Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 21-10-2010) 21-02-2011, n. 6287

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Palermo, adito ex art. 309 cod. proc. pen., con ordinanza del 26 aprile 2010, confermava l’ordinanza in data 2 aprile 2010 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, che aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere a C.C. in ordine al delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen., per avere partecipato all’associazione mafiosa "Cosa Nostra", mandamento di Castelvetrano, con condotte dirette, anche attraverso la programmazione di estorsioni, incendi, interposizioni fittizie di valori, al controllo delle attività economiche, di appalti e servizi pubblici e comunque alla realizzazione di profitti ingiusti, nonchè con condotte dirette ad assicurare la latitanza del capo della provincia mafiosa di Trapani D.M.M. (in (OMISSIS) e altre località sino alla data dell’ordinanza cautelare).

2. Osservava il Tribunale che, pur dovendosi accogliere la eccezione difensiva circa la inutilizzabilità delle intercettazioni di comunicazioni disposte con i decreti 1405/06 e 1015/07, in quanto la motivazione esplicitata dal p.m. circa la insufficienza o inidoneità degli impianti di Procura appariva carente, sussistevano gravi indizi di colpevolezza a carico del C. sulla base delle ulteriori intercettazioni disposte con il Decreto n. 2889/05, dalle quali emergeva con chiarezza il ruolo dell’indagato diretto ad assicurare la latitanza del capo della provincia mafiosa trapanese M. D.M., in particolare mettendogli a disposizione un rifugio sicuro, in collegamento, tra gli altri, con il reggente del mandamento, e cognato del latitante, G.F..

3. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’indagato a mezzo del difensore avv. Gianni Caracci, il quale con un primo motivo solleva eccezione di costituzionalità della procedura di riesame nella parte in cui non assicura la partecipazione del pubblico, in consonanza con quanto affermato dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 93 del 2010, con riferimento al procedimento giurisdizionale concernente l’applicazione delle misure di prevenzione.

Con un secondo motivo, denuncia la violazione degli artt. 267 e 266 cod. proc. pen. sostenendo che doveva essere dichiarata la inutilizzabilità di tutte le intercettazioni, comprese quelle disposte con decreto n. 2889/05 in quanto le operazioni erano state svolte con impianti in dotazione della p.g., già installate a seguito di un pregresso decreto da ritenersi inefficace per scadenza del periodo autorizzato.

Con un terzo motivo denuncia la inutilizzabilità delle predette intercettazioni sotto il diverso profilo della mancanza di motivazione circa la inidoneità degli impianti di Procura, atteso che il decreto del p.m. si limita a richiamare un’attestazione dell’Ufficio intercettazioni senza autonoma motivazione.

Con un quarto motivo denuncia analoga inutilizzabilità, poichè le relative operazioni sono state effettuate con apparecchiature fornite da una ditta privata e non, come prescrive la norma per il caso di insufficienza o inidoneità degli impianti di Procura, con quelle in dotazione di un pubblico servizio o della polizia giudiziaria.

Con un quinto motivo denuncia analoga inutilizzabilità, in relazione all’art. 267 c.p.p., comma 1, e art. 271 c.p.p., comma 1, per carenza assoluta di motivazione circa la indispensabilità delle intercettazioni ai fini della prosecuzione delle indagini, dato che i decreti emessi in via d’urgenza dal P.m. si limitano a fare riferimento alle note della p.g., e che i decreti di convalida del G.i.p. rinviano meramente alle condizioni di cui agli artt. 266 e 267 cod. proc. pen..

Con un sesto motivo si denuncia la violazione degli artt. 416-bis e 378 cod. pen., D.L. n. 152 del 1991, art. 7 dato che la condotta accertata, consistente nell’avere l’indagato ricercato un rifugio di emergenza per il latitante M.D.M., concretava al più la fattispecie di favoreggiamento personale, in assenza di alcuna concreta assunzione di ruoli da parte del C. in seno all’associazione.
Motivi della decisione

1. Preso atto della rinuncia al primo motivo, ad avviso della Corte tutti i restanti motivi, al limite dell’ammissibilità, sono infondati.

Le operazioni di intercettazione, derivanti dall’unico decreto che ad avviso del Tribunale non presentava profili invalidanti, sono state legittimamente svolte con impianti diversi da quelli esistenti presso la Procura, data l’attestazione di inidoneità di questi, cui si è richiamato, facendola propria, il p.m. nel suo decreto; nulla rilevando che la p.g. si sia avvalsa di strumentazioni prese in noleggio da un ditta privata, dato che, attraverso tale accordo di utilizzazione, esse ben possono dirsi in dotazione della p.g..

Palesemente generica appare la doglianza circa il difetto di motivazione sulla indispensabilità delle intercettazioni ai fini della prosecuzione delle indagini, considerata anche la disciplina meno rigorosa su tale presupposto recata dal D.L. n. 52 del 1991, art. 13 in tema di reati di criminalità organizzata, quale è quello in esame.

Correttamente è stata ritenuta la configurabilità della ipotesi associativa, aggravata D.L. n. 152 del 1991, ex art. 7 posto che il C. aveva offerto un rifugio sicuro al latitante M. D.M., esponente di primissimo rilievo della mafia siciliana; condotta che giustamente è stata ritenuta sintomatica della piena intraneità dell’indagato a "Cosa Nostra" (v. per simile fattispecie, Cass., sez. 6, n. 2533 del 26 novembre 2009, richiamata nell’ordinanza impugnata).

2. Il ricorso va dunque rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Cancelleria provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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