Cass. civ. Sez. V, Sent., 31-03-2011, n. 7339 Imposta incremento valore immobili – INVIM

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – La SMI – Società Metallurgica Italiana, ora KME Gropup S.p.a., proponeva ricorso per ottemperanza nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, in relazione alla sentenza con la quale era stata accolta la domanda di rimborso di quanto versato a titolo di INVIM in relazione a una delibera di aumento di capitale con conferimento di beni.

1.1 – L’Ufficio, costituitosi, eccepiva di aver ottemperato mediante l’emissione dei decreti, trasmessi ai Comuni interessati, ritenuti al riguardo competenti.

1.2: – La Commissione tributaria regionale della Toscana, con la decisione indicata in epigrafe, affermata l’irrilevanza, nel giudizio di ottemperanza, di obblighi facenti capo ai Comuni, accoglieva il ricorso, nominando un commissario ad acta.

1.3 – Avverso tale decisione l’Amministrazione propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

La parte intimata resiste con controricorso, illustrato con memoria.
Motivi della decisione

2. -Il ricorso è infondato.

Invero si denuncia, con unico e complesso motivo, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 643 del 1972, art. 1, comma 2, art. 17 e art. 29, commi 4 e 5; del D.M. 9 gennaio 1996, artt. 7 e (Ndr: testo originale non comprensibile) del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, del D.Lgs. n. 237 del 1997, art. 1, artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 4, ribadendosi, in sostanza, che, avendo l’Agenzia delle Entrate disposto i rimborsi, notificando i relativi provvedimenti ai Comuni debitori, ai quali competeva l’onere economico della restituzione delle somme da rimborsare, la domanda di ottemperanza non avrebbe dovuto essere accolta.

2.1 – La Commissione tributaria regionale ha posto in evidenza come nel giudizio di ottemperanza venisse in rilievo unicamente il giudicato formatosi in ordine alla domanda proposta dalla contribuente nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, senza che potesse apprezzarsi un obbligo diretto dei comuni in merito al rimborso delle somme inerenti all’INVIM indebitamente versata.

2.2 – Tale conclusione, oltre ad evitare una estensione dei limiti soggettivi del giudicato nel giudizio di ottemperanza (cfr, per tutte, la fondamentale Corte Cost., 22 marzo 1971, n. 55), appare, per altro, conforme al quadro normativo di riferimento.

Invero, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 29, comma 4, "le somme indebitamente percette sono rimborsate al contribuente dall’amministrazione finanziaria, e, su disposizione dell’intendente di finanza, recuperate nei confronti del comune insieme con gli interessi passivi, anche mediante trattenuta suo versamenti successivi". 2.3 – Il chiaro tenore di tale norma, deponente nel senso della diretta esperibilità dell’azione di rimborso nei confronti dell’amministrazione finanziaria (la quale potrà a sua volta rivalersi nei confronti dei comuni), non può essere contraddetto dal richiamo al D.M. 9 gennaio 1996, comma 2 secondo cui "se l’Ufficio del registro non può effettuare in tutto o in parte il rimborso per insufficienza delle somme a titolo di Invim ancora da devolvere al Comune interessato, l’Ufficio medesimo trasmette, dandone comunicazione al contribuente, il predetto provvedimento con la specificazione che non si è potuto effettuare il rimborso, al comune debitore; tale comune deve provvedere direttamente al rimborso a favore del contribuente". 2.4 – In primo luogo deve rilevarsi che, riferendosi la disposizione all’obbligazione di rimborsare i contribuenti che abbiano versato Invim non dovuta, la stessa non può semplicemente ritenersi applicabile alla fattispecie in esame, nella quale, a seguito del giudicato formatosi sulla pretesa del contribuente, non si tratta più di procedere a un rimborso, bensì di dare esecuzione al titolo costituito dalla sentenza di condanna, che concreta una nuova obbligazione pecuniaria (cfr, su tale aspetto, Cass., 19 marzo 2009, n. 6666).

2.5 – Non può omettersi di rilevare, d’altra parte, come la tesi sostenuta dall’amministrazione postuli una inammissibile prevalenza del decreto ministeriale rispetto alla norma avente forza di legge, così capovolgendo il principio secondo cui, in caso di difformità, come nella fattispecie in esame appare evidente, il primo, avente natura amministrativa, deve essere disapplicato ai sensi della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, All. E. costituente, anche nel giudizio tributario, espressione di un generale potere che trova oggi espresso riconoscimento nel nuovo testo del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 così come dalla L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 12, comma 2, (cfr.

Cass., 14 marzo 2007, n. 5929).

2.6 – In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Avuto riguardo alla peculiarità della questione, ricorrono giusti motivi perla compensazione delle spese.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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