T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, Sent., 14-02-2011, n. 1366 Università

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente, che ha partecipato alla procedura per l’ammissione al corso di laurea specialistica in Medicina e Chirurgia anno accademico 2007/2008 attivato dalla Università degli Studi di Firenze ai sensi degli artt. 1 e 3 L. 2/8/99 n. 264 e degli attuativi DM 17/5/07 e 19/6/07, riferisce di aver conseguito punti 42,25 e di essersi collocato al 303° posto e quindi in posizione non utile rispetto al complessivo numero di posti (220) previsti per quella Università.

La attuale impugnativa, proposta con il ricorso avverso tutti gli atti in epigrafe indicati, viene affidata ai seguenti motivi:

I) Violazione per falsa applicazione artt. 1, 3, 4 L. 2/8/1999 n. 264. Violazione L. n. 241/90. Incompetenza. Eccesso di potere per disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta. Violazione dei generali principi che regolano le procedure di evidenza pubblica. Violazione artt. 2, 3, 4, 33, 34 e 97 Cost. Rep. Eccesso di potere per sviamento dal fine pubblico ed irrazionalità manifesta. Incostituzionalità della legge n. 264/99 con riferimento agli artt. 2, 3, 4, 33, 34 e 97 Cost. Rep. Illogicità dell’azione amministrativa e violazione del principio di ragionevolezza.

Richiamata la normativa che disciplina il procedimento di accesso ai corsi di laurea programmati e cioè:

– la legge n. 264/99 che definisce i principi ed i criteri direttivi cui deve attenersi la programmazione;

– il decreto, con cui il MIUR determina annualmente il numero dei posti al livello nazionale e li ripartisce tra le singole università (secondo i parametri indicati alla lett. b. del comma 1 art. 3 L. n. 264/99);

– il regolamento con cui il MIUR, ai sensi dell’art. 9 comma 4 L. n. 341/90 e succ. mod. (per come richiamato dall’art. 3 L. n. 264/99) disciplina, previo parere del CUN, la procedura dell’accesso ai posti;

rileva il ricorrente, con riferimento all’anno accademico 2007/2008 ed alle surrichiamate disposizioni di legge, che il MIUR avrebbe dato solo parziale attuazione emanando due decreti:

il DM 17/5/07 che ha definito le modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea programmati a livello nazionale ai sensi dell’art. 4 comma 1 ultima parte L. n. 264/99;

ed il DM 19/06/07 determinativo del numero dei posti disponibili per le immatricolazioni al corso di laurea in Medicina e Chirurgia ripartendolo tra le singole università.

Il MIUR nel programmare l’accesso ai corsi di laurea per lo stesso anno accademico 2007/2008 ha tuttavia omesso di emanare il regolamento di cui all’art. 3 comma 1 L. n. 264/99 che avrebbe dovuto predeterminare il procedimento di accesso e definire ab origine i criteri generali in base alle quali la complessa procedura doveva articolarsi, né alla omessa emanazione da parte del MIUR del Regolamento di cui all’art. 3 comma 1 L. n. 264/99 può supplire il DM 17/05/07 (ovvero le norme tecniche a questo allegate) poiché tale D.M. è stato emanato ai sensi dell’art. 4 comma 1 della L. n. 264/99 e quindi ai soli fini di stabilire le modalità ed i contenuti delle prove di esame e non anche la regolamentazione dell’accesso a mezzo di una procedura programmata, mentre le norme tecniche contengono in dettaglio le modalità dello svolgimento della procedura di concorso.

In particolare, per quanto riferibile alla Università di Firenze, tale Ateneo ha compilato, così come ogni Università, singole e distinte graduatorie concorsuali, valide per ciascun ateneo senza tener conto del dato nazionale e cioè della collocazione di ogni singolo candidato all’interno di una graduatoria unica nazionale.

