Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 27-10-2010) 21-02-2011, n. 6424

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

in persona di Dr. Luigi Riello che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo

Avverso la sentenza indicata in epigrafe, che, confermando la sentenza del Tribunale di Palermo del 22.09.09 in punto di responsabilità, ha ridotto la pena al solo V.C. in misura pari ad anni sei e mesi due di reclusione ed Euro 1600,00 di multa, ricorrono i due imputati, chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo:

V.A.:

a) la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione all’art. 192 c.p.p., comma 2, perchè l’indizio a carico di V.A., costituito dalla conversazione intercettata nel carcere, tra G. ed i suoi familiari, in assenza di tracce biologiche riconducibili all’imputato, non può dirsi grave, preciso e concordante;

b) la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in relazione all’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. E) e art. 192 c.p.p., comma 2. I giudici della Corte hanno escluso che possano applicarsi alle conversazioni del G., intercettate in carcere,le disposizioni di cui all’art. 192 c.p.p..

Tuttavia le dichiarazioni del G. sarebbero solo ispirate dall’astio che costui dichiara di provare nei confronti del V..

La motivazione della sentenza sarebbe illogica e contraddittoria perchè la prova della inattendibilità delle dichiarazioni del G. è anche la circostanza che non sono state rinvenute tracce biologiche dell’imputato sui reperti sequestrati mentre sono state rinvenute tracce biologiche riconducibili al G..

V.C.:

B) la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in relazione all’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. E) e art. 192 c.p.p., comma 2. I giudici della Corte hanno escluso che possano applicarsi alle conversazioni del G. con i familiari, intercettate in carcere, le disposizioni di cui all’art. 192 c.p.p. Tuttavia le dichiarazioni del G. sarebbero solo ispirate dall’astio che costui dichiara di provare nei confronti del V..

G., infatti, è cosciente che V.C. non era presente nell’abitazione della parte lesa e che aspettava in macchina ma in un prima dichiarazione agli investigatori G. lo accusò di essere stato nell’abitazione della parte lesa. Nè può essere considerato riscontro univoco il fatto che il telefonino della parte lesa, successivamente alla rapina, fu utilizzato con una scheda intestata a V.C..
Motivi della decisione

2. Entrambi i ricorsi sono infondati.

2.1 I due ricorsi sono inammissibili perchè tendono alla ricostruzione del fatto sulla base di un diverso apprezzamento degli elementi di prova, senza riuscire a evidenziare i profili di contraddittorietà o di incongruità logica del provvedimento impugnato.

2.2 I ricorrenti deducono che i giudici del merito avrebbero errato ad affermare la loro responsabilità penale ed assumono che tale errore sarebbe stato determinato da una non corretta valutazione del materiale probatorio, che riprendono in esame, proponendone una diversa – e a loro avviso più corretta – interpretazione.

In particolare entrambi i ricorrenti si dolgono che le dichiarazioni rese dal G., nel corso di conversazioni ambientali intercettate, siano state ritenute dalla Corte territoriale non rientranti tra le ipotesi di cui all’art. 192 c.p.p., comma 3, trattandosi di dichiarazioni che non sono state rese all’A.G., in sede di incidente probatorio o nel contraddittorio delle parti.

2.3 Il motivo di ricorso è meramente ripetitivo di analogo motivo avanzato in appello che è stato compiutamente esaminato dalla Corte territoriale che ha fornito una motivazione completa e dettagliata e priva di vizi sulle ragioni che impediscono di valutare tali dichiarazioni al pari di quelle rilasciate nel contraddittorio delle parti, nonchè sulle ragioni che rendono compatibile l’assenza di tracce biologiche di V.A. all’interno dell’abitazione della C.. Ha, infatti, spiegato la Corte che: "l’assenza di tracce riconducibili al DNA dell’imputato, proprio per le modalità di consumazione dei fatti, per il tempo trascorso tra gli stessi e l’accesso della Scientifica sui luoghi, nonchè per le necessitate attività poste in essere a tutela propria della vittima, un reperto appartenente al V. non sia stato prima sequestrato e poi comparato con esito positivo sicchè tale elemento non può, così come sostenuto dall’appellante ritenersi decisivo per escludere la responsabilità dello stesso.

Ed ancora, per quanto riguarda l’utilizzo del telefonino trafugato alla vittima nel corso dell’aggressione, la Corte ha affermato che:

"elemento assai rilevante a carico di V.C. che ricollega costui all’esecuzione dei fatti e non è mai stato credibilmente giustificato in maniera diversa dall’imputato senza che poi la doglianza difensiva dell’essere stato l’apparecchio ricevuto da un terzo, abbia trovato specifica conferma in dichiarazioni o altri atti processuali.

2.4 Pertanto le predette censure sono inammissibili in ottemperanza alla costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui "se i motivi del ricorso per Cassazione riproducono integralmente ed esattamente i motivi d’appello senza alcun riferimento alla motivazione della sentenza di secondo grado, le relative deduzioni non rispondono al concetto stesso di "motivo", perchè non si raccordano a un determinato punto della sentenza impugnata e appaiono, quindi, come prive del requisito della specificità richiesto, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 c.p.p., lett. c)" (Cass. pen., sez. 6, 29 ottobre 1996, Del Vecchio, RV 206507;

conformi: RV192556; RV 212610).

2.5 La motivazione della Corte territoriale, diversamente da quanto affermato nei ricorsi, non presenta spazi di illogicità o contraddittorietà, anche se, a ben vedere, tali vizi sono stati assertivamente indicati dai ricorrenti, senza che poi sia seguita la specifica indicazione delle pretese argomentazioni viziate. Il secondo motivo di gravame dei due ricorsi è, pertanto, generico oltre che manifestamente infondato perchè, secondo la giurisprudenza delle Sezioni unite di questa Corte, "ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicchè dedurre tale vizio in sede di legittimità significa dimostrare che il testo del provvedimento è manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e non già opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica" (Cass. pen., Sez. un., 19 giugno 1996, Di Francesco).

2.6 Entrambi i ricorsi devono, pertanto, essere dichiarati inammissibili.

3. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, le parti private che li hanno proposti devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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