Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 25-01-2011) 22-02-2011, n. 6861 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 27 aprile 2009 il Tribunale di Genova applicava a A.O., imputato di plurime violazioni della legge sugli stupefacenti, la pena concordata tra le parti di anni quattro di reclusione ed Euro 14.000,00 di multa, ritenuta la continuazione tra le diverse fattispecie contestate, nonchè con il reato già giudicato con la sentenza n. 224/08 del GIP di Tribunale di Genova del 27 febbraio 2008 divenuta irrevocabile il 29 gennaio 200; il giudicante riteneva sussistenti i presupposti per la continuazione tra i fatti addebitati al prevenuto in quanto commessi in un breve arco temporale e riconducibili all’abituale impegno dell’ A. nel traffico di sostanze stupefacenti, e concedeva all’imputato le attenuanti generiche – valutandole prevalenti sulla contestata recidiva generica di cui all’art. 99 c.p., comma 1 – avuto riguardo alla personalità dell’imputato stesso, gravato solo di modesti precedenti, ed al suo buon comportamento processuale.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, tramite il difensore, denunciando, con formulazione assertiva, vizio di motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza di una delle cause di proscioglimento previste dall’art. 129c.p.p.; ha altresì presentato ricorso il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Genova il quale ha dedotto violazione di legge e vizio motivazionale relativamente alla ritenuta continuazione – muovendo dal rilievo che il giudicante non avrebbe indicato concreti elementi rivelatori dell’unicità del disegno criminoso – e sostenendo che il giudicante avrebbe del tutto immotivatamente concesso le attenuanti generiche posto che i precedenti penali, sia pure modesti e comunque tali da integrare la recidiva, dovrebbero aggravare i fatti piuttosto che attenuarli.

I ricorsi vanno dichiarati inammissibili in quanto i motivi dedotti sono manifestamente infondati, atteso che tendono a rimettere in discussione i termini dell’accordo finalizzato all’applicazione della pena oggetto del "patteggiamento". Come più volte affermato anche dalla Suprema Corte, "in caso di patteggiamento ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’accordo intervenuto esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto (deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione della correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all’art. 129 cod. proc. pen. per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost." (Sez. 1, N. 3980/94, imp. Magliulo, RV. 199479); il suddetto accordo implica per l’imputato "l’impegno ad eseguire la pena o sanzione richiesta od accettata, ed altresì per tutte le parti la rinuncia ad ogni questione od eccezione che abbiano interesse a prospettare. Non è infatti concepibile un "patteggiamento con riserva" che consenta di acquisire i rilevanti vantaggi previsti dall’art. 444 cod. proc. pen. e poi di contrastare l’accusa ovvero la difesa mediante il ricorso per Cassazione, che può ritenersi giustificato e, quindi, ammissibile, solo in caso di palese violazione di legge" (Sez. 4, N. 1028/94, imp. Russo, RV. 199548), assolutamente insussistente nel caso in esame.

Per quel che riguarda in particolare l’impugnazione proposta dal P.G., va precisato che la doglianza, circa la concessione delle attenuati generiche, attiene ad apprezzamenti di merito non deducibili in questa sede posto che la motivazione addotta dal giudicante a fondamento del proprio convincimento non presenta connotazioni di illogicità, essendo stata presa in considerazione non solo la valenza dei precedenti a carico – ritenuti di scarso rilievo – ma anche la condotta processuale dell’imputato.

Manifestamente infondata è la censura in ordine alla ritenuta continuazione avendo il giudicante dato adeguatamente conto del proprio convincimento in proposito, con la sinteticità connaturata al rito, come innanzi precisato.

E’ bene ribadire altresì che il principio sopra ricordato, circa la inammissibilità di doglianze finalizzate a rimettere in discussione i termini dell’accordo ratificato dalle parti con la richiesta di patteggiamento, è valido anche per il Procuratore Generale; come precisato nella giurisprudenza di legittimità, il Procuratore Generale "pur avendo una supremazia gerarchica ed istituzionale, non può sostituire la propria volontà a quella già manifestata, in forza della conoscenza diretta degli elementi concreti acquisiti al processo, dal Pubblico Ministero che ha partecipato al patteggiamento, e non può proporre come motivi di ricorso censure che si sostanziano in un recesso dall’accordo" (cfr. Sez. 4, n. 20165/04, Malia e Sez. 5, n. 627 del 4/6/1999, Peressotti).

Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente A.O. al pagamento delle spese processuali, nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1000,00 (mille).
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi del Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Genova e di A.O.; condanna quest’ultimo al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *