Corte Costituzionale, Sentenza n. 217 del 2012, In tema di concessioni di incentivi alle imprese e di impiego pubblico regionale nelle Regione Friuli Venezia-Giulia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 37 del 19-9-2012

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale degli articoli 2,
commi 55, 70, 85, 88, 91 e 106, 7, comma 51, 10, commi 25, 85 e 86,
12, commi 26, 28, 32, 33 e 38, e 13, comma 25 della legge della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 11 agosto 2011, n. 11
(Assestamento del bilancio 2011 e del bilancio pluriennale per gli
anni 2011-2013 ai sensi dell’articolo 34 della legge regionale n.
21/2007) promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con
ricorso notificato il 24-27 ottobre 2011, depositato in cancelleria
il 31 ottobre 2011 ed iscritto al n. 128 del registro ricorsi 2011.
Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia;
udito nell’udienza pubblica del 3 luglio 2012 il Giudice relatore
Mario Rosario Morelli;
udito l’avvocato dello Stato Alessandro Maddalo per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giandomenico Falcon per la
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso spedito per la notificazione il 24 ottobre 2011,
notificato il successivo 27 ottobre 2011 e depositato il 31 ottobre,
il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, ha proposto questione di
legittimita’ costituzionale di numerose disposizioni della legge
della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 11 agosto 2011, n. 11
(Assestamento del bilancio 2011 e del bilancio pluriennale per gli
anni 2011-2013 ai sensi dell’articolo 34 della legge regionale n. 21
del 2007) e, segnatamente, dell’articolo 2 commi 55, 70, 85, 88, 91 e
106; dell’articolo 7, comma 51; dell’articolo 10, commi 25, 85 e 86;
dell’articolo 12, commi 26, 28, 32, 33 e 38; dell’articolo 13, comma
25.
1.1.- Quanto all’art. 2, comma 55 – che prevede la concessione di
un contributo alla societa’ Udine e Gorizia Fiere S.p.a. a sollievo
degli oneri necessari per la realizzazione di progetti espositivi da
realizzarsi presso i quartieri fieristici di Udine e Gorizia – esso
introdurrebbe, secondo il ricorrente, una misura "di tipo selettivo",
in quanto destinata soltanto alla anzidetta societa’, cosi’ da
richiedere, ai sensi dell’art. 108 del Trattato sul funzionamento
dell’Unione europea (TFUE), la notificazione alla Commissione
europea, che il legislatore regionale non ha previsto, cosi’ da
violare l’articolo 117, primo comma, della Costituzione, per il
mancato rispetto dei vincoli comunitari e internazionali. Inoltre, la
disposizione introdurrebbe un trattamento favorevole nei confronti
della societa’ Udine e Gorizia Fiere S.p.a., che «si traduce in un
pregiudizio per la concorrenza con gli altri soggetti economici che
operano nello stesso mercato», con conseguente violazione anche
dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., avendo il
legislatore regionale invaso la competenza esclusiva dello Stato in
materia di tutela della concorrenza.
1.2.- Quanto all’art. 2, comma 70 – che concede, a sostegno dei
rivenditori di generi di monopolio, contributi per la
ristrutturazione, l’arredo e la dotazione di sistemi di sicurezza,
nonche’ per l’avvio di nuove attivita’ commerciali per quelli cessati
dall’attivita’; la promozione di attivita’ di ricerca di nuova
occupazione e di reinserimento professionale; la creazione di borse
di studio per la frequenza di corsi di qualificazione e
riqualificazione – esso darebbe luogo ad un’ipotesi di aiuto di
Stato, e con specifico riguardo al contributo per il reinserimento
professionale, si «configura anche un aiuto al funzionamento». In tal
modo, il legislatore regionale, esorbitando dalla propria competenza,
si sarebbe posto in contrasto con la normativa comunitaria in materia
di aiuti di Stato (Regolamento CE di esenzione n. 800/2008, della
Commissione delle Comunita’ europee del 6 agosto 2008, Commissione
delle Comunita’ europee, Regolamento CE de minimis n. 1998/2006 della
Commissione delle Comunita’ europee del 15 dicembre 2006) ed avrebbe
violato l’art. 117, primo comma, Cost.
1.3.- Quanto all’art. 2, comma 85 – che incentiva la creazione di
nuove imprese da parte delle donne nei settori artigianato,
commercio, turismo e servizi, tramite la concessione di contributi in
conto capitale a parziale copertura dei costi per la realizzazione
degli investimenti, nonche’ delle spese di costituzione e primo
impianto – anche esso, per il ricorrente, eccederebbe la competenza
regionale e, ponendosi in contrasto con la normativa comunitaria in
materia di aiuti di Stato (Regolamento di esenzione 800/2008 e
Regolamento de minimis 1998/2006), avrebbe leso l’art. 117, primo
comma, Cost.
1.4.- Quanto all’art. 2, comma 88 – che contempla la concessione
di un finanziamento alla ASDI denominata "Distretto del Mobile
Livenza Societa’ Consortile a r.l." ed all’"Agenzia per lo sviluppo
del distretto industriale della Sedia S.p.a. Consortile" per progetti
di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale, innovazione del
prodotto e del processo, per l’internazionalizzazione e lo sviluppo
delle reti distributive, nonche’ per il sostegno dello sviluppo di
contratti di rete di imprese ed altre forme di aggregazione
finalizzate alla promozione del prodotto – se ne denuncia la natura
di misura di tipo selettivo in favore di societa’ consortili a
capitale misto pubblico e privato, in quanto destinate solo ad
imprese di uno specifico settore. Di qui, la necessita’ di
notificazione alla Commissione europea ai sensi dell’articolo 108
TFUE; obbligo che sussisterebbe «anche qualora le predette misure
possano essere ricondotte, come sembra rilevarsi dalla lettura della
norma, agli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il
salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficolta’ (GUCE
n. 244 del 1° ottobre 2004, Comunicazione della Commissione.
Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la
ristrutturazione di imprese in difficolta’)». Con la conseguenza che
la Regione, per un verso, avrebbe violato l’art. 117, primo comma,
Cost., mancando di prevedere l’anzidetta notificazione e, per altro
verso, avrebbe invaso la competenza statale esclusiva in materia di
tutela della concorrenza, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera
e), Cost.
1.5.- Quanto all’art. 2, comma 91, anche il finanziamento – con
esso introdotto, ad integrazione del fondo rischi di Confidimprese
FVG e di Confidi Friuli, per sostenere il rafforzamento, il
consolidamento ed il sostegno finanziario delle imprese – si
risolverebbe in misure di tipo selettivo, giacche’ destinate solo ad
imprese di un specifico settore, da notificarsi, quindi, alla
Commissione europea ex art. 108 TFUE. Sicche’, la Regione, per un
verso, avrebbe violato l’art. 117, primo comma, Cost., omettendo di
prevedere l’anzidetta notificazione e, per altro verso, avrebbe
invaso la competenza statale esclusiva in materia di tutela della
concorrenza, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
1.6.- Quanto, all’art. 2, comma 106 – che dispone la concessione
di un contributo al Consorzio per lo sviluppo Industriale della zona
dell’Aussa Corno a sollievo degli oneri sostenuti per l’esercizio
della facolta’ di riacquisto della proprieta’ di aree cedute –
parimenti selettive sarebbero le misure in esso previste, da
notificarsi, pertanto, alla predetta Commissione, ex art. 108 TFUE.
Anche in questo caso, dunque, la Regione avrebbe violato l’art. 117,
primo comma, Cost., mancando di prevedere l’anzidetta notificazione.
1.7.- Quanto all’art. 7, comma 51, esso stabilisce che per i
contratti di lavoro autonomo, di natura coordinata e continuativa,
stipulati per le esigenze didattiche e divulgative svolte dalla
scuola dei corsi e dei merletti di Gorizia, non trovano applicazione
le disposizioni recate «dall’art. 12, comma 13» (recte: 30), nonche’
le riduzioni di spesa di cui «all’art. 12 comma 30» (recte: 13),
della legge regionale n. 22 del 2010.
Secondo il ricorrente, il mancato rispetto delle richiamate
disposizioni determinerebbe la violazione degli articoli 6 e 9 del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e di competitivita’ economica), «che
costituiscono principi generali ai quali le Regioni si devono
adeguare ai fini del rispetto della normativa in materia di
contenimento della spesa delle pubbliche amministrazioni»; con
l’ulteriore conseguenza che la denunciata disposizione dell’art. 7,
comma 51, contrasta con l’art. 117, terzo comma, Cost., che include
la materia del coordinamento della finanza pubblica fra quelle di
legislazione concorrente.
1.8.- Quanto all’art. 10, comma 25 – il quale prevede che, ai
fini dell’applicazione delle deroghe al regime assunzionale di cui al
comma 29 dell’articolo 12 della legge della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia, 30 dicembre 2008, n. 17 (Disposizioni per la
formazione del bilancio pluriennale ed annuale della Regione – Legge
finanziaria 2009), per il calcolo del rapporto fra dipendenti in
servizio e popolazione residente di cui alla lettera b), non vengono
conteggiati i dipendenti collocati in aspettativa retribuita per
almeno sei mesi continuativi nel corso dell’esercizio finanziario di
riferimento – sostiene il ricorrente che esso altererebbe «il
corretto modo di determinare il rapporto spesa corrente/spesa per il
personale che rileva ai fini dell’osservanza delle norme statali che,
in funzione del coordinamento della finanza pubblica, hanno fissato
limiti alle assunzioni e alla spesa complessiva per il personale» (ai
sensi dell’art. 76, comma 7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.
112, recante "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitivita’, la stabilizzazione della finanza
pubblica e la perequazione finanziaria", modificato dalla legge di
conversione 6 agosto 2008, n. 133 e oggetto di successive
modificazioni).
