T.A.R. Piemonte Torino Sez. II, Sent., 11-02-2011, n. 136

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza n. 13/02, prot. n. 1226, del 18 gennaio 2002 il Sindaco del Comune di Leinì ha diffidato il sig. B.C., amministratore della ditta E. s.r.l., "quale soggetto responsabile dell’inquinamento", di trasmettere "apposito piano di realizzazione di interventi di messa in sicurezza d’emergenza" dello stabilimento "E." sito in strada Settimo n. 189.

Il luogo risultava, infatti, contaminato a seguito di un incendio sviluppatosi, nel luglio del 2001, all’interno dello stabilimento, con "materiale al di sotto dello strato di terra (che) continua lentamente a bruciare a causa dell’apporto di aria esterna" e con "l’emissione in atmosfera dei fumi della combustione".

L’ordinanza è stata notificata, "ai sensi e per gli effetti dell’art. 17 commi 10 e 11 del Decreto legislativo 5 febbraio 1997 n° 22", anche al proprietario dell’area, sig. G. A..

2. Con il ricorso in epigrafe il sig. A. ha impugnato l’ordinanza sindacale, chiedendone l’annullamento.

Riferisce il ricorrente di essere "del tutto estraneo" rispetto all’attività svolta, nel capannone, dalla ditta "E.", affittuaria del sito e "svolgente attività di deposito e recupero di materiale plastico". Il provvedimento gravato sarebbe affetto, secondo il ricorrente, da illegittimità laddove esso si rivolge al sig. A., disponendo anche a lui la notifica.

In particolare, l’ordinanza impugnata peccherebbe – anzitutto – di errata individuazione del proprietario del sito, risultando l’area di proprietà della "A. s.a.s. di A. G. e C." (di cui il ricorrente è legale rappresentante) e non del sig. A. personalmente.

In secondo luogo, sarebbe illegittima l’estensione del provvedimento anche al proprietario del sito, non essendo quest’ultimo il responsabile dell’inquinamento: ciò, in base all’art. 17 del d.lgs. n. 22 del 1997 (vigente all’epoca dei fatti).

Peraltro, laddove si volesse intendere quest’ultima norma "nel senso di comportare una responsabilità oggettiva in capo alla proprietà, indipendente(mente) da qualsiasi apporto causativo nell’evento dannoso di inquinamento", si finirebbe con l’accollare "sanzione e oneri di bonifica a carico di un soggetto quand’anche risulti del tutto estraneo ai comportamenti sanzionati e all’inquinamento da eliminare", con conseguente illegittimità costituzionale del citato art. 17 per contrasto con gli artt. 2, 3, 42 e 97 Cost.

3. Si è costituito in giudizio il Comune di Leinì, in persona del Sindaco pro tempore, depositando documenti e concludendo per il rigetto del ricorso.

Premesso che – con riferimento alla prima censura avanzata dal ricorrente – "l’errore commesso dal Comune di LEINI" nell’individuazione del proprietario del sito non ha impedito il raggiungimento dello scopo" dell’atto, posto che, pur se per il tramite del proprio legale rappresentante, la società "A. s.a.s." ha "potuto avere piena conoscenza del provvedimento", l’amministrazione resistente evidenzia che l’ordinanza di cui all’art. 17 del d.lgs. n. 22 del 1997 deve essere notificata anche al proprietario del sito, come previsto dall’art. 8 del d.m. n. 471 del 1999, "e ciò in quanto anche il proprietario è tenuto agli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale". La scelta del legislatore, in proposito, "è stata quella di costituire un onere reale, cioè un peso imposto alla proprietà in quanto tale" anche "indipendentemente da una (…) responsabilità nell’aver cagionato l’inquinamento".

Infondata sarebbe anche l’eccezione di illegittimità costituzionale sollevata da controparte, "atteso che la costituzione di un onere reale sulla proprietà rappresenta una limitazione del diritto di proprietà legittimo, in quanto ammesso dalla stessa Carta Costituzionale all’art. 42".

