Cass. civ. Sez. I, Sent., 04-04-2011, n. 7613

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il cittadino del (OMISSIS) B.T. espulso dal territorio nazionale con decreto 19.01.2004 del Prefetto di Reggio Calabria, contrasse matrimonio in data (OMISSIS) con cittadina comunitaria e su tal base presentò istanza di rilascio di permesso di soggiorno per coesione familiare. Avendo il Questore di Reggio Calabria dichiarato che tal istanza poteva essere considerata solo dopo la revoca della pregressa espulsione, il B. propose la richiesta di revoca ma il Prefetto di Reggio Calabria, destinatario, la respinse con nota 4.2.2009 sul rilievo che il decreto di espulsione era oramai divenuto definitivo. Avverso tale decreto di rigetto lo straniero ha quindi proposto ricorso (prima al TAR competente, che ha declinato, e quindi) al Giudice di Pace di Reggio Calabria. L’adito Giudice, sul rilievo che il provvedimento opposto era solo una comunicazione di irrevocabilità di pregresso decreto espulsivo, non opposto, lo ha dichiarato inammissibile. Per la cassazione di tale decreto B.T. ha proposto ricorso il 29.7.2009 ma gli intimati Prefetto e Questore di Reggio Calabria non hanno svolto difese. Il ricorso censura l’inopinato diniego di esame della istanza di revoca motivato con la inconsistente affermazione della acquisizione di irrevocabilità della espulsione revocanda. Invoca il sostegno di S.U. n. 3686 del 2009. Il ricorso, all’esito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è pervenuto al Collegio in sede camerale che, con ordinanza 23576 del 2010, ha disposto la sua trattazione in pubblica udienza.
Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che il Giudice di Pace sia pervenuto alla esatta decisione di rigettare il ricorso avverso il diniego di revoca attraverso una motivazione che deve essere radicalmente corretta in diritto. Il giudice del merito, infatti, ha errato nel ritenere che gli fosse stato chiesto l’esame della espulsione del 2004, certamente irrevocabile e quindi ex se non esaminabile, nel mentre non si è avveduto che gli era stato chiesto il controllo di legittimità del decreto 4.2.2009 con il quale il Prefetto comunicava di non "poter" revocare un decreto passato in giudicato, quindi mancando di esercitare un controllo di merito sulle ragioni della chiesta revoca che rientrava appieno nelle sue attribuzioni (S.U. n. 20122 del 2005 e n. 3686 del 2009).

Ma, come dianzi detto, la impugnazione del diniego di revoca non sarebbe stata comunque accoglibile.

Si premette che la posizione del B.T., coniuge da (OMISSIS) di cittadina comunitaria, e privo della Carta di soggiorno (della quale non risulta avesse fatto richiesta) ai sensi del D.Lgs. n. 30 del 2007, era interamente regolata, quanto a permanenza nel territorio nazionale, dal T.U. dell’immigrazione del 1998 con le successive modificazioni, e quindi dalle previsioni sul diritto al permesso per coesione familiare od al ricongiungimento alla stregua delle norme del T.U. citato e delle modifiche ad esso apportate dai D.Lgs. n. 5 del 2007 e D.Lgs. n. 160 del 2008 (si rammenta al proposito quanto affermato da Cass. 17346 del 2010), diritto che il B.T. aveva pur azionato chiedendo al Questore il rilascio del titolo, che gli venne negato sulla base della ostatività della espulsione non revocata.

Ebbene, invece di impugnare innanzi al Tribunale competente il diniego al rilascio che il Questore aveva erroneamente fondato sulla esistenza di una pregressa espulsione consolidata, il B. T., da tal errata motivazione indotto, ha chiesto a Prefetto la revoca della espulsione "ostativa", revoca che nessuna norma avrebbe autorizzato posto che nessuna situazione sopravvenuta (men che meno il matrimonio susseguente: vd. Cass. 16208 del 2006) tal revoca avrebbe imposto. E la richiesta di revoca, se pur con la citata motivazione errata in diritto, venne correttamente respinta.

Sarebbe spettato invece al Questore, pur richiesto da B.T. di rilasciare il titolo di soggiorno per coesione familiare, applicare le norme quali modificate dal D.Lgs. n. 5 del 2007: questa Corte ha infatti affermato (Cass. n. 5324 del 2008) che in tema di disciplina dell’immigrazione, ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 13 così come modificato dal D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5, art. 2, comma 1, lett. c), n. 2 in attuazione della direttiva del Consiglio dell’Unione Europea n. 2003/86/CE del 22 settembre 2003, in materia di ricongiungimento familiare, non costituisce ostacolo per l’adozione da parte del Questore e per l’attuazione del provvedimento di autorizzazione al ricongiungimento il fatto che lo straniero, beneficiario di detto provvedimento, sia stato precedentemente espulso e sussista, quindi, per il medesimo il divieto di fare rientro nel territorio italiano – semprechè il decreto di espulsione non sia stato emesso per motivi connessi alla pericolosità sociale dello straniero.

Ma, come dianzi detto, invece di prospettare in sede di impugnazione innanzi al Tribunale le ragioni della illegittimità del rifiuto del rilascio del permesso (appunto attestate sulla esistenza di una ostatività astratta della pregressa, non revocata, espulsione), il B.T. ha richiesto – comprensibilmente indotto dalla inesatta motivazione del provvedimento – a chiedere una impensabile revoca e quindi ad impugnare innanzi a Giudice di Pace la decisione prefettizia di "non revocare". Da quanto esposto consegue il rigetto della odierna impugnazione la quale insiste nella invocazione di ragioni di illegittimità nel diniego di revoca, affatto inesistenti, senza avvedersi di aver mancato di proporre innanzi al giudice competente le censure proponibili avverso il diniego di permesso e la sua errata valutazione di ostatività. Nulla è a provvedere sulle spese.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *