Cass. civ. Sez. II, Sent., 05-04-2011, n. 7777 Ordinanza ingiunzione di pagamento: opposizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso proposto dinanzi alla Corte d’appello di Milano, F.L. proponeva opposizione avverso il D.M. 2 marzo 2004, n. 20977, con il quale era stato ad esso ingiunto – nella qualità di componente del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo e, poi, soltanto del consiglio di amministrazione della società Fineco Group s.p.a. (già Bipop Carire s.p.a.) – il pagamento di sanzione amministrativa pecuniaria per talune irregolarità riscontrate all’esito di accertamenti ispettivi disposti dalla Consob. L’opponente deduceva diversi motivi di impugnativa, il primo dei quali relativo alla violazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 2.

Il Ministero dell’economia e delle finanze e la CONSOB, costituitisi, chiedevano il rigetto della proposta opposizione.

La Corte di appello disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti della s.p.a. Fineco Group, la quale, ricevuta la notifica dell’atto di opposizione, non si costituiva.

Con decreto in data 11 dicembre 2004, la Corte di appello di Milano accoglieva la proposta opposizione e dichiarava l’illegittimità del decreto ministeriale opposto limitatamente alle sanzioni irrogate all’opponente F.L..

La Corte di appello riteneva fondato il primo motivo di opposizione – con assorbimento degli altri – con il quale il F. aveva dedotto la violazione delle norme dettate in tema di termini di conclusione del procedimento amministrativo di irrogazione della sanzione, di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 2 e al D.M. 23 marzo 1992, n. 304, emanato in attuazione della citata L. n. 241 del 1990.

Avverso l’anzidetto decreto hanno proposto ricorso per cassazione il Ministero dell’economia e delle finanze e la CONSOB, sulla base di due motivi.

Ha resistito con controricorso F.L.. L’intimata s.p.a.

Fineco Group non ha svolto attività difensiva in sede di legittimità.

In prossimità dell’udienza il controricorrente ha depositato una memoria illustrativa.
Motivi della decisione

1. – Deve preliminarmente essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla difesa del controricorrente sul rilievo che l’esposizione sommaria dei fatti di causa sarebbe sostituita dall’inserimento, nel ricorso medesimo, di una copia fotostatica del decreto impugnato.

L’eccezione è infondata.

L’esposizione sommaria dei fatti di causa può ritenersi osservata quando nel ricorso stesso sia trascritta la parte espositiva del provvedimento impugnato, sempre che attraverso la trascrizione si forniscano gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalle parti, senza necessità di fare riferimento ad altre fonti.

Per i fini indicati, è inevitabile l’equivalenza fra la trascrizione della (parte espositiva del) provvedimento impugnato e la unione tramite "spillatura" dello stesso provvedimento, a maggior ragione se, come nella specie, in fotocopia integrale, trattandosi di un divario attinente al solo segno grafico utilizzato (Cass., Sez. Un., 20 febbraio 2003, n. 2602; Cass., Sez. 3^, 17 luglio 2003, n. 11195;

Cass., Sez. 5^, 22 settembre 2003, n. 14001; Cass., Sez. 5^, 3 febbraio 2004, n. 1957; Cass,, Sez. Lav., 10 gennaio 2006, n. 164).

Nè è causa di inammissibilità l’errore occorso nella citazione di alcuni dati (in particolare, del provvedimento sanzionatorio ministeriale) nello sviluppo dei motivi di ricorso, atteso che queste inesattezze non inficiano la chiarezza, in diritto, delle censure articolate.

2. – Con il primo motivo di ricorso il Ministero e la CONSOB denunciano violazione del D.M. 23 marzo 1992, n. 304, artt. 2 e 6 (regolamento di attuazione della L. n. 241 del 1990), della L. n. 241 del 1990, art. 2, commi 2 e 3, e delle norme di legge e regolamentari in materia di termini di durata del procedimento amministrativo di natura non sanzionatoria.

Deducono i ricorrenti che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il mancato rispetto del termine previsto per l’inizio o la definizione del procedimento non comporta – al contrario di quanto affermato dalla Corte di appello – l’illegittimità del provvedimento tardivo in assenza di esplicita previsione della natura perentoria del termine o dell’effetto invalidante del mancato rispetto. La L. n. 241 del 1990, art. 2 pone un termine acceleratorio per la definizione dei procedimenti amministrativi al solo fine di garantire il buon andamento dell’azione amministrativa, senza contenere alcuna prescrizione in ordine alla perentorietà di detto termine.

Il motivo – scrutinatale nel merito, perchè la questione di diritto con esso veicolata, a differenza di quanto sostenuto dal controricorrente, non deduce una questione nuova, diversa da quella esaminata nel giudizio a quo – è fondato, dovendosi applicare il principio, di recente affermato dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza 30 settembre 2009, n. 20929, secondo cui "in tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, -per effetto dell’entrata in vigore della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 21-octies, comma 2, gli eventuali vizi del procedimento amministrativo previsto dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 195 che si svolge innanzi alla Commissione nazionale per le società e la borsa, non sono rilevanti , in ragione tanto della natura vincolata del provvedimento sanzionatorio, quanto della immodificabilità del suo contenuto. Tale disposizione, introdotta dalla L. 11 febbraio 2005, n. 15, art. 14 ha carattere processuale, ed è pertanto applicabile con effetto retroattivo anche ai giudizi di opposizione in corso, ancorchè promossi in epoca successiva alla sua emanazione".

In particolare le Sezioni unite hanno affermato che la delicata questione del mancato rispetto dei termini di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 2 e al D.M. n. 304 del 1992, oggetto di contrasto nella giurisprudenza di legittimità, deve essere risolta – al di là ed a prescindere dalla questione della natura perentoria, ordinatoria, acceleratoria ovvero sollecitatoria del termine in parola – sulla base di quanto disposto dall’art. 21-octies, inserito nel corpus normativo della L. n. 241 del 1990, così come introdotto dalla L. n. 15 del 2005.

Per effetto di tale innovativa disposizione, gli eventuali vizi del procedimento non sono, nella specie, rilevanti, in quanto risulta palese tanto la natura vincolata del provvedimento impugnato quanto la immodificabilità del relativo contenuto (cfr. Cass., Sez. 2^, 7 dicembre 2010, n. 24784, anche sulla portata retroattiva dello ius superveniens).

3. – Il primo motivo di ricorso va pertanto accolto, con assorbimento del secondo logicamente subordinato al mancato accoglimento del primo.

Ne discende la cassazione dell’impugnato decreto.

La causa va rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Milano, la quale procederà ad un nuovo esame uniformandosi ai principi sopra enunciati e, superata e ritenuta infondata l’eccezione preliminare sollevata dall’opponente relativa alla asserita violazione della L. n. 241 del 1990, art. 2 e del citato D.M. n. 304 del 1992, provvederà ad esaminare gli altri motivi di opposizione non affrontati nel decreto impugnato perchè ritenuti assorbiti.

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

LA CORTE accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di appello di Milano.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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