Auspica il ricorrente, richiamando anche decisioni di questo TAR che hanno affermato che il D.M. n. 245/97 sarebbe applicabile (per la parte non in contrasto con le prevalenti disposizioni di cui alla legge 264/99) sino all’intervento ex art. 3 comma 1 della medesima legge, di altre norme regolamentari, che un più attento esame della questione conduca ad una diversa conclusione circa la indefettibilità di tale fondamentale regolamentazione, in linea con quanto previsto dal legislatore con l’art. 3 della L. n. 264/03 che ha prescritto che il MIUR debba emanare e modificare il Regolamento di cui all’art. 9 comma 4 L. n. 341/90, come modificato dall’art. 17 comma 116 L. n. 127/97, e quindi debba emanare e modificare la regolamentazione dell’accesso alle scuole di specializzazione ed ai corsi universitari con apposito Regolamento richiedente la preventiva acquisizione del parere del CUN di cui all’art. 9 comma 4 L. n. 341/90.

Evidenzia il ricorrente che a fronte di valutazioni uniche (numero di posti a livello nazionale), effettuate sulla base di dati unici, in quanto riferiti all’intero territorio nazionale (offerta formativa del sistema universitario e fabbisogno del sistema sociale e produttivo di determinate professionalità), unico deve essere anche il procedimento a mezzo del quale viene consentito l’accesso di ogni singolo aspirante, che dovrebbe tradursi in una unica graduatoria riferita all’interno territorio nazionale adottata ed approvata a livello centrale.

Ritiene che la adozione del D.M. di cui all’art. 3 – comma 1 – L. n. 264/2003 (di dovuta emanazione) avrebbe anche ovviato al verificarsi dei noti eventi che hanno caratterizzato le prove di ammissione per il corrente anno accademico ai corsi di laurea specialistica in Medicina e Chirurgia presso le Università di Bari, Catanzaro e Ancona in occasione dei quali Rettori hanno operato ciascuno, autonomamente ed autoritativamente, ovviando con mezzi differenti da Ateneo ad Ateneo, mentre stante il carattere unitario del procedimento di ammissione ai corsi universitari a numero programmato, si rendeva necessario garantire in conformità con lo stesso carattere di unitarietà, anche quella riferita allo svolgimento delle prove presso ciascun Ateneo.

Ritiene comunque che gli stessi accadimenti occorsi in determinati Atenei rivelano la esistenza di un vizio procedimentale da cui sarebbe affetta la intera selezione nazionale essendo i test unici per l’intero territorio nazionale sicchè la invalidità delle prove doveva essere dichiarata per l’intero concorso nazionale atteso che risultavano compromesse le garanzie di preventiva segretezza dei quiz e la genuinità delle prove concorsuali. Ulteriori rilievi alla procedura concorsuale di cui trattasi vengono riferiti alla violazione dei principi e criteri costituzionali ed, in particolare, quello meritocratico che deve garantire il meccanismo di selezione tecnica e neutrale dei più capaci.

Tali violazioni sarebbero desumibili:

a) dalla circostanza che sono risultati ammessi alla frequentazione del corso di laurea candidati che, rispetto al ricorrente, hanno ottenuto un punteggio inferiore ed hanno, quindi, dimostrato di avere una minore preparazione (cultura generale) e predisposizione (per la specifica disciplina oggetto del corso);

b) dalla circostanza che per l’anno accademico 2007/2008 sono stati ammessi alla frequenza dei corsi candidati, che all’esito dell’unica preselezione hanno ottenuto il medesimo punteggio conseguito dal ricorrente (anche se presso altri atenei), in spregio al principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost.;

c) dalla violazione dei principi del libero accesso allo studio ed alla formazione professionale (garantiti dagli art. 2 e 4 Cost.) che si rivelano compromessi dalla possibilità di scelte assolutamente casuali quale è quella di stabilire dal candidato la sede universitaria dove effettuare le preselezioni.

Tutte le suesposte considerazioni vengono estese anche alla individuazione delle modalità in base alle quali distribuire i candidati ammessi presso le singole sedi universitarie, in ragione del numero di posti a ciascuna di queste assegnati, anch’esse ovviabili in quanto derivanti della omissione dell’auspicato regolamento dell’art. 3 comma 1 L. n. 264/1999.

