Corte di Cassazione Sezione 6 Penale, Sentenza del 6 luglio 2009, n. 27504

FATTO

Con sentenza in data 28-6-2004 il GUP del Tribunale di Milano, all’esito di giudizio abbreviato, ha dichiarato Da. Br. Co. Ig. colpevole dei reati di favoreggiamento personale e di agevolazione dell’uso di sostanze stupefacenti rispettivamente ascrittigli ai capi A) e C) della rubrica, limitatamente alla sostanza stupefacente di tipo hashish e, ritenuto assorbito nel capo A) il reato di cui al capo B), unificati i reati sub A) e C) sotto il vincolo della continuazione, lo ha condannato, con le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti contestate e la diminuente per il rito, alla pena di anni uno mesi otto di reclusione ed euro 2.000,00 di multa, con i doppi benefici di legge.

Con sentenza in data 3-5-2006 la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma di tale sentenza, ha assolto l’imputato dal reato di cui al capo A) perche’ il fatto non costituisce reato ed ha rideterminato la pena per il reato sub C) in un anno di reclusione ed euro 1.200,00 di multa, confermando nel resto la decisione di primo grado.

Il fatto contestato al capo C) riguardava il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 79, commi 2 e 3, per avere l’imputato, in qualita’ di dirigente scolastico del liceo scientifico (OMESSO), consentito o comunque tollerato che nel predetto istituto, e in particolare all’interno dei servizi igienici del secondo piano ammezzato, nonche’ nel cortile della scuola, venisse fatto abitualmente uso dagli studenti di sostanza stupefacente, nonche’ che venisse svolta attivita’ di cessione di sostanza stupefacente di tipo hashish da parte di In. St. e Pe. Ga. (tratto in arresto in flagranza di reato in data 22-5-2003 dai Carabinieri di Rho), nonche’ da parte di altri soggetti non meglio identificati, agli alunni del liceo; con l’aggravante che a tale attivita’ di spaccio partecipavano persone di eta’ minore (in (OMESSO)).

Il Da. , a mezzo del suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, dolendosi con un primo motivo della mancanza, contraddittorieta’ e illogicita’ della motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita’ del prevenuto per il reato sub C).

Deduce, in particolare, che la Corte di Appello:

– ha motivato in modo illogico e contraddittorio in ordine all’assunto difensivo inerente alla mancata segnalazione al ricorrente di fatti specifici di consumo di sostanze;

– si e’ dilungata in una elencazione acritica di una serie di elementi – del tutto neutri ai fini della prova della sussistenza del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 79 e, comunque, smentiti alle deposizioni di numerosi testimoni-, volti a dimostrare che nel liceo (OMESSO) si consumavano droghe leggere e che gli interventi del Preside non erano stati efficaci per contrastare il fenomeno;

– ha omesso di valutare la documentazione prodotta dalla difesa in data 14-4-2004, relativa a tutte le iniziative intraprese dall’imputato per combattere il fenomeno dell’uso di droghe leggere all’interno del Liceo;

– ha omesso di prendere in considerazione le deposizioni dei numerosi professori sentiti come testimoni, che avevano riferito di non essere al corrente di episodi di consumo o di cessione di hashish all’interno della scuola;

– ha posto a base del giudizio di colpevolezza le dichiarazioni dei professori Ri. , D. , Bu. , B. , Am. , A. , Ca. , senza tener conto delle parti di tali deposizioni dalle quali emergeva che i predetti testi non avevano mai assistito a specifici episodi di consumo o cessione di stupefacente nell’istituto scolastico;

– non ha tenuto conto del fatto che il dovere di sorveglianza nell’istituto scolastico, compresi i servizi igienici, compete, per legge, ai docenti nel loro orario di servizio, intervalli compresi.

Col secondo motivo il ricorrente lamenta l’erronea applicazione dell’articolo 79, Decreto del Presidente della Repubblica cit. e la mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi integrativi del reato contestato, mancando qualsiasi consapevole contributo causale, anche di natura omissiva, ad attivita’ di consumo o spaccio, e non essendovi prova che il Da. abbia tenuto una condotta finalizzata ad adibire la scuola, o alcuni locali dell’istituto scolastico, a luogo deputato per l’uso di sostanze stupefacenti.

Col terzo motivo viene dedotta la mancanza e l’illogicita’ della motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del delitto di agevolazione dell’uso di sostanze stupefacenti, il quale consiste in un consapevole comportamento circa la destinazione data all’immobile… da parte di chi ha il diritto di impedirla. La Corte di Appello non solo non ha dato conto di qualsiasi elemento che dimostrasse la volonta’ e la consapevolezza del prevenuto di tollerare l’uso di droghe leggere, ma ha trascurato tutti gli atti processuali che evidenziavano la volonta’ del Da. di combattere il fenomeno.

