Cass. civ. Sez. V, Sent., 31-03-2011, n. 7379 Avviso di accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte, osserva quanto segue:

Con atto notificato il 4/10/2006, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso contro la sentenza in epigrafe indicata, di cui ha chiesto la cassazione con ogni consequenziale statuizione.

L’intimato T.A. ha resistito con controricorso e la controversia è stata decisa all’esito della pubblica udienza del 4/2/2011.
Motivi della decisione

Dalla lettura della sentenza impugnata, del ricorso e del controricorso risulta pacificamente in fatto che il 24/8/1990 T.A. ha ceduto a L.T.A. le quote a lui intestate della sas Azienda Agricola La Torretta di Sandro Testa & C. in considerazione della mancata dichiarazione della plusvalenza conseguentemente realizzata, l’Ufficio II. DD. notificava un avviso di accertamento al T., che lo impugnava sostenendo di avere partecipato all’atto in qualità di mero prestanome della suocera C.R., che per sottrarsi alla possibile azione dei creditori l’aveva pregato d’intestarsi le sue quote e di trasferirle il ricavato subito dopo la loro cessione. La Commissione Tributaria Provinciale di Salerno ha rigettato il ricorso ed il contribuente si è gravato alla Commissione Regionale, che dopo aver preso atto della sua assoluzione da parte del Tribunale penale di Salerno, ha riformato la decisione di primo grado in quanto dalla documentazione acquisita si rilevava che il ruolo del T. era stato effettivamente quello di semplice soggetto interposto.

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato l’anzidetta statuizione per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 654 c.p.p., del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 11414 c.c. e segg. e dei principi generali sulla simulazione, nonchè per omessa, insufficiente ed illogica motivazione su punto decisivo della controversia, sostenendo che i giudici a quo avevano errato nel riconoscere efficacia vincolante alla sentenza di assoluzione del T. che, in ogni caso, non avrebbe potuto invocare la natura fittizia del suo intervento per sottrarsi all’adempimento degli obblighi tributar comunque assunti con la partecipazione all’atto di cessione delle quote. Così riassunte le doglianze della ricorrente, di cui l’intimato ha contestato la fondatezza, osserva il Collegio che pur avendo fatto menzione della pronuncia penale, la Commissione Regionale non si è limitata a conformarsi ad essa, in quanto ha proceduto ugualmente all’esame della documentazione in atti, pervenendo proprio in base ad essa al convincimento che il T. era rimasto sostanzialmente estraneo all’operazione di trasferimento della partecipazione societaria. Per questo motivo ha quindi accolto il gravame del contribuente senza, però, considerare che anche il soggetto interposto acquista comunque la disponibilità giuridica e, dunque, il possesso dei redditi derivanti dall’atto cui partecipa, sicchè può essere chiamato a risponderne dalla Amministrazione finanziaria che, tuttavia, per effetto del generale divieto della doppia imposizione, non può pretendere di il pagamento dell’imposta sia dall’interponente che dall’interposto cui, di conseguenza, spetta la possibilità, in fase di riscossione, di evitare il versamento o, successivamente, di richiedere il rimborso di quanto eventualmente già corrisposto per il medesimo titolo dall’interponente (v. in tal senso il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 che pur contenendo aggiunte introdotte in epoca posteriore a quella di cui si discute, rappresenta l’espressione di principi applicabili anche nella presente fattispecie perchè già presenti fin da prima nell’ordinamento).

In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va pertanto cassata senza necessità di un rinvio degli atti al giudice di merito, perchè avendo ammesso lo stesso T. (a pag. 3 del controricorso) di aver lamentato soltanto "la nullità ed inefficacia dell’atto impositivo in quanto, in tutti gli atti relativi alla vicenda de qua, era stato presente solo quale interposto fittizio" della C., la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi 1.300,00 Euro per ciascun grado di merito ed in complessivi 3.200,00 Euro, più le spese prenotate a debito, per la presente fase di legittimità.
P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda originaria del T., che condanna al pagamento delle spese di lite, liquidate in complessivi 1.300,00 Euro per ciascun grado di merito ed in complessivi 3.200,00 Euro, più le spese prenotate a debito, per la presente fase di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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