Con espresso riferimento alla validità di graduatorie singole per Ateneo, compromissivo del principio della unicità della procedura nonché compromissive del diritto allo studio in considerazione della perdita di ogni chance di ammissione presso altri atenei, viene prospettata la questione di costituzionalità delle norme di cui alla legge n. 264/99 (artt. 3 e 4) che dal tipo di procedimento legittimano la illegittimità dei decreti attuativi ( DM 17/05/07 (art. 2 commi 1 e 4) e DM 19/06/07 (art. 2)) per contrasto con gli artt. 2, 3,4, 33, 34 e 97 Cost. poiché la compressione del libero accesso allo studio e quindi alla formazione professionale può ritenersi ammissibile soltanto se finalizzata al rispetto di principi comunitari quali la garanzia degli standard formativi connessi alla potenziale offerta formativa degli atenei.

Non verrebbe ad essere garantita neanche la par condicio tra i candidati che svolgono la prova in sedi diverse, atteso che la scelta della sede viene ad assumere valenza discriminante quanto alla ammissione.

II) Violazione del DM 17 maggio 2007. Violazione art. 6 del bando.

Rilevato che dopo che le prove erano state espletate, il Ministero ha ritenuto che due dei quesiti proposti ed in particolare i nn. 71 e 79, dovevano essere annullati in quanto "irregolari" poiché il quiz n. 71 prevedeva 2 risposte esatte su 5, mentre il quiz n. 79 non prevedeva alcuna risposta esatta, e che per tale ragione sono stati annullati i quiz n. 71 e 79 considerando sufficiente ai fini della valutazione le risposte assegnate dai concorrenti ai restanti 78 quesiti, ritiene il ricorrente inaccettabile la scelta di mantenere ferma la validità delle prove sostenute il 4 settembre 2007, nonostante la riscontrata irregolarità di 2 degli 80 test somministrati in quanto violativa dell’art. 3 del D.M. 15/7/07 il quale prevede che la prova di ammissione per l’accesso ai corsi di laurea specialistica/magistrale consista nella soluzione di ottanta quesiti a risposta multipla, di cui una sola esatta tra le cinque indicate sugli argomenti parimenti indicati.

Tale decisione di mantenere valida la selezione sulla base solo di 78 quesiti non soltanto contrasta con la suindicata prescrizione, ma si pone contraria al principio della par condicio tra i candidati a favore di quelli che con riferimento al quesito 71, hanno segnato con croce una delle 3 risposte (anche se mal poste) mentre è stata annullata l’attribuzione di p. 1 ai concorrenti che invece avevano dato risposta esatta crociando una delle due alternative prospettate dallo stesso quesito.

Ritiene il ricorrente che a fronte dell’accertamento della irregolarità dei due quesiti, il Ministero avrebbe dovuto annullare tutti i test di ammissione e disporre una nuova indizione.

III) Eccesso di potere per violazione del generale principio di proporzionalità rispetto al fine pubblico. Violazione art. 3 e 97 Cost. rep.

Premesso che l’art. 3 della L. n. 264/99 prevede che la prova per l’ammissione ai corsi deve tendere a verificare la "cultura generale, sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore" dei candidati ed allo "accertamento della (loro) predisposizione per le discipline oggetto del corsi medesimi" e che il D.M. 17/05/07 ha stabilito gli argomenti oggetto degli ottanta quesiti a risposta multipla (cinque risposte per ogni quesito, di cui una sola valida) e previsto il tempo massimo per l’espletamento in 120 minuti, ritiene l’istante che i quesiti formulati ai candidati prevaricano lo scopo prefissato dall’art. 3 L. n. 264/99 (verifica della cultura generale e accertamento della predisposizione del candidato rispetto allo specifico corso di laurea), sostanziandosi per la gran parte in quesiti di difficile risoluzione (con riferimento ad una persona di media cultura generale).

