T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 11-02-2011, n. 463 Trasferimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il ricorrente, agente scelto della P.S. in servizio presso la Questura di Cremona, con ricorso depositato il 27 novembre 2007, ha impugnato la decisione di rigetto (notificata il 18 ottobre 2007) dell’istanza volta ad ottenere il proprio trasferimento presso la sede di Pescara per la necessità di fornire assistenza ad entrambi i genitori di cui è figlio unico, chiedendo al Tribunale Amministrativo Regionale di disporne l’annullamento, previa sospensione incidentale, in quanto viziato da violazione di legge ed eccesso di potere. Deduceva, in particolare, il ricorrente che l’esigenza prospettata era stata inizialmente riconosciuta dalla stessa amministrazione che, con nota del 5 settembre 2007, aveva disposto l’aggregazione del ricorrente alla Questura di Pescara sino al 10 novembre 2007, ai sensi dell’art. 7 DPR 254/1999.

Si è costituito in giudizio il MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza del 5 dicembre 2007, il Tribunale amministrativo, ha disposto che l’amministrazione riesaminasse la propria decisione.

Con motivi aggiunti depositati il 22 maggio 2008, il ricorrente ha impugnato la nota del 27 marzo 2008 n. 333.D42490 contenente la decisione di non rinnovargli l’aggregazione alla Questura di Pescara e la nota del 14 aprile 2008, con la quale gli si chiede ulteriore certificazione attestante le condizioni di salute del genitore.

Con successiva ordinanza del 5 giugno 2008, il Collegio ha accolto l’istanza cautelare di sospensione, ritenendo sussistente il fumus boni iuris.

Sul contraddittorio così istauratosi, all’udienza del 20 gennaio 2011, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva.

2. Il ricorso è fondato nei termini che seguono. Occorre, preliminarmente, esaminare le disposizioni che, in ipotesi, possono consentire il trasferimento per esigenze di assistenza ai congiunti.

2.1. In primo luogo, i requisiti che devono ricorrere per legittimare il pubblico dipendente a chiedere di essere assegnato alla sede più vicina al domicilio dell’assistito, ai sensi dell’art. 33, l. 5 febbraio 1992 n. 104, sono quello della continuità dell’assistenza al soggetto portatore di handicap e quello della sua esclusività. Con riferimento al requisito della continuità, la norma tutela situazioni di continuità assistenziale in atto al momento della domanda e non future rispetto ad essa; quanto al requisito della esclusività, quest’ultimo va inteso nel senso che solo la mancanza o l’impossibilità a sopperire alle esigenze del portatore di handicap di altri soggetti, conviventi o comunque abitanti nel comune di residenza della persona bisognosa, tenuti, in virtù di legge o di provvedimento a prestarle la necessaria assistenza, legittima il dipendente alla richiesta di trasferimento o assegnazione (T.A.R. Puglia Lecce, sez. III, 03 giugno 2010 n. 1343). Anche secondo il Consiglio di Stato, l’art. 33 comma 5, l. 5 febbraio 1992 n. 104 prima, e la l. 8 marzo 2000 n. 53 poi, tutelano le situazioni di assistenza già esistenti, la cui interruzione crei pregiudizio allo stato di fatto favorevole al portatore di handicap, con la conseguenza che le esigenze di assistenza successivamente determinatesi non sono ricomprese nella previsione legislativa, risultando ininfluente che il pubblico dipendente aspiri al trasferimento proprio al fine di poter instaurare un rapporto di assistenza continuativa (Consiglio Stato, sez. IV, 25 giugno 2010 n. 4115). In ogni caso, ai fini della fruizione del beneficio del trasferimento per prestare assistenza ad un congiunto disabile, spetta al dipendente pubblico dimostrare, mediante dichiarazioni, dati o riferimenti oggettivi, che altri parenti e affini non siano in grado o comunque non siano disponibili ad occuparsi dell’assistenza del disabile; in particolare, detta dimostrazione non può essere data mediante semplici dichiarazioni di carattere formale, attestanti impegni di vita di carattere ordinario e comune, ma necessita della produzione di dati ed elementi di carattere oggettivo, concernenti eventualmente anche stati psicofisici connotati da una certa gravità, idonei a giustificare l’indisponibilità solo nella misura in cui risultino tali da concretizzare un’effettiva esimente da vincoli di assistenza familiare, nel contemperamento delle posizioni dei soggetti interessati (Consiglio Stato, sez. IV, 21 maggio 2010, n. 3237).

