Cass. civ. Sez. II, Sent., 31-03-2011, n. 7486 Revocazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La s.p.a. Trasimeno ed il suo legale rappresentante A.N. anche in proprio proponevano opposizione avverso l’ordinanza – ingiunzione n. 32780 in data 8 luglio 2004, con la quale il Comune di (OMISSIS) aveva loro applicato la sanzione amministrativa di Euro 6.207,04 per violazione del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 109, art. 2 (Attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE concernenti l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari).

Il Giudice di pace di Latina, con sentenza n. 565 in data 2 maggio 2005, respingeva l’opposizione, sul rilievo che la dicitura "TRASIMENO", non seguita dalla indicazione s.p.a., apposta in grande evidenza sulla etichetta della bottiglia di olio di oliva oggetto dell’accertamento, non poteva essere ricondotta alla ragione sociale dell’impresa produttrice dell’olio, e poteva trarre in inganno il consumatore, non particolarmente avvertito, circa il luogo di produzione dell’olio e, soprattutto, circa il luogo di provenienze della materia prima, cioè delle olive.

Con atto notificato a mezzo del servizio postale, la s.p.a. Trasimeno e l’ A. proponevano ricorso, con unico motivo, per la cassazione della sentenza del Giudice di pace di Latina.

Il Comune di Aprilia si costituiva con controricorso.

Questa Corte, con l’ordinanza della Sezione Seconda civile 5 settembre 2008, n. 22381, ha dichiarato inammissibile il ricorso e condannato la società ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controparte.

La Corte ha rilevato che il ricorso era stato proposto oltre il termine lungo di impugnazione previsto dall’art. 327 cod. proc. civ., computato il periodo di 46 giorni per la sospensione durante il periodo feriale, giacchè la sentenza impugnata risultava depositata in cancelleria il 2 maggio 2005, mentre il ricorso era stato notificato a mezzo del servizio postale il 19 giugno 2006 (data di spedizione), laddove il termine lungo di impugnazione scadeva il 17 giugno 2006.

Per la revocazione dell’ordinanza della Corte di cassazione la s.p.a.

Trasimeno e l’ A. hanno proposto ricorso, con atto notificato il 30 ottobre 2009, sulla base di un unico motivo.

Ha resistito, con controricorso, l’intimato Comune.

In prossimità dell’udienza i ricorrenti hanno depositato una memoria.
Motivi della decisione

1. – Preliminarmente, va esaminata l’eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso per revocazione, sollevata dal Comune controricorrente sul rilievo che l’impugnazione avrebbe dovuto essere proposta – anzichè nel termine lungo di cui all’art. 327 cod. proc. civ. – nel termine breve ex art. 325 cod. proc. civ., avendo i ricorrenti dimostrato, tramite il pagamento delle spese processuali di soccombenza nel dicembre 2008, di avere piena conoscenza, già in quella data, del contenuto della ordinanza della Corte di cassazione.

1.1. – L’eccezione è infondata.

Il termine breve di impugnazione decorre soltanto in forza di una conoscenza "legale" del provvedimento da impugnare, e cioè di una conoscenza conseguita per effetto di un’attività svolta nel processo, della quale la parte sia destinataria o che essa stessa ponga in essere, e che sia normativamente idonea a determinare ex se detta conoscenza o tale, comunque, da farla considerare acquisita con effetti esterni rilevanti sul piano del rapporto processuale (Cass., Sez. 2^, 10 giugno 2008, n. 15359; Cass., Sez. 1^, 1 aprile 2009, n. 7962); non integra, pertanto, una conoscenza per fatti equipollenti il pagamento delle spese di soccombenza effettuato dalla parte che – ricevuta la comunicazione della notizia, da parte del cancelliere, dell’avvenuto deposito della sentenza mediante biglietto contenente il dispositivo della stessa – abbia dato seguito alla richiesta di adempimento in via bonaria inviata dal difensore del vincitore al collega avversario.

2. – La domanda di revocazione dell’impugnata ordinanza della Corte di cassazione è fondata.

Risulta infatti per tabulas dalla documentazione in atti – in particolare dal timbro a secco, posto nell’ultima pagina del ricorso, sottoscritto dall’ufficiale giudiziario e recante la data del 17 giugno 2006 ed il numero progressivo 18651 – che il ricorso per cassazione, portato dall’ufficiale giudiziario il 19 giugno 2006 all’ufficiale postale per essere spedito, è stato consegnato all’ufficio notifiche il 17 giugno 2006 e che in tale giorno il notificante ha provveduto a corrispondere i diritti di notifica e le spese postali.

Di ciò l’ordinanza impugnata, per mera svista materiale, non si è avveduta.

