Cass. civ. Sez. I, Sent., 04-04-2011, n. 7607 Provvedimenti riguardo ai figli

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

che il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 7317/03 del 4 marzo 2003, pronunciò la separazione personale dei coniugi A.M. T. e C.L., respinse le reciproche domande di addebito della separazione, affidò le due figlie minori Gi. e Ca. – nate il (OMISSIS) – alla madre, disciplinando l’esercizio del diritto di visita del padre, determinò il contributo mensile al mantenimento della moglie nella misura di Euro 360,00 e quello al mantenimento delle figlie nella misura di Euro 2.000,00;

che avverso tale sentenza il C. propose appello – cui resistette l’ A., proponendo a sua volta anche appello incidentale – dinanzi alla Corte di Roma, lamentando tra l’altro la misura eccessiva di tali contributi;

che la Corte adita, con la sentenza n. 5429/06 del 6 dicembre 2006, in parziale accoglimento dell’appello principale, affidò le figlie minori ad entrambi i genitori, con collocamento presso la madre e con esercizio da parte di entrambi i coniugi della potestà genitoriale;

disciplinò l’esercizio del diritto di visita del padre e determinò il contributo mensile al mantenimento delle figlie nella misura di Euro 1.600,00, confermando per la moglie quello di Euro 360,00;

che, per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte ha osservato che:

a) il C., medico ginecologo ospedaliero a rapporto esclusivo, ha percepito – per l’anno 2006 – un reddito pari ad Euro 69.963,00 lordi e ad Euro 46.225,00 netti, "nettamente inferiore a quello risultante nel 730/2004 pari ad Euro 83.788,00 lordi";

b) l’ A. non svolge alcuna attività lavorativa nonostante l’età ancora giovane, pratica da moltissimi anni lo sport dell’equitazione, corrisponde il canone mensile di Euro 1.400,00 per la locazione dell’appartamento in una zona residenziale di Roma e riceve dalla madre un contributo mensile di Euro 500,00;

c) "Tali elementi evidenziano che sussiste certamente una disparità economica tra le parti che giustifica la previsione dell’obbligo del C. di contribuire al mantenimento della moglie, anche se la situazione economica di quest’ultima non è molto chiara, non potendosi comprendere come possa sostenere l’onere di un canone di locazione piuttosto elevato e le ulteriori spese relative all’abitazione ed al proprio sostentamento in genere, nonchè i costi legati all’attività sportiva da lei praticata con una certa intensità, in apparente assenza di entrate economiche aggiuntive rispetto al contributo del marito, pari ad Euro 360,00 mensili, ed al sostegno della madre, non particolarmente elevato. Le considerazioni svolte inducono a ritenere che l’importo fissato dal Tribunale, pur non elevato, sia adeguato e debba pertanto essere confermato tenuto conto, da un lato, della complessiva situazione economica del C. e degli oneri che gravano su di lui per il mantenimento delle figlie, dall’altro, del tenore di vita condotto dalla A., che denota una condizione non modesta, e della sua ancora giovane età che, unitamente alle sue pregresse esperienze lavorative ed alla particolare pratica acquisita nell’attività sportiva dell’equitazione, le consentirebbe di dedicarsi ad occupazioni lavorative remunerative. Quanto al contributo per le due figlie stabilito dal Tribunale pari ad Euro 2.000,00 mensili, appare eccessivo in relazione sia alle effettive esigenze delle ragazze sia alle condizioni economiche del C., tanto più che grava su di lui in via esclusiva l’onere delle spese scolastiche e mediche e, in misura pari al 50%, quello delle spese sportive, come previsto nella sentenza impugnata: in base a tali considerazioni, si ritiene adeguata quale misura del contributo paterno al mantenimento delle due figlie quella di Euro 1.600,00 mensili, da corrispondersi secondo le modalità già in atto e con la rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat, oltre al pagamento delle altre spese suindicate nella misura determinata dal Tribunale";

che avverso tale sentenza C.L. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura;

che resiste, con controricorso, A.M.T..
Motivi della decisione

che, con il primo motivo (con cui deduce: "Violazione e falsa applicazione di norme di diritto e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione all’art. 155 c.c. come modificato dalla L. n. 54 del 2006"), il ricorrente critica la sentenza impugnata, sostenendo che i Giudici a quibus:

a) quanto al contributo al mantenimento della moglie, sono incorsi in patente contraddizione fra la decisione di confermare il contributo mensile di Euro 360,00 e la relativa motivazione: sia laddove affermano che il reddito conseguito dal C. nel 2006 è "nettamente inferiore" rispetto a quello conseguito nel 2003, sia laddove confermano la misura del contributo alla moglie, pur avendo sottolineato la sproporzione tra i redditi percepiti da quest’ultima ed il tenore di vita dalla stessa effettivamente condotto;

b) quanto al contributo al mantenimento delle figlie, la determinazione della sua misura viola l’art. 155 cod. civ., laddove stabilisce che tale determinazione sia posta in relazione al regime di affidamento secondo un principio di proporzionalità, ciò in quanto il regime di affidamento e l’esercizio del diritto di visita del padre stabiliti nella specie comportano periodi di permanenza più lunga delle figlie presso il padre;