Ciò in particolar modo per i quesiti vertenti sulle materie scientifiche, che dovevano mirare solo all’accertamento della predisposizione dei candidati allo specifico corso di laurea, e non certo alla conoscenza da parte di questi di aspetti assolutamente specifici delle varie materie.

IV) Violazione del principio della segretezza e dell’anonimato degli elaborati delle prove scritte vigenti in materia di pubblici concorsi. Eccesso di potere per violazione del principio di imparzialità e sviamento in quanto la procedura selettiva su cui si controverte è inficiata dalla effettuazione di operazioni (per quanto concerne l’inserimento nelle buste delle risposte da parte dei candidati, la loro consegna al termine della prova e la loro conservazione da parte della Università) che rivelano la inosservanza della garanzia dell’anonimato della prova concorsuale, tenuto conto che ad ognuno dei codici a barre apposto su ciascun modulo ritenuto valido dai candidati (e leggibile attraverso la finestra trasparente della busta in cui lo stesso doveva essere consegnato) corrispondeva un nominativo facilmente conoscibile.

Ciò perche i fogli anagrafici sul quale il codice e il nominativo sono abbinati sono stati consegnati dai candidati ai commissari che presiedevano le operazioni senza alcuna accortezza tesa ad impedire la conoscibilità dell’abbinamento.

La omissione di tali cautele ha potuto consentire, ritiene il ricorrente, la verificazione di sostituzioni o modifiche degli elaborati, di conoscibile provenienza prima dell’inizio della correzione, ovvero durante la stessa.

Il contraddittorio è stato istituito nei confronti:

1) dei Ministeri: Istruzione Università e Ricerca, della Salute, e della Università degli Studi di Firenze, tutti costituitisi in giudizio a mezzo della Avvocatura Generale dello Stato;

2) di C.I., e degli altri di cui è stata autorizzata la notifica nella forma per pubblici proclami, già eseguita.

Con Ordinanza di questa Sezione sono stati disposti incombenti istruttori già eseguiti dalla Università degli Studi di Firenze.

In memoria conclusiva depositata in vista della pubblica udienza di trattazione del gravame nel merito il ricorrente richiama quanto già denunciato nel ricorso introduttivo specie con riguardo all’annullamento di soli due quesiti, anziché della intera procedura, e richiama altresì il precedente costituito dalla sentenza di questa Sezione n. 5986 del 18/6/2008 che anche sotto tale profilo ha accolto la impugnativa all’epoca proposta da altri ricorrenti, concludendo con richiesta di accoglimento del ricorso e di risarcimento del danno.

Alla udienza del 4/3/2010 la causa è passata in decisione.
Motivi della decisione

L’esito della istruttoria disposta da questa Sezione per conoscere le vicende anche successive in relazione alla posizione del ricorrente con riguardo, in particolare, ad eventuali avvenuti scorrimenti di graduatoria a suo vantaggio, ha reso invece evidente la persistenza di attuale interesse dello stesso alla definizione, nel merito, del ricorso, non rinvenendosi alcun provvedimento, tra quelli evidenziati dall’Amministrazione in sede ottemperativa alla stessa istruttoria, che si renda satisfattivo della sua attuale pretesa di ammissione alla iscrizione alla Facoltà di Medicina e Chirurgia prendendo a riferimento l’anno accademico 20072008 e sin dallo stesso anno.

Va peraltro precisato che le questioni sottoposte all’esame del Collegio sono state oggetto di particolari vicende, anche di ordine processuale che hanno richiesto, nonostante l’adempimento della Università degli Studi di Firenze alla Ordinanza collegiale n. 1759/09, successive apposite e prolungate riconsiderazioni riesaminative della intera controversia atteso che il ricorrente nel gravame e successiva memoria aveva fatto specifico riferimento ad anteriori decisioni, alcune favorevoli alle sua attuali istanze giudiziarie (vedasi quelle indicate nel primo motivo di ricorso) ed, in special modo alla sentenza n. 5986 del 18/6/2008 di questa stessa Sezione che, sotto alcuni dei profili denunciati dall’attuale ricorrente, aveva parzialmente accolto la impugnativa proposta da altri ricorrenti, ma che tuttavia era stata riformata da successiva sentenza del Consiglio di Stato (Sez. VI n. 2127 del 6/4/09) sia pure per profili attinenti alla inammissibilità della impugnazione.

