Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-11-2010) 18-02-2011, n. 6219

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A R.A. veniva applicata dal GIP presso il Tribunale di Sciacca in data 7 maggio 2010 la misura cautelare della custodia in carcere perchè indagata per il delitto di furto pluriaggravato in danno della gioielleria di M.G. in concorso con P. S. e C.S..

Mentre la R. distraeva l’esercente della gioielleria chiedendogli informazioni su alcuni gioielli, i due complici con destrezza si impossessavano di diversi gioielli in oro contenuti in tre cofanetti posti in un ripiano sotto il bancone della gioielleria.

Il Tribunale del riesame riteneva sussistenti sia i gravi indizi di colpevolezza, perchè la parte lesa M.G. aveva visto la R. entrare nella gioielleria con i due giovani che avevano materialmente sottratto i gioielli, perchè il coimputato C. la aveva chiamata in correità e perchè la R. venne trovata in possesso di parte della refurtiva, sia le esigenze cautelari tenuto conto del pericolo di reiterazione avendo la R. agito con molta disinvoltura, cosicchè era da escludere la occasionalità del fatto, ed essendo gravata l’indagata da precedenti penali e giudiziari anche per fatti analoghi.

Con il ricorso per Cassazione R.A. deduceva motivi di impugnazione manifestamente infondati e generici.

E’ generico il primo motivo di ricorso con il quale la R. ha dedotto il vizio di motivazione.

Ed, infatti, la ricorrente, dopo avere ricordato che è deducibile anche la discrasia esistente tra motivazione ed atti del processo, si è limitata a denunciare il mancato compiuto esame delle censure della ricorrente, senza nemmeno precisare quali aspetti della istanza di riesame sarebbero stati trascurati.

Il motivo è anche manifestamente infondato perchè il Tribunale ha riesaminato tutta la vicenda ed ha esposto con chiarezza, come si è già posto in evidenza, sia i gravi indizi di colpevolezza esistenti a carico della R., sia le esigenze cautelari; sul punto mancano contestazioni specifiche della ricorrente.

Con il secondo motivo di impugnazione la R., dopo avere riepilogato gli indirizzi giurisprudenziali in materia di indizi, ha affermato che le dichiarazioni delle parti lese erano inattendibili e che quelle del C. erano prive di riscontri individualizzanti, cosicchè non si sarebbe potuti pervenire ad una affermazione di responsabilità penale.

Premesso che in questa sede non si discute di responsabilità penale, essendo sufficiente per la emissione di misure cautelari la qualificata probabilità di colpevolezza dell’indagato, come precisato dalla giurisprudenza della Suprema Corte, va detto che il motivo si caratterizza per la sua genericità e manifesta infondatezza sia perchè la ricorrente non ha spiegato perchè la parte lesa M.G. sarebbe inattendibile, sia perchè le dichiarazioni accusatorie del C. hanno trovato pieno conforto in quelle del M. e nei fotogrammi della telecamera installata nel negozio.

Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente ha dedotto la violazione degli artt. 274 e 275 c.p.p. non essendovi pericolo per la acquisizione delle prove. Il motivo è palesemente incongruo perchè il Tribunale non ha parlato di pericolo di inquinamento probatorio, ma ha ritenuto sussistente il pericolo di reiterazione. Quanto al problema della proporzionalità e della adeguatezza della misura, va detto che il Tribunale ha posto in evidenza le gravi modalità di esecuzione del delitto ed il fatto che la ragazza era gravata da precedenti giudiziari specifici, essendo indagata per altri due furti consumati nei due mesi precedenti con le medesime modalità in danno di altre gioiellerie di (OMISSIS). Inoltre alla R. non potevano essere applicati gli arresti domiciliari per essere stata condannata nei cinque anni precedenti per il delitto di evasione. Ebbene su tali puntuali e specifici rilievi la ricorrente nulla ha osservato.

Per le ragioni indicate il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata a pagare le spese del procedimento ed a versare la somma, liquidata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

La Cancelleria è tenuta agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese del procedimento ed a versare la somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende;

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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