Anche in tale ipotesi, la disposizione denunciata violerebbe i
principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza
pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
1.9.- Quanto all’art. 10, comma 85, che stabilisce
l’inquadramento del personale appartenente alla categoria PLA3 e PLA4
nella categoria superiore PLB; all’art. 10, comma 86 (sostitutivo
dell’art. 26, comma 5, della legge della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia 29 aprile 2009, n. 9, recante «Disposizioni in
materia di politiche di sicurezza e ordinamento della polizia
locale»), che prevede l’inquadramento del personale appartenente alla
polizia locale, gia’ inquadrato nella ex sesta qualifica funzionale,
nella categoria superiore PLB; e all’art. 12, comma 26, per cui il
personale del ruolo regionale che svolge incarichi dirigenziali a
tempo determinato, di cui all’articolo 10 commi 6, 7, 8, e 9 della
legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 23 luglio 2009, n.
12 (Assestamento del bilancio 2009 e del bilancio pluriennale per gli
anni 2009-2011), e’ inquadrato nel ruolo unico dei dirigenti
regionali con incarico a tempo indeterminato, il ricorrente osserva
che dette disposizioni, ancorche’ riconducibili ad esercizio della
competenza legislativa regionale in materia di organizzazione
amministrativa regionale, contrasterebbero, comunque, con i principi
di uguaglianza, imparzialita’ e buon andamento della pubblica
amministrazione (artt. 3 e 97 Cost.). Darebbero, infatti luogo ad
«assunzioni totalmente riservate, in palese contrasto con le
disposizioni in materia di accesso ai pubblici uffici, anche alla
luce della costante giurisprudenza costituzionale, secondo la quale
"l’area delle eccezioni" alla regola del pubblico concorso deve
essere "delimitata in modo rigoroso" (cfr., da ultimo, sentenza n. 9
del 2010)».
Per di piu’ l’art. 10, comma 85, determinando anche un incremento
del salario accessorio, si porrebbe in contrasto con la previsione
del contenimento della spesa tramite il tetto massimo per il
trattamento economico complessivo, stabilita dall’art. 9 del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e di competitivita’ economica),
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010. Dal che’
l’ulteriore violazione dei principi fondamentali ex art. 117, terzo
comma, Cost., in materia di coordinamento della finanza pubblica.
1.10.- Quanto all’articolo 12, comma 28 – che, integrando il
disposto dell’art. 13, comma 18, della legge della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia 30 dicembre 2009, n. 24 (Disposizioni per la
formazione del bilancio pluriennale e annuale della Regione – Legge
finanziaria 2010), come modificato dall’articolo 8, comma 1, della
legge reg. n. 11 del 2011, estende la disciplina concernente i
processi di stabilizzazione di personale con contratto di lavoro a
tempo determinato al personale che ha stipulato il contratto di
lavoro a termine alla data del 31 dicembre 2008, purche’ in servizio
alla data di entrata in vigore della legge in esame – esso
vulnererebbe l’art. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165
(Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche) e successive modificazioni ed
integrazioni, in base al quale le assunzioni a tempo determinato
possono avvenire esclusivamente per rispondere ad esigenze temporanee
ed eccezionali e non come normale programmazione delle assunzioni. Di
qui, la conseguente violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera
l), Cost., che attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in
materia di ordinamento civile e, quindi, sui rapporti di diritto
privato, nonche’ dell’art. 117, terzo comma, Cost., sulla competenza
concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica,
giacche’ «non si fa cenno alla necessita’ di assicurare il rispetto
della disciplina statale di principio sul contenimento della spesa di
personale» (art. 76, comma 7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.
112, recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitivita’, la stabilizzazione della finanza
pubblica e la perequazione finanziaria», modificato dalla legge di
conversione 6 agosto 2008, n. 133 e oggetto di successive
modificazioni).
1.11.- Quanto all’art. 12, comma 32 – che quantifica e
attribuisce in base alla legge aumenti tabellari e indennita’,
prescindendo da quanto stabilito nel Titolo III del d.lgs. n. 165 del
2001, sulla contrattazione collettiva e rappresentanza sindacale, il
quale obbliga al rispetto della normativa contrattuale e delle
procedure da seguire in sede di contrattazione – esso contrasterebbe
con le disposizioni del citato Titolo III del d.lgs. n. 165 del 2001,
con conseguente violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost., che riserva l’ordinamento civile e, quindi, i rapporti di
diritto privato, alla competenza esclusiva dello Stato.
Inoltre, la medesima disposizione denunciata lederebbe i principi
di uguaglianza, buon andamento e imparzialita’ della pubblica
amministrazione, di cui agli artt. 3 e 97 Cost., giacche’ al
personale delle Regione ivi indicato verrebbe attribuito un
trattamento diverso rispetto al personale del medesimo comparto.
1.12.- Quanto all’art. 12, comma 33 – che stabilisce che
l’indennita’ di pronto intervento di cui all’articolo 4, lettera e),
del Contratto Integrativo di ente 1998-2001, del personale regionale,
area non dirigenziale, documento stralcio sottoscritto in data 15
maggio 2003, spettante al personale previamente individuato dal
direttore centrale della protezione civile e immediatamente
disponibile per il servizio di pronto intervento e’ rideterminata,
con decorrenza dal primo giorno del mese successivo alla data di
entrata in vigore della legge, in 90 euro mensili lordi da
corrispondere per 12 mensilita’, con imputazione al Fondo regionale
per la protezione civile di cui all’articolo 33 della legge della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 31 dicembre 1986, n. 64
(Organizzazione delle strutture ed interventi di competenza regionale
in materia di protezione civile) – esso contrasterebbe con la
disposizione contenuta nell’art. 9, comma 1, del decreto-legge n. 78
del 2010, secondo la quale per gli anni 2011, 2012 e 2013 il
trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di
qualifica dirigenziale, non puo’ superare il trattamento
ordinariamente spettante per l’anno 2010, al netto degli effetti
derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi
incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati. Di qui,
l’ipotizzata lesione dei principi fondamentali della vigente
normativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica,
cui la Regione e’ tenuta ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.
1.13.- Quanto ancora all’art. 12, comma 38 – che modifica l’art.
10 della legge reg. n. 12 del 2009, introducendo il comma 4-ter, in
forza del quale il direttore centrale della direzione centrale
salute, integrazione sociosanitaria e politiche sociali, e’ nominato
dal Presidente della Regione, esclusivamente tra i soggetti inseriti
nell’elenco di cui al comma 4-quater, senza la necessita’ di
effettuare valutazioni comparative – esso, nell’escludere
espressamente che la nomina del direttore centrale abbia luogo sulla
base di valutazioni comparative, lederebbe i principi di buon
andamento e imparzialita’ della pubblica amministrazione, di cui agli
artt. 3 e 97 Cost.
1.14.- Quanto, infine, all’art. 13, comma 25 – che modifica la
legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 15 ottobre 2009,
n. 17 (Disciplina delle concessioni e conferimento di funzioni in
materia di demanio idrico regionale), recando norme (artt. 4, 4-bis e
4-ter) in materia di sdemanializzazione di beni del demanio idrico
regionale, previo accertamento di cessata funzionalita’ idraulica,
con acquisizione degli stessi al patrimonio disponibile della Regione
e consentendone l’alienazione a soggetti privati – esso
contrasterebbe con la vigente normativa statale in tema di demanio
asservito alla funzionalita’ del servizio idrico integrato, recata
dall’art. 143 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in
materia ambientale), in forza della quale: «Gli acquedotti, le
fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture
idriche di proprieta’ pubblica, fino al punto di consegna e/o
misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e
seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei
limiti stabiliti dalla legge».
Piu’ in particolare, la prevista condizione per cui i beni
potrebbero essere sdemanializzati solo in presenza dell’accertata
cessazione della «funzionalita’ idraulica», verrebbe a ledere la
anzidetta norma statale, «nella misura in cui la verifica di
cessazione della funzionalita’, demandata ad una autonoma valutazione
degli uffici regionali, consentisse la cessione della proprieta’ di
beni comunque asserviti al servizio idrico integrato». Osserva,
infatti, il ricorrente che «non risulta codificato nella disciplina
statale il concetto di "funzionalita’ idraulica" richiamato dalla
norma regionale».
Ad avviso della difesa erariale, la disposizione denunciata
mancherebbe pure di rispettare le regole comunitarie e nazionali
sulle procedure a evidenza pubblica, introducendo «un criterio
arbitrario di sottrazione al principio dell’alienazione mediante gara
pubblica, stabilendo una soglia di 5000 mq. al di sotto della quale
la cessione puo’ avvenire in forma diretta, con grave pregiudizio per
le esigenze di tutela della concorrenza», con conseguente vulnus
all’art. 117, secondo comma, lettera e) ed s), Cost., nelle materie,
di competenza esclusiva statale, di tutela della concorrenza e di
tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.
2.- Si e’ costituita in giudizio la Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia, in persona del presidente della Giunta,
chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile o infondato
«per le ragioni che verranno illustrate in separata memoria».
3.- Con successiva memoria la Regione ha argomentato per
l’inammissibilita’ o l’infondatezza della questione relativa al solo
art. 12, comma 26, della legge impugnata, rinviando ad ulteriore atto
difensivo le difese sulle altre sue norme denunciate.
La difesa regionale sostiene che la norma censurata, frutto di
una recente evoluzione dell’assetto del Servizio sanitario della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, rappresenti una legittima e
giustificata deroga al principio del pubblico concorso.
3.1.- A tal fine, si osserva nella memoria che, sino alla legge
regionale n. 12 del 2009, la Direzione centrale salute svolgeva le
funzioni di competenza, tra cui quelle di pianificazione, indirizzo,
coordinamento e verifica, avvalendosi della Agenzia regionale della
sanita’ (ARS) e del Centro servizi condivisi (CSC), entrambi enti
autonomi, le funzioni dei quali erano disciplinate, rispettivamente,
dagli artt. 3 della legge regionale 5 settembre 1995, n. 37
(Istituzione, compiti ed assetto organizzativo dell’Agenzia regionale
della sanita’ ed altre norme in materia sanitaria) e 18 della legge
regionale 21 luglio del 2004, n. 20 (Riordino normativo dell’anno
2004 per il settore dei servizi sociali).
