Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 28-03-2011, n. 7060

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Roma respingeva la domanda di S. V., proposta nei confronti della società Alitalia, diretta ad ottenere la condanna della società convenuta all’indennità di preavviso ed alla corretta liquidazione dell’indennità di anzianità e del TFR. La Corte del merito osservava, relativamente alla vantata differenza sul TFR, che il ricorrente aveva nel 1.992 sottoscritto una dichiarazione con la quale a fronte della dazione di L. 62.000.000 da imputare anche a qualsiasi altro titolo gli dovesse essere riconosciuto con riguardo all’intercorso rapporto di lavoro, aveva rinunciato alla eventuale differenza sul TFR. Quanto alla indennità di preavviso, la predetta Corte, sottolineava che il ricorrente si era dimesso e non era stato mai allegato che tali dimissioni erano avvenute per giusta causa.

Avverso questa sentenza il S. ricorre in cassazione sulla base di quattro censure.

Resiste con controricorso la società Alitalia che deduce, tra l’altro, l’inammissibilità del ricorso per la mancata formulazione ex art. 366 bis c.p.c., dei quesiti di diritto. Deposta, poi, la predetta società memoria illustrativa.
Motivi della decisione

Con la prima censura il S. deduce violazione e falsa applicazione degli arti. 2113, 1419, 2103, 1343 e 1325 c.c. e art. 1966 c.c., comma 2, nonchè vizio di motivazione.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 1243 c.c., in relazione all’art. 416 c.p.c., comma 2.

Con la terza critica il ricorrente allega violazione dell’art. 2113 c.c., in relazione agli artt. 1419, 2103 e 1343 c.c., nonchè motivazione apparente.

Con l’ultima censura il S. prospetta violazione dell’art. 2118 c.c., e vizio di motivazione.

Rileva la Corte che il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c..

Infatti trattandosi di sentenza di appello pubblicata dopo il 2 marzo 2006 trova applicazione, del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ex art. 27, comma 2, la richiamata norma di rito secondo la quale nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena d’inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto e nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione del motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Nella specie difetta del tutto il quesito di diritto nonchè la specifica indicazione del fatto controverso, intesa quale sintesi logico giuridica – omologa al quesito di diritto – della censura che s’intende sottoporre al giudice di legittimità (Cass. S.U. 28 settembre 2007 n. 20360).

Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 17,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per onorario oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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