Cons. Stato Sez. VI, Sent., 11-02-2011, n. 910 Impianti industriali e/o produttivi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza gravata, il TAR per la Calabria, Catanzaro, ha respinto i distinti ricorsi proposti dalla C.E. S.r.l. avverso:

o gli atti dei due procedimenti conclusisi con decreto n. 55/05/2004 del 21 aprile 2004 del Ministero delle Attività Produttive, di autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio della centrale termoelettrica a ciclo combinato e relative opere ubicate nel Comune di Rizziconi e con decreto del 18 maggio 2004 del Ministero delle Attività Produttive di autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio della centrale termoelettrica a ciclo combinato e relative opere ubicate nel Comune di Scandale;

o gli atti del procedimento conclusosi con il decreto n. 55/01/05 del 20 maggio 2005 del Ministero delle Attività Produttive, con cui, a seguito di conferenza dei servizi in data 22 marzo 2005, è stato concluso negativamente il procedimento attivato con l’istanza della società appellante volta ad ottenere il rilascio di autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio della centrale termoelettrica a ciclo combinato della potenza di 400 MW ubicato nel Comune di S. Ferdinando.

Nel dettaglio, la C.E. S.r.l. ha predisposto un progetto per la realizzazione e la gestione, in collaborazione con la E.I. S.p.a., di una centrale termoelettrica a ciclo combinato avente capacità di produzione pari a 400 MW, da localizzare nei territori dei Comuni di Gioia Tauro, Rosarno e San Ferdinando.

Con un primo ricorso proposto innanzi al giudice territoriale (n. 377 del 2005), la società ha impugnato gli atti dei procedimenti conclusisi con i decreti con cui, sulla base delle distinte iniziative procedimentali della Società R.E. e della società E.E., è stata autorizzata, in favore della prima, la costruzione e l’esercizio della centrale termoelettrica a ciclo combinato e relative opere ubicata nel Comune di Rizziconi, e, in favore della seconda, la costruzione e l’esercizio della centrale termoelettrica a ciclo combinato e relative opere ubicate nel Comune di Scandale.

Con un secondo ricorso (n. 837 del 2005), sono stati, invece, impugnati gli atti del procedimento conclusosi con il decreto recante statuizione negativa in ordine al progetto di C.E., il verbale della conferenza di servizi del 22 marzo 2005, la deliberazione della Giunta Regionale della Calabria n. 98 del 9 febbraio 2005, con cui si è statuito, tra l’altro, di non fornire alcuna intesa ulteriore in sede di conferenza di servizi per la realizzazione di centrali termoelettriche sul territorio regionale, le note n. 376 del 28 febbraio 2005 e n. 432 del 4 marzo 2005 della Regione Calabria, Settore Energia, la deliberazione n. 1240 del 27 dicembre 2002 della Giunta Regionale della Calabria, di approvazione de PEAR, la deliberazione n. 93 del 3 marzo 2003 della Giunta Regionale della Calabria, con cui sulla base di uno studio comparativo, è stata fornita intesa in relazione alla proposta di centrale termoelettrica di R.E. e di E.E. S.p.a. ed, infine, la deliberazione n. 315 del 14 febbraio 2005 del Consiglio Regionale della Calabria, di approvazione del PEAR.

Il TAR, riuniti i ricorsi e disattese talune eccezioni di carattere processuale dedotte dalle amministrazioni resistenti e dalla società contro interessate in primo grado con riguardo ad entrambi i ricorsi, li ha dichiarati inammissibili laddove sono diretti all’annullamento degli atti relativi all’autorizzazione della centrale di Scandale ad iniziativa della E.E.; ha invece respinto le domande volte all’annullamento degli altri atti ed al risarcimento del danno.

Propone gravame la società ricorrente, ritenendo l’erroneità della sentenza impugnata di cui chiede l’annullamento.

Propone appello incidentale la Regione Calabria, riproponendo le eccezioni di carattere processuale dedotte in primo grado e disattese dal primo giudice.

All’udienza del 14 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. L’appello principale va respinto.

2. Va disatteso il primo motivo di gravame con cui si deduce l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha concluso per l’inammissibilità del ricorso proposto avverso gli atti del procedimento conclusosi con l’autorizzazione, rilasciata in favore della E.E., alla costruzione ed all’esercizio della centrale termoelettrica a ciclo combinato e relative opere ubicate nel Comune di Scandale.

Come correttamente osservato dal primo giudice, le iniziative promosse dalla C.E. e dalla Eurosviluppo non risultano tra loro avvinte da alcun nesso.

