Cass. civ. Sez. I, Sent., 04-04-2011, n. 7605 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il decreto depositato il 17/6/2008, la corte d’appello di Palermo ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze alla corresponsione a favore del ricorrente T.R. della somma di Euro 24.500,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, per il danno non patrimoniale sofferto dal ricorrente per la durata irragionevole del giudizio promosso avanti alla Corte dei Conti il 17/12/1979, per ottenere la pensione militare per infermità contratta in servizio, e definito dalla Corte dei Conti, sez. giurisdizionale per la Regione Sicilia, con sentenza di rigetto dell’11/10/2007.

La corte d’appello ha valutato nel caso superata di 24 anni e 10 mesi la durata ragionevole del processo in oggetto, non particolarmente complesso, fissata in tre anni, ed ha riconosciuto al ricorrente, alla stregua dei criteri applicati dalla Corte di Giustizia per casi simili, la somma di Euro 1000,00 per anno di eccessiva durata, e di Euro 500,00 per la frazione di 10 mesi. Ricorre per cassazione il T., sulla base di quattro motivi.

Resiste con controricorso il Ministero.
Motivi della decisione

1.1.- Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione o erronea applicazione dell’art. 6 CEDU; dell’art. 4, comma 2 della Carta dell’Unione Europea dei diritti fondamentali, della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 111 Cost.; l’erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione del decreto impugnato, sostenendo la durata irragionevole del giudizio per 27 anni.

1.2.- Con il seconde motivo, il ricorrente denuncia la violazione o erronea applicazione dell’art. 6 CEDU, dell’art. 4, comma 2 della Carta dell’Unione Europea dei diritti fondamentali, violazione ed erronea applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 111 Cost., in relazione alla rilevanza della fase amministrativa precedente il giudizio, erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione, per non avere la corte d’appello valutato la fase amministrativa necessaria.

1.3.- Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia violazione o erronea applicazione dell’art. 6 CEDU, dell’art. 4, comma 2 della Carta dell’Unione Europea dei Diritti fondamentali, della L. n. 89 del 2001, art. 2 dell’art. 111 Cost., in relazione al quantum indennizzabile attesa la natura della causa, erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione alla misura dell’indennizzo, trattandosi di materia pensionistica.

1.4.- Con il quarto motivo, il T. denuncia la violazione od erronea applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., l’erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione, in ordine alla compensazione delle spese.

2.1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ed invero, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto, con decorrenza dal 2/3/2006; dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009 dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, ma applicabile ai ricorsi proposti avverso le sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 e il 4 luglio 2009 (cfr, L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5), allorchè il ricorrente denunzi la sentenza impugnata per i motivi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, che, come ritenuto dalla giurisprudenza di questa corte, " deve consistere in una chiara sintesi logico – giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa o affermativa – che ad essa si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame" (così la sentenza delle sezioni unite, n. 20360 del 2007, e in senso conforme, la successiva ordinanza n. 2658 del 2008 e la sentenza resa a sezione semplice, n. 20360 del 2007).

Quanto alla denuncia del vizio di motivazione, la norma processuale richiede, sempre a pena di inammissibilità, che l’illustrazione del motivo deve contenere "la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione": la giurisprudenza di questa corte, come da ultimo ribadito nella pronuncia 27680/2009, ha affermato che " ciò importa che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità ( cfr., ad esempio, Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603)… non è sufficiente che tale fatto sia esposto nel corpo del motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso che è indispensabile che sia indicato in una parte del motivo stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata".

Ebbene, nel caso di specie è di palese evidenza la carenza del quesito di diritto e del momento di sintesi, essendosi limitato il ricorrente ad una mera espositiva di censure, ora prospettate come violazione di legge, ora come vizio di motivazione, all’interno dei motivi fatte) valere.

Va pertanto dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

Le spese di lite del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente a rifondere all’Amministrazione le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 900,00, oltre le spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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