con il secondo motivo (con cui deduce: "Omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5"), il ricorrente critica la sentenza impugnata, sostenendo che i Giudici a quibus hanno del tutto omesso di motivare sulla richiesta di ammissione di consulenza tecnica d’ufficio in considerazione della condizione di estremo disagio psicologico delle figlie minori;

che il ricorso non merita accoglimento;

che, quanto alla censura sub a) del primo motivo, la stessa è infondata, perchè dalla esauriente e corretta motivazione della sentenza impugnata emerge inequivocabilmente che la decisione di confermare il contributo mensile di Euro 360,00 in favore della A. risulta congrua rispetto alla relativa motivazione, la quale è univocamente sorretta sia dalla comparazione dei redditi dei coniugi e dalla conseguente constatazione che da essa risulta che "sussiste certamente una disparità economica tra le parti che giustifica la previsione dell’obbligo del C. di contribuire al mantenimento della moglie", sia dalla specifica considerazione "del tenore di vita condotto dalla A., che denota una condizione non modesta, e della sua ancora giovane età che, unitamente alle sue pregresse esperienze lavorative ed alla particolare pratica acquisita nell’attività sportiva dell’equitazione, le consentirebbe di dedicarsi ad occupazioni lavorative remunerative", considerazione che peraltro giustifica anche la misura non certo elevata di detto contributo mensile;

che, quanto alla censura sub b) dello stesso motivo, la stessa è parimenti infondata;

che infatti, secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di separazione personale dei coniugi, deve ritenersi che, in mancanza di diverse disposizioni, il contributo al mantenimento dei figli minori, determinato in una somma fissa mensile in favore del genitore affidatario, non costituisce il mero rimborso delle spese sostenute dal suddetto affidatario nel mese corrispondente, bensì la rata mensile di un assegno annuale, determinato tenendo conto di ogni altra circostanza emergente dal contesto ed in funzione delle esigenze della prole rapportate all’anno, con la conseguenza che il genitore non affidatario non può ritenersi esonerato dall’obbligo di corresponsione dell’assegno per il tempo in cui i figli, in relazione alle modalità di esercizio del diritto di visita disposte dal giudice o concordate dalle parti, si trovino presso di lui ed egli provveda pertanto, in modo esclusivo, al loro mantenimento (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 9047 del 1994, 566 del 2001, 12308 e 17055 del 2007);

che inoltre, quanto alla censura secondo la quale i Giudici a quibus non avrebbero tenuto conto del criterio dei "tempi di permanenza presso ciascun genitore" ( art. 155 c.p.c., comma 4, n. 3) cui commisurare l’entità del contributo mensile dovuto dal ricorrente per il mantenimento delle figlie minori, tale censura è inammissibile per mancanza di autosufficienza del ricorso sul punto;

che, infatti, il ricorrente si è sostanzialmente limitato alla mera denuncia dell’omessa considerazione di detto criterio ("In particolare, la sentenza impugnata non ha tenuto conto che al modificato regime di affidamento delle figlie è conseguita una estensione dei periodi di permanenza delle figlie stesse con il padre …": cfr. Ricorso, pag. 9), mentre avrebbe dovuto, in forza del principio di autosufficienza del ricorso appunto: innanzitutto, precisare quale fosse la concreta disciplina del diritto di visita sia durante il periodo di affidamento delle figlie alla madre sia a seguito dell’affidamento congiunto delle stesse disposto dalla Corte romana e, in secondo luogo, dedurre specificamente in ordine sia al mutamento di entità dei "tempi di permanenza" presso di sè delle figlie, rispetto al precedente regime, sia al conseguente maggior aggravio economico da lui sopportato e, quindi, all’incongruenza – rispetto a tale nuovo assetto – dell’assegno di mantenimento determinato a suo carico;

che il secondo motivo è inammissibile per assoluta genericità;

che infatti – a fronte delle osservazioni svolte dai Giudici a quibus a supporto della decisione dell’affidamento delle figlie ad entrambi i genitori ("L’ultima relazione del Servizio sociale in data 30/10/2006 ha segnalato un inizio di distensione della relazione genitoriale, grazie all’intervento di sostegno posto in essere nei confronti di entrambi i coniugi, ha verificato che le figlie hanno acquisito una maggiore intimità con la madre e che entrambe desiderano trattenersi con il padre in forma più libera, fuori dalle rigide regole previste con la sentenza": cfr. pag. 4 della sentenza impugnata) – il ricorrente si limita a denunciare l’omessa motivazione sulla richiesta di ammissione di consulenza tecnica d’ufficio per la "situazione di estremo disagio psicologico delle minori", senza alcun’altra specificazione sui tempi, sui modi e sulle ragioni della richiesta, ciò a prescindere dal rilievo che, contrariamente a quanto opinato dal ricorrente, la nomina del consulente tecnico d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice, che può provvedervi anche senza alcuna richiesta delle parti, sicchè, ove la parte ne faccia richiesta, questa non integra un’istanza istruttoria in senso tecnico ma una mera sollecitazione rivolta al giudice affinchè questi, esercitando i suoi poteri discrezionali, provveda al riguardo (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 9461 del 2010);

che le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, ivi compresi Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *