Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 21-10-2010) 21-02-2011, n. 6273

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Torino, con sentenza del 10 dicembre 2009, in parziale riforma della sentenza in data 19 gennaio 2009 del Tribunale di Imperia, che aveva dichiarato L.G.A. responsabile del reato di cui all’art. 368 cod. pen. in danno dell’agente dei Vigili urbani di D.F.D.M.C., riduceva la pena inflItta ad anni due e mesi quattro di reclusione.

2. Il L.G. era stato ritenuto colpevole di avere, con atto di denuncia-querela in data 8 settembre 2003 e con dichiarazioni rese in data 10 settembre 2003 davanti al Tribunale di Imperia, falsamente accusato il predetto pubblico ufficiale di averlo arbitrariamente bloccato con violenza, di avergli impedito di allontanarsi, di averlo colpito con un pugno al volto che gli aveva cagionato la rottura di un dente, e di averlo gettato a terra e ripetutamente colpito con calci.

3. Osservava la Corte di appello che il complesso delle prove raccolte (dichiarazioni testimoniali, consulenze tecniche obiettivi elementi di fatto) dimostravano la calunniosità delle dichiarazioni dell’imputato che, lungi dall’essere stato aggredito dal pubblico ufficiale, aveva in realtà usato violenza nei suoi confronti, colpendolo proditoriamente con una testata al volto, tanto da procurargli lesioni personali, come del resto accertato con sentenza irrevocabile di condanna del Tribunale di Imperia in data 11 luglio 2007. 4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione di persona l’imputato, che denuncia:

4.1. Errata interpretazione delle risultanze probatorie: la Corte di appello ha privilegiato solo i testi di accusa, colleghi del D. F., peraltro giunti sul posto solo successivamente ai fatti, senza considerare i testi della difesa D.L. e M., che contrariamente a quanto dedotto dall’accusa, avevano dichiarato che sul posto erano presenti numerose persone e che sul luogo era avvenuta una "rissa" tra l’imputato e agenti di polizia municipale e che l’imputato lamentava una dolenza ai denti.

4.2. Erronea valutazione delle risultanze medico-legali (consulente tecnico P.) secondo cui era da escludere che il D.F. potesse essere stato colpito con una testata al volto dal L.G., indossante un casco da motociclista, e che d’altra parte quest’ultimo presentava una mobilità ai due denti centrali inferiori, con possibile frattura della radice, compatibile con una origine traumatica.

4.3. Omessa motivazione circa il diniego dell’assunzione delle prove richieste dalla difesa (rinnovazione dell’esame dei testi D. L., M. e P.; perizia medico-legale sulle condizioni del D.F. sulla base delle risultanze documentali).

4.4. Errata applicazione della legge penale in punto di determinazione della pena, irrogata in misura superiore a quella chiesta dal p.m..
Motivi della decisione

1. Ad avviso della Corte il ricorso, mentre formalmente prospetta errori di valutazione della prova e ingiustificate compressioni del diritto di difesa, in realtà deduce censure in punto di fatto, sicchè, a fronte di una sentenza apprezzabilmente dettagliata e pienamente rispondente alle regole della logica e del diritto, deve ritenersi inammissibile.

2. Contrariamente a quanto dedotto, i giudici di merito non hanno affatto privilegiato indiscriminatamente le fonti di accusa, trascurando quelle a difesa.

Mentre i numerosi testi presenti all’episodio hanno concordemente affermato che era stato l’imputato ad aggredire il D.F., quelli cui la difesa si riferisce ( D.L. e M.), hanno ammesso di essere intervenuti successivamente all’inizio della colluttazione, talchè correttamente ne è stata valutata la irrilevanza al fine di stabilire la causa che l’aveva scatenata.

Il consulente tecnico P. ha affermato che le lesioni riportate dal L.G. – che è stato condannato irrevocabilmente per resistenza a pubblico ufficiale e per lesioni volontarie in danno del D.F. – non erano compatibili con la versione dei fatti da lui resa.

A fronte di tali risultanze, non può essere censurata la valutazione discrezionale della Corte di appello di respingere la richiesta di rinnovazione della istruzione dibattimentale.

Appare infine non rivestire alcun rilievo, nè giuridico nè in punto di valutazione discrezionale della Corte territoriale sulla determinazione del trattamento sanzionatorio, il fatto che il pubblico ministero avesse chiesto la irrogazione di una pena in misura inferiore a quanto poi ritenuta adeguata al caso di specie dai giudici di appello, che peraltro hanno mitigato quella determinata dal primo giudice.

3. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in relazione alle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro mille.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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