La citata ordinanza è, quindi, l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti di causa; e di un errore rilevante, considerato: (a) che la notifica di un atto processuale, almeno quando debba compiersi entro un determinato termine, si intende perfezionata, dal lato dell’istante, al momento dell’affidamento dell’atto all’ufficiale giudiziario, posto che, come affermato dalle sentenze della Corte costituzionale n. 69 del 1994 e n. 477 del 2002, il notificante deve rispondere soltanto del compimento delle formalità che non esulano dalla sua sfera di controllo, secondo il principio della scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio (Cass., Sez. lav., 13 ottobre 2010, n. 359); (b) e che la prova della tempestiva consegna all’ufficiale giudiziario dell’atto da notificare può essere ricavata dal timbro apposto su tale atto recante il numero cronologico e la data (Cass., Sez. Un., 20 giugno 2007, n. 14294).

3. – Operata la fase rescidente, può ora passarsi a quella rescissoria, procedendo alla rinnovazione del giudizio di legittimità attraverso l’esame del ricorso originariamente proposto, ricorso che è inserito nel fascicolo d’ufficio del procedimento definito con l’ordinanza revocata, che già si trovava presso questa Corte e che è stato necessariamente riunito al fascicolo relativo al ricorso per revocazione.

Con l’unico motivo del ricorso per cassazione – sotto la rubrica " art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5: violazione e falsa applicazione dell’art. 3, lett. g), della direttiva 89/104/CEE del 21 dicembre 1988; omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia" – si lamenta che il Giudice di pace non abbia tenuto conto dell’esistenza e della vigenza, dal 1948, del marchio Trasimeno, il quale non è mai stato oggetto di azione per l’accertamento di nullità. 3.1. – Il motivo è infondato.

Il Giudice di pace ha rilevato, all’esito dell’esame della documentazione acquisita, che sull’etichetta apposta sulla bottiglia oggetto dell’accertamento è apposta, con particolare evidenza grafica, la dicitura "TRASIMENO", mentre, con caratteri meno evidenti, è riportata la dizione "Olio extra vergine di Oliva" e, con caratteri assolutamente minuscoli, la dizione "Trasimeno s.p.a. – Tenuta di (OMISSIS)". Sulla base di questo accertamento, e del rilievo che la dicitura "TRASIMENO", non seguita dalla indicazione "s.p.a.", non può essere ricondotta alla ragione sociale dell’impresa produttrice dell’olio, il Giudice di pace è pervenuto alla corretta conclusione, scevra di vizi logici e giuridici, del carattere ingannevole della etichettatura, in quanto suscettibile di fuorviare il pubblico dei consumatori sulla provenienza geografica del prodotto.

I ricorrenti contestano questa conclusione, facendo leva sulla circostanza che non potrebbe essere considerato illecito l’uso, nell’etichetta, del marchio "TRASIMENO", che esiste ed è vigente dal 1948.

La censura non coglie nel segno, giacchè, in tema di confezionamento e pubblicità degli alimenti, costituisce violazione del D.Lgs. n. 109 del 1992, art. 2 l’uso improprio di un marchio registrato, posto in essere dal soggetto mediante l’etichettatura di prodotti non corrispondenti alle indicazioni contenute nel marchio, si da indurre in errore il consumatore sulle caratteristiche del prodotto, in particolare sulla sua provenienza (Cass., Sez. 2^, 13 marzo 2009, n. 6234).

D’altra parte, i ricorrenti si limitano ad asserire di avere "portato la prova documentale, versata in atti, sull’esistenza e sulla vigenza del marchio TRASIMENO dal 1948", mai "dichiarato nullo"; ma, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non riportano nè trascrivono il contenuto della risultanza processuale che il Giudice di pace avrebbe omesso di valutare, e da cui emergerebbe la corrispondenza tra le indicazioni dell’etichetta e il marchio nella titolarità della società opponente. Nè può dirsi che si tratti di circostanza pacifica, atteso che la circostanza è apertamente contestata dal Comune controricorrente, il quale ha osservato che "non può venire in considerazione quanto affermato dalla società istante circa il legittimo uso del proprio marchio, proprio perchè . . . questo è "Trasimeno s.p.a." e non "Trasimeno".

E’ evidente, pertanto, che il motivo di ricorso finisce con il risolversi nella richiesta di una diversa valutazione del merito della causa e nella pretesa di contrastare apprezzamenti di fatti e di risultanze probatorie che sono inalienabile prerogativa del giudice del merito.

4. – Il ricorso per cassazione va, pertanto, rigettato.

5. – L’accoglimento dell’istanza di revocazione esclusivamente in fase rescindente giustifica la compensazione delle spese del presente giudizio solo per 1/3, atteso l’esito della fase rescissoria, mentre per la restante parte le spese – liquidate come da dispositivo – vanno poste a carico dei ricorrenti, secondo il principio di soccombenza.
P.Q.M.

LA CORTE accoglie l’istanza di revocazione e, per l’effetto, revoca l’ordinanza della Sezione Seconda civile della Corte di cassazione 5 settembre 2008, n. 22331, anche sul capo relativo alle spese;

giudicando in sede rescissoria, decidendo sul ricorso per cassazione proposto dalla s.p.a. Trasimeno e da A.N. avverso la sentenza del Giudice di pace di Latina n. 565 del 2 maggio 2005, lo rigetta; condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso dei 2/3 delle spese processuali sostenute dal Comune controricorrente, che liquida, nell’intero, in Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge, e compensa la restante parte.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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