Cons. Stato Sez. IV, Sent., 11-02-2011, n. 924 Occupazione abusiva o illegittima Appello al Consiglio di Stato avverso le sentenze del T.A.R Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1. Il Sindaco di Napoli ha disposto con proprio decreto n. 70 dd. 9 febbraio 1988 l’occupazione d’urgenza del suolo urbano ubicato in Napoli alla Via del Campo, già Via Arenaccia – riportato in catasto urbano al foglio 82, particelle 2 e 3 per la consistenza di are 4,70 ed are 3,00.

L’attuale ricorrente, Sig. V.B., riferisce che tale terreno, già di proprietà di A.B. – proprio dante causa, deceduto in data 3 settembre 1995 – è stato appreso per la costruzione della sopraelevata del Corso Novara – Via Arenaccia, e che ciò avrebbe pure comportato la demolizione di due piccoli fabbricati insistenti sul suolo sopradescritto al fine di costruire ivi un pilone di sostegno della predetta strada sopraelevata.

Il ricorrente aggiunge che la presa di possesso sarebbe avvenuta il giorno 28 aprile 1988 e che sarebbe stato anche contestualmente redatto il verbale di consistenza, come prescritto dall’allora vigente L. 3 gennaio 1978 n. 1, ma che al suo dante causa non sarebbe stata corrisposta alcuna indennità di occupazione né di espropriazione e che l’opera pubblica è stata realizzata e mantenuta sino al 25 luglio 2002, senza che nel frattempo fosse stato adottato il relativo decreto espropriativo nel termine di legge.

Il ricorrente aggiunge, ancora, che nell’anno 2002 il Comune di Napoli aveva deciso lo smantellamento e la demolizione della strada sopraelevata, contestualmente disponendo con il decreto dirigenziale n. 6 del 28 maggio 2002 una nuova occupazione delle aree di sua proprietà per il deposito di materiale di smontaggio, mai restituite prima perché incorporate nell’opera pubblica realizzata, anche stavolta senza nulla corrispondere per l’occupazione.

Sempre secondo il B. i lavori di smantellamento dell’opera sarebbero stati ultimati nel mese di gennaio 2003, nel mentre soltanto in data 25 novembre 2003 il Comune di Napoli avrebbe provveduto a restituire gli immobili, giusta verbale di riconsegna prodotto negli atti del giudizio di primo grado e con contestuale redazione del relativo verbale di presa di possesso, peraltro asseritamente mai consegnato al privato.

1.2. Il B. ha conseguentemente adito in primo grado il T.A.R. per la Campania, previa notifica di vari atti interruttivi della prescrizione, chiedendo la condanna del Comune di Napoli al risarcimento dei danni ed al pagamento dell’indennità di occupazione dovuti per la prolungata apprensione sine titulo degli immobili.

Il B. ha ivi dedotto, sotto vari profili, l’avvenuta violazione della disciplina contenuta nella L. 25 giugno 1865 n. 2359, nella L. 22 ottobre 1971 n. 865, nella L. 3 gennaio 1978 n. 1, nel sopravvenuto T.U. approvato con D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, nella sentenza della Corte Costituzionale n. 348 dd. 24 ottobre 2007, nonché violazione dei principi generali di correttezza e trasparenza discendenti dall’art. 97 Cost., violazione dell’art. 2043 cod. civ. ed eccesso di potere per occupazione sine titulo.

1.3. L’intimato Comune si è costituito in giudizio preliminarmente eccependo l’inammissibilità del ricorso e, nel merito, sostenendone l’infondatezza.

1.4. Con sentenza n. 03331 dd. 17 giugno 2009 la Sezione V del Comune di Napoli ha respinto il ricorso.

2.1. Il B. ha quindi proposto avverso tale statuizione ricorso in appello,deducendo illogicità manifesta, contraddittorietà, omessa valutazione dei grafici e del piano particellare e descrittivo prodotti in primo grado, violazione dei principi generali di legalità e di trasparenza nonché di quelli segnatamente relativi alla materia dell’espropriazione contenuti nella L. 2359 del 1865, violazione dei principi generali in materia di autotutela, violazione dei principi contenuti nell’art. 111 Cost. in materia di giusto processo, violazione dell’art. 23 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034, illogicità per omessa istruttoria per omesso esame della perizia di parte redatta dall’Arch. De Masi, ulteriore illogicità per omesso esame degli atti del procedimento ablatorio e ulteriore violazione delle regole del giusto processo e dell’art. 23 della L. 1034 del 1971.