Tanto premesso passando all’esame delle censure svolte nel ricorso, sono infondate, ad avviso del Collegio, quelle, contenute nel primo motivo con cui il ricorrente richiamata la normativa che disciplina il procedimento di accesso ai corsi di laurea programmati e cioè la l. n. 264/1999 che definisce i principi ed i criteri direttivi cui deve attenersi la relativa programmazione, e richiamato altresì il decreto con cui il MIUR determina annualmente il numero dei posti di livello nazionale e li ripartisce tra le singole università (secondo i parametri indicati alla lett. b del comma 1 dell’art. 3 della suindicata L. n. 264/1999) rileva che per l’anno accademico 2007/2008 alle suindicate disposizioni sarebbe stata data solo parziale attuazione essendo stati emanati due decreti (il D.M. 17/5/2007 concernente le modalità e i contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea programmati a livello nazionale ed il D.M. 19/6/07 determinativo del numero dei posti disponibili per le immatricolazioni ripartiti tra le singole Università) ma essendo stata tuttavia omessa la emissione del regolamento di cui all’art. 3 comma l. n. 264/1994 che avrebbe dovuto predeterminare il procedimento di accesso e definire i criteri generali in base alle quali la complessa procedura doveva articolarsi.

Rileva il Collegio che tali censure, per espressa ammissione del ricorrente, sono rivolte a sostenere la necessità di una unica graduatoria riferita all’intero territorio nazionale attesa la unicità del procedimento a mezzo del quale viene consentito l’accesso ai concorrenti, come se la emanazione del Regolamento dallo stesso denunciato come illegittimamente omesso avrebbe ovviato alla stessa necessità (tale ritenuta dal deducente) della formazione di unica graduatoria nazionale da redigersi ed approvarsi a livello centrale ed avrebbe così evitato, prosegue il ricorrente, ingiustificate discriminazioni tra i candidati, favoriti o meno a seconda dell’Ateneo prescelto.

Senonchè proprio con riferimento alle graduatorie singole per ogni Università rispetto alla possibilità di una unica graduatoria nazionale dalla quale attingere per consentire l’accesso a Facoltà a numero chiuso è stato precisato che la stessa si traduce in una scelta altamente discrezionale e che non appare manifestamente illogica posto che con essa si è inteso dare rilievo a profili logistici e pratici meglio gestibili e che comunque tale sistema consente la selezione degli aspiranti più preparati e quindi più meritevoli (cfr. per tale conclusione TAR Lazio Sez. III bis 18/6/2008 n. 5986).

A tale proposito, anche le censure parimenti svolte nel primo motivo, con cui viene posto in dubbio che la scelta degli ammessi alla iscrizione avvenga sulla base di un principio meritocratico garantito dalla Costituzione, compromesso invece dal sistema di selezione adottato il quale non garantirebbe né la parità di uguaglianza degli aspiranti alla iscrizione ai corsi universitari né il libero accesso allo studio, anch’esso garantito a livello di principio costituzionale, risultano infondate.

Va al riguardo rilevato quanto segue anche con riferimento a principi di ordine comunitario cui sembra richiamarsi il ricorrente allorquando nel dubitare della salvaguardia dei valori meritocratici intende auspicare una selezione sulla base di un criterio ancorato a "standards" di appropriata formazione professionale.

E’ stata già posta in luce, in tema di accesso a numero chiuso ai corsi di laurea universitaria, che la legge 2/8/1999 n. 264 è compatibile con la direttiva 7/9/2005 n. 2005/36/C.E. relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali.