4. Successivamente, con atto di motivi aggiunti notificati il 23 gennaio 2006, il ricorrente ha impugnato anche la sopravvenuta ordinanza sindacale n. 166/05, prot. n. 23564 del 15 dicembre 2005, con la quale il Sindaco del Comune di Leinì ha ordinato, sia al sig. B.C. (quale amministratore della ditta "E."), sia alla società "A. s.a.s", "quale proprietario del sito", di provvedere "a trasmettere bozza del progetto preliminare di bonifica redatto ai sensi del titolo II° allegato 4 del D.M. 471/99 ovvero avvenuto incarico a professionista specializzato".

Ciò, sul presupposto del perdurare dell’inquinamento sul sito, essendo rimasta inadempiuta la precedente ordinanza del 18 gennaio 2002, ed avendo, comunque, nel frattempo il Comune provveduto agli interventi urgenti ed indilazionabili.

4.1. La nuova impugnazione (corredata, questa volta, anche da istanza di sospensione cautelare dell’atto gravato) contesta, nuovamente, la violazione dell’art. 17 d.lgs. n. 22 del 1997, posto che, nella ricostruzione del ricorrente, "solo il soggetto che risulti colpevolmente o dolosamente responsabile dell’inquinamento deve sopportarne integralmente le conseguenze e, in particolare, gli oneri di bonifica dell’area"; laddove il proprietario, rimasto estraneo, "vede unicamente ed eventualmente accollata la possibilità che, a garanzia delle spese sostenute dalla P.A. per la bonifica, messa in sicurezza e recupero del bene, questo risulti sottoposto a vincolo reale", peraltro "unicamente in via residuale". La solidarietà del proprietario opererebbe, quindi, "solo allorché allo stesso sia imputabile un qualche accertato comportamento a titolo di colpa o dolo". Si delineerebbe nella specie, pertanto, "una carenza dei presupposti e della necessaria attività istruttoria, che avrebbero dovuto eventualmente evidenziare i profili di coinvolgimento colposo o doloso della proprietà".

Sotto altro profilo, viene contestata la violazione dell’art. 10 e dell’allegato n. 4 al d.m. n. 471 del 1999, per aver l’impugnata ordinanza chiesto la redazione del progetto preliminare di bonifica senza la previa approvazione del piano di caratterizzazione dell’area.

Infine, l’ordinanza del 2005 sarebbe altresì illegittima per il troppo tempo trascorso dall’evento che ha dato causa all’inquinamento nonché per la mancata comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990.

5. Con memoria depositata il 22 febbraio 2006 il Comune di Leinì ha controdedotto rispetto ai motivi aggiunti.

Riferisce il Comune che, terminate le opere di messa in sicurezza del sito, rimangono necessarie quelle di bonifica, incombente cui è stata diretta l’impugnata ordinanza del 23 gennaio 2006. Nonostante sia spogliata della detenzione del bene, peraltro, la proprietà – secondo il Comune – continuerebbe a mantenere sull’area "il dovere di vigilanza", dovendosi escludere che essa sia chiamata a rispondere "solo nel caso in cui sia stato accertato a suo carico un qualche profilo di responsabilità colposa o dolosa". Al contrario, "il proprietario del sito inquinato è tenuto in solido con il responsabile dell’inquinamento in prima battuta ad effettuare gli interventi di bonifica ambientale e, in difetto, e perciò in seconda battuta, a rifondere al Comune le spese da quest’ultimo affrontate per eseguire i predetti interventi".

Quanto alla seconda censura, poi, il Comune riferisce che sul sito è stato previamente elaborato il piano di caratterizzazione storica, "di talché non sono di certo carenti i presupposti ed i fondamenti della fase di progettazione preliminare per la bonifica".

Infondata sarebbe anche l’ultima censura, posto che il tempo trascorso "non è decorso nell’inerzia del Comune" e che parte ricorrente "è stata sempre resa partecipe di tutto l’iter procedurale".