L’art. 10 della citata legge regionale n. 12 del 2009, innovando
tale assetto, ha rafforzato i poteri dell’Amministrazione regionale
nella gestione del Servizio sanitario (SSR) con l’istituzione di una
apposita direzione (Direzione centrale salute, integrazione
sociosanitaria e politiche sociali) dotata di speciali poteri di
autonomia, con contestuale soppressione di detti enti (ARS e CSC),
cosi’ addivenendo ad una semplificazione delle strutture centrali,
con riduzione di costi, ed implementando l’importanza dei processi
decisionali facenti capo alla neo istituita Direzione centrale, ivi
concentrando tutte le funzioni di indirizzo e governo del SSR.
I commi 6, 7, 8 e 9 dell’art. 10, richiamati dal censurato art.
12, comma 26, della legge n. 11 del 2011, hanno disciplinato, quindi,
il conferimento degli incarichi dirigenziali.
3.2.- Una volta approvato il citato art. 10 – si evidenzia ancora
nella memoria – la Regione ha immediatamente avviato il percorso di
riforma delineato da detta norma, definendo altresi’ (con delibera di
Giunta n. 2445 del 5 novembre 2009) l’organizzazione interna della
nuova Direzione, le cui funzioni sono state precisate con delibera di
Giunta n. 1860 del 24 settembre 2010; si e’, quindi, provveduto ad
avviare il processo di conferimento degli incarichi dirigenziali,
stabiliti nel numero massimo di cinque, ai sensi dei commi 6-9
dell’art. 10 della legge regionale n. 12 del 2009.
Sicche’, alla citata delibera n. 2445/2009 e’ seguito il decreto
del Direttore centrale n. 1091 del 16 novembre 2009 che ha definito
l’organizzazione interna ed il funzionamento della Direzione
centrale, ponendosi il Servizio affari generali e legali (artt. 5 e 7
del decreto) alle dirette dipendenze del Direttore.
Con successivo decreto n. 1216 del 27 novembre 2009 e’ stato
avviato il procedimento per il conferimento di tre incarichi
dirigenziali ai sensi dei commi 6-9 del citato art. 10 e, tra questi,
quello, vacante, di direttore del Servizio affari generali e legali,
dandosi atto della "complessita’ gestionale della nuova Direzione" e
della conseguente necessita’ di "acquisire l’apporto di
professionalita’ in possesso di adeguati requisiti di riconosciuta
esperienza e capacita’ professionale", cio’ tramite "previa
valutazione di curricula professionali operata da una commissione di
tre componenti presieduta dal direttore centrale", che nomina gli
altri componenti. Lo stesso decreto n. 1216 del 2009 ha individuato i
requisiti professionali funzionali al conferimento dell’incarico,
approvando l’"avviso di selezione" e disponendone la sua
pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione, ove veniva
effettivamente pubblicato nel n. 49 del 9 dicembre 2009. Con decreto
n. 1303 del 23 dicembre 2009 sono state costituite le commissioni per
il conferimento degli incarichi dirigenziali e, quanto al Servizio
affari generali e legali, la commissione ha valutato i curricula dei
tre candidati che avevano presentato istanza, indicando infine il
vincitore, al quale l’incarico e’ stato, quindi, conferito con
decreto n. 1306 del 28 dicembre 2009.
Analoga procedura, avviata con decreto del Direttore centrale n.
1017 dell’8 ottobre 2010, ha portato al conferimento dell’incarico,
dirigenziale, di direttore di staff, competenza giuridica,
amministrativa, contabile, rapporti istituzionali, previsto dagli
artt. 16 e 22 del decreto del Presidente della Regione n. 277 del 27
agosto 2004. In tal caso, la commissione, appositamente costituita
con decreto n. 1130 del 4 novembre 2010, ha esaminato le posizioni di
cinque candidati, dapprima selezionando due candidati e, poi,
individuando il soggetto idoneo, al quale e’ stato conferito
l’incarico con decreto n. 1179 del 12 novembre 2010.
3.3.- In siffatto contesto, e dopo la positiva conclusione del
semestre di prova per gli anzidetti nominati direttori, la Regione
ha, pertanto, adottato la norma impugnata, che espressamente provvede
alla collocazione ex lege, a tempo indeterminato, nel ruolo unico dei
dirigenti regionali, del personale del ruolo regionale che svolge
incarichi dirigenziali di cui all’art. 10, commi da 6 a 9, della
legge regionale n. 12 del 2009, "poiche’ e’ in possesso di
particolare e comprovata qualificazione professionale, a decorrere
dall’1 agosto 2011" e cio’ "in via eccezionale, per le necessita’
funzionali e organizzative del nuovo sistema di governo del Servizio
sanitario regionale".
La difesa regionale osserva, dunque, che "si trattava delle due
persone alle quali erano stati conferiti gli incarichi dirigenziali
con i procedimenti sopra illustrati", giacche’ il censurato art. 12,
comma 26, ha tenuto conto della particolare situazione della
Direzione centrale salute, delle "particolari competenze richieste
per quegli incarichi e della specializzazione ed esperienza possedute
dai due soggetti in questione".
Circostanze, queste, unitamente a quella del conferimento
dell’incarico dirigenziale mediante procedura comparativa pubblica,
che giustificherebbero la deroga al principio del pubblico concorso,
considerato altresi’ che i precedenti della giurisprudenza
costituzionale richiamati dal ricorrente (e su cui la memoria si
sofferma) non sarebbero pertinenti rispetto alla fattispecie in
esame.
3.4.- Cio’ premesso, la Regione resistente eccepisce
l’inammissibilita’ della questione, giacche’ la censura sarebbe
formulata in ragione dell’esistenza di un "inquadramento riservato",
mentre l’art. 12, comma 26, denunciato richiama espressamente le
"necessita’ funzionali e organizzative del nuovo sistema di governo
del Servizio sanitario regionale", quali specifiche e complesse
valutazioni delle quali il ricorso non tiene assolutamente conto,
omettendo qualsivoglia argomentazione in ordine alla supposta
irragionevolezza della disposizione impugnata.
3.5.- In ogni caso, la questione – ad avviso della difesa
regionale – sarebbe infondata, posto che la norma censurata,
diversamente dalle altre disposizioni in materia di concorsi
pubblici, scrutinate e dichiarate illegittime da questa Corte,
provvede espressamente a declinare la sua ragione nelle, gia’
richiamate, necessita’ funzionali e organizzative del sistema di
neo-istituzione, con il fine di consolidare specifiche esperienze
professionali "maturate all’interno della Direzione" e in riferimento
a personale gia’ di ruolo svolgente incarichi dirigenziali in quanto
"in possesso di particolare e comprovata qualificazione
professionale".
Tale valutazione legislativa, sebbene non insindacabile, non
potrebbe essere censurata nel merito specifico, potendo solo
valutarsi se supera i confini esterni della ragionevolezza, quale
aspetto nemmeno censurato con il ricorso e che, peraltro, non
sussisterebbe. Difatti, la nuova Direzione ha poteri di coordinamento
ed indirizzo del SSR e cioe’ del settore piu’ complesso e che assorbe
le maggiori risorse regionali, cosi’ da soddisfare il requisito,
richiesto dalla giurisprudenza costituzionale, della "peculiarita’
delle funzioni".
I beneficiari della deroga al principio del pubblico concorso
svolgevano gia’ gli incarichi dirigenziali in questione, maturando un
esperienza specifica ed esclusiva, cosi’ da rendere effettiva la
possibilita’ del consolidamento di specifiche esperienze
professionali maturate all’interno dell’amministrazione e non
acquisibili all’esterno, cui fanno riferimento talune pronunce di
questa Corte (sentenze n. 150 del 2010 e n. 239 del 2009) come
giustificazioni della deroga anzidetta (siccome prevista dall’art.
97, terzo comma, Cost.), tanto piu’ che, nella specie, si tratta di
funzionari gia’ dipendenti della Regione dal settembre 1998 e i cui
incarichi dirigenziali sono stati conferiti a seguito di procedura
comparativa pubblica.
4.- Con ulteriore memoria successivamente depositata, la Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia ha svolto le proprie difese in
riferimento alle restanti questioni.
4.1.- Quanto all’art. 2, comma 55, si deduce la cessazione della
materia del contendere, in quanto modificato dall’articolo 3, comma
24, della legge regionale 29 dicembre 2011, n. 18 (Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione. Legge
finanziaria 2012).
4.2.- Quanto all’art. 2, comma 70, si sostiene che la censura non
potrebbe che riferirsi solo alla lettera a) e non gia’ alla lettera
b), con la conseguenza di palesarsi generica ed indeterminata e,
quindi, inammissibile, posto che non viene specificato in cosa
consisterebbe la violazione con la normativa comunitaria evocata e
quali disposizioni di essa sarebbero lese.
In ogni caso, la questione sarebbe infondata, posto che la
prevista autorizzazione alla Amministrazione regionale a predisporre
azioni a sostegno "dell’attivita’ dei rivenditori di generi di
monopolio, operanti nelle aree gia’ soggette a regime di zona
franca", tramite la concessione di appositi contributi, deve avvenire
"nell’osservanza delle condizioni e dei limiti della normativa
comunitaria" (art. 17-bis, comma 1), cosicche’ sarebbe la stessa
norma denunciata a farsi carico dell’esigenza del rispetto della
normativa di matrice comunitaria.
4.3.- Quanto all’art. 2, comma 85, la censura, alla stessa
stregua della precedente, sarebbe generica ed indeterminata e,
pertanto, inammissibile.
Peraltro, essa sarebbe anche infondata. Infatti, posto che la
Regione ha potesta’ legislativa in materia di sostegno alle attivita’
produttive, in base all’articolo 4 dello statuto di autonomia, la
censura statale ometterebbe di considerare la disposizione appena
successiva a quella impugnata, il comma 86, che rinvia ad apposito
regolamento la fissazione di "criteri" e "modalita’" per la
"concessione dei contributi di cui al comma 85", precisando che cio’
deve avvenire "nel rispetto della normativa comunitaria concernente
gli aiuti di Stato". Inoltre, lo stesso comma 86 ha cura di precisare
che l’importo massimo del contributo erogabile deve essere compreso
tra 2.500 e 30.000 euro, cosi’ da rispettare l’art. 3, comma 2,
Regolamento CE n. 1998/2006 (relativo all’applicazione degli articoli
87 e 88 del trattato agli aiuti di importanza minore), che fissa
l’importo complessivo degli aiuti de minimis concessi alla stessa
impresa nel limite massimo di euro 20.000 nell’arco di tre esercizi
finanziari. Ove, quindi, tali limiti dovessero essere superati dal
regolamento anzidetto, sara’ quest’ultimo ad essere illegittimo per
violazione della normativa comunitaria e della potesta’ primaria
regionale.