Giova considerare che l’interesse a ricorrere non può essere apprezzato in astratto ma in concreto, tenendo conto dell’effettivo vantaggio realizzabile in conseguenza dell’eventuale accoglimento.

Ebbene, nel condurre il descritto apprezzamento non è consentito non considerare che, nel caso di specie, la società ricorrente ha presentato istanza di autorizzazione alla realizzazione di una centrale termoelettrica in località San Ferdinando, nella piana di Gioia Tauro, ove era prevista la realizzazione di un’unica centrale.

E’ quanto ha indotto l’Amministrazione competente a svolgere una procedura comparativa ponendo a raffronto i differenti progetti presentati.

Consegue, come correttamente sostenuto dal TAR, che se certo sussiste un concreto interesse in capo alla odierna ricorrente all’annullamento dell’autorizzazione rilasciata all’esito della procedura comparativa nella quale la stessa ricorrente non è risultata vincitrice, non può sostenersi altrettanto con riguardo all’autorizzazione che, rilasciata in favore della Eurosviluppo, ha ad oggetto una centrale da realizzare in un’area distante oltre 200 Km. da San Ferdinando, area relativamente alla quale la società C.E. non ha mai manifestato alcun interesse di tipo imprenditoriale.

Né, d’altra parte, tale interesse, mancante se si ha riguardo al ricorso in primo grado proposto avverso gli atti del procedimento conclusosi con il rilascio dell’autorizzazione in favore della E.E., può essere ritenuto sussistente sul rilievo per cui l’Amministrazione, successivamente alla proposizione del ricorso dichiarato inammissibile in primo grado, ha reputato sufficiente (con delibera di G.R. n. 98 del 2005) il numero delle cinque centrali già autorizzate, disponendosi che la Regione non avrebbe espresso ulteriori intese all’apertura e realizzazione di ulteriori centrali.

Ribadito che l’atto citato è successivo al momento della proposizione del ricorso di primo grado della cui ammissibilità si controverte, non può il Collegio non ribadire quanto già osservato in merito alla necessità di apprezzare in concreto la sussistenza dell’interesse alla definizione del ricorso.

Tale apprezzamento è destinato a concludersi nel caso di specie negativamente, ove si consideri che nessun interesse la società ricorrente ha mai manifestato alla realizzazione di centrale nell’area cui si riferisce l’impianto oggetto della contestata autorizzazione rilasciata in favore della E.E..

Va anche condivisa l’osservazione del TAR, secondo cui l’interesse alla definizione del ricorso proposto in primo grado avverso l’autorizzazione rilasciata in favore della Eurosviluppo non può essere ritenuto sussistente, anche se si afferma l’incompatibilità di tipo tecnico tra gli impianti oggetto dell’istanza presentata dalla stessa Eurosviluppo e dalla odierna appellante.

Le stesse autorità amministrative chiamate ad esprimersi in materia hanno invero riconosciuto che la centrale di Scandale potrebbe convivere in linea di principio con una centrale situata nell’area di Gioia Tauro, peraltro di potenza più elevata rispetto a quella progettata dalla s.p.a. C.E..

3. Vanno altresì respinti il secondo, il terzo e l’undicesimo motivo di gravame con cui si deduce l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha disatteso le censure relative all’assunta illegittimità delle autorizzazione rilasciate, in quanto facoltizzanti la realizzazione di impianti destinati a produrre energia superiore all’effettiva capacità di assorbimento e dispacciamento della rete nazionale, nella dimensione attuale ed in quella risultante dal piano triennale degli interventi fissato dal Gestore di Rete di Trasmissione Nazionale.

Ad avviso della società ricorrente appellante principale, più nel dettaglio, solo la centrale di San Ferdinando, con i suoi 400 MW, sarebbe stata compatibile con la rete di trasmissione attuale e futura.

Il Collegio ritiene al riguardo di condividere appieno quanto in modo oltre modo ragionevole sostenuto dal primo giudice, laddove ha osservato che le capacità di dispacciamento della rete nazionale non possono essere considerate come un dato statico, essendo necessario viceversa tener conto che l’aggiornamento della rete non può che procedere di pari passo con l’attuazione dei piani di sviluppo, peraltro inevitabilmente calibrati sugli impianti già autorizzati; l’attività di pianificazione va invero ancorata a dati certi anziché non ancora definiti, quali quelli desunti dalle iniziative in fase di valutazione nell’ambito del procedimento di cui alla legge n. 55/2002.