6. Con successiva memoria, depositata il 28 marzo 2006, il ricorrente è tornato sul principale motivo di gravame, sostenendo che la notificazione dell’ordinanza al proprietario, ai sensi dell’art. 8, comma 3, del d.m. n. 471 del 1999, è ai soli fini della costituzione di onere reale e di privilegio immobiliare nei confronti del proprietario, il quale è, eventualmente, "soggetto al solo onere reale, posto a garanzia degli eventuali interventi di cui si debba fare carico la P.A. in via sostitutiva, nell’ipotesi di inerzia dell’inquinatore".

7. Eseguiti alcuni incombenti istruttori, ordinati con ordinanza n. 87/i/2006, questo TAR, con successiva ordinanza n. 165 del 2006, ha sospeso l’ordinanza n. 166/05 "nella parte in cui ordina anche alla società ricorrente di provvedere a quanto ivi disposto", ritenendo che il proprietario del sito, ove non responsabile dell’inquinamento, "non ha l’obbligo di provvedere alla bonifica (…) in quanto tale obbligo grava sempre sul solo soggetto inquinatore e il proprietario viene informato, ai sensi dell’art. 8 D.M. 25 ottobre 1999, n. 471, solamente ai fini della rappresentazione dell’imposizione dell’onere reale e del privilegio sul bene".

8. In applicazione dell’art. 9, comma 2, della legge n. 205 del 2000, a seguito di avviso notificato a cura della Segreteria del TAR, in data 4 agosto 2010 il ricorrente ha presentato nuova istanza di fissazione di udienza di discussione.

9. Con memoria depositata il 14 dicembre 2010, il Comune resistente ha riferito che, con sentenza dell’8 gennaio 2009, il Tribunale civile di Torino ha condannato il ricorrente, in solido con la società "E.", a corrispondere al Comune le spese anticipate per la realizzazione delle opere di messa in sicurezza.

Il ricorrente ha replicato, con memoria depositata il 29 dicembre 2010, sostenendo l’irrilevanza, nell’odierno giudizio, della sentenza civile citata da controparte.

10. Alla pubblica udienza del 19 gennaio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. A seguito della rilevata situazione di inquinamento su un’area già interessata da un incendio (con combustione di diversi materiali, anche di natura plastica), il Sindaco del Comune di Leinì ha emesso due ordinanze, la prima nel 2002, la seconda nel 2005, mediante le quali ha ordinato, rispettivamente, di porre in essere gli "interventi di messa in sicurezza del sito" e di avviare il procedimento di bonifica mediante presentazione di una bozza di progetto preliminare.

La prima delle due ordinanze, diretta nei confronti della ditta affittuaria del terreno, è stata notificata anche al proprietario "ai sensi e per gli effetti dell’art. 17 commi 10 e 11 del Decreto legislativo 5 febbraio 1997 n° 22". La seconda ordinanza, invece, è stata emessa nei confronti sia della ditta affittuaria che della proprietà, entrambe destinatarie dell’ordine di iniziare la bonifica dei luoghi.

Avverso entrambi i provvedimenti ha proposto impugnazione il soggetto proprietario, censurando – nella sostanza – la violazione dell’art. 17 d.lgs. n. 22 del 1997 e dell’art. 8 d.m. n. 471 del 1999, sostenendo di dover essere escluso dagli ordini impartiti dal Comune poiché non è stato provato alcun suo coinvolgimento, né doloso né colposo, nei fatti che hanno dato causa all’inquinamento.

2. Con riferimento alla prima delle due ordinanze impugnate (la n. 13/02 del 18 gennaio 2002) va, anzitutto, sgombrato il campo dalla prima censura mossa dal ricorrente, secondo la quale l’atto sarebbe illegittimo per aver erroneamente individuato il proprietario nella persona del sig. A. personalmente anziché nella società "A. s.a.s. di A. G. & C.", vera titolare dell’area.