4.4.- Quanto all’art. 2, comma 91, la difesa regionale esclude
che la disposizione sia volta a disciplinare la concorrenza,
occupandosi soltanto di sostegno delle attivita’ produttive,
nell’ambito della competenza primaria di cui all’art. 4 dello
statuto. Del resto, si osserva che non sussisterebbe una specifica
riserva di materia statale della "tutela della concorrenza"
nell’ambito delle competenze statutarie, venendosi altrimenti ad
applicare in malam partem il Titolo V nei confronti della Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia, essendo cio’ escluso dall’articolo 10
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V della parte seconda della Costituzione), mentre le norme statali
nella materia predetta dovrebbero operare come limiti propri della
potesta’ primaria regionale e cioe’ come riforme economico-sociali o
come principi dell’ordinamento giuridico. In tale prospettiva, la
denuncia statale di violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera
e), Cost. sarebbe anche inammissibile.
In riferimento poi al profilo di censura che investe la asserita
violazione della normativa comunitaria, se ne eccepisce la non
fondatezza, giacche’ il successivo comma 92 renderebbe palese che i
finanziamenti sono destinati ad operare in regime di aiuti de
minimis, la’ dove tale circostanza sarebbe confermata dall’allegato 3
alla legge regionale n. 11 del 2011, che reca uno schema di
regolamento dal quale si evince che il rispetto della normativa di
cui al Regolamento CE n. 1998/2006 risulti "elemento imprescindibile
nell’erogazione degli aiuti".
4.5.- Quanto all’art. 2, commi 88 e 106, si deduce la cessazione
della materia del contendere.
Il comma 88 e’ stato abrogato dall’articolo 14, comma 5, della
legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 27 febbraio 2012,
n. 2 (Norme in materia di agevolazione dell’accesso al credito delle
imprese); mentre il comma 106 "e’ in corso di abrogazione". Entrambe
le disposizioni non avrebbero ricevuto concreta attuazione.
4.6.- Quanto all’art. 10, comma 25, la Regione, nell’ottica
dell’infondatezza della questione, osserva, anzitutto, che il comma
29 dell’art. 12 della legge regionale n. 17 del 2008, cui rinvia la
disposizione impugnata, reca norma in materia di coordinamento della
finanza pubblica per gli enti locali della Regione. Cio’ premesso, si
sostiene che le norme interposte evocate dallo Stato non sarebbero
pertinenti, posto che l’art. 9, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010,
riguarda un limite al "trattamento economico complessivo dei singoli
dipendenti", la’ dove non e’ questo l’oggetto disciplinato dall’art.
10, comma 25; mentre l’art. 76, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008,
che pone limiti alle assunzioni a seconda dell’incidenza delle spese
del personale rispetto alle spese correnti, non potrebbe vincolare la
potesta’ regionale e, comunque, la norma censurata non atterrebbe sul
calcolo di quel rapporto.
Argomenta la difesa regionale che l’art. 10, comma 25, denunciato
e l’articolo 12 della legge regionale n. 17 del 2008 sono norme che
definiscono le regole per il concorso delle autonomie locali della
Regione al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e sono
dettate in attuazione della competenza regionale in materia di
"ordinamento degli enti locali" (art. 4, numero 1-bis, dello statuto;
artt. 9 e 15 del decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 9, recante
«Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione
Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti locali e
delle relative circoscrizioni»), in relazione alla quale rilevano le
norme di cui all’art. 1, commi 154 e 155, della legge 13 dicembre
2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – legge di stabilita’ 2011), che, tra
l’altro, prevedono che spetti alla regione di "individuare, con
riferimento agli enti locali costituenti il sistema regionale
integrato, gli obiettivi complessivi di volta in volta concordati con
lo Stato per il periodo di riferimento, compreso il sistema
sanzionatorio". Ne deriverebbe che l’art. 76, comma 7, del d.l. n.
112 del 2008, rappresenta una norma di dettaglio che non vincola
l’autonomia regionale, che ha ampia competenza in materia di finanza
locale.
Inoltre, si aggiunge ancora nella memoria, che l’art. 10, comma
25, censurato non attiene al calcolo del rapporto spesa
corrente/spesa per il personale, ma precisa soltanto «un criterio
necessario per rendere "realistico" il calcolo dei dipendenti in
servizio, criterio che consiste nella esclusione – dal conteggio del
rapporto dipendenti in servizio/popolazione residente – dei
dipendenti non presenti in servizio per un certo periodo». Sicche’,
la disposizione impugnata troverebbe applicazione "solo" per il
calcolo stabilito dall’art. 12, comma 29, della legge regionale n. 12
del 2008 e non gia’ in relazione all’art. 76, comma 7, del d.l. n.
112 del 2008, posto che, allorquando bisogna «calcolare la spesa per
il personale ai fini dell’art. 76, comma 7, occorre ricomprendere
anche "i dipendenti collocati in aspettativa retribuita" di cui
all’art. 12, comma 29».
4.7. – Quanto all’art. 10, commi 85 e 86, si deduce la cessazione
della materia del contendere in quanto le disposizioni sono state
abrogate dall’art. 13, comma 70, lettera b), della legge regionale n.
18 del 2011, senza aver avuto attuazione nel periodo di loro vigenza.
4.8.- Quanto all’art. 12, comma 28, la Regione, ai fini
dell’infondatezza della questione, sostiene, anzitutto, che
l’invocata norma interposta dell’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001
non sarebbe parametro pertinente, con conseguente inammissibilita’
della questione. Infatti, la norma denunciata precisa solo «l’ambito
dei soggetti potenzialmente "stabilizzabili" in base alle procedure
dell’art. 13, comma 18» della legge regionale n. 24 del 2009, per
cui, con rinvio al comma 16 dello stesso art. 13, si stabilisce la
facolta’ delle singole amministrazioni di riservare sino al 50 per
cento delle risorse disponibili per processi di stabilizzazione di
personale con contratto di lavoro a tempo determinato, a tal fine
trovando applicazione la disciplina posta dall’art. 12, comma 19,
della legge reg. n. 9 del 2008; a sua volta, il citato comma 16
limita l’assunzione di personale a tempo indeterminato e determinato
e il ricorso alla collaborazione coordinata e continuativa, per gli
esercizi dal 2010 al 2013, «nel limite di un contingente di personale
la cui spesa annua omnicomprensiva non superi il 20 per cento di
quella relativa alle cessazioni di personale a tempo indeterminato
avvenute nel corso dell’esercizio precedente e non gia’ riutilizzata
nel corso dell’esercizio stesso», con possibili espresse deroghe.
Peraltro, la difesa regionale deduce che la materia delle
assunzioni «ricade nell’organizzazione amministrativa della Regione»,
come confermato dalla sentenza n. 235 del 2010 di questa Corte,
sicche’ l’art. 12, comma 28, denunciato rientrerebbe in materie
oggetto di competenza regionale piena ai sensi dell’art. 117, quarto
comma, Cost., che e’ piu’ ampia di quella prevista dall’art. 4,
numeri 1) e 1-bis), dello statuto di autonomia (rispettivamente
ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e
stato giuridico ed economico del personale ad essi addetto ed
ordinamento degli enti locali), essendo soggetta soltanto ai limiti
posti dal primo comma dello stesso art. 117 Cost.
In relazione poi alla censura di violazione dell’art. 117, terzo
comma, Cost., la Regione ribadisce la inidoneita’ della norma
interposta dell’art. 76, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008 a
vincolare la potesta’ regionale non rappresentando un principio
fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, rilevando
altresi’, per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia i gia’
richiamati commi 154 e 155 dell’art. 1 della legge n. 220 del 2010
quanto alle modalita’ di limitazione delle spese.
Nella memoria si ribadisce ancora che la norma impugnata,
unitamente all’art. 13, comma 18, innanzi citato, non prevedono
«ulteriori assunzioni, ma operano nell’ambito della programmazione
dei fabbisogni gia’ definita», cosi’ da collocarsi «in un processo
complessivo virtuoso di limitazione della spesa del personale, in
linea con i criteri ispiratori della legislazione statale».
Ove poi la censura fosse rivolta a contestare il meccanismo
stesso di cui all’art. 12, comma 28, essa sarebbe inammissibile per
tardivita’, non potendo l’impugnazione "oltrepassare il termine
utilizzando una norma che si limita a richiamare la norma
preesistente".
La Regione osserva, infine, che gli artt. 12 e 13, comma 18,
della legge n. 17 del 2008 pongono regole che si dichiarano, anche
implicitamente, nel rispetto degli obblighi comunitari e dei principi
di coordinamento della finanza pubblica.
4.9.- Quanto all’art. 12, comma 32, si deduce la cessazione della
materia del contendere, posto che quattro dei commi (53-bis, 53-ter,
53-quater e 53-sexies) che la disposizione denunciata aggiunge
nell’art. 14 della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia
29 dicembre 2010, n. 22 (Disposizioni per la formazione del bilancio
pluriennale ed annuale della Regione – Legge finanziaria 2011) sono
stati abrogati dall’art. 15, comma 12, lettera c), della legge
regionale n. 18 del 2011, non avendo avuto applicazione nel periodo
di vigenza.
In relazione poi al comma 53-quinquies dell’art. 14 citato, esso
e’ stato modificato dall’art. 15, comma 12, lettera b), della legge
regionale n. 18 del 2011, provvedendo ad abrogare le norme prevedenti
gli "aumenti tabellari" e cosi’ accogliendo le censure avanzate con
il ricorso. Cio’ che residua e’ «una norma programmatica, che non
prevede affatto aumenti ex lege ma solo la possibile definizione di
iniziative di razionalizzazione e riqualificazione della spesa con
l’accordo delle parti datoriali e sindacali, che possono portare ad
un aumento delle risorse disponibili per la contrattazione
aziendale». Sicche’, anche in riferimento al comma 53-quinquies – che
peraltro non opera differenziazioni tra gruppi di dipendenti – e’ da
ritenersi cessata la materia del contendere.
