Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-12-2010) 18-02-2011, n. 6237 Indagini preliminari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’ordinanza impugnata veniva confermata l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bari in data 17.9.2010, con la quale veniva applicata nei confronti del M. la misura cautelare della custodia in carcere per il reato continuato di violazione di domicilio, tentata rapina aggravata ed omicidio preterintenzionale, commesso il (OMISSIS) in concorso con V.S. introducendosi con violenza nell’abitazione della ottantaquattrenne Ma.Ma. in (OMISSIS), spingendo quest’ultima a terra, colpendola ripetutamente con calci e pugni per farsi consegnare somme di denaro e cagionandone in tal modo il decesso, verificatosi il giorno seguente.

Il ricorrente lamenta violazione dell’art. 360 c.p.p. e carenza di motivazione in ordine al rigetto dell’eccezione di nullità dell’accertamento tecnico relativo alla comparazione del DNA, sul quale l’ordinanza impugnata fondava la sussistenza dei gravi indizi a carico dell’indagato.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato nei termini che seguono.

Con l’ordinanza impugnata si riepilogavano i primi risultati delle indagini rilevando che nell’abitazione della Ma. veniva repertato un mozzicone di sigaretta di marca Diana rossa; che il M. veniva sorpreso dai Carabinieri il giorno seguente a quello del fatto mentre usciva con la V. da un’abitazione poco distante da quella della vittima; che i militari notavano corrispondenza fra i connotati del predetto e la descrizione dell’aggressore fornita dalla vittima nell’immediatezza del fatto;

che il M. e la V., sentiti a sommarie informazioni testimoniali rendevano versioni discordanti sui loro movimenti del giorno precedente; e che nell’occasione gli operanti constatavano come il M. fumasse una sigaretta Diana rossa, sul cui mozzicone veniva poi eseguito con esito positivo l’esame comparativo del DNA rispetto a quello rinvenuto sul luogo di commissione dei reati. Si rigettava poi l’eccezione di nullità dell’accertamento tecnico per omesso avviso al difensore richiamandosi i precedenti giurisprudenziali sull’essere detto avviso dovuto solo laddove un indagato venga individuato ed osservandosi che al momento in cui l’accertamento veniva effettuato il M. non risultava sottoposto ad indagini, tanto da essere assunto a sommarie informazioni, e neppure era indagabile, non essendo emersi da quell’esame testimoniale elementi a suo carico. E si concludeva che a carico del M. sussistevano, all’esito dell’accertamento tecnico, gravi indizi di colpevolezza costituiti, oltre che al risultato dell’analisi, dalla corrispondenza del predetto alla descrizione della vittima, dalle dichiarazioni rese l’8.5.2010 da Ma.Ge., il quale vedeva il M. e la V. in prossimità del luogo della rapina pochi minuti prima dell’esecuzione della stessa, e dalla precaria situazione economica degli indagati.

Il ricorrente, accennando agli orientamenti giurisprudenziali formatisi in relazione all’art. 63 c.p.p. sull’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese in difetto di assistenza difensiva ed in presenza di elementi non equivoci di reità o di prospettabili ipotesi investigative e sull’irrilevanza a questo proposito del dato formale dell’iscrizione del dichiarante nel registro delle notizie di reato, rileva che pari menti irrilevante è nella specie che il M. sia stato sentito in mancanza di un difensore; che nel momento in cui veniva disposto l’accertamento tecnico sussistevano già a carico del M. gli elementi che la stessa ordinanza impugnata descrive come indizianti, quali la corrispondenza alla descrizione della vittima, le dichiarazioni del teste Ma., i precedenti penali specifici dell’indagato, la difformità delle iniziali dichiarazioni del M. rispetto a quelle della V. e l’uso di sigarette identiche a quella repertata; e che, escludendosi l’utilizzabilità dell’esito dell’esame tecnico, gli altri elementi non raggiungono il livello della gravità indiziaria.

L’eccezione di inutilizzabilità dell’accertamento tecnico nei confronti dell’indagato, proposta da ricorrente, è indubbiamente fondata.

