Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-01-2011) 15-02-2011, n. 5596 Mezzi di prova Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con sentenza, deliberata il 11 marzo 2010 e depositata il 15 marzo 2010, la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale ordinario di Trapani, 29 ottobre 2008, di condanna alla pena dell’arresto in mesi quattro a carico del sorvegliato speciale della pubblica sicurezza, B.A., imputato della contravvenzione prevista e punita dalla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 9, per aver violato la prescrizione del giudice della prevenzione della permanenza notturna nella abitazione, motivando: in occasione dei controlli eseguiti il 27 luglio e il 3 agosto 2006 l’appellante è risultato assente dalla propria abitazione, nella fascia oraria prescritta; la prova è offerta dalla deposizione dei carabinieri preposti alla vigilanza, i quali constatarono l’assenza del giudicabile dalla sua abitazione, per come riferito in loco dal fratello convivente; osta al postulato riconoscimento delle attenuanti generiche la considerazione della notevole capacità criminale, desunta dalla reiterazione della infrazione nell’arco di appena una settimana e dal "cospicuo curriculum delinquenziali;

peraltro la pena base è stata ragguagliata al minimo edittale e l’aumento per la continuazione è di appena un mese.

2. – Ricorre per cassazione l’imputato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Stefano Pellegrino, mediante atto recante la data del 20 aprile 2010, depositato il 21 aprile 2010, col quale sviluppa due motivi.

2.1 – Con il primo motivo il ricorrente dichiara di denunziare "erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 195 cod. proc. pen", eccependo il divieto di testimonianza delle testimonianze degli agenti e ufficiali di polizia giudiziaria sul contenuto delle dichiarazioni assunte dal fratello del ricorrente, circa la assenza di costui dalla abitazione all’atto del controllo, e sostenendo la inutilizzabilità delle ridette dichiarazioni de relato, in mancanza della conferma della fonte diretta.

2.2 – Con il secondo motivo il ricorrente denunzia, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), mancanza della motivazione, in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche, assertivamente non sorretto da "plausibili ragioni" e da idoneo, ancorchè minimo, apparato argomentativo.

3. – Il ricorso è infondato.

3.1 – Priva di giuridico pregio è la eccezione di inutilizzabilità delle testimonianze dei Carabinieri, autori della verifica (eseguita con esito negativo) della presenza del ricorrente della propria abitazione all’atto dei controlli.

3.1.1 – In difetto della formale richiesta della parte interessata di assunzione dell’esame della fonte primaria, à termini dell’art. 195 c.p.p., comma 1, (circostanza non prospettata dal ricorrente), non è configurabile alcuna ipotesi di inutilizzabilità della testimonianza de relato ai sensi del successivo terzo comma del ridetto art. (Cass., Sez. 6^, 3 giugno 2009, n. 28029, Vinci, massima n. 244415;

Sez. 5^, 25 gennaio 2007, n. 6522, Pusceddu, massima n. 236057; Sez. 3^, 29 novembre 2006, n. 9801/2007, Baldi, massima n. 236005; Sez. 2^, 10 gennaio 2006, n. 3632, Zaccaro, massima n. 233337; Sez. 4^, 24 ottobre 2005, n. 1151/2006, Cannellino, massima n. 233170; Sez. 6^, 24 ottobre 2003, n. 46795, De Rose, massima n. 226930; Sez. 5^, 5 ottobre 1999, n. 12890, Borraggine, massima n. 215547; Sez. 6^, 15 dicembre 1998, n. 1691/1999, Leone, massima n. 212504).

3.1.2 – Nella specie neppure opera il divieto di testimonianza stabilito dal primo inciso dell’art. 195, comma 4, per gli ufficiali e per gli agenti della polizia giudiziaria in ordine al contenuto delle informazioni assunte dai testimoni. Ricorre, semmai, la residuale previsione del seguente inciso del medesimo comma, la quale ripristina il generale regime della testimonianza indiretta.

Il succitato divieto, infatti, non trova applicazione "relativamente alle dichiarazioni rese da terzi e percepite al di fuori di uno specifico contesto procedimentali" dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria (Cass., Sez. 1^, 11 dicembre 2008, n. 5965, Manco, massima n. 243347).

E, proprio in termini, con specifico riferimento alla informazione verbalmente attinta dal familiare di un sorvegliato, circa la assenza di costui dalla abitazione in occasione del controllo, questa Corte ha affermato la ammissibilità (rectius: la utilizzabilità) della testimonianza indiretta dell’agente, autore del controllo (Sez. 1^, 30 gennaio 2008, n. 16215, Taddeo, massima n. 239498).

Orbene, fermo il principio di diritto secondo il quale il divieto in parola non opera in relazione alle testimonianze indirette degli ufficiali e agenti della polizia giudiziaria in ordine alla dichiarazioni acquisite all’infuori del contesto del procedimento (nelle particolari situazioni censite dalla giurisprudenza di questa Corte), nel caso in esame soccorre l’ulteriore, dirimente rilievo della carenza in capo ai testimoni – e in relazione alla specifica attività di istituto oggetto della prova orale – della qualità di agente di polizia giudiziaria, costituente il presupposto del divieto de quo.

Pur se sotto il profilo subiettivo le qualità di ufficiale o agente di polizia giudiziaria e di ufficiale o agente di polizia di sicurezza possono (ma non sempre, nè necessariamente) risultare sovrapposte, chiara e nettissima è invero, sul piano oggettivo, la distinzione tra la attività della polizia di sicurezza ( R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 1 – T.U.L.P.S. e L. 1 aprile 1981, n. 121, art. 24) e quella della polizia giudiziaria (artt. 55, 330, 347 e segg. cod. proc. pen.).

La vigilanza e il controllo sistematici di pregiudicati e sorvegliati speciali della Pubblica Sicurezza, eseguiti dagli appositi servizi e reparti dalla Polizia di Stato o dell’Arma dei Carabinieri, dislocati sul territorio, all’uopo istituzionalmente preposti, costituiscono palesemente attività di polizia di sicurezza (o di polizia preventiva) e non attività di polizia giudiziaria, la quale presuppone, invece, sul piano cronologico e logico che, nel momento in cui il pubblico ufficiale si determina ad attivarsi, il reato (anche nella forma del tentativo) sia stato già commesso e scoperto, sicchè l’intervento della polizia giudiziaria trova la propria ragion d’essere nell’ adempimento del compito istituzionale di "prendere notizia dei reati" perpetrati.

Epperò, i testi esaminati dal primo giudice in ordine alle informazioni acquisite in loco, senza formalità, dal familiare del sorvegliato speciale, nell’esercizio della attività preventiva di controllo e vigilanza e, dunque, nella qualità di agenti di pubblica sicurezza (e non di polizia giudiziaria), non soggiacciono al divieto stabilito dall’art. 195 c.p.p., comma 4, per il difetto, appunto, del presupposto subiettivo e funzionale, contemplato dalla disposizione, scilicet: la qualità di ufficiali o agenti di "polizia giudiziaria". 3.2 – Sul punto del diniego delle attenuanti generiche la Corte territoriale ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass., Sez. 1^, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4^, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione di viti a della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili à termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3. 3.3 – Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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