4.10.- Quanto all’art. 12, comma 33, la difesa regionale,
nell’ottica di infondatezza della questione, sostiene che la norma
interposta evocata dal ricorso – art. 9, comma 1, del d.l. n. 78 del
2010 – non sia idonea a vincolare l’autonomia legislativa regionale
in quanto «riguarda una voce specifica di spesa ed e’ una norma
auto-applicativa, che non lascia margini di manovra alle Regioni»,
posto che attiene al trattamento dei singoli dipendenti, cosi’ da non
vincolare la spesa globale e complessiva. Nella stessa prospettiva di
inidoneita’ del parametro interposto si pone il rilievo per cui le
modalita’ con cui la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia concorre
al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica sono poste
dall’art. 1, commi 152 e seguenti, della legge n. 220 del 2010, in
forza di rapporti che, in termini generali, si ispirano alla
determinazione consensuale.
4.11.- Quanto all’art. 12, comma 38, si deduce la cessazione
della materia del contendere, in quanto la disposizione e’ stata
abrogata dall’art. 12, comma 1, della legge della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia 30 novembre 2011, n. 16 (Disposizioni di
modifica della normativa regionale in materia di accesso alle
prestazioni sociali e di personale), con effetto dalla data di
entrata in vigore della legge regionale n. 11 del 2011.
4.12.- Quanto all’art. 13, comma 25, la difesa regionale osserva,
anzitutto, che la censura sarebbe infondata in quanto frutto di un
equivoco, posto che i beni dei quali si prevede la sdemanializzazione
«sono i beni del demanio idrico regionale», per tali intendendosi, ai
sensi dell’art. 2, comma 3, della legge della Regione Friuli-Venezia
Giulia 15 ottobre 2009, n. 17 (Disciplina delle concessioni e
conferimento di funzioni in materia di demanio idrico regionale), «i
fiumi (…) i torrenti, le rogge, i fossati, i laghi, gli alvei e le
relative pertinenze, e le opere idrauliche trasferiti alla Regione ai
sensi del decreto legislativo 25 maggio 2001, n. 265 (Norme di
attuazione dello Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia
per il trasferimento di beni del demanio idrico e marittimo, nonche’
di funzioni in materia di risorse idriche e di difesa del suolo)», il
quale, a sua volta, individua tutti i beni dello Stato appartenenti
al demanio idrico che sono trasferiti alla Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia. Beni, questi, tra i quali «non vi sono
tuttavia quelli qualificati come demaniali dall’art. 143 del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152», invocato nel ricorso come norma
interposta, mentre i beni «di cui potra’ effettuarsi la
sdemanializzazione sono beni originariamente appartenenti al demanio
idrico regionale, che abbiano subito un mutamento irreversibile (ad
esempio, ex canali, ex sedimi di corsi d’acqua ormai interrati …)».
In siffatta ottica e’ da leggersi, dunque, l’espressione "cessata
funzionalita’ idrica", nella sua portata di principio generale
permeante «di se’ l’intero novero dei beni demaniali», con
l’ulteriore conseguenza che proprio i beni di cui al citato art. 143
non potrebbero essere comunque sdemanializzati, «essendo chiaro che
un bene attivamente destinato al servizio idrico integrato non puo’,
per definizione, aver perso la propria "funzionalita’"».
In relazione, poi, all’evocata lesione dell’art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost., in materia di tutela della concorrenza, la
difesa regionale evidenzia che, successivamente alla proposizione del
ricorso, la disposizione censurata e’ stato oggetto di modificazione
ad opera dell’art. 16, comma 16, della legge regionale n. 18 del
2011, per cui e’ stata esclusa la possibilita’ di cessione ordinaria
in forma diretta, gia’ prevista dalla formulazione degli artt. 4-bis
e 4-ter della legge regionale n. 17 del 2009, siccome novellati dal
denunciato art. 13, comma 25, per cui attualmente il citato art.
4-bis prevede, come principio generale, applicabile senza distinzione
di superficie, quello secondo cui «i beni sdemanializzati sono
alienati mediante procedura di evidenza pubblica». Sicche’, non
avendo la disposizione avuto applicazione nella sua formulazione
antecedente a tale modifica, ne conseguirebbe la cessazione della
materia del contendere in relazione a tale profilo di censura.

Considerato in diritto

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha denunciato
numerose disposizioni della legge della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia 11 agosto 2011, n. 11 (Assestamento del
bilancio 2011 e del bilancio pluriennale per gli anni 2011-2013 ai
sensi dell’articolo 34 della legge regionale n. 21 del 2007) e,
segnatamente, gli articoli 2, commi 55, 70, 85, 88, 91 e 106; 7,
comma 51; 10, commi 25, 85 e 86; 12, commi 26, 28, 32, 33 e 38; 13,
comma 25.
2.- In riferimento a talune questioni si deve, preliminarmente,
dichiarare cessata la materia del contendere, giacche’ esse vertono
su disposizioni che, successivamente alla proposizione del ricorso,
sono state oggetto di abrogazione senza aver trovato medio tempore
applicazione, cosi’ da potersi ritenere che l’abrogazione stessa sia
pienamente satisfattiva delle pretese del ricorrente.
2.1.- Cio’ riguarda in particolare: a) l’articolo 2, comma 88,
abrogato dall’art. 14, comma 5, della legge della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia 27 febbraio 2012, n. 2 (Norme in materia di
agevolazione dell’accesso al credito delle imprese); b) i commi 85 e
86 dell’art. 10, abrogati dall’art. 13, comma 70, lettera b), della
legge regionale 29 dicembre 2011, n. 18 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione. Legge
finanziaria 2012); c) l’art. 12, comma 38, abrogato dall’art. 12,
comma 1, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, 30
novembre 2011, n. 16 (Disposizioni di modifica della normativa
regionale in materia di accesso alle prestazioni sociali e di
personale).
2.2.- Anche sulla questione relativa all’art. 2, comma 55 – che
prevede la concessione di un contributo alla societa’ Udine e Gorizia
Fiere S.p.a. a sollievo degli oneri necessari per la realizzazione di
progetti espositivi da realizzarsi presso i quartieri fieristici di
Udine e Gorizia – va dichiarata cessata la materia del contendere.
Infatti, l’art. 3, comma 24, della legge regionale n. 18 del 2011 ha
integrato la anzidetta disposizione – che nella sua originaria
formulazione non ha avuto applicazione – in modo satisfattivo per le
pretese del ricorrente, in ragione della sopravvenuta specificazione
che il contributo straordinario viene concesso a "titolo di aiuto de
minimis", in base al Regolamento CE de minimis n. 1998/2006 della
Commissione delle Comunita’ europee del 15 dicembre 2006, con cio’
escludendo la soggezione del predetto tipo di aiuto all’obbligo di
notificazione ex art. 108 TFUE e rendendo la misura non gia’
macroeconomica, ma suscettibile di essere ascritta alla competenza
regionale in quanto sintonizzata sulla realta’ produttiva
territoriale (sentenza n. 14 del 2004).
2.3.- E’ altresi’ cessata la materia del contendere in relazione
alla questione sull’art. 12, comma 32.
La disposizione censurata aggiunge i commi 53-bis, 53-ter,
53-quater, 53-quinquies e 53-sexies nel corpo dell’art. 14 della
legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 29 dicembre 2010,
n. 22 (Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale ed
annuale della Regione – Legge finanziaria 2011). Tali commi, ad
eccezione del comma 53-quinquies, sono stati abrogati dall’art. 15,
comma 12, lettera c), della legge regionale n. 18 del 2011, senza
aver trovato nel frattempo applicazione.
Quanto al comma 53-quinquies, esso e’ stato oggetto di
modificazioni, prima ancora di aver avuto applicazione, ad opera
dello stesso art. 15, comma 12, lettera c), citato, il quale ha
espunto dalla formulazione originaria la previsione dell’utilizzo dei
risparmi di spesa, ottenuti in ragione dell’applicazione dei commi
precedenti (ora abrogati), in funzione di risorse per la
contrattazione collettiva integrativa. Sicche’, la norma attualmente
in vigore puo’ interpretarsi soltanto come programmatica, senza
intaccare le prerogative della contrattazione collettiva di comparto,
ne’ determinando alcuna disparita’ di trattamento tra dipendenti
regionali, cosi’ da soddisfare le pretese fatte valere dal
ricorrente, il quale lamentava la violazione degli artt. 3, 97 e 117,
secondo comma, lettera l), Cost.
3.- Un altro gruppo di questioni ha ad oggetto disposizioni che
sono state denunciate per lesione dell’art. 117, primo comma, Cost.,
in quanto eccederebbero la competenza regionale e si porrebbero in
contrasto con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato.
3.1.- Giova rammentare, prima di affrontarne lo scrutinio, che,
in tema di aiuti di Stato (artt. 107 e 108 TFUE, gia’ articoli 87 e
88 TCE) – come posto in rilievo dalla giurisprudenza costituzionale
(tra le altre, sent. n. 85 del 1999), in linea con quella comunitaria
(tra le altre, Corte di giustizia, sentenza 6 settembre 2006,
C-88/03) – sono vietati gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero
mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma, che, favorendo
talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la
concorrenza e che incidano sugli scambi tra Stati membri; tuttavia,
sul presupposto che non tutti gli aiuti hanno un impatto sensibile
sugli scambi e sulla concorrenza tra Stati membri, per gli aiuti di
importo poco elevato, generalmente accordati alle piccole e medie
imprese e che sono per lo piu’ gestiti da enti locali o regionali,
nella disciplina attuativa del trattato, e’ stata introdotta una
regola, detta de minimis, che fissa una cifra assoluta al di sotto
della quale, in ossequio a un’esigenza di semplificazione
amministrativa a vantaggio tanto degli Stati membri quanto
dell’apparato organizzativo della Commissione e delle stesse imprese,
l’aiuto non e’ piu’ soggetto all’obbligo della comunicazione.
3.2.- Cio’ premesso, le questioni sugli artt. 2, commi 70, 85 e
91, non sono fondate.
