Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 01-12-2010) 21-02-2011, n. 6427

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 1 febbraio 2010, la Corte d’Appello di Torino, 3A sezione penale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Asti appellata da A.M., riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti e alla recidiva, esclusa l’aggravante dell’art. 61 c.p., n. 5 rideterminava la pena in quattro anni di reclusione ed Euro 1200,00 di multa; sostituiva la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici con quella temporanea per la durata di cinque anni. Confermava nel resto la sentenza impugnata, con la quale A. era stato dichiarato colpevole, in concorso con altri due complici rimasti sconosciuti, di rapina aggravata (per aver agito in tre persone riunite con l’uso di armi) in danno di F.V., in (OMISSIS), con la recidiva specifica ed infraquinquennale. La Corte territoriale, rigettata l’eccezione di inutilizzabilità delle conversazioni oggetto di intercettazione ambientale nella sala colloqui della Casa Circondariale di Asti e quindi preso atto del valore confessorio delle stesse e della predisposizione di testimoniale a discarico, nel merito riteneva fondata la prova della responsabilità sulla scorta della testimonianza della persona offesa che reiteratamente aveva riconosciuto l’imputato, avvalorata nella sua attendibilità dall’accertamento che pochi giorni prima della rapina l’imputato era stato controllato, alla guida del medesimo veicolo descritto da F.V., in prossimità dei luoghi;

dal fatto che la moglie dell’imputato aveva cercato di indurre il teste a ritrattare l’accusa; che l’imputato si era presentato alla ricognizione con pizzetto e sopracciglia tagliate; che pochi giorni prima la vittima era stata avvicinata da un complice con il preteso di acquistare salumi. Non sussistevano ragioni per procedere a perizia psichiatrica. Andava esclusa l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 5; sussistevano i presupposti per riconoscimento delle attenuanti generiche (da valutarsi equivalenti con le residue aggravanti) a non quelli dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4.

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’imputato, a mezzo del difensore, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: – a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) per inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e/o inutilizzabilità in quanto le intercettazioni ambientali nella sala colloqui della Casa circondariale sono state eseguite con apparecchiature esterne laddove il decreto del PM prevedeva l’uso di apparecchiature esistenti presso la Procura e senza che comunque vi fosse motivazione sulle ragioni di eccezionale urgenza e di indisponibilità degli impianti in dotazione; – mancanza di motivazione da parte della sentenza impugnata in ordine alla denunciata mancanza di motivazione sulla inidoneità/insufficienza degli impianti interni alla Procura; contraddittorietà della motivazione perchè, dopo avere affermato in premessa che le conversazioni oggetto di intercettazione ambientale costituivano mero supporto ad un quadro probatorio già univoco, le utilizzava, dopo aver respinto l’eccezione di inutilizzabilità, come prova della responsabilità dell’imputato e del suo interesse a cercare un alibi;

– erronea applicazione della legge penale in relazione alla valutazione delle prove introdotte dalla difesa, a dimostrazione che in coincidenza dell’orario della rapina, l’imputato si trovava ad (OMISSIS) presso il (OMISSIS) prove ritenute erroneamente equivoche, laddove invece i testi M. e C. erano stati precisi, contrariamente alla persona offesa che non si è mai espresso in termini di certezza assoluta sul riconoscimento dell’imputato; – mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione per non avere la Corte di appello esaminato in maniera specifica le doglianze mosse con l’appello in relazione al riconoscimento dell’imputato e alle prove contrarie introdotte dalla difesa, affermando ad esempio la presenza dell’autovettura dell’imputato al momento della rapina laddove la persona offesa mai l’ha riferita sicchè tale assunto costituisce un’"invenzione" della sentenza impugnata; – erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 628 c.p. perchè a seguito dell’esame dibattimentale della persona offesa è risultato che gli autori del reato non avevano usato armi ( F. ha riferito infatti ha parlato di una pistola semi-automatica ma poi ha precisato che così gli era stato detto) e non l’avevano neppure spintonato; – erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 628 c.p., comma 3, n. 1, alla ritenuta recidiva ed alla concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4 perchè dalla deposizione di F. non risulta con certezza quante persone fossero contemporaneamente presenti; nè risulta che la spinta sia stata data volontariamente e comunque essa è stata successiva alla sottrazione del danaro; analogamente manca la prova dell’uso di un’arma la cui esistenza è stata solo intuita.