In altri termini, l’aggiornamento della rete non può che procedere di pari passo con lo sviluppo delle centrali di produzione dell’energia.

E’ quanto del resto trova conferma, diversamente da quanto sostenuto dalla società appellante, nelle risultanze del procedimento conclusosi con il rilascio della contestata autorizzazione in favore della R.E..

Giova, al riguardo, considerare che il Gestore della Rete partecipa al procedimento, potendo quindi segnalare l’eventuale inadeguatezza della rete, anche nella sua prevedibile e realizzabile evoluzione, ad assorbire le capacità di produzione correlate agli impianti in valutazione.

Ebbene, nel caso di specie, il rappresentante del Gestore, in seno alla conferenza di servizi del 9 marzo 2004, nel replicare alle osservazioni del rappresentante della Regione Calabria riguardo ad un possibile sovraccarico delle reti, ha per l’appunto segnalato che la programmazione di nuovi interventi è legata al rilascio di nuove autorizzazioni; ha anche rimarcato che proprio l’esigenza di tener conto di un quadro di riferimento attendibile, quale quello risultante dall’avvenuto rilascio di autorizzazioni, spiega una pianificazione con cadenza annuale dello sviluppo della rete.

Se si tiene conto delle esposte considerazioni, si spiega agevolmente il riferimento, nella delibera n. 93 del 2004, volto a subordinare l’inizio dei lavori delle centrali al parere del Gestore sulla capacità della rete:

Come correttamente sostenuto dal primo giudice, invero, quel riferimento è volto ad ottenere rassicurazioni in ordine a prospettabili rischi di congestione della rete; rassicurazioni, peraltro, fornite dal rappresentante del Gestore.

Un argomento in senso contrario non può trarsi da quanto la società ricorrente sostiene a proposito della dedotta rinuncia cui Edison avrebbe atteso, siglando nel 2005 l’Accordo quadro con la Regione, con riguardo all’autorizzazione a costruire la centrale di Pianopoli.

Come correttamente osservato dal primo giudice, nell’accordo del 2005 non è dato scorgere una rinuncia alla realizzazione dell’impianto dovuta all’impossibilità di dispacciamento dell’energia.

Viceversa, nell’accordo non è esclusa la costruzione della centrale di Pianopoli, ma solo la si subordina all’adeguamento della rete elettrica di trasporto dell’area sud Italia, oltre che a valutazioni inerenti le condizioni del mercato.

Alla stregua delle stesse ragioni va disatteso il sedicesimo motivo di gravame.

5. Vanno respinte anche le censure dedotte con il quarto e quinto motivo dell’appello principale, rispettivamente relative alla mancata contestualità di esame da parte del Ministero dei progetti presentati e all’assunta inosservanza del prescritto ordine della priorità temporale nell’esame delle pratiche.

5.1. Quanto al primo ordine di censure, giova considerare che il procedimento disciplinato dalla legge n. 55 del 2002 è unico e culmina in un provvedimento di autorizzazione del Ministero delle Attività Produttive emanato d’intesa con la regione interessata: si tratta di un’intesa che, come rilevato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 6 del 13 gennaio 2004, va considerata come "un’intesa forte, nel senso che il suo mancato raggiungimento costituisce ostacolo insormontabile alla conclusione del procedimento".

Ebbene, nel valutare la censura che qui si esamina, è necessario ancora considerare che tale passaggio procedimentale centrale, costituito dall’intesa regionale, è stato preso in considerazione dall’Accordo tra Governo, regioni, province, comuni e comunità montane del 5 settembre 2002.

L’Accordo dispone, in specie, che, allorché un territorio specifico sia interessato da più progetti, le regioni possono promuovere una valutazione comparativa degli stessi sulla base dei criteri fissati dall’Accordo stesso.

Quanto alla Regione Calabria, già prima dell’Accordo citato, la deliberazione della Giunta Regionale n. 766 del 6 agosto 2002, ha disposto che "le proposte di insediamento devono essere valutate alla luce di un bilancio costi benefici che porti, attraverso un’analisi multacriteria, alla formulazione di una graduatoria di merito delle diverse proposte di insediamento dei nuovi impianti di produzione".