La censura è manifestamente infondata perché, come ha correttamente controdedotto il Comune resistente, l’atto ha comunque raggiunto lo scopo cui era destinato, ossia la conoscenza dell’ordine del Sindaco anche in capo al soggetto effettivo proprietario dei luoghi (ossia, la società). Essendo la notificazione stata compiuta al sig. A., che è anche il legale rappresentante della società proprietaria, essa ha comunque utilmente consentito all’organo rappresentativo della società (e, quindi, in ultima analisi, alla società stessa) di venire a conoscenza dell’ordinanza, ai fini stabiliti dal d.lgs. n. 22 del 1997 e dal relativo regolamento di attuazione (approvato con d.m. n. 417 del 1999). Nessun effetto pregiudizievole per la società può, pertanto, essere argomentato, tanto meno dal sig. A. (il quale, peraltro, ha prudentemente proposto il ricorso sia personalmente sia in qualità di legale rappresentante della società proprietaria).

3. Entrando ora nel merito della censura principale sviluppata sia nel ricorso, sia nei motivi aggiunti (questi ultimi diretti avverso l’ordinanza n. 166/05 del 15 dicembre 2005), si deve rilevare che la fattispecie oggetto dell’odierno giudizio presenta tratti molto simili a quella recentemente venuta all’attenzione della Sezione VI del Consiglio di Stato (dec. n. 4561 del 2010), il cui precedente è, pertanto, di estrema aderenza al giudizio che questo Collegio è chiamato a pronunciare.

In tale occasione il Consiglio di Stato ha, anzitutto, operato una ricognizione generale delle norme che -ratione temporis – determinano, anche nel caso di specie, la disciplina della responsabilità per inquinamento ambientale. In proposito, il d.lgs. n. 22 del 1997 prevede che accanto alle responsabilità dell’inquinatore si collocano, ad ulteriore garanzia dell’esecuzione degli interventi previsti, quelle del proprietario del sito inquinato. La responsabilità dell’inquinatore e quella del proprietario si fondano, tuttavia, su presupposti giuridici diversi ed hanno differente natura. La responsabilità dell’autore dell’inquinamento, ai sensi dell’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 22 del 1997, costituisce, secondo il Consiglio di Stato, "una vera e propria forma di responsabilità oggettiva per gli obblighi di bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale conseguenti alla contaminazione delle aree inquinate. La natura oggettiva della responsabilità in questione è desumibile dalla circostanza che l’obbligo di effettuare gli interventi di legge sorge, in base all’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 22 del 1997, in connessione con una condotta "anche accidentale’, ossia a prescindere dall’esistenza di qualsiasi elemento soggettivo doloso o colposo in capo all’autore dell’inquinamento".

Ai fini della responsabilità in questione è comunque pur sempre necessario – precisano i Giudici di appello – "il rapporto di causalità tra l’azione (o l’omissione) dell’autore dell’inquinamento ed il superamento (o pericolo concreto ed attuale di superamento) dei limiti di contaminazione, in coerenza col principio comunitario "chi inquina paga’, principio che risulta espressamente richiamato dall’art. 15 della direttiva n. 1991/CE/156, di cui il d.lgs. n. 22 del 1997 costituisce recepimento".

Sensibilmente diversa si presenta, invece, la posizione del proprietario del sito, per la responsabilità del quale – avverte il Consiglio di Stato – "occorre fare riferimento al comma 10 dell’art. 17, che dispone che gli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale costituiscono onere reale sulle aree inquinate; il comma 11 del medesimo articolo dispone poi altresì che le spese sostenute per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, esercitabile anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull’immobile".

Ne consegue che "chi subentra nella proprietà o possesso del bene subentra anche negli obblighi connessi all’onere reale, indipendentemente dal fatto che ne abbia avuto preventiva conoscenza. Quella posta in capo al proprietario dall’art. 17, commi 10 e 11, è pertanto una responsabilità "da posizione’, non solo svincolata dai profili soggettivi del dolo o della colpa, ma che non richiede neppure l’apporto causale del proprietario responsabile al superamento o pericolo di superamento dei valori limite di contaminazione".