2.2. Secondo il condivisibile assunto della giurisprudenza, poi, la concessione di periodi di assegnazione temporanea ex art. 7 d.P.R. n. 254 del 1999 (alla cui stregua, l’Amministrazione, valutate le esigenze di servizio, può concedere al personale che ne abbia fatto domanda, per gravissimi motivi di carattere familiare o personale adeguatamente documentati, l’assegnazione anche in sovrannumero all’organico in altra sede di servizio per un periodo non superiore a sessanta giorni, rinnovabile) non può, di per sé, determinare una situazione di assistenza continuativa e, dunque, non consente, autonomamente valutata, di ritenere sussistente il requisito soggettivo prescritto dall’art. 33 comma 5, l. n. 104 del 1992. (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 19 luglio 2006 n. 6036, secondo cui un’attività assistenziale prestata in virtù di provvedimenti di assegnazione temporanea non può, per definizione, attingere il carattere della continuità, dovendosi intendere per assistenza continua quella ininterrotta e non precaria).

2.3. Viene, da ultimo, in considerazione anche l’art. 55, comma 4, DPR 24 aprile 1982 n. 335 (recante l’ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia), alla cui stregua il trasferimento ad altra sede può essere disposto anche in soprannumero all’organico dell’ufficio o reparto per gravissime ed eccezionali situazioni personali. Si ritiene illegittimo il provvedimento di rigetto dell’istanza di trasferimento ex art. 55, d.P.R. n. 335 del 1982 non assistito da puntuale ed adeguata motivazione in violazione del disposto dell’art. 3, l. n. 241 del 1990, essendosi l’Amministrazione limitata alla generica affermazione di avere valutato gli elementi addotti a sostegno dell’istanza nonché dell’insussistenza dei presupposti per il suo accoglimento, senza indicare concrete ragioni in fatto e/o in diritto a supporto della determinazione adottata (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 09 dicembre 2009, n. 12624)

2.4. Tanto premesso, avuto riguardo ai presupposti dei titoli giuridici passati in rassegna, il comportamento dell’amministrazione appare, nel caso di specie, irrimediabilmente affetto da vizio di motivazione, essendosi l’Amministrazione limitata alla generica affermazione di avere valutato gli elementi addotti a sostegno dell’istanza nonché dell’insussistenza dei presupposti per il suo accoglimento, senza indicare concrete ragioni in fatto e/o in diritto a supporto della determinazione adottata. Ne consegue, inoltre, il correlato vizio di insufficienza dell’istruttoria (con riferimento alla mancata valutazione da parte dell’Amministrazione di tutti gli elementi di fatto allegati all’istanza).

Come già rilevato in sede cautelare il provvedimento impugnato, infatti, non motiva il suo diniego in relazione alla mancanza dei requisiti della continuità dell’assistenza al soggetto portatore di handicap e della sua esclusività e neppure ha adeguatamente valutato la documentazione prodotta dall’interessato a sostegno della domanda di proroga dell’aggregazione presso la Questura di Pescara. Da quest’ultima risulta, in particolare, che il padre del ricorrente, sig. T.B., per le sue precarie condizioni di salute (doc. 4, 5, 6, 7 all. ricorrente: vedi, in particolare, i certificati dell’Ospedale civile dello Spirito Santo, reparto di oncologia del 29 settembre 2007 e 12 febbraio 2008), non è in grado di prestare autonomamente assistenza al coniuge, persona con handicap in situazione di gravità (perché affetta da tumore ed altre malattie degenerative che ne hanno fortemente compromesso l’autonomia personale: cfr. referto della Commissione medica ASL di Pescata in atti con cui è espresso il giudizio di Persona handicappata in condizione di gravità: l. 104/02 art. 3, comma III); documentazione da cui sembrerebbe ampiamente integrato il requisito della assistenza esclusiva, prestata dal ricorrente alla madre inabile, richiesto per la fruizione dell’invocato beneficio.

3. Le spese di lite seguono la soccombenza come di norma.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

ACCOGLIE il ricorso con i connessi motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla i provvedimenti indicati in epigrafe;

CONDANNA l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite in favore del ricorrente che si liquida in Euro 1.100,00, oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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