Come ha correttamente rilevato la sentenza gravata, il momento della comparazione, in seno al procedimento amministrativo in questione, non è destinato a dispiegarsi a livello statale almeno quando, come nel caso di specie, la concorsualità si svolge nel segmento procedimentale finalizzato alla formalizzazione dell’intesa regionale; che è quanto peraltro attestato dalla elaborazione, ad opera del Settore energia della Giunta regionale, in attuazione del citato Accordo, di uno studio comparativo sulle proposte di realizzazione di centrali termoelettriche a cogenerazione nella Piana di Gioia Tauro, all’esito del quale la centrale di Rizziconi è stata ritenuta quale unica centrale realizzabile in quel territorio.

Né in senso contrario depone, come sostenuto dalla società ricorrente, il pronunciamento della Commissione VIA: lo stesso, lungi dall’attestare l’esigenza di una valutazione comparativa anche nella fase di competenza statale, dà atto del fatto che a livello statale ha costituito oggetto di esame il solo profilo dei possibili effetti sull’ambiente di più centrali, il solo rientrante nella competenza del Ministero dell’Ambiente.

Tale profilo tuttavia, come correttamente rimarcato dal TAR, non ha alcuna connessione con la valutazione comparativa.

5.2. Passando alla censura con cui si deduce che sarebbe stato violato il prescritto ordine della priorità temporale nell’esame delle pratiche, va considerato che quel criterio risulta nel caso di specie rispettato dall’Amministrazione, poiché risulta che la domanda di autorizzazione presentata dalla società odierna appellante è stata la prima ad approdare in Conferenza di servizi, svoltasi in data 10 ottobre 2002, ben prima, quindi, che la s.p.a. R.E. presentasse la sua istanza di autorizzazione.

Non vi è dubbio, invero, che il criterio in questione, se impone una priorità nell’esame, non prescrive anche una priorità nella definizione dell’istanza per prima presentata, il cui slittamento può dipendere anche da esigenze di carattere istruttorio, quando l’istanza, come nella specie, non risulti adeguatamente supportata dagli allegati tecnici, con la conseguente opportunità o necessità di disporre un approfondimento istruttorio.

6. Va altresì respinto il sesto motivo di gravame, con cui si deduce l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha disatteso le censure relative, da un lato, all’assunto mancato coinvolgimento della società ricorrente nel segmento procedimentale costituito dall’elaborazione dello studio comparativo sulle proposte di realizzazione di centrali termoelettriche a cogenerazione nella Piana di Gioia Tauro, dall’altro, alla contraddittorietà tra lo studio stesso e il parere reso dal nucleo di VIA regionale.

Quanto all’assunta compromissione della garanzie procedimentali, ritiene il Collegio di condividere appieno quanto osservato dal TAR allorché ha sostenuto che non sussiste un obbligo dell’amministrazione di informare l’interessato di ogni singolo passaggio del procedimento, né tanto meno di stimolare un contraddittorio prima di attendere ad una prescritta valutazione comparativa o in relazione agli esiti della stessa.

A ciò si aggiunga che la necessità del passaggio procedimentale in questione era ben conoscibile dai soggetti interessati, trattandosi di una fase imposta, come sopra osservato, dalla applicazione congiunta dell’ Accordo del 5 settembre 2002 e della deliberazione della Giunta Regionale n. 766 del 6 agosto 2002.

Parimenti, per quel che attiene alla dedotta contraddittorietà tra lo studio stesso e il parere reso dal nucleo di VIA regionale, va rimarcato che trattasi di atti a contenuto e con finalità in alcun modo sovrapponibili, il primo non essendo diretto alla sola valutazione dei profili ambientali -anzi rientranti nella competenza del’Autorità statale- ma alla complessiva valutazione comparativa delle iniziative proposte per la Piana di Gioia Tauro, in vista della formalizzazione della prescritta intesa di cui alla citata legge n. 55 del 2002.

Risulta conseguentemente infondato anche il quattordicesimo motivo di gravame, con cui si censura la sentenza impugnata laddove ha respinto la censura con cui in primo grado è stata dedotta l’assunta violazione del principio di leale collaborazione per avere la Regione Calabria mutato orientamento nel passaggio dal parere espresso dal Nucleo VIA all’avviso espresso nello studio comparativo e, a valle di quest’ultimo, con la D.G.R. n. 93 del 2004.

7. Va pure disatteso il settimo motivo di gravame, con cui si ripropone l’assunto secondo cui, nel caso dell’iniziativa della C.E., sarebbe stata eseguita una "procedura più puntigliosa’.

Si tratta, più nel dettaglio, dell’assunto per cui il Ministero dell’Ambiente, nel caso delle centrali di Rizziconi e di Scandale, ha proceduto alla riunione plenaria della Commissione VIA senza attendere il parere della Regione Calabria.