3.2.1.- Quanto all’art. 2, comma 70, la censura non considera,
infatti, che la stessa disposizione impugnata pone la "clausola di
salvezza" della concessione dei contributi "nell’osservanza delle
condizioni e dei limiti delle normativa comunitaria", rinviando ad un
apposito regolamento regionale la relativa concretizzazione. Sicche’,
il denunciato comma 70 non vulnera il diritto sovranazionale invocato
(oltretutto in modo generico) dal ricorrente, il quale, semmai,
dovra’ spostare la propria attenzione in ordine alla legittimita’ del
regolamento attuativo della disposizione di legge regionale
impugnata.
3.2.2.- Analogamente e’ da ritenersi in riferimento al comma 85
dell’art. 2, posto che il successivo comma 86, non denunciato dal
ricorrente, rinvia anch’esso ad apposito regolamento la fissazione di
"criteri" e "modalita’" per la "concessione dei contributi di cui al
comma 85", precisando che cio’ deve avvenire "nel rispetto della
normativa comunitaria concernente gli aiuti di Stato".
3.2.3.- Quanto al comma 91, denunciato, a sua volta, in relazione
all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., per asserita
invasione della competenza statale esclusiva in materia di tutela
della concorrenza, rileva, in contrario, che il successivo comma 92
chiarisce che i finanziamenti sono destinati ad operare in regime di
aiuti de minimis, (art. 1, commi 1 e 2, Reg. CE n. 1998/2006), il che
sottrae l’aiuto in esame all’obbligo di comunicazione, con la
conseguenza che la misura si presenta, in questa prospettiva, non
gia’ macroeconomica, ma suscettibile di essere ascritta alla
competenza regionale in quanto sintonizzata sulla realta’ produttiva
territoriale (ancora sentenza n. 14 del 2004).
3.3.- E’ fondata invece la questione relativa all’art. 2, comma
106, il quale prevede la concessione di un contributo al Consorzio
per lo sviluppo Industriale della zona dell’Aussa Corno a sollievo
degli oneri sostenuti per l’esercizio della facolta’ di riacquisto
della proprieta’ di aree cedute.
La disposizione denunciata viola l’art. 117, primo comma, Cost.,
in relazione ai vincoli comunitari e internazionali, in quanto
introduce un aiuto "sino alla concorrenza di 2 milioni di euro", ben
oltre quindi la soglia de minimis (come stabilita dal gia’ citato
Regolamento CE n. 1998/2006), ad una impresa individualizzata, dunque
con l’obbligo, non rispettato, della comunicazione ex art. 108 TFUE.
4.- Un’ulteriore serie di questioni evoca la lesione del
parametro dell’art. 117, terzo comma, Cost., sotto il profilo del
mancato rispetto dei principi fondamentali della materia del
coordinamento della finanza pubblica.
4.1.- E’ impugnato, anzitutto, per questo aspetto, l’art. 7,
comma 51, il quale stabilisce che per i contratti di lavoro autonomo,
di natura coordinata e continuativa, stipulati per le esigenze
didattiche e divulgative svolte dalla scuola dei corsi e dei merletti
di Gorizia, non trovano applicazione le disposizioni recate
«dall’art. 12, comma 13» (recte: 30) della legge regionale n. 22 del
2010 – il quale, a sua volta, prevede che «Al fine di valorizzare le
professionalita’ interne all’amministrazione, per gli anni 2011, 2012
e 2013 la spesa annua della Regione, e degli altri enti pubblici il
cui ordinamento e’ disciplinato dalla Regione, per studi e incarichi
di consulenza, inclusa quella relativa a studi e incarichi di
consulenza conferiti a pubblici dipendenti, e’ ridotta del 20 per
cento rispetto alla media delle medesime spese riferite ai consuntivi
del triennio 2007-2009» – nonche’ le riduzioni di spesa di cui
«all’art. 12 comma 30» (recte: 13) della stessa legge regionale n. 22
del 2010, il quale prevede che «Ai fini del conseguimento degli
obiettivi di contenimento della spesa pubblica di cui all’articolo 9,
commi 5, 6, 7, 8 e 28 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure
urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita’
economica), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del
2010, per le Amministrazioni di cui al comma 21 e gli enti del
servizio sanitario della Regione, continuano a trovare applicazione
le disposizioni di cui all’articolo 13, commi dal 14 al 23, della
legge regionale 30 dicembre 2009, n. 24 (Legge finanziaria 2010),
«come modificato dall’articolo 8, comma 1, della presente legge».
4.1.1.- Alla luce della giurisprudenza di questa Corte (sentenze
n. 139 del 2012 e n. 182 del 2011, segnatamente in riferimento
all’art. 6 del d.l. n. 78 del 2010), le disposizioni evocate dallo
Stato come norme interposte – e cioe’ gli artt. 6 e 9 del
decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 122 del 2010 – effettivamente prevedono principi
fondamentali della materia del coordinamento della finanza pubblica,
diretti (art. 6) al contenimento dei costi degli apparati
amministrativi e (art. 9) delle spese in materia di personale. Con i
quali la norma regionale censurata si pone in contrasto, elidendo, in
favore di una determinata categoria di lavoratori autonomi (a
collaborazione coordinata e continuativa), la disciplina che ad essi
si conformava.
Tuttavia, il denunciato comma 51 dell’art. 7 e’ stato abrogato
dall’art. 9, comma 26, lettera d) della legge regionale n. 18 del
2011, con effetto dal 1° gennaio 2012 (a mente dell’art. 20 della
stessa legge regionale n. 18 del 2011). Di qui, la piena riespansione
della disciplina generale, rispettosa dei principi fondamentali
statali, in luogo di quella derogatoria in favore della menzionata
categoria di lavoratori autonomi, ma soltanto dall’anno 2012.
La proposta questione e’ dunque fondata in riferimento al solo
anno 2011, rispetto al quale deve limitarsi la declaratoria di
illegittimita’ costituzionale dell’art. 7, comma 51, denunciato,
mentre va dichiarata la cessazione della materia del contendere a
decorrere dal 2012.
4.2.- Anche l’art. 10, comma 25 – il quale prevede che ai fini
dell’applicazione delle deroghe al regime assunzionale di cui al
comma 29 dell’art. 12 della legge della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia 30 dicembre 2008, n. 17 (Disposizioni per la
formazione del bilancio pluriennale ed annuale della Regione – Legge
finanziaria 2009), per il calcolo del rapporto fra dipendenti in
servizio e popolazione residente di cui alla lettera b), non vengano
conteggiati i dipendenti collocati in aspettativa retribuita per
almeno sei mesi continuativi nel corso dell’esercizio finanziario di
riferimento – altererebbe, secondo il ricorrente, «il corretto modo
di determinare il rapporto spesa corrente/spesa per il personale che
rileva ai fini dell’osservanza delle norme statali che, in funzione
del coordinamento della finanza pubblica, hanno fissato limiti alle
assunzioni e alla spesa complessiva per il personale» (art. 76, comma
7, del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, recante "Disposizioni
urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitivita’, la stabilizzazione della finanza pubblica e la
perequazione finanziaria", modificato dalla legge di conversione 6
agosto 2008, n. 133 e oggetto di successive modificazioni).
4.2.1.- La questione e’ fondata.
All’art. 76, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008 (e successive
modificazioni) questa Corte ha gia’ riconosciuto (da ultimo con la
sentenza n. 148 del 2012, che richiama la precedente sentenza n. 108
del 2011) la natura di principio fondamentale della materia del
coordinamento della finanza pubblica, in quanto norma che incide
sulla spesa per il personale, la quale, «per la sua importanza
strategica ai fini dell’attuazione del patto di stabilita’ interna
(data la sua rilevante entita’), costituisce non gia’ una minuta voce
di dettaglio, ma un importante aggregato della spesa di parte
corrente». In particolare, la natura di principio fondamentale in
materia di coordinamento della finanza pubblica va ascritta alla
norma che pone il divieto di procedere ad assunzioni di qualsiasi
tipo per gli enti nei quali l’incidenza delle spese di personale e’
pari o superiore al 40 per cento (elevato al 50 per cento
successivamente alla proposizione del ricorso) delle spese correnti.
Siffatta conclusione va estesa anche alla norma che limita la
possibilita’ di assunzioni per i restanti enti, la quale obbedisce
alla medesima ratio di contenimento della spesa pubblica per il
personale. Valgono per la stessa, quindi, le considerazioni svolte
nella sentenza n. 108 del 2011 in relazione al divieto di nuove
assunzioni per gli enti che abbiano superato il limite del 40 per
cento di cui sopra.
Cio’ posto, l’impugnato articolo 10, comma 25, – nell’eccettuare
i dipendenti in aspettativa retribuita dal calcolo che porta
all’applicazione delle deroghe al regime delle assunzioni di cui
all’art. 12, comma 29, della legge regionale n. 17 del 2008, in
funzione del concorso delle autonomie locali al rispetto del patto di
stabilita’ – contrasta con i parametri evocati dal ricorrente,
giacche’, una volta determinatasi l’assunzione in deroga, la spesa
per il personale viene ad aumentare, anche in ragione dell’assunzione
operata, rimanendo appunto intatta quella per i dipendenti in
aspettativa retribuita.
Dal che’ la sua declaratoria di illegittimita’ costituzionale.
4.3.- E’ denunciato, poi, l’art. 12, comma 28, il quale estende
il disposto dell’art. 13, comma 18, della legge della Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 24 del 2009 (concernente i processi
di stabilizzazione di personale con contratto di lavoro a tempo
determinato) al personale che ha stipulato il contratto di lavoro a
termine alla data del 31 dicembre 2008, purche’ in servizio alla data
di entrata in vigore della legge in esame.
Oltre alla prospettata violazione dell’art. 117, terzo comma,
Cost., sulla competenza concorrente in materia di coordinamento della
finanza pubblica, giacche’ «non si fa cenno alla necessita’ di
assicurare il rispetto della disciplina statale di principio sul
contenimento della spesa di personale» (e cioe’ il gia’ citato art.
76, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008 e successive modificazioni), si
deduce anche la lesione dell’art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost., che attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia
di ordinamento civile e, quindi, sui rapporti di diritto privato,
giacche’ risulterebbe vulnerato l’art. 36 del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche) e successive
modificazioni ed integrazioni, in base al quale le assunzioni a tempo
determinato possono avvenire esclusivamente per rispondere ad
esigenze temporanee ed eccezionali e non come normale programmazione
delle assunzioni.
4.3.1.- La questione e’ fondata.
4.3.2.- Preliminarmente, occorre ricostruire, seppur in sintesi,
il quadro normativo implicato.
L’art. 13, comma 14, della legge regionale n. 24 del 2009 dispone
che, nel rispetto del patto di stabilita’ e di contenimento della
spesa per il personale, le assunzioni nel comparto unico del pubblico
impiego regionale avvengano, anzitutto, con contratto a tempo
indeterminato per la copertura di carenze di organico, mediante
procedure di mobilita’ all’interno del comparto medesimo. Ove queste
abbiano esito negativo, il successivo comma 15 demanda alle
amministrazioni di verificare la convenienza di ricorrere ad appalti
di servizi o incarichi professionali in luogo delle assunzioni a
tempo indeterminato o determinato. Solo in caso di esito negativo di
siffatta verifica, si procede, come dispone il successivo comma 16,
all’assunzione di personale con contratto di lavoro a tempo
indeterminato e determinato e il ricorso alla collaborazione
coordinata e continuativa puo’ avvenire nel limite di un contingente
di personale la cui spesa annua onnicomprensiva non superi il 20 per
cento di quella relativa alle cessazioni di personale a tempo
indeterminato avvenute nel corso dell’esercizio precedente e non gia’
riutilizzata nel corso dell’esercizio stesso; un limite che puo’
derogarsi in talune specifiche ed espresse ipotesi.
Ed il successivo comma 18 stabilisce che: «Per le finalita’ di
cui al comma 16, e’ facolta’ delle singole amministrazioni riservare
sino al 50 per cento delle risorse disponibili di cui al comma
medesimo per processi di stabilizzazione di personale con contratto
di lavoro a tempo determinato. A tale fine trova applicazione la
disciplina di cui all’articolo 12, comma 19, della legge regionale 14
agosto 2008, n. 9 (Assestamento del bilancio 2008 e del bilancio
pluriennale per gli anni 2008-2010 ai sensi dell’articolo 34 della
legge regionale 8 agosto 2007, n. 21); la disciplina medesima trova
applicazione anche con riferimento al personale in servizio, presso
le amministrazioni, con contratto di lavoro a tempo determinato alla
data del 31 dicembre 2008 purche’ sia in servizio anche alla data di
entrata in vigore della presente legge».
Al comma 18 anzidetto fa, appunto, riferimento la disposizione
denunciata, che lo rende applicabile «anche nei confronti del
personale che ha stipulato il contratto di lavoro a tempo determinato
alla data del 31 dicembre 2008 purche’ sia in servizio anche alla
data di entrata in vigore della presente legge».
Essa, quindi, estende al contratto a termine stipulato entro il
31 dicembre 2008, a condizione che si trovi in servizio alla data di
entrata in vigore della legge regionale n. 11 del 2011, la riserva
del 50 per cento di risorse disponibili per la stabilizzazione.
4.3.3.- In base all’evidenziato contesto normativo, risulta
pertinente l’evocato parametro interposto di cui all’art. 36 del
d.lgs. n. 165 del 2001, che prevede l’assunzione a tempo
indeterminato per soddisfare il fabbisogno ordinario di personale
della pubblica amministrazione, e consente l’assunzione a termine
esclusivamente in presenza e in risposta "ad esigenze temporanee ed
eccezionali". Invero, la norma impugnata perpetua una modalita’ di
assunzione del personale per porre rimedio alle carenze di organico –
e, dunque, a situazione normalmente prevedibile – che fa del
contratto a termine un modulo ordinario di assunzione del personale
della pubblica amministrazione e non gia’ forma contrattuale
riservata, per l’appunto, ad esigenze eccezionali e straordinarie.
Il fatto, poi, che l’art. 12, comma 28, in esame, si fondi sulla
piu’ ampia disciplina pregressa e non impugnata dal Governo non e’ di
ostacolo alla sua invalidazione, giacche’, di per se’, la norma
denunciata costituisce ipotesi non gia’ attuativa, ma singolare ed
estensiva della regolamentazione precedente, che rimarrebbe ferma.
Inoltre, e’ violato anche l’art. 76, comma 7, del d.l. n. 112 del
2008 e successive modificazioni, poiche’ il divieto di assunzione
stabilito in tale disposizione, dalla gia’ riconosciuta natura di
principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza
pubblica, viene aggirato con la stabilizzazione dei contrattisti.
Da qui, la declaratoria di illegittimita’ costituzionale del
censurato art. 12, comma 28.
4.4.- Viene, altresi’, impugnata la disposizione di cui all’art.
12, comma 33, la quale stabilisce che l’indennita’ di pronto
intervento di cui all’articolo 4, lettera e), del Contratto
integrativo di ente 1998-2001, del personale regionale, area non
dirigenziale, documento stralcio sottoscritto in data 15 maggio 2003,
spettante al personale previamente individuato dal direttore centrale
della protezione civile e immediatamente disponibile per il servizio
di pronto intervento, e’ rideterminata, con decorrenza dal primo
giorno del mese successivo alla data di entrata in vigore della
legge, in 90 euro mensili lordi da corrispondere per 12 mensilita’,
con imputazione al Fondo regionale per la protezione civile di cui
all’articolo 33 della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia 31 dicembre 1986, n. 64 (Organizzazione delle strutture ed
interventi di competenza regionale in materia di protezione civile).
La prospettata violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. si
incentra sull’evocazione dei principi fondamentali in materia di
coordinamento della finanza pubblica desumibili dall’art. 9, comma 1,
del decreto-legge n. 78 del 2010, secondo cui per gli anni 2011, 2012
e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti,
anche di qualifica dirigenziale, non puo’ superare il trattamento
ordinariamente spettante per l’anno 2010, al netto degli effetti
derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi
incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati.
4.4.1.- La questione e’ fondata.
4.4.2.- Come gia’ posto in luce dalla sentenza n. 139 del 2012,
il legislatore statale puo’, con una disciplina di principio,
legittimamente «imporre agli enti autonomi, per ragioni di
coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali,
condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche
di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in
limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti» (sentenza n.
182 del 2011). Questi vincoli possono considerarsi rispettosi
dell’autonomia delle Regioni e degli enti locali quando stabiliscono
un «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia liberta’ di
allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa»
(sentenza n. 182 del 2011, nonche’ sentenze n. 297 del 2009, n. 289
del 2008 e n. 169 del 2007). Lo Stato, quindi, puo’ agire
direttamente sulla spesa delle proprie amministrazioni con norme
puntuali e, al contempo, dichiarare che le stesse norme sono efficaci
nei confronti delle Regioni «a condizione di permettere
l’estrapolazione, dalle singole disposizioni statali, di principi
rispettosi di uno spazio aperto all’esercizio dell’autonomia
regionale» (sentenza n. 182 del 2011). In caso contrario, la norma
statale non puo’ essere ritenuta di principio (sentenza n. 159 del
2008), a prescindere dall’auto-qualificazione operata dal legislatore
(sentenza n. 237 del 2009).
Inoltre, con la successiva sentenza n. 148 del 2012, si e’
evidenziato come la giurisprudenza di questa Corte abbia riconosciuto
la natura di principi fondamentali, – nella materia, di competenza
legislativa concorrente, del coordinamento della finanza pubblica –
alle norme statali che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio
della finanza pubblica, intesi nel senso di un transitorio
contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente
e non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalita’ per il
perseguimento dei suddetti obiettivi (ex plurimis, sentenze n. 232
del 2011 e n. 326 del 2010).
Ed ancora si e’ ricordato come – nel definire una questione
introdotta da un ricorso statale avverso una legge regionale
(sentenza n. 108 del 2011) – questa Corte abbia affermato che le
norme di cui all’art. 1, commi 557 e 557-bis, della legge 27 dicembre
2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2007), nonche’ quelle di
cui all’art. 76, commi 6 e 7, del d.l. n. 112 del 2008, essendo
«ispirate alla finalita’ del contenimento della spesa pubblica,
costituiscono principi fondamentali nella materia del coordinamento
della finanza pubblica, in quanto pongono obiettivi di riequilibrio,
senza, peraltro, prevedere strumenti e modalita’ per il perseguimento
dei medesimi». La citata conclusione trova il suo presupposto nella
considerazione che «la spesa per il personale, per la sua importanza
strategica ai fini dell’attuazione del patto di stabilita’ interna
(data la sua rilevante entita’), costituisce non gia’ una minuta voce
di dettaglio, ma un importante aggregato della spesa di parte
corrente, con la conseguenza che le disposizioni relative al suo
contenimento assurgono a principio fondamentale della legislazione
statale» (sentenza n. 69 del 2011, che richiama la sentenza n. 169
del 2007).
4.4.3.- Cio’ premesso, il parametro interposto (art. 9, comma 1,
del d.l. n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge
n. 122 del 2010) cosi’ stabilisce: «Per gli anni 2011, 2012 e 2013 il
trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di
qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio,
previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche
inserite nel conto economico consolidato della pubblica
amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di
statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge
31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilita’ e finanza pubblica),
non puo’ superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente
spettante per l’anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi
straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni
dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse
in corso d’anno, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21,
terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque
denominate, maternita’, malattia, missioni svolte all’estero,
effettiva presenza in servizio, fatto salvo quanto previsto dal comma
17, secondo periodo, e dall’articolo 8, comma 14».
La norma e’ dunque da ricondurre nell’ambito del coordinamento
della finanza pubblica, posto che essa riguarda il trattamento
economico di tutti i dipendenti delle Regioni e degli enti regionali,
con l’effetto finale di fissare, per gli anni del triennio 2011-2013,
l’entita’ complessiva degli esborsi a carico delle Regioni a titolo
di trattamento economico del personale in misura non superiore al
trattamento economico ordinario, nell’anno 2010, cosi’ da imporre un
limite generale ad una rilevante voce del bilancio regionale.
Ne deriva l’illegittimita’ costituzionale della denunciata
disposizione di cui all’art. 12, comma 33, la quale, in contrasto con
la anzidetta norma statale interposta, ridetermina una indennita’ a
decorrere dal primo giorno del mese successivo all’entrata in vigore
della legge regionale n. 11 del 2011.
5.- Ulteriore e diversa questione investe la disposizione
dell’art. 12, comma 26, la quale stabilisce che «il personale del
ruolo regionale che svolge incarichi dirigenziali a tempo determinato
di cui all’articolo 10 commi 6, 7, 8 e 9 della legge regionale 23
luglio 2009, n. 12 (Assestamento del Bilancio 2009) sia inquadrato
nel ruolo unico dei dirigenti regionali con incarico a tempo
indeterminato».
Si prospetta la violazione degli gli artt. 3 e 97 Cost., in
riferimento al principio di uguaglianza, imparzialita’ e buon
andamento, nonche’ alla regola del concorso pubblico per l’assunzione
nella pubblica amministrazione, giacche’ essa darebbe luogo ad
«assunzioni totalmente riservate, in palese contrasto con le
disposizioni in materia di accesso ai pubblici uffici, anche alla
luce della costante giurisprudenza costituzionale secondo la quale
"l’area delle eccezioni" alla regola del pubblico concorso deve
essere "delimitata in modo rigoroso"» e puo’ legittimare deroghe
«solo in presenza di "peculiari e straordinarie esigenze di interesse
pubblico" idonee a giustificarle».
5.1.- In sintesi, la difesa regionale sostiene, con ampie ed
articolate argomentazioni, che il censurato art. 12, comma 26, frutto
di una recente evoluzione dell’assetto del Servizio Sanitario della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, rappresenti una legittima e
giustificata deroga al principio del pubblico concorso, giacche’ essa
ha tenuto conto della particolare situazione della Direzione centrale
salute, delle "particolari competenze richieste per quegli incarichi
e della specializzazione ed esperienza possedute dai due soggetti in
questione". Si osserva, infatti, che l’inquadramento riguardava
appositamente le «due persone alle quali erano stati conferiti gli
incarichi dirigenziali» mediante procedura comparativa pubblica,
attuata tramite «previa valutazione di curricula professionali
operata da una commissione di tre componenti presieduta dal direttore
centrale», che nomina gli altri componenti.
5.2.- La questione e’ fondata.
5.2.1.- Piu’ volte questa Corte (tra le tante, si vedano le piu’
recenti sentenze n. 90, n. 62, n. 51, n. 30 del 2012 e n. 299 del
2011) ha posto in rilievo che la facolta’ del legislatore di
introdurre deroghe al principio del pubblico concorso, di cui
all’art. 97 Cost., deve essere delimitata in modo rigoroso, potendo
tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano
funzionali esse stesse al buon andamento dell’amministrazione e ove
ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico
idonee a giustificarle; con la conseguenza che va esclusa la
legittimita’ di arbitrarie restrizioni alla partecipazione alle
procedure selettive, dovendosi riconoscere al concorso pubblico un
ambito di applicazione ampio, tale da non includere soltanto le
ipotesi di assunzione di soggetti precedentemente estranei alle
pubbliche amministrazioni, ma anche i casi di nuovo inquadramento di
dipendenti gia’ in servizio e quelli di trasformazione di rapporti
non di ruolo, e non instaurati dall’origine mediante concorso, in
rapporti di ruolo. Inoltre, pur non essendo il principio del pubblico
concorso incompatibile, nella logica dell’agevolazione del buon
andamento della pubblica amministrazione, con la previsione per legge
di condizioni di accesso intese a consentire il consolidamento di
pregresse esperienze lavorative maturate nella stessa
amministrazione, comunque, esso non tollera, salvo circostanze del
tutto eccezionali, la riserva integrale dei posti disponibili in
favore di personale interno. Sicche’, si e’ ritenuta insufficiente a
giustificare la deroga la semplice circostanza che determinate
categorie di dipendenti abbiano prestato attivita’ a tempo
determinato presso l’amministrazione, come pure la personale
aspettativa degli aspiranti ad una misura di stabilizzazione.
5.2.2.- Cio’ chiarito, la norma impugnata viola il principio
dell’assunzione tramite pubblico concorso posto dall’art. 97 Cost.,
giacche’ essa ha comunque operato in una logica di riserva assoluta
di posti, provvedendo a recepire – come affermato dalla stessa
Regione – gli esiti di procedure selettive, prive dei connotati e
delle garanzie del concorso pubblico, preordinate alla successiva
assunzione nominatim di dirigenti, dovendosi quindi escludere che la
eccezionalita’ dell’assunzione, dalla stessa norma espressamente
prevista, sia conforme al buon andamento della pubblica
amministrazione, cui e’ presidio anche il principio innanzi
richiamato.
6.- Va, infine, scrutinato il denunciato art. 13, comma 25, il
quale modifica la legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia
15 ottobre 2009, n. 17 (Disciplina delle concessioni e conferimento
di funzioni in materia di demanio idrico regionale), recando norme
(artt. 4, 4-bis e 4-ter) in materia di sdemanializzazione di beni del
demanio idrico regionale, previo accertamento di cessata
funzionalita’ idraulica, con acquisizione degli stessi al patrimonio
disponibile della Regione e consentendone l’alienazione a soggetti
privati.
La disposizione censurata contrasterebbe, secondo il ricorrente,
con l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost., posto che, da
un lato, violerebbe la vigente normativa statale in tema di demanio
asservito alla funzionalita’ del servizio idrico integrato, recata
dall’art. 143 del decreto legislativo n. 152 del 2006; dall’altro,
non rispetterebbe le regole comunitarie e nazionali sulle procedure a
evidenza pubblica.
6.1.- La questione, per una parte, non e’ fondata, nei sensi di
cui in motivazione; per l’altra parte, risulta invece suscettibile di
formare oggetto di una declaratoria di cessazione della materia del
contendere.
6.2.- Non sussiste, infatti, per il primo profilo, la dedotta
violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., poiche’
la disposta sdemanializzazione attiene esclusivamente ai beni del
demanio idrico regionale indicati dall’art. 2, comma 3, della legge
regionale n. 17 del 2009 – e, dunque, a «i fiumi (…) i torrenti, le
rogge, i fossati, i laghi, gli alvei e le relative pertinenze, e le
opere idrauliche trasferiti alla Regione ai sensi del decreto
legislativo n. 265 del 2001» – i quali abbiano perduto la propria
funzionalita’ specifica in quanto tali. In siffatto circoscritto
ambito opera, dunque, l’art. 4 della citata legge regionale n. 17 del
2009, introdotto dalla norma denunciata, potendo per cio’ solo
configurarsi come legge abilitata ad incidere sul demanio idrico
regionale ai sensi dell’art. 823 cod. civ., in linea con quanto la
stessa norma interposta dell’art. 143 del d.lgs. n. 152 del 2006
impone.
6.3.- In riferimento poi alla censura che evoca la violazione
dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., va osservato che la
disposizione denunciata e’ stata modificata dall’art. 16, comma 16,
della legge regionale n. 18 del 2011, con l’esclusione della
possibilita’ di cessione ordinaria in forma diretta dei beni
sdemanializzati, gia’ prevista dalla formulazione degli artt. 4-bis e
4-ter della legge regionale n. 17 del 2009, siccome novellati dal
denunciato art. 13, comma 25.
Attualmente, dunque, il citato art. 4-bis prevede, al comma 1,
che «I beni sdemanializzati sono alienati mediante procedura di
evidenza pubblica, ai sensi dell’articolo 6 della legge regionale n.
57 del 1971, salvo quanto previsto dall’articolo 5 della legge
regionale medesima». L’art. 5 da ultimo citato non spiega pero’
alcuna incidenza al riguardo, posto che tratta del trasferimento di
proprieta’, a titolo gratuito, ai Consorzi di bonifica
territorialmente competenti dei caselli idraulici e le relative
pertinenze e accessori posti a servizio dei beni del demanio idrico
regionale gestiti dai Consorzi medesimi per le proprie finalita’
istituzionali.
E, non essendovi contestazioni sul fatto che la disposizione non
ha avuto applicazione nella sua formulazione antecedente a tale
modifica, ne consegue la cessazione della materia del contendere in
relazione a tale profilo di censura.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimita’ costituzionale degli articoli 2,
comma 106; 10, comma 25; 12, commi 26, 28 e 33, della legge della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 11 agosto 2011, n. 11
(Assestamento del bilancio 2011 e del bilancio pluriennale per gli
anni 2011-2013 ai sensi dell’articolo 34 della legge regionale n. 21
del 2007);
2) dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 7,
comma 51, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia n.
11 del 2011, in riferimento agli effetti da esso prodotti per il solo
anno 2011;
3) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle
questioni, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri con il
ricorso in epigrafe, di legittimita’ costituzionale degli articoli 2,
commi 55 e 88; 10, commi 85 e 86; 12, commi 32 e 38, della legge
della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 11 del 2011;
4) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla
questione, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri con il
ricorso in epigrafe, di legittimita’ costituzionale dell’art. 7,
comma 51, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia n.
11 del 2011, a decorrere dal 1° gennaio 2012, quale data della sua
abrogazione;
5) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla
questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 13, comma 25,
della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 11 del
2011, promossa, in riferimento all’articolo 117, secondo comma,
lettera e), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei
ministri, con il ricorso in epigrafe;
6) dichiara non fondate le questioni di legittimita’
costituzionale dell’articolo 2, commi 70 e 85, della legge della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 11 del 2011, promosse, in
riferimento all’articolo 117, primo comma, della Costituzione, dal
Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;
7) dichiara non fondata la questione di legittimita’
costituzionale dell’articolo 2, comma 91, della legge della Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 11 del 2011, promossa, in
riferimento all’articolo 117, primo e secondo comma, lettera e),
della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il
ricorso in epigrafe;
8) dichiara non fondata la questione di legittimita’
costituzionale dell’articolo 13, comma 25, della legge della Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 11 del 2011, promossa, in
riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettera s), della
Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il
ricorso in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 luglio 2012.

F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 13 settembre 2012.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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