La stessa legge non può ritenersi in contrasto con la normativa comunitaria che contiene un mero obbligo di risultato consistente nella predisposizione di misure adeguate a garantire la qualità teorica e pratica dell’apprendimento, lasciando liberi i singoli stati di individuare gli strumenti giuridici più adatti per conseguirlo (cfr. TAR Lazio Sezione III bis 11/3/2009 n. 2443).

Quanto alla compromissione della condizione di parità e di uguaglianza degli aspiranti alla iscrizione nonché del diritto allo studio valga quanto poc’anzi precisato con il richiamo alla sentenza TAR Lazio Sez. III bis n. 5986/2008 con cui è stato rilevato che anche il sistema della pluralità di graduatorie anziché di una a livello nazionale consente ugualmente la selezione degli aspiranti più preparati ed anche più meritevoli.

Le censure contenute nel secondo motivo attengono alla ormai nota questione dell’annullamento in sede amministrativa dei soli test n. 71 e 79 (anziché della intera procedura).

Giova in via preliminare osservare quanto al quiz n. 71 su cui insiste con rilievi particolari il ricorrente, che quest’ultimo non ha interesse a denunciare la esistenza di vizi intrinseci all’annullamento dello stesso quesito n. 71 poiché anche nella ipotesi in cui gli venisse attribuito il punteggio (p. 1) previsto per la risposta a tale quesito, parimenti non otterrebbe la collocazione in graduatoria utile per la immatricolazione al Corso di Laurea attesa la sua collocazione nelle graduatorie in posizione molto distante dall’ultimo concorrente collocato, a seguito di scorrimento dalla graduatoria, al 250° posto con un punteggio di 44,25 mentre il ricorrente ha ottenuto p. 42,25 e si è classificato alla posizione n. 303.

Tanto precisato, va evidenziato quanto segue in ordine alla conduzione dell’esame su test ridotti in numero inferiore (78) rispetto a quello prestabilito (80).

Ferma la insindacabilità di determinazioni considerabili rimesse a decisioni dell’amministrazione di ordine discrezionale, va rilevato che non è dato rinvenire la esistenza di profili di illegittimità per la avvenuta valutazione su test ridotti nel numero rispetto a quello prestabilito.

Sono stati infatti eliminati due quesiti non validi in quanto errati o mal posti a domanda, che tale carattere presentavano sin dall’origine della predisposizione dei test da parte della Commissione di esperti.

Sempre senza entrare in considerazioni di ordine discrezionale, va opportunamente sottolineata la esiguità numerica (solo due su ottanta) dei quesiti annullati, rivelatrici di una ritenuta incidenza di lieve entità sull’intero questionario delle domande che è stato considerato non intaccato nella sua idoneità selettiva dei ricorrenti da ammettere alla iscrizione i quali, in conseguenza dell’annullamento disposto in via generale per tutti, sono rimasti nella stessa condizione per quanto concerne la possibilità di esprimere le loro capacità sulla base dei quesiti non annullati.

Risulta di conseguenza infondata anche la ulteriore denuncia della irregolarità della invalidazione degli stessi due quesiti in quanto tardivamente disposta dopo che i concorrenti avevano già terminato, con la consegna dei relativi fogli, le risposte ai test loro proposti.

Si ribadisce quanto già evidenziato in ordine alla invalidità sin dall’origine dei quesiti annullati non assumendo perciò nessuna rilevanza il loro annullamento intervenuto dopo la ultimazione delle prove il quale non ha alterato la situazione di "par condicio" dei concorrenti.

Ciò perché le paventate situazioni di disparità di trattamento che si sarebbero ingenerate a sfavore dei candidati che avevano impiegato tempo eccesivo nel fornire una risposta a quesiti errati o mal formulati, a vantaggio di coloro che invece avevano preferito esaminare e rispondere agli altri quesiti senza indugiare, più del necessario, su quelli di impossibile univoca soluzione non appaiono al Collegio convincenti né determinanti.

E’ sufficiente rilevare che i concorrenti erano stati preventivamente avvertiti dalla limitatezza del tempo loro concesso (due ore) per la soluzione dei quesiti proposti (in numero di 80).