È quindi evidente che "il proprietario del suolo, che non abbia apportato alcun contributo causale, neppure incolpevole, all’inquinamento, non si trova in alcun modo in una posizione analoga od assimilabile a quella dell’inquinatore, essendo tenuto a sostenere i costi connessi agli interventi di bonifica esclusivamente in ragione dell’esistenza dell’onere reale sul sito. Il responsabile diretto e principale della bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale è invece individuato, sia dall’art. 17, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 22 del 1997, che dagli artt. 7 e 8 del d.m. n. 471 del 1999, esclusivamente in colui che abbia cagionato l’inquinamento".

Ciò è stato reso ancora più evidente, prosegue la citata decisione, "dall’art. 8 dal citato d.m. il quale individua, in conformità all’art. 17, comma 3, del d.lgs. n. 22 del 1997, nel responsabile dell’inquinamento il destinatario dell’ordinanza comunale di diffida ad adottare gli interventi necessari in relazione allo stato di contaminazione dei suoli, prevedendo invece che la stessa ordinanza debba essere "comunque notificata anche al proprietario del sito" ma solo "ai sensi e per gli effetti dell’articolo 17, commi 10 e 11, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22′, e cioè in relazione all’esistenza dell’onere reale sulle aree inquinate, che deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica, ed al privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime". Il proprietario del sito a cui non sia imputabile, neppure in parte, la contaminazione dello stesso, non è pertanto tenuto né ad attivare di propria iniziativa il procedimento previsto dall’art. 17 comma 2, né ad ottemperare all’ordinanza comunale che imponga la bonifica del sito notificatagli, come si è detto, solo in ragione dell’esistenza dell’onere reale.

3.1. E’ appena il caso di rilevare, a completamento del ragionamento che precede, che nessun contrasto dell’art. 17 d.lgs. n. 22 del 1997 con i principi costituzionali evocati dal ricorrente è possibile sostenere. Il coinvolgimento del proprietario, pur "incolpevole", nelle spese di messa in sicurezza e di bonifica del sito, attraverso gli istituti dell’onere reale e del privilegio speciale immobiliare sulle aree, è volto a responsabilizzare (per effetto della "posizione" rivestita) il soggetto che ha un particolare legame con le aree (legame di tipo dominicale), al fine di ottenere un’ulteriore posizione di garanzia volta alla salvaguardia del preminente interesse alla salubrità dell’ambiente. La deminutio che, in tal modo, il diritto di proprietà è costretto a sopportare è, pertanto, ampiamente inquadrabile nella natura funzionale di quest’ultimo, ai sensi dell’art. 42, comma 2, Cost., trattandosi, in definitiva, di una vera e propria "funzione sociale" che il proprietario, nel partecipare agli interventi volti a ripristinare la salubrità, è chiamato dalla legge a compiere. L’eccezione di illegittimità costituzionale contenuta nel ricorso principale è, pertanto, da dichiarasi manifestamente infondata.

4. Alla luce delle conclusioni rassegnate dal Consiglio di Stato nella decisione n. 4561 del 2010, su riportata, le censure rivolte dal ricorrente alle due ordinanze sindacali si rivelano non fondate.

4.1. Quanto all’ordinanza n. 13/02 del 18 gennaio 2002, va infatti rilevato che essa ha indirizzato la diffida unicamente alla ditta affittuaria dei terreni (ossia, al soggetto effettivamente responsabile dell’inquinamento), in base ad un ritenuto rapporto di causalità tra l’attività condotta da questa nel capannone e l’accertato superamento dei limiti di contaminazione. La notificazione compiuta anche nei confronti della proprietà, come testualmente si legge nell’atto, è stata realizzata solo ai sensi e per gli effetti dell’art. 17, commi 10 e 11, del d.lgs. n. 22 del 1997, ossia unicamente per rappresentare al proprietario che, in base alla legge, gli interventi da compiere sul sito "costituiscono onere reale sulle aree inquinate" e "sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime".