Il ricorrente, a supporto delle proprie deduzioni, ha pure depositato agli atti di causa una nuova relazione tecnica giurata dell’Arch. Francesco Cirillo dd. 5 gennaio 2011.

2.2. Si è costituito anche nel presente grado di giudizio il Comune di Napoli eccependo preliminarmente l’inammissibilità della nuova produzione avversaria e concludendo comunque per la reiezione dell’appello.

2.3. Alla pubblica udienza del 18 gennaio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

3.1. Tutto ciò premesso, il ricorso in appello va respinto.

3.2. Come correttamente evidenziato dal giudice di primo grado, il B. aziona esclusivamente un pretesa risarcitoria relativa ad un’occupazione di beni di sua proprietà, inizialmente disposta dal Comune di Napoli nei confronti del suo dante causa, B. A., per un periodo di tre anni dalla presa di possesso (da 1988 al 1991) e prorogata in virtù di provvedimenti legislativi intervenuti sino al 1995, allorquando, non più presidiata da valido ed efficace titolo (occupativo o espropriativo), l’occupazione sarebbe divenuta illegittima ed appropriativa: situazione, questa, asseritamente protrattasi sino al 25 luglio 2002, in concomitanza alla decisione dell’Amministrazione Comunale di addivenire allo smantellamento dell’opera incompiuta.

Altrettanto puntualmente il giudice di primo grado ha evidenziato che non risulta acquisita agli atti di causa la prova che all’emanazione del decreto sindacale n. 70 del 9 febbraio 1988 ed al preavviso della futura immissione in possesso sia seguita la materiale apprensione dei beni per i quali era stata disposta l’occupazione d’urgenza da parte del medesimo Comune, o – per esso – da parte della CFM Sud S.p.A., società autorizzata a gestire la relativa procedura; né consta l’avvenuta produzione del verbale di presa di possesso in data 25 novembre 2003 dei beni asseritamente in precedenza occupati (del resto, riferito dal medesimo ricorrente come mai a lui consegnato).

In buona sostanza, quindi, il B. si è limitato a produrre, a sostegno delle proprie ragioni, copia del decreto sindacale n. 70 del 1988 unitamente al solo frontespizio del successivo "atto di avviso", notificato al suo dante causa B. A. da parte della CFM Sud s.p.a. e recante il preannuncio dell’immissione in possesso per il giorno 28 aprile 1988.

Sempre nel giudizio di primo grado, il Comune di Napoli ha a sua volta documentato che i propri uffici competenti a curare il procedimento di occupazione hanno riconosciuto, con riferimento all’area originariamente di proprietà di B. A. e ora pretesa dal ricorrente, una comproprietà di quest’ultimo pari, al più, ad 1/8 dell’area in questione, riferendo – altresì – di non avere rinvenuto alcun atto dal quale risulti l’effettiva immissione in possesso della CMF Sud S.p.a., né alcuna traccia dell’invocato verbale sullo stato di consistenza che avrebbe dovuto essere redatto contestualmente a tale immissione.

Questa conclusione è stata giustificata con la circostanza che la questione involge la disamina di atti complessi, risalenti ad oltre venti anni fa e redatti da soggetti diversi non più rintracciabili (Ingegnere Capo, Direttore dei lavori, Commissione di collaudo, Dipartimenti e Servizi oggi inesistenti), al punto che il rilievo in merito "all’assenza di riferimenti, nel certificato di collaudo dell’8 giugno 1999…..", si comprenderebbe sul piano formale e di diritto, in ragione della "conclamata la vetustà della materia e dei fatti dedotti in giudizio".

A questo punto il giudice di primo grado ha pure evidenziato che il B. ha inteso superare tali "dubbi e perplessità" producendo in giudizio una serie di dichiarazioni sostitutive di atto notorio, aventi peraltro – al più – valore di mere presunzioni semplici e dalle quali consterebbe che nell’anno 1988 il Comune aveva occupato un’area di proprietà di B. A. ed altri, sita in via Nuova del Campo, già via Arenaccia, particelle 2 e 3 del foglio 82, per circa 600 mq., per realizzare la sopraelevata del Corso Novara, che tale circostanza avrebbe comportato la demolizione di un fabbricato su due livelli, che l’occupazione sarebbe perdurata sino al 2002 ed, infine, che durante i lavori l’area del B. sarebbero stata occupata da macchinari, attrezzature e materiali edili.

