T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, Sent., 15-02-2011, n. 1424 Società

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in epigrafe, notificato in data 23 dicembre 2008 e depositato il successivo 17 dicembre, i sigg.ri C.S. e M.V., in qualità di soci della cooperativa Agricola S. s. a r.l. hanno impugnato, chiedendone l’annullamento, il decreto ministeriale n. 157/SAA/2008 del 29.7.2008, che dispone lo scioglimento della predetta società e la contestuale nomina del commissario liquidatore.

Questi i motivi dedotti con il ricorso:

1) violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/1990;

2) violazione dell’art. 3, comma 1, della legge n. 241/1990, con riferimento al DLgs 2.8.2002, n. 220 – carenza e genericità della motivazione;

3) violazione dell’art. 3, comma 3, della legge n. 241/1990, con riferimento all’art. 12 del DLgs 2.8.2002, n. 220 ed all’art. 2545 cod. civ. – motivazione per relationem, mancata indicazione dell’atto richiamato; difetto di motivazione;

4) violazione di legge ed eccesso di potere per carenza di istruttoria;

5) violazione del principio di proporzionalità.

Si è costituito, per resistere al ricorso in epigrafe, il Ministero delle Attività Produttive, che ne ha chiesto il rigetto per infondatezza nel merito.

Alla Pubblica Udienza del 16 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Col primo mezzo i ricorrenti denunciano la violazione del contraddittorio procedimentale in quanto il gravato decreto ministeriale di scioglimento della società cooperativa non sarebbe stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, in spregio dell’art. 7 della legge 7.8.1990, n. 241.

La censura è priva di fondamento in quanto, come risulta dalla documentazione agli atti (all. 4 depositato dalla difesa erariale), con raccomandata A/R del 22.11.2007 il Ministero dello Sviluppo Economico, a seguito delle risultanze ispettive in data 27.12.2006, provvedeva a comunicare al Presidente del Consiglio di Amministrazione della cooperativa Svi.Agri.mer e, in ogni caso, alla società medesima, l’avvio della istruttoria per lo scioglimento d’ufficio dell’ente, con nomina di commissario liquidatore.

Contrariamente all’assunto di parte ricorrente, pertanto, l’Amministrazione statale ottemperava al disposto degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/1990, dando ai soggetti interessati comunicazione dell’avvio del procedimento volto allo scioglimento della società cooperativa e contestualmente indicando il responsabile del procedimento medesimo, al quale richiedere informazioni o fornire notizie utili e/o controdeduzioni: la predetta Amministrazione non doveva ritenersi soggetta, nei riguardi della società destinataria del provvedimento di scioglimento, ad alcun altro onere di comunicazione, diverso e ulteriore, rispetto a quanto previsto dalla norma richiamata, e pertanto il primo motivo deve essere disatteso.

Con il secondo e terzo mezzo, che si esaminano congiuntamente per connessione logica delle censure, parte ricorrente deduce il difetto di motivazione del decreto impugnato, che conterrebbe un generico riferimento alle risultanze ispettive nonché il rinvio ad atti antecedenti sconosciuti, quale il parere favorevole del Comitato Centrale per le Cooperative, non indicato né trasmesso in copia alla destinataria.

Le dedotte censure sono prive di pregio e vanno disattese.

Osserva in proposito il Collegio che la motivazione provvedimentale che si contesta, pur nella sua sinteticità, contiene i corretti riferimenti all’attività istruttoria e all’attività consultiva espletate nel contesto procedimentale che ha condotto all’adozione del decreto di liquidazione impugnato. E invero, dalle risultanze dell’ispezione effettuata in data 27.12.2006 dall’Unione Nazionale Cooperative Italiane, si evince che l’ultimo bilancio depositato dalla società cooperativa risaliva all’anno 2002 e che l’ente non era più in grado di raggiungere lo scopo sociale, e pertanto veniva a trovarsi nelle condizioni che a norma dell’art. 2545 septiesdecies cod. civ. legittimano lo scioglimento della società per atto dell’autorità.

Gli stessi presupposti, peraltro, erano stati presi in esame e valutati dal predetto Comitato, nella riunione del 29.11.2007, per esprimere, con voto unanime, parere favorevole affinché la società in questione potesse essere sciolta d’autorità ai sensi del richiamato art. 2545 septiesdecies cod. civ. con contestuale nomina di un commissario liquidatore.

Per completezza di indagine va altresì considerato che il puntuale riferimento operato nel decreto impugnato al verbale ispettivo del 27.12.2006 era idoneo ad individuare con esattezza l’atto richiamato, mentre la menzione del parere favorevole del Comitato centrale per le Cooperative, seppure non accompagnata da alcuna altra indicazione, non impediva agli interessati di prenderne visione, a richiesta, presso l’amministrazione intimata, la quale era tenuta a consentirne la visione.

Le suesposte argomentazioni inducono peraltro a disattendere anche il quarto e il quinto motivo, con cui si censurano il difetto di istruttoria dell’Amministrazione e la violazione del principio di proporzionalità, in ossequio al quale, a dire dei ricorrenti, l’intimato Dicastero avrebbe dovuto adottare la soluzione idonea al caso concreto, comportante il minor sacrificio possibile per gli interessi coinvolti nella vicenda.

E’ infatti agevole osservare che il provvedimento impugnato si fonda, per rinvio al citato parere favorevole del Comitato, su due motivi concorrenti, ognuno dei quali, peraltro, autonomo rispetto agli altri e idoneo a giustificare lo scioglimento d’ufficio della società, ex art. 2545 – septiesdecies cod. civ., quali il mancato perseguimento dello scopo mutualistico e l’omesso deposito dei bilanci relativi agli ultimi due esercizi.

Oltretutto, il Collegio non può fare a meno di rilevare che la parte ricorrente in realtà omette di fornire qualunque elemento volto a provare la erroneità dei rilievi in questione e che dalla documentazione di causa non emerge una situazione di regolare tenuta della contabilità pure con riferimento agli esercizi precedenti.

Neppure può stigmatizzarsi la circostanza che l’Autorità ministeriale abbia preso atto e fatto proprio il parere della Commissione centrale per le cooperative. Trattasi infatti di un mero richiamo ad un atto endoprocedimentale verso il quale, con il ricorso introduttivo nessuna doglianza viene mossa; né la mancata conoscenza del parere stesso da parte dei ricorrenti può costituire ragione di invalidità del provvedimento impugnato, ovvero pregiudizio per l’attività difensiva dei ricorrenti stessi che avevano comunque la possibilità di prenderne visione presso l’Amministrazione medesima.

In relazione a quanto precede, il ricorso in esame si palesa infondato e deve essere respinto.

Sussistono comunque giusti motivi per disporre la compensazione integrale tra le parti delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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