Col quarto motivo viene denunciata la violazione dell’articolo 191 c.p.p., in relazione all’articolo 63 c.p.p., comma 2, nonche’ la manifesta illogicita’ della motivazione, con riguardo al rigetto dell’eccezione di inutilizzabilita’ delle dichiarazioni rese dai professori Ri. e D. , trattandosi di soggetti che avrebbero dovuto essere sentiti ab initio come indagati e con l’assistenza di un difensore.

Con un ultimo motivo viene dedotto il difetto di motivazione in ordine alla commisurazione della pena, assolutamente inadeguata rispetto al fatto contestato ed alla personalita’ dell’imputato.

In prossimita’ dell’odierna udienza il difensore dell’imputato ha depositato memoria, con la quale ha insistito nel sostenere l’insussistenza degli elementi costitutivi del reato contestato.

DIRITTO

Le censure mosse dal ricorrente in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato contestato sono fondate e assorbenti.

Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 79, comma 2, nell’evidente intento di realizzare una forma di tutela anticipata della salute pubblica, colpendo comportamenti prodromici e funzionali all’uso di stupefacenti, diversi rispetto a quelli di produzione e spaccio, punisce chiunque, avendo la disponibilita’ di un immobile, di un ambiente o di un veicolo a cio’ idoneo, lo adibisce o consente che altri lo adibisca a luogo di convegno abituale di persone che ivi si diano all’uso di sostanze stupefacenti.

Tale fattispecie delittuosa si distingue da quella descritta dal primo comma dello stesso articolo (che sanziona chiunque adibisce o consente che sia adibito un locale pubblico o un circolo privato di qualsiasi specie a luogo di convegno abituale di persone che ivi si diano all’uso di sostanze stupefacenti) per la maggiore ampiezza dell’oggetto della condotta di adibizione – potendo questa riguardare genericamente un immobile, un ambiente o un veicolo – e per le caratteristiche dell’evento costituito dall’evento, che deve essere abituale, e cioe’ qualificato dalla frequenza delle riunioni in un arco temporale di una certa durata (Cass. Sez. 6, 21-2-2000 n. 3951), quando le persone ivi si diano all’uso di sostanze stupefacenti e psicotrope, caratterizzandosi per questa loro comune finalita’ (Cass. Sez. 1, 16-1-1987 n. 6569).

Accanto alla condotta positiva di adibizione, e cioe’ di destinazione di fatto dell’immobile, ambiente o veicolo a luogo di convegno abituale per l’assunzione di sostanze stupefacenti, la norma in esame, al pari di quella prevista dal primo comma, sanziona, a titolo di agevolazione dell’uso di sostanze stupefacenti, anche la condotta di chi consente che i predetti locali vengano adibiti da altri agli scopi vietati dalla legge.

Tale seconda ipotesi costituisce una fattispecie a carattere omissivo, che si realizza attraverso il mancato impedimento o la mancata eliminazione della destinazione imposta da altri a luogo di convegno di persone che ivi si diano all’uso di sostanze stupefacenti. Per la configurabilita’ del reato, pertanto, secondo la giurisprudenza, e’ sufficiente che i luoghi indicati dalla norma siano utilizzati in modo abituale, con il consenso o con un comportamento negativo di mera tolleranza da parte di chi ne abbia la disponibilita’, per il consumo delle sostanze stupefacenti (v., con riguardo al reato previsto dal primo comma: Cass. Sez. 4, 14-2-2008 n. 15167; Cass. Sez. 6, 17-3-1989 n. 13640; Cass. Sez. 1, 27-2-1987 n. 7671).

Poiche’, tuttavia, il delitto in esame e’ punito a titolo di dolo, ai fini dell’integrazione dell’elemento soggettivo, anche nella forma omissiva, e’ necessario che il soggetto agisca con la coscienza e volonta’ di agevolare, cosi’ come recita la rubrica, con la sua condotta, l’uso di sostanze stupefacenti; e, a tal fine, l’elemento rappresentativo e volitivo devono abbracciare tutti gli aspetti della fattispecie, richiedendosi che il soggetto sia conscio del fatto che il locale posto nella sua disponibilita’ e’ utilizzato da altri come sede di frequente ritrovo per il consumo di sostanze stupefacenti, e si astenga dall’intervenire nella consapevolezza dell’agevolazione che dal suo comportamento omissivo puo’ derivare a tale uso.