Il giudice di primo grado ha inoltre debitamente preso atto della circostanza che nella relazione contenuta in sede di redazione del certificato di collaudo manca ogni indicazione dell’area di proprietà di B. A. e che in relazione a ciò il Servizio Progettazione, Realizzazione, Manutenzione Strade e Sottoservizi del Comune di Napoli è stato indotto "a ritenere che, a seguito dei rilievi definitivi che vengono di norma effettuati in corso d’opera, deve essere risultato non necessario procedere all’occupazione effettiva e di conseguenza la relativa procedura da intendersi caducata".

Il giudice di primo grado ha quindi rilevato che la materia espropriativa è quella che in cui, più di ogni altra ed anzitutto sul piano sostanziale, gli aspetti materiali dell’esecuzione dei provvedimenti, non rivestendo minor rilievo rispetto a quelli giuridici, si intrecciano con questi ultimi, sino al punto da prendere, in alcuni casi, il sopravvento, con rilevantissime implicazioni, anche sul piano civilistico, in ordine all’assetto definitivo da darsi alla proprietà oggetto dei procedimenti ablatori; e che proprio in relazione a ciò particolare attenzione va adibita agli aspetti dell’efficacia dei relativi provvedimenti ablatori, a buona parte dei quali non a caso il legislatore riconosce carattere recettizio, ed alle vicende della loro esecuzione.

Esattamente lo stesso giudice ha quindi evidenziato come il legislatore abbia disciplinato minuziosamente le varie fasi dei procedimenti esecutivi, nella consapevolezza del rilievo e della peculiare natura dei diritti dominicali incisi dai predetti procedimenti, con la rilevante implicazione che, nella materia qui trattata, l’esecuzione, regolare o meno che sia o – come nella specie – la mancata esecuzione di precedenti provvedimenti, non può non riflettersi sul regime dominicale da riservare ai beni dei privati considerati nei provvedimenti medesimi.

Lo stesso giudice di primo grado ha evidenziato,che il B., nell’articolare la propria domanda risarcitoria, ha riferito anche dell’avvenuta emissione nei suoi confronti del decreto dirigenziale n. 6 del 28 maggio 2002, con il quale è stata – per l’appunto – nuovamente disposta l’occupazione d’urgenza della particella n. 2 e parte della particella 3 del foglio 82/A del nuovo catasto edilizio urbano di Napoli, corrispondente alla particella n. 156, sub. 2 e 3 del foglio 3), sempre di proprietà B. ma senza che questi muovesse al riguardo rilievi.

Nella sentenza impugnata si evidenzia correttamente che, in tale frangente, lo stesso ricorrente ha riconosciuto la natura legittima di tale occupazione, a fronte della quale – oltre a tutto – la difesa del Comune di Napoli ha a sua volta affermato che nel corso del 2008 è stata comunicata all’interessato la relativa indennità e senza che questi vi abbia – o meno – formalmente aderito.

Il giudice di primo grado ha inoltre tratto la conclusione che l’Amministrazione Comunale mai avrebbe proceduto all’occupazione effettiva dell’area già di proprietà di B. A. anche sulla base della circostanza per cui, se ciò fosse avvenuto, la disponibilità dell’area medesima da parte del Comune avrebbe dovuto cessare prima del 25 luglio 2002, allorquando – cioè – sulla scorta del nuovo decreto di occupazione di urgenza della medesima particella, notificato questa volta all’attuale ricorrente, la stessa Amministrazione Comunale ha formalmente assunto il possesso dei rispettivi luoghi, redigendo questa volta apposito verbale di stato di consistenza: ossia provvedendo a quegli adempimenti di rito che per l’asserita antecedente apprensione non risultano compiuti.

Da ciò il primo giudice ha dunque tratto la conseguenza per cui, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente ed a comprova dell’evidente infondatezza della domanda risarcitoria, è di tutta evidenza che nel 2002 l’Amministrazione Comunale non avrebbe avuto alcun bisogno di rientrare in possesso di un’area già occupata per effetto del predetto decreto sindacale n. 70 del 1988; né si spiegherebbe quando e come l’area stessa sia stata sottratta alla disponibilità di B. A. (e dei suoi eredi), per poi disporne la relativa, nuova apprensione.

