Cass. civ. Sez. I, Sent., 29-03-2011, n. 7104 Diritti politici e civili Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il sig. E.B. con ricorso alla Corte d’appello di Napoli chiedeva, ai sensi della L. n. 89 del 2001 la liquidazione dell’equa riparazione, in Euro 11.375,00, per il danno non patrimoniale derivatogli dall’eccessiva durata di un processo proposto dinanzi al TAR Campania in data 12 ottobre 2000, ancora pendente al momento della proposizione del ricorso alla Corte d’appello. Questa, con decreto depositato il 19 giugno 2007, rilevato che trattavasi di ricorso relativo a domanda di modesto valore economico e non era stata presentata istanza di prelievo, così dimostrandosi uno scarso interesse al giudizio, e tenuto conto dell’oggetto del giudizio, quantificata in tre anni e otto mesi l’eccessiva durata del processo, determinava l’indennizzo per tre anni e tre mesi di ritardo già maturatosi al momento della domanda, in Euro 3.300,00. Compensava fra le parti due terzi delle spese di causa, considerato che la parte resistente aveva contestato solo il "quantum" dovuto. Avverso tale decreto l’attrice ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri formulando otto motivi. Per l’Amministrazione intimata si è costituito il Ministero dell’Economia e delle Finanze, parte nel giudizio "a quo", con controricorso.
Motivi della decisione

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 6 della CEDU, della L. n. 89 del 2001 e della regola secondo la quale la normativa della CEDU prevale su quella nazionale. Si deduce che il decreto impugnato si porrebbe in contrasto con dette norme e detto principio nella liquidazione dell’indennizzo e delle spese.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, artt. 1 e 6 della CEDU, sempre in relazione alla insufficiente quantificazione dell’indennizzo.

Con il terzo motivo si denunciano vizi motivazionali in relazione alla quantificazione dell’indennizzo.

I motivi attengono tutti alla quantificazione dell’indennizzo e vanno decisi congiuntamente. Il primo va dichiarato inammissibile per l’inadeguatezza del quesito formulato. Il secondo e il terzo vanno rigettati perchè infondati, avendo la Corte d’appello liquidato un indennizzo in linea con i parametri stabiliti dalla CEDU. 2.1. Con il quarto motivo si lamenta la mancata concessione del "bonus" di 2000,00 Euro richiesto che si asserisce dovuto "ratione materiae". Con il quinto motivo si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. per la mancata pronuncia su detto "bonus". Con il sesto motivo si denunciano ancora violazione dell’art. 112 c.p.c. e omessa pronuncia in relazione al su detto "bonus".

I motivi vanno esaminati congiuntamente e dichiarati inammissibili, in quanto (Cass. 6 settembre 2010, n. 19064; 28 gennaio 2010, n. 1893; 28 ottobre 2009, n. 22869), nel caso in cui il giudice di merito abbia negato il riconoscimento del cosiddetto "bonus", la critica della decisione sul punto non può fondarsi sulla circostanza che il "bonus" spetta "ratione materiae", era stato richiesto e la decisione negativa non è stata motivata, ma deve avere riguardo alle concrete allegazioni ed alle prove addotte nel giudizio di merito, che non sono indicate nei motivi e quesiti formulati al riguardo.

3.1. Con il settimo motivo si denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 in relazione alla compensazione delle spese.

Con l’ottavo motivo si denunciano vizi motivazionali in relazione alla disposta compensazione delle spese.

Il settimo motivo va dichiarato inammissibile per assoluta genericità del quesito, che non fa alcun riferimento, così come il motivo, alla fattispecie ed alla "ratio decidendi" del decreto impugnato, che ha compensato le spese solo in parte, in relazione al comportamento processuale della convenuta ed al carattere necessario del processo. Parimenti inammissibile è l’ottavo motivo, deducendosi con esso la mancanza di motivazione in ordine alla parziale compensazione, mentre in effetti la motivazione è diffusamente argomentata.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida nella misura di Euro novecento/00, oltre spese prenotate e prenotande a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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