Sempre beninteso nei ristretti limiti della ipotizzabilità di eccessi di tempo da ritenersi comunque non consentiti a concorrenti chiamati a fornire risposte entro prestabiliti ed invalicabili periodi di tempo, risultava agevole per tutti i candidati avvedersi del tempo che andavano impiegando nella formulazione delle risposte che ove eccessivamente prolungato solo per risolvere un determinato quesito era da ritenersi non consentito ed avrebbe dovuto indurli a passare alla soluzione degli altri a pena di vedersi decurtato il punteggio ove avessero lasciato mutilate o notevolmente ridotte le risposte all’intero questionario sul quale erano da attribuirsi i punteggi.

L’annullamento dei due quesiti anomali valevole per tutti i concorrenti ha ricollocato gli stessi in situazione di parità restando così spuria ogni considerazione sia sull’impiego da parte di alcuni concorrenti di un tempo eccessivo, neppure consentito dalle regole valevoli per uno svolgimento a tempo dei test, sia sulla circostanza che alcuni candidati potessero fortunosamente svolgere test accertati come di impossibile o problematica soluzione, che in quanto tali erano da espungersi dal questionario siccome viziati sin dalla loro predisposizione.

Restano da esaminare le doglianze che i ricorrenti indirizzano al mancato annullamento di tutta la procedura che avrebbe dovuto essere disposta come diretta conseguenza della verificazione di varie irregolarità (alcune riconducibili anche alla violazione del principio di segretezza) in vari Atenei.

Le stesse vengono accomunate dal ricorrente nella loro consistenza (vedasi al riguardo anche il primo motivo) in eventi che hanno caratterizzato le prove di ammissione in altri Atenei (nel ricorso indicati) in occasione della cui verificazione i Rettori avrebbero alle stesse ovviato con mezzi differenti da Ateneo ad Ateneo.

Tali rilievi vengono posti come indistinte denunce di livello indiziario. Ciò perché a differenza che per gli altri Atenei in cui è stato disposto l’annullamento della procedura in via amministrativa per l’emersione di fatti precisi, anche se non definitivamente accertati che avevano costituito oggetto di denunce anche in sede penale, non può invece esaudirsi la richiesta di annullamento formulata dall’attuale ricorrente che le sue rilevazioni basa su considerazioni di mera possibilità dei paventati effetti pregiudizievoli che dalle circostanze o dai comportamenti ovvero dalle irregolarità dallo stesso tali ritenute, sarebbero derivati sulla regolarità delle procedure di ammissione. Ciò in particolare anche delle operazioni relative alla consegna degli elaborati da parte dei candidati dopo lo svolgimento delle prove.

E’ infatti in relazione a tale particolare fase che viene denunciata dall’attuale istante la violazione dei principi di segretezza e dell’anonimato.

Senonchè anche tali rilievi (quali ad esempio la consegna di buste aperte contenenti gli elaborati e del c.d. foglio anagrafico da cui si sarebbe resa agevole la individuazione del nominativo del concorrente che avrebbe dovuto restare anonimo sino all’avvenuto esame delle risposte ai quiz da parte dell’Organo competente) si rilevano posti come denunce di livello indiziario ovvero ipotetico di possibili verificazioni di compromissione degli stessi valori garantistici dell’anonimato e della segretezza.

In assenza di un principio di prova, anche se minimale, in ordine agli effetti delle irregolarità lamentate, la relativa denuncia si risolve anch’essa in una segnalazione di indeterminata valenza, come tale insuscettibile, di per se sola, di costituire elemento idoneo ad inficiare gli esiti e i risultati scaturiti dall’avvenuto esame delle prove svolte.

Il ricorso non offre dunque nessun profilo che ne consenta l’accoglimento e va pertanto rigettato mentre per quanto concerne le spese si ravvisano motivi giustificativi della loro compensazione tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Sez. III bis) rigetta il ricorso indicato in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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