Invero, premesso che, anche in seno al procedimento riguardante il progetto della C.E., il parere della Commissione è stato reso nella riunione del 18 dicembre 2003, mentre il parere regionale è del 22 dicembre 2003, il Collegio condivide quanto ha osservato il TAR, laddove ha osservato che non v’è prescrizione normativa intesa ad imporre un ordine di tipo temporale, ad assumere rilievo essendo solo la circostanza che di tutti i prescritti avvisi espressi in seno al procedimento le Amministrazioni deputate ad esprimere gli atti conclusivi del procedimento stesso tengano debitamente conto.

8. Va respinto anche l’ottavo motivo di gravame con cui, nel contestare la scelta espressa per l’impianto di Rizziconi, si lamenta la violazione dei criteri fissati nell’ Accordo del 5 settembre 2002, in specie di quello relativo alla compatibilità con gli strumenti di pianificazione esistenti: ad avviso dell’appellante, il criterio non sarebbe stato osservato, attesa la localizzazione della centrale di Rizziconi in area agricola.

Ebbene, non vi è dubbio che quello della compatibilità con gli strumenti di pianificazione, lungi dal costituire requisito vincolativamente condizionante la scelta, è solo uno dei parametri valutativi da applicare nella prescritta comparazione, da svolgere peraltro assicurando l’applicazione di una gamma ben più articolata di criteri.

Il TAR ha correttamente richiamato tale principio, avendo rilevato che, "allorché vengono posti dei criteri di carattere generale, ciascuno di essi non diviene elemento che condiziona in modo assoluto le scelte da assumersi, proprio perché si tratta di criteri generali, da tenere presenti nel complesso e nelle reciproche combinazioni, e non di presupposti necessari".

Si consideri, peraltro, che, ai sensi dell’art. 1 del d.l. 7/2002, l’autorizzazione alla costruzione delle centrali, rilasciata all’esito di procedimento cui partecipano anche gli enti locali in sede di conferenza di servizi, implica anche variante agli strumenti urbanistici vigenti, sicché certo la compatibilità con gli strumenti di pianificazione esistenti non può costituire un fattore vincolante.

D’altra parte, nel caso di specie, in seno al procedimento per il rilascio dell’autorizzazione, il Comune di Rizziconi ha formalmente espresso parere positivo, confermando l’impegno a porre in essere quanto eventualmente necessario per disporre la variazione della destinazione dell’area.

9. Va respinto anche il nono motivo di appello, con cui si censura la sentenza gravata laddove non ha condiviso la lamentata arbitrarietà dei criteri osservati nel condurre lo studio comparativo, oltre che la contraddittorietà dei parametri indicati nella citata delibera regionale n. 766 del 2002 rispetto a quelli indicati nel pure citato Accordo del 5 settembre 2002.

Ad avviso del Collegio, la delibera regionale n. 766 del 2002, laddove come sopra rimarcato impone "un’analisi multacriteria" delle plurime proposte progettuali presentate in relazione ad una stessa area, non è affatto incoerente con quanto disposto dall’ Accordo del 5 settembre 2002.

D’altra parte, anche in appello la società ricorrente non indica gli assunti elementi di contrasto, il che induce il Collegio a confermare la declaratoria di inammissibilità pronunciata dal primo giudice con riferimento alle censure al riguardo dedotte.

10. Va parimenti confermata la declaratoria di inammissibilità pronunciata dal primo giudice con riferimento alle censure dedotte in primo grado con riguardo allo studio comparativo effettuato dal dirigente del settore energia.

Invero, da un lato si tratta di censure con cui la società ricorrente, anziché rimarcare profili di assunta illogicità o irrazionalità delle scelte amministrative compiute, indica solo taluni aspetti che a suo avviso comproverebbero i vantaggi dell’iniziativa di C.E. (è il caso dei rilievi riguardanti l’approvvigionamento idrico, la destinazione dei reflui o l’impatto delle centrali sulla qualità dell’aria); dall’altro, di censure con cui la ricorrente mira a sovrapporre la propria valutazione a quella svolta dall’Amministrazione nell’elaborare lo studio comparativo, senza tuttavia indicare elementi tali da far indurre effettivamente sussistente un qualsiasi vizio di irragionevolezza e travisamento.