Sempre ad avviso del primo giudice, nell’economia del relativo giudizio ha comunque assunto rilievo la nota prot. 218 del 36.5.2009 della IV Direzione Centrale LL. PP. Servizio Progettazione, Realizzazione, Manutenzione Strade e Sottoservizi del Comune di Napoli, depositata in giudizio dall’Amministrazione medesima e secondo la quale- tra l’altro – "a) Il decreto sindacale n. 70 del 1988, emesso per la realizzazione della Sopraelevata di Corso Novara è stato notificato, a suo tempo secondo le forme di rito, alle parti interessate, come risulta dalla relata di notifica a tergo dell’atto medesimo, già prodotto dallo scrivente Servizio in allegato alla richiamata relazione prot. n. 06/2009. Orbene in forza delle norme in materia espropriativa il vincolo sul cespite di proprietà B. poteva essere imposto per la durata massima di anni cinque, salvo proroga del vincolo medesimo disposta con provvedimento ad hoc. Agli atti non è stato rinvenuto alcun provvedimento di proroga del vincolo in parola e, comunque, come sancito nel medesimo decreto sindacale n. 70 del 1988 al capo 3), l’occupazione veniva limitata ad anni 3 a decorrere dalla data di immissione in possesso. Nessun verbale di immissione in possesso è stato rinvenuto agli atti e ciò viene confermato dal Direttore dei Lavori nella Relazione al Conto Finale, nel Capitolo "Disponibilità delle aree e procedura espropriativa ad essa collegata" – solo di recente reperita ed acquisita – ove si legge testualmente: "Per quanto concerne la proprietà B., si procedette ad occupazione temporanea in esecuzione del Decreto Sindacale n. 70 del 10 febbraio 1988. Dal rilievo definitivo dell’opera redatto in corso d’opera, risultò, invece, non necessario procedere all’occupazione effettiva della particella B. in quanto la pila di sostegno ed il relativo plinto venivano ad essere di fatto realizzati all’esterno della proprietà in questione, su strada pubblica costituente una rampa di collegamento di via Arenaccia con via Don Bosco. Da ciò si evince che, per tale particella B., la procedura espropriativa debba intendersi "caducata". Inoltre si fa rilevare che i lavori per la realizzazione della Sopraelevata sono stati ultimati nel 1992, come risulta anche dal certificato di collaudo (già prodotto in uno alla relazione prot. n. 06/2009), venendo a cessare, di fatto, la necessità di occupazione temporanea del cespite di che trattasi….. c) Si allega nuovamente alla presente copia della disposizione dirigenziale di fissazione dell’indennità di esproprio recante a tergo la relata di notifica alla parte e significando, in proposito, che detta disposizione afferisce all’occupazione d’urgenza disposta con successivo provvedimento n. 06 del 28 maggio 2002 relativamente ai lavori di smontaggio e demolizione della sopraelevata di Corso Novara… 8. Infine, dalla Relazione del Direttore dei Lavori sul collaudo finale e relativi allegati richiesta di collaudo definitivo dell’opera del 24 febbraio 1999, si apprende che: "A tutt’oggi non sono state completamente perfezionate le procedure espropriative ed è stato appunto questo il motivo che ha impedito finora al sottoscritto di redigere la relazione sul conto finale e di chiedere di conseguenza il collaudo definitivo dei lavori eseguiti"".

In conseguenza di tutto ciò, pertanto, il giudice di primo grado ha respinto la domanda risarcitoria nella mancanza di prova dell’avvenuta occupazione, sino a tutto il 25 luglio 2002, dell’area di proprietà del B. ed in presenza – per contro – di un complesso di elementi univoci e concordanti che lascia ritenere che a questi mai sia stato sottratto il possesso dell’area medesima.

Questo giudice – a sua volta – non può che concordare con tale conclusione, avuto segnatamente riguardo alle deduzioni formulate dal B. nella presente sede di giudizio.