Anche la recidiva reiterata, una volta esclusa l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 5 e riconosciute le attenuanti generiche, poteva non essere ritenuta. Erroneamente è stata esclusa l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4; – mancanza e/o contradditorietà del motivazione in relazione alle ritenute aggravanti la cui sussistenza è stata affermata, ma non motivata e alla recidiva ritenuta per la quale la motivazione è contraddittoria con quella che ha riconosciuto i presupposti delle attenuanti generiche.
Motivi della decisione

1. Il primo e il secondo motivo di ricorso sono infondati.

Come rammentato nello stesso ricorso, il PM autorizzava che le intercettazioni venissero eseguite con impianto audiovisivo presso la sala colloqui della Casa Circondariale di Asti; delegava per le operazioni gli ufficiali di p.g. del NOR dei CC di Alba con facoltà di sub-delega e nominava un consulente tecnico, con funzioni di ausiliario di p.g., "per le operazioni di installazione delle apparecchiature e la registrazione dei colloqui". La circostanza che nello stampato utilizzato sia rimasta la dizione indicante l’uso di impianti installati presso la Procura della Repubblica è stata correttamente considerata dalla sentenza impugnata come mero errore materiale, perchè dal contesto del decreto è dato evincere, al contrario, che era stato disposto l’utilizzo di un impianto di videoregistrazione necessario, in funzione di intercettazione di comunicazione tra presenti, per cogliere eventuali comunicazioni di tipo gestuale. L’inidoneità degli impianti esistenti presso i locali della Procura scaturisce dalle modalità indicate comportanti l’inesistenza di linea di collegamento con il server della Procura;

è quindi in re ipsa ed è implicita nel tipo di intercettazione disposta, nell’esigenza di utilizzo di impianto non in collegamento con l’ufficio, tanto da rendere necessaria la nomina di un consulente tecnico in funzione di ausiliario di p.g. E’ notorio che l’approntamento di una linea telefonica, in considerazione della rappresentata urgenza per l’imminenza del colloquio con i familiari, non avrebbe potuto avvenire nei tempi rapidi. La relazione dei Carabinieri del N.O.R. della Compagnia di Alba del 27 maggio 2008 da conto delle modalità tecniche di ascolto; specifica che le apparecchiature erano state oggetto di noleggio limitato al periodo indicato nell’autorizzazione e che l’ascolto non veniva remotizzato (funzione peraltro impossibile per le registrazioni video), con ciò dando conto anche dell’inesistenza del collegamento tramite linea telefonica con il server degli impianti della Procura della Repubblica.

2. Anche in terzo motivo di ricorso è in conseguenza infondato, sia perchè il risultato dell’attività di intercettazione è stato utilizzato dopo che la Corte territoriale ha spiegato le ragioni per le quali veniva rigettata l’eccezione di inutilizzabilità, sia perchè la considerazione che quanto oggetto di intercettazione ha funzione di mero supporto ad un quadro probatorio già univoco è soltanto residuale.

3. Il quarto motivo di ricorso è svolto in maniera inammissibile, mediante il diretto riferimento al contenuto degli atti del processo e al loro significato probatorio, al fine di sollecitare una ricostruzione alternativa sotto il profilo fattuale e quindi di sollecitare un non consentito ulteriore giudizio di merito in questa sede di legittimità. 4. Il quinto motivo di ricorso è manifestamente infondato, perchè la sentenza impugnata ha spiegato che l’inattendibilità dei testi a discarico scaturisce, oltre che dalla loro vaghezza e dal difetto di riscontri oggettivi, dal risultato delle conversazioni intercettate, non criticate dal ricorrente nel loro valore probatorio sia per l’affermato (in sentenza) significato confessorio sia per la ricerca (da parte dell’imputato) di un alibi convincente. La validità della ricognizione operata dalla persona offesa è stata considerata attraverso una considerazione globale dell’attendibilità del riconoscimento, in uno a tutti gli altri coincidenti indizi presi in considerazione. Quanto alla presenza dell’auto dell’ A. al momento della rapina, la doglianza difensiva, che addebita alla sentenza impugnata di essersi "inventata" la circostanza, si risolve in denuncia di travisamento della prova, che tuttavia è formulata in maniera generica, perchè si limita a sostenere che essa non è mai stata affermata dalla persona offesa, senza provvedere all’allegazione del relativo verbale (c.d. autosufficienza del ricorso: cfr. per tutte Cass. Sez. 5, 22.1-26.3.2010 n. 11910).

5. Il sesto motivo di ricorso è inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, perchè per la prima volta in questa sede introduce questione attinente alla qualificazione giuridica e quindi denuncia violazione di legge che avrebbe dovuto e potuto dedurre con i motivi di appello, peraltro attraverso il riferimento a dati di natura fattuale sull’uso di arma, sulle incertezze asseritamente manifestate sul punto dalla persona offesa, sull’uso di violenza.

6. Parimenti inammissibile è il settimo motivo di ricorso, perchè, al fine di criticare la decisione dei giudici di merito in relazione alla ritenuta aggravante della simultanea presenza di più persone ovvero alla sussistenza di condotta violenta solo successiva all’appropriazione, richiama, peraltro genericamente, il contenuto degli atti ("Dalle deposizioni del F., infatti, non emergeva…… dalle dichiarazioni di F., la spinta che lo ha fatto barcollare……").

Come noto, la formula novellata dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) ha introdotto come nuova ipotesi di vizio della motivazione (oltre alla mancanza e alla manifesta illogicità) la contraddittorietà della stessa, risultante non soltanto dal testo del provvedimento impugnato, ma anche "da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame".

Il dato normativo lascia inalterata la natura del controllo del giudizio di Cassazione, che può essere solo di legittimità. Non si fa carico alla Suprema Corte di formulare un’ ulteriore valutazione di merito. Si estende soltanto la congerie dei vizi denunciabili e rilevabili. Il nuovo vizio è quello che attiene sempre alla motivazione ma che individua come tertium comparationis, al fine di rilevarne la mancanza l’illogicità o la contraddittorietà, non solo il testo del provvedimento stesso ma "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame". L’espressione adottata ("altri atti del processo") deve essere interpretata non nel senso, limitato, di atti a contenuto valutativo (come gli atti di impugnazione e le memorie difensive) ma anche in quello di atti a contenuto probatorio (come i verbali) al fine di rimediare al vizio della motivazione dipendente dalla divaricazione tra le risultanze processuali e la sentenza. La novella normativa introduce così due nuovi vizi definibili come: 1) travisamento della prova, che si realizza allorchè nella motivazione della sentenza si introduce un’ informazione rilevante che non esiste nel processo; 2) omessa valutazione di una prova decisiva ai fini della decisione. Attraverso l’indicazione specifica della prova che si assume travisata o omessa si consente alla Corte di Cassazione di verificare la correttezza della motivazione (sotto il profilo della sua non contraddittorietà e completezza) rispetto al processo. Questo ovviamente nel caso di decisione di appello difforme da quella di primo grado. Ed invero in caso di c.d. doppia conforme il limite del devolutum non può essere valicato ipotizzando recuperi in sede di legittimità (Cass.- Sez. 2, 22.3-20.4.2006 n. 13994; Cass. Sez. 2. 12-22.12.2006 n. 42353; Cass. Sez. 2, 21.1-7.2.2007 n. 5223).

Il ricorrente avrebbe quindi dovuto dimostrare di aver rappresentato con l’appello il risultato probatorio del dibattimento per poter poi denunciare il vizio di mancanza di motivazione, in relazione all’omessa considerazione delle deduzioni difensive. A tanto non ha adempiuto incorrendo nel vizio di genericità.

Quanto al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4 la critica è svolta in maniera ancora inammissibile perchè sostanzialmente reitera le doglianze mosse con l’appello senza tenere conto della motivazione adotta dalla sentenza impugnata che ha tenuto conto non solo del danno di natura strettamente patrimoniale ma anche delle conseguenza connesse all’aggressione fisica subita, essendo il delitto di rapina plurioffesivo.

7. L’ultimo motivo di ricorso è proposto anch’ esso in maniera inammissibile perchè la denuncia di mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza delle aggravanti è formulata in maniera generica per non avere spiegato il ricorrente se con l’appello la questione era stata oggetto di devoluzione, secondo quanto disposto dall’art. 597 c.p.p., comma 1.

Quanto alla pretesa contraddittorietà tra la ritenuta recidiva e le riconosciute attenuanti generiche la deduzione è ancora formulata in maniera generica, perchè non tiene conto che la Corte distrettuale ha giustificato il convincimento di meritevolezza delle attenuanti in ragione della complessiva gravità dei fatti e delle modalità dell’azione ai fini di un’equa quantificazione della pena, mentre la sussistenza della recidiva è stata dedotta dai precedenti penali per furto e ricettazione denotanti una condizione di vita volta all’illecito senza prospettive di utile inserimento sociale.

8. Il ricorso deve in conseguenza essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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