11. Neppure fondato è il dodicesimo motivo di appello, con cui si deduce l’erroneità della sentenza gravata nella parte in cui, nel definire il ricorso proposto avverso gli atti del procedimento conclusosi con il decreto n. 55/01/05 del 20 maggio 2005 del Ministero delle Attività Produttive, non ha rilevato alcuna contraddittorietà tra la volontà, manifestata dalla Regione Calabria nella conferenza di servizio del 20 luglio 2004, di sospendere il procedimento avviato su istanza della C.E. in considerazione dei ricorsi pendenti avverso le autorizzazioni rilasciate alle altre società proponenti, e la deliberazione di Giunta n. 98 del 9 febbraio 2005 con cui la stessa Regione ha concluso nel senso che non avrebbe espresso l’intesa in ordine alla realizzazione della centrale di S. Ferdinando.

Invero, non pare al Collegio affatto irragionevole la conclusione cui è pervenuta l’Amministrazione nel correlare il riferimento alla pendenza dei giudizi all’esito della fase cautelare: si tratta di conclusione viceversa del tutto coerente con un’esigenza di efficacia e celerità dell’azione amministrativa.

12. Va respinto anche il tredicesimo motivo di appello, con cui si ripropone la censura, correttamente disattesa dal primo giudice, relativa alla dedotta violazione ad opera dell’Amministrazione statale degli articoli 14 ter e 14 quater della legge n. 241/90.

Ad avviso della ricorrente, invero, il Ministero delle Attività Produttive, laddove ha ravvisato nella mancata formalizzazione dell’intesa con la Regione Calabria un ostacolo insormontabile al rilascio dell’autorizzazione in favore della stessa società appellante, avrebbe violato la disciplina che della conferenza di servizi detta la legge n. 241 del 1990, come novellata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 11: il riferimento è, in specie, alle norme per le quali l’amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle "posizioni prevalenti" espresse in quella sede.

Sotto tale aspetto, va ribadito quanto già in precedenza osservato: le disposizioni della legge n. 241 del 1990 sulla conferenza di servizi non incidono sull’ambito di applicazione della legge n. 55/2002, per la quale l’intesa della Regione debba essere considerata come "un’intesa forte, nel senso che il suo mancato raggiungimento costituisce ostacolo insormontabile alla conclusione del procedimento" (Corte Cost., 13 gennaio 2004, n. 6).

13. Va parimenti respinto il quindicesimo motivo di appello, ritenendo il Collegio che nessun elemento di contraddizione sia consentito scorgere nel testo della contestata deliberazione della Giunta Regionale n. 98/2005, né tra la stessa e atti amministrativi precedentemente adottati, e richiamati nella stessa deliberazione della Giunta Regionale n. 98/2005, in specie nelle premesse.

Come ha correttamente osservato il TAR, la Regione, con la citata deliberazione n. 98 del 2005, ha inteso dare carattere di definitività al quadro delle determinazioni adottate in materia di produzione della energia elettrica: ha quindi richiamato gli atti che hanno condotto all’assetto attuale, consistenti, non solo nella deliberazione n. 766/02 e nell’Accordo dello stesso anno, ma anche nella deliberazione n. 93 del 2004, con cui è stata data l’intesa in relazione alle iniziative di Rizziconi e Scandale, e nella deliberazione con cui è stato approvato il PEAR, pertanto puntualmente richiamate nella premessa della deliberazione.

14. Infine, va respinto l’ultimo motivo di appello con cui si contesta la sentenza impugnata nella parte in cui conclude per l’inammissibilità delle censure di contraddittorietà proposte contro il diniego di intesa rispetto alla funzionefiliera svolta da C.E..

Il Collegio condivide quanto statuito dal TAR, laddove ha ritenuto l’afferenza delle censure dedotte non già alla legittimità, ma al merito di valutazioni discrezionali e tecnico – discrezionali riservate alle amministrazioni titolari di poteri nel corso del procedimento.

15. Alla stregua delle esposte ragioni, va dunque respinto il gravame, con conseguente declaratoria di improcedibilità dell’appello incidentale proposto dalla Regione Calabria.

Consegue la condanna della società appellante al pagamento delle spese processuali del secondo grado del giudizio, liquidate in complessivi 30.000 euro, di cui 10.000 in favore della Regione Calabria, 10.000 in favore della società R.E. e 10.000 in favore della società E..
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso principale n. 3036 del 2006, lo respinge.

Dichiara improcedibile il ricorso incidentale proposto dalla Regione Calabria.

Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali del secondo grado, liquidate in complessivi 30.000 euro, di cui 10.000 in favore della Regione Calabria, 10.000 in favore della società R.E. e 10.000 in favore della società E..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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