Anche a prescindere, infatti, dall’inammissibilità – pure nel processo amministrativo – di nuovi mezzi di prova in sede di appello in forza del generale principio contenuto nell’art. 345 c.p.c. (cfr. al riguardo, ex multis, la decisione n. 7440 dd. 12 ottobre 2010 resa da questa stessa Sezione; cfr., altresì – ora – l’art. 104, comma 2, cod. proc. amm., secondo il quale "non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa, ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile") le allegazioni del ricorrente sulla circostanza che il piano particellare e descrittivo dell’opera allegate agli atti notificati alla proprietà includevano quest’ultima nell’ambito dell’opera pubblica nulla comprovano in ordine alla materialità della loro apprensione.

Altrettanto va detto in ordine ai rilievi aerofotogrammetrici dell’area in questione asseritamente risalenti all’epoca dei fatti di causa e all’intervenuta demolizione dei fabbricati ivi in precedenza insistenti, oltre a tutto neppure documentata nella data in cui essa sarebbe avvenuta; senza sottacere, poi, che le contestazioni mosse dal ricorrente medesimo avverso la relazione del collaudatore dell’opera non sono state assistite dalla proposizione di querela di falso.

Semmai, ad avviso del Collegio, proprio l’acclarata omissione in tale relazione di qualsivoglia menzione in ordine all’area Belomunno conforta la conclusione che la materiale apprensione della stessa non è poi risultata indispensabile per la realizzazione dell’opera; né – a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente – può costituire prova in contrario la mancata adozione di un provvedimento di revoca del decreto sindacale n. 70 dd. 9 febbraio 1988 che ne aveva disposto l’occupazione, ben potendo accadere – senza dubbio per riprovevole incuria amministrativa circa l’esigenza di definire la sorte dell’atto, ma senza con ciò determinare un diverso assetto nel possesso dell’area ivi considerata – che tale provvedimento sia rimasto di fatto ineseguito: tanto da essere stato poi comunque seguito a distanza di anni dall’adozione di una nuovo provvedimento di occupazione allorquando l’area di cui trattasi doveva essere utilizzata per nuove esigenze connesse all’opera di cui trattasi.

Né – soprattutto – il ricorrente può affermare l’avvenuta violazione dell’art. 23, quinto comma della L. 6 dicembre 1971 n. 1034, vigente all’epoca del processo di primo grado e in forza del quale "il Presidente dispone, ove occorra, gli incombenti istruttori", nella specie asseritamente omessi.

Invero, nel processo amministrativo, anche dopo l’entrata in vigore del nuovo codice approvato con D.L.vo 2 luglio 2010 n. 104 (cfr. art. 64, comma 3, cod. proc. amm.), il sistema probatorio è fondamentalmente retto dal principio dispositivo con metodo acquisitivo degli elementi di prova da parte del giudice, il quale comporta l’onere per il ricorrente di presentare almeno un indizio di prova perché il giudice possa esercitare i propri poteri istruttori (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 7 ottobre 2009, n. 6118): e ciò, per l’appunto, è contemplato dal "sistema" proprio in quanto il ricorrente, di per sé, non ha la disponibilità delle prove, essendo queste nell’esclusivo possesso dell’amministrazione ed essendo quindi sufficiente che egli fornisca un principio di prova.

Viceversa, la disciplina contenuta nell’art. 2697 cod. civ. (corrispondente, ora, all’art. 64, comma 1, cod. proc. amm.) secondo la quale spetta a chi agisce in giudizio indicare e provare i fatti, deve trovare integrale applicazione anche nel processo amministrativo ogniqualvolta non ricorra tale disuguaglianza di posizioni tra Pubblica Amministrazione e privato, come – per l’appunto – nel caso di specie, laddove si verte esclusivamente sulla spettanza, o meno, di un risarcimento del danno: con la conseguenza che, a pena di un’inammissibile inversione del regime dell’onere della prova, non è consentito al giudice amministrativo di sostituirsi alla parte onerata quando quest’ultima si trovi nell’impossibilità di provare il fatto posto a base della sua azione (cfr., al riguardo, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 10 novembre 2010 n. 8006).

4. Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio possono essere integralmente compensati tra le parti, sussistendo al riguardo giusti motivi, nel mentre va confermato a carico del ricorrente il pagamento del contributo di cui all’art. 9 e ss. del D.L.vo 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata

Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio, confermando a carico del ricorrente il pagamento del contributo di cui all’art. 9 e ss. del D.L.vo 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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