Nel caso di specie, la Corte di Appello si e’ preoccupata essenzialmente di porre in risalto l’intensita’ che aveva assunto all’interno dell’istituto scolastico di cui il Da. era preside il fenomeno della cessione e del consumo della droga e la mancata adozione, da parte dell’imputato, di misure idonee a contrastarlo.

Ma sono proprio gli argomenti addotti a sostegno dell’affermazione di responsabilita’ a dimostrare come, in realta’, cio’ che viene rimproverato al prevenuto e’ di avere colposamente sottovalutato i fatti (sintomatici al riguardo sono gli specifici riferimenti contenuti in sentenza, in relazione alle dichiarazioni del professore D. e dei genitori dell’allievo Berta, al comportamento di minimizzazione, da parte del preside, del problema che gli veniva prospettato) e di essere stato incapace di assumere quelle iniziative che gli competevano in forza della sua qualita’ di preside, che lo collocava in una posizione di garanzia.

Tale posizione, piu’ volte evocata in sentenza, imponeva al Da. , secondo il giudice del gravame, di organizzare, modulare e coordinare nel modo piu’ efficace le misure atte a contrastare il fenomeno che gli era stato rappresentato, essendo obbligo del dirigente scolastico quello di agire per porre in essere tutti quei comportamenti che possono impedire che all’interno della scuola, frequentata soprattutto da minori, si realizzino abitualmente episodi di cessione di sostanze stupefacenti. Al riguardo, in entrambe le sentenze di merito e’ stato rimarcato che qualunque iniziativa avrebbe determinato l’interruzione dell’attivita’ o l’avrebbe comunque significativamente contrastata, e cio’ nella prospettiva di tutela gravante sul preside: controlli del preside, del personale docente e non docente, assemblee, incontri con i genitori funzionali a dare loro le informazioni necessarie per loro interventi diretti. Ad escludere la responsabilita’ del preside Da. sarebbe stata sufficiente una qualunque iniziativa operativa nella direzione voluta dalla posizione di garanzia rivestita.

L’imputato, per converso, secondo la Corte territoriale, pur essendo stato messo al corrente dello svolgimento regolare di attivita’ illegali all’interno della scuola, non ha adottato essuna iniziativa in relazione alla specifica situazione, on ha sollecitato ne’ organizzato o raccomandato alcuna specifica sorveglianza dei locali ove si svolgeva stabilmente l’attivita’ di spaccio.

La Corte di Appello, in particolare, ha emblematicamente ricordato, nella parte finale, le parole con cui il preside ha espresso la sua posizione: l’educazione alla salute non e’ azione di polizia e’ azione educativa. I miei studenti non mi devono percepire come sceriffo, ma come persona autorevole e di riferimento, per ritenere astrattamente condivisibile tale assunto, ma per ribadire, tuttavia, che la situazione concreta e attuale che gli era stata rappresentata, i rischi per la salute corsi ogni giorno da parte di ragazzi molto giovani proprio all’interno del perimetro scolastico, la situazione di diffusa illegalita’… richiedevano l’adozione di provvedimenti e di misure e la verifica della adeguata attivita’ di controllo degli insegnanti; e che, per contro, nulla e’ stato fatto per arginare il fenomeno in atto.

E’ allora ben chiaro che le argomentazioni poste a base della decisione impugnata delineano una condotta caratterizzata in termini di colpa e, quindi, inidonea ad integrare l’elemento psicologico necessario per la realizzazione della fattispecie delittuosa addebitata.

Il comportamento passivo tenuto dall’imputato, infatti, secondo la stessa ricostruzione fattuale compiuta dai giudici di merito, costituisce espressione di una mancata presa di coscienza della effettiva gravita’ del problema e della incapacita’ di tentare di porvi rimedio, attraverso l’adozione di misure efficienti di contrasto alla diffusione della cessione e del consumo della droga all’interno dell’istituto.

In definitiva, cio’ di cui da conto la sentenza impugnata, sul piano dell’elemento soggettivo, e’ la sostanziale inefficienza dimostrata dal Da. nell’assumere iniziative idonee a far fronte alla grave situazione che gli era stata da piu’ parti rappresentata, non gia’ un deliberato astenersi dalla predisposizione di proficue forme di intervento, nella consapevole volonta’ di agevolare, con la sua inerzia, la diffusione del consumo di droga all’interno della scuola.

Di conseguenza, d’impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perche’ il fatto non costituisce reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perche’ il fatto non costituisce reato.

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