4.2. Quanto all’ordinanza n. 166/05 del 15 dicembre 2005, è pur vero che essa – a differenza della precedente – non è stata semplicemente "notificata" alla proprietà (ai fini della rappresentazione dell’onere reale e del privilegio speciale immobiliare sulle aree), ma è stata effettivamente diretta a coinvolgere anche quest’ultima, in solido con l’autore dell’inquinamento, nella realizzazione degli interventi di bonifica.

Tuttavia la legittimità del provvedimento discende dalla circostanza (che può dirsi provata dagli atti di causa: si vedano, in particolare, i documenti depositati dal Comune che attestano la sussistenza di continui contatti tra l’amministrazione e la società "A." in ordine alla realizzazione degli interventi di messa in sicurezza) che, nel caso di specie, il superamento dei limiti di contaminazione era stavolta soggettivamente imputabile anche alla proprietà, la quale – quantomeno dal 2002, ossia dal momento in cui ha ricevuto la precedente ordinanza n. 13/02 – era perfettamente a conoscenza dello stato di inquinamento del sito. L’esistenza, sin dal 2002, di un "onere reale" sull’area, avente ad oggetto l’obbligo di sostenere i costi connessi agli interventi di messa in sicurezza e di bonifica del sito, è indice senz’altro sufficiente della sussistenza di un obbligo di attivarsi (a questo punto) anche in capo alla proprietà, al fine di eliminare, nel più breve tempo possibile, ed anche in assenza di un apposito intervento del soggetto responsabile dell’inquinamento, lo stato di contaminazione.

Ciò è di per sé sufficiente a ritenere dimostrato un rapporto di causalità tra il comportamento omissivo della società proprietaria la quale, pur non potendo rispondere dell’inquinamento pregresso, aveva però l’obbligo, a partire dalla data di notifica dell’ordinanza n. 13/02, di attivarsi per impedire che lo stesso fosse mantenuto, anche al fine di evitare un possibile aumento della contaminazione.

Appurata l’esistenza di un rapporto di causalità tra l’omissione dell’attuale proprietario ed il mantenimento della contaminazione (essendo rimasta inadempiuta la precedente ordinanza n. 13/02), deve quindi ritenersi legittimo, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n. 22 del 1997, l’ordine imposto nel 2005 direttamente alla società proprietaria (nonché a quella affittuaria, responsabile ab origine dell’inquinamento) di effettuare gli interventi di bonifica.

5. Residuano, a questo punto, le ultime due doglianze contenute nell’atto di motivi aggiunti.

Entrambe sono manifestamente infondate: quanto alla prima, è stato dimostrato in giudizio dal Comune resistente (doc. n. 18) che il piano di caratterizzazione era stato effettivamente già approvato prima dell’adozione dell’ordinanza n. 166/05; quanto alla seconda, come ampiamente rilevato supra, la società proprietaria già da tempo (almeno, fin dal 2002) era a conoscenza delle problematiche di contaminazione esistenti sul sito, sicché essa non può lamentare né la mancata comunicazione di avvio del procedimento di bonifica (trattandosi di un procedimento consequenziale e dovuto rispetto alla rilevazione del superamento dei limiti di contaminazione, per di più in presenza di una mancata ottemperanza alla precedente ordinanza del 2002) né un’illegittimità derivante dal lungo lasso di tempo trascorso tra l’ordinanza del 2002 e quella del 2005 (posto che, stante l’inadempimento dei privati all’ordine di messa in sicurezza dei luoghi, era preciso dovere dell’amministrazione intervenire medio tempore, come in effetti è stato fatto, con i tempi tecnicamente necessari per realizzare gli interventi di messa in sicurezza).

6. Il ricorso principale ed i motivi aggiunti sono, pertanto, integralmente da respingere.

In deroga al principio della soccombenza, ed in considerazione sia della modalità di svolgimento dei fatti sia delle questioni giuridiche trattate, il Collegio rinviene giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione seconda, definitivamente pronunciando,

Respinge

il ricorso ed i motivi aggiunti di cui all’epigrafe.

Compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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