Se è vero infatti che il prelievo di tracce biologiche e l’analisi delle stesse sono attività processuali che, in quanto svolte nell’ambito di indagine contro ignoti, sono valide anche in assenza della garanzie di partecipazione difensiva previste dall’art. 360 c.p.p., è vero altresì che tale principio opera in quanto il rispetto di dette garanzie sia impossibile a cagione della mancanza di soggetti indagati (Sez. 2, n. 37708 del 24.9.2008, imp. Vastante, Rv. 242094). Laddove una persona sia raggiunta da indizi di reità quale autore del reato oggetto delle indagini, il dato formale della mancata iscrizione di detta persona nel registro degli indagati non esclude che alla stessa sia dovuto l’avviso di esecuzione dell’accertamento con la conseguente assicurazione dei diritti di assistenza difensiva (Sez. 4, n. 33404 del 14.7.2008, imp. Bufano, Rv. 240903); e ciò proprio per la possibilità di provvedere a tali incombenti in presenza di un soggetto identificabile quale destinatario delle garanzie di legge. Ed a tal fine, facendo richiamo a quanto analogamente stabilito ai fini della previsione di cui all’art. 63 c.p.p., correttamente menzionato dal ricorrente quale riferimento indicativo dei parametri sulla ricorrenza delle condizioni per il riconoscimento delle garanzie difensive, è sufficiente la ravvisabilità di indizi precisi anche se non gravi (Sez. 5, n. 24953 del 15.5.2009, imp. Costa, Rv. 243891).

Nel caso in esame, dalla stessa motivazione del provvedimento impugnato risulta che al momento in cui veniva effettuato l’accertamento in discussione il M. era raggiunto da una serie di elementi che lo collegavano al reato, segnatamente la corrispondenza alla descrizione dell’aggressore rilasciata della vittima, le dichiarazioni del teste Ma. sulla presenza del M. nella zona e nel tempo di commissione del fatto, le discordanze nel racconto dell’indagato sui suoi movimenti del giorno precedente e l’uso di sigarette di marca e tipo corrispondenti al mozzicone repertato nell’abitazione della vittima, dato ultimo che specificamente richiamava l’attenzione degli inquirenti sull’opportunità di eseguire l’accertamento. Siffatti elementi, salvo quanto si dirà nel seguito, assumevano senza dubbio natura di indizi quanto meno precisi di reità a carico del M.;

essendo di conseguenza irrilevante a questo fine che le dichiarazioni del predetto fossero state assunte a sommarie informazioni testimoniali. Tanto imponeva che l’accertamento venisse eseguito nei suoi confronti nelle forme garantite; della cui mancata adozione deriva la nullità e comunque l’inutilizzabilità dell’atto processuale e del relativo esito.

2. Le conclusioni appena acquisite non implicano tuttavia di per sè l’annullamento del provvedimento impugnato, con il quale veniva confermata l’applicazione nei confronti del ricorrente della misura cautelare a seguito del riconoscimento della sussistenza a suo carico di gravi indizi in ordine al reato oggetto del procedimento. Occorre invero accertare a questo punto se, prescindendo dall’elemento per il quale è ravvisabile l’inutilizzabilità, gli altri dati probatori esposti nella motivazione del provvedimento impugnato aggiungano o meno autonomamente il livello della gravità indiziaria; sottoponendo detti elementi alla cosiddetta prova di resistenza (Sez. 5, n. 37694 del 15.7.2008, imp. Rizzo, Rv. 241299).

Orbene, da quanto prospettato nell’ordinanza oggetto di gravame e non contestato dallo stesso ricorrente, il quale vi ha anzi fondato i propri rilievi in tema di inutilizzabilità dell’accertamento tecnico, il M. corrisponde nei propri connotati fisici alla descrizione dell’aggressore che gli inquirenti riuscivano ad ottenere dalla persona offesa nell’immediatezza del fatto; veniva individuato dal teste Ma. come presente nei pressi dell’abitazione della vittima pochi minuti prima della commissione del reato; e fumava sigarette corrispondenti a quella utilizzata da uno dei rapinatori e lasciata sul luogo del delitto.

La sommatoria di questi elementi, ciascuno dei quali efficace nel collocare il ricorrente in un limitato ambito comune agli esecutori del reato, quale quello dei soggetti aventi caratteri fisici analoghi a quelli di uno dei rapinatori, dei soggetti presenti nel contesto spaziale e temporale immediatamente circostante alla rapina della realizzazione del fatto e dei soggetti fumatori di sigarette di marca Diana rosse, restringe alla persona del M. il campo dei possibili responsabili del fatto con la probabilità qualificata nella quale si sostanzia il requisito della gravità indiziaria di cui all’art. 273 c.p.p. (Sez. 4, n. 37878 del 6.7.2007, imp. Cuccaro, Rv. 237475). Pur non tenendosi conto dell’esito dell’esame del DNA rilevato sui mozziconi repertati, sussistono pertanto a carico del ricorrente indizi di colpevolezza non solo precisi, ai fini di quanto discusso al punto precedente, ma altresì gravi; indizi che reggono validamente alla menzionata prova di resistenza, e che giustificano pertanto il mantenimento della misura cautelare in atto. Il ricorso deve di conseguenza essere respinto, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *