si sottraggono all’accesso i "documenti relativi all’attività investigativa, ispettiva e di controllo dalla cui diffusione possa comunque derivare pregiudizio alla prevenzione e repressione della criminalità nei settori di competenza anche attraverso la conoscenza delle tecniche informative ed operative nonché degli atti di organizzazione interna, quando questa possa pregiudicare le singole attività di indagine" (cfr. ivi, lett. a), oppure "atti istruttori, comunicazioni su ipotesi di frodi in materia tributaria " (cfr. ibidem, lett. b), ovvero "atti e documenti riguardanti l’organizzazione, le strutture, la dislocazione sul territorio dei presìdi, gli impianti, i mezzi e le dotazioni del Corpo della Guardia di Finanza" (cfr. ibidem, lett. h), o – ancora – "documenti del Corpo della Guardia di Finanza inerenti all’emanazione di ordini di servizio, nonché all’esecuzione del servizio stesso, relazioni, rapporti, ed informative concernenti l’attività svolta nei settori istituzionali" (cfr. ibidem).

E’ ben evidente, anche in considerazione dell’assodato potere di disapplicazione che compete a questo giudice delle norme regolamentari confliggenti con la disciplina contenuta nell’art. 24 della L. 241 del 1990 e successive modifiche per quanto segnatamente attiene alla necessità – imposta ex lege – di "comunque" garantire "ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. VI, 3 maggio 2002 n. 2366), che la tutela della riservatezza delle "tecniche investigative" predette non può essere rimessa dall’ordinamento ad un generale divieto di accesso agli atti che in qualsivoglia modo presuppongano il loro utilizzo ai fini dell’accertamento fiscale.

In conseguenza di ciò, pertanto, dovranno essere espunti mediante omissis dalla copia degli atti che saranno rilasciati al ricorrente soltanto gli eventuali ed inequivoci richiami in essi contenuti a metodologie di indagine utilizzate in via generale dalla Guardia di Finanza e codificate al riguardo mediante apposite circolari o ordini di servizio.

5. In conclusione, l’appello è fondato nei limiti testè descritti per cui, in riforma dell’appellata sentenza, va accolto il ricorso di primo grado proposto dal M. con conseguente riconoscimento del suo diritto di accedere agli atti da lui richiesti nei limiti di cui al Par. 4.3 della presente decisione.

Le spese del doppio grado possono essere integralmente compensate tra le parti, avuto riguardo alla parziale, reciproca soccombenza, peraltro con rifusione al ricorrente del contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.L.vo 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla i provvedimenti di diniego di accesso ai documenti impugnati limitatamente alla nota Prot. 4253/3069 dd. 4 luglio 2008 della Compagnia della Guardia di Finanza di Viareggio e al provvedimento n. 41963 dd. 1 ottobre 2008 del Comandante Regionale Toscana della Guardia di Finanza, disponendone il conseguente rilascio in copia al ricorrente nel rispetto delle modalità fissate nel Par. 4.3 della motivazione della presente decisione.

Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio, con rifusione al ricorrente del contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.L.vo 30 maggio 2002 n. 115.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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