Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-01-2011) 15-02-2011, n. 5585 Armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con sentenza, deliberata il 25 gennaio 2010 e depositata il 1 febbraio 2010, la Corte di appello di Torino – per quanto qui rileva – ha confermato la sentenza del Tribunale ordinario di Asti, 26 novembre 2008, di condanna – ritenuta la continuazione ed esclusa la recidiva – alla pena dell’arresto in mesi nove a carico del pregiudicato G.F., imputato delle contravvenzioni di porto di armi od oggetti atti ad offendere, ai sensi della L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 4, e di possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli, per aver portato un cacciavite completamente limato, un bastone di legno di mezzo metro e per essere stato colto in possesso di una smerigliatrice, munita di lama atta a tagliare il ferro, di una mazzetta e di un piede di porco, motivando: l’imputato fu sorpreso a bordo di un furgone Ducato, mentre circolava in zona dove di recente era stata denunziata la perpetrazione di numerosi furti; nell’abitacolo del veicolo i verbalizzanti rinvennero sequestrarono il cacciavite limato e gli strumenti di effrazione, opportunamente occultati, mentre il bastone era sistemato sul cassone; priva di pregio è, in relazione alla contravvenzione di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 4, la tesi difensiva che il cacciavite costituirebbe mero strumento atto a aprire o forzare le serrature e non arma impropria, in quanto l’attrezzo "completamente limato .. ben può costituire strumento atto a offendere"; infondato, in relazione alla residua contravvenzione, appare l’assunto dell’appellante circa il lecito possesso degli attrezzi assertivamente utilizzati per tagliare rottami di ferro in precedenza acquistati; gli spezzoni metallici artatamente posti sul cassone "per sorreggere una parvenza di spiegazione", erano tutti coperti di ruggine; la circostanza smentisce che fossero stati tagliati di recente; e l’appellante non è stato in grado di indicare il nome del venditore dei rottami o il luogo dell’acquisto.

2. – Ricorre per cassazione l’imputato, personalmente, mediante atto del 25 febbraio 2010, col quale denunzia, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, ribadendo: a) in relazione alla contravvenzione di porto di armi od oggetti atti a offendere che la destinazione di tutti gli oggetti sequestrati, indicata nel processo verbale di sequestro, era quella di "aprire serrature" e che, pertanto, sarebbe ravvisabile il giustificato motivo; b) con riferimento alla ulteriore contravvenzione, che gli strumenti erano utilizzati per il taglio dei rottami di ferro e che lo stato degli spezzoni non contraddirebbe l’assunto difensivo, illogicamente disatteso dalla Corte territoriale.

3. – Il ricorso è manifestamente infondato. La Corte territoriale ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass., Sez. 1^, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4^, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione di vitia della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili à termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3.

Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della impugnazione – al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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