Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-01-2011) 22-02-2011, n. 6532 Sequestro

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 5.8.2010, il Tribunale della Libertà di Catanzaro rigettava l’istanza di riesame proposta da Z.L. contro il decreto di sequestro preventivo di beni strumentali e patrimoniali dell’associazione Blue Village, della ditta individuale Blue Village, e della società "Centro Benessere Sport", e della polizza vita Alleanza ass.ni S.p.a. nr. (OMISSIS), emesso nei suoi confronti dal locale ufficio di procura ai sensi dell’art. 321 c.p.p. e D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12 sexies, nell’ambito del procedimento penale a carico di M.P. e B.M. per i reati di cui all’art. 416 bis c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74.

Ricorre la difesa, rilevando il vizio di mancanza assoluta o di illogicità della motivazione del provvedimento impugnato ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e).

I giudici territoriali si sarebbero erroneamente riferiti ad inesistenti investimenti immobiliari della ricorrente; avrebbero trascurato di considerare che la gran parte dei beni "aziendali" in sequestro non si appartenevano alla Z., che piuttosto li aveva presi in locazione dal M.; avrebbero affermato in modo del tutto illogico che il M. poteva disporre a suo piacimento della gestione ed amministrazione dei beni in sequestro;

avrebbero, infine, indebitamente frazionato, quanto alla polizza vita, le dichiarazioni del padre della ricorrente, nel complesso asseritamente deponenti per la "trasparenza" della disponibilità della polizza da parte della Z..

Il ricorso è inammissibile.

Ed invero, per quel che riguarda i beni comunque costituenti dotazioni aziendali, non ha affatto importanza che essi appartengano o meno singolarmente al titolare dell’impresa, perchè l’azienda ha un’identità giuridico-economica diversa dai beni che la compongono, che non necessariamente devono far capo al gestore a titolo di proprietà. Il fatto che l’unità immobiliare dove si svolgeva l’attività dell’associazione Blue Village, poi trasformatasi nell’omonima ditta individuale di Z.L., e le relative attrezzature, non appartenessero alla ricorrente, non sarebbe quindi per nulla decisivo. Peraltro, le deduzioni difensive implicherebbero paradossalmente la conseguenza del difetto dì legittimazione della ricorrente, se le valutazioni del caso dovessero inerire esclusivamente agli assetti proprietari dei beni in questione.

Per il resto, il ricorso si muove chiaramente fuori dai limiti del sindacato di legittimità su provvedimenti di cautela reale, dal momento che il ricorso per Cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere gli "errores in iudicando" o "in procedendo", e, quanto ai vizi della motivazione, solo quelli così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. (Conf. S.U.,29 maggio 2008 n. 25933, Malgioglio; Sez. 2, n. 3103 del 18/12/2007 Ivanov).

Ma il tribunale argomenta compiutamente su tutti i presupposti della misura, sia riguardo alla effettiva titolarità dei beni in sequestro da parte del M., che con riferimento alla personale situazione economica della ricorrente, tale da non giustificare la disponibilità dei mezzi finanziari occorrenti per le iniziative imprenditoriali apparentemente alla stessa riferibili, che, infine, con riguardo ai rapporti personali tra i due.

E sono evidenti gli accentuati profili di merito delle contrarie deduzioni difensive, dirette a cogliere in realtà, a dispetto del formale riferimento alla "carenza assoluta della motivazione", solo qualche presunta lacuna argomentativa nel provvedimento impugnato su singoli aspetti, quando non a sovrapporre alternative valutazioni in fatto a quelle dei giudici territoriali, spesso peraltro con rilievi non del tutto pertinenti.

Così è per il presunto "quasi travisamento dei fatti" da parte del tribunale rispetto all’effettivo dominio sui beni in sequestro da parte del M., "vizio" (non codificato) che la difesa deduce (peraltro con la significativa prudenza dell’utilizzazione della locuzione "quasi") alla stregua di sequenze temporali che rispetto a situazioni fittizie sarebbero comunque scarsamente apprezzabili; ma così è anche per la presunta erroneità del riferimento contenuto nell’ordinanza impugnata agli "investimenti immobiliari" della Z., laddove è evidente, peraltro, che la locuzione è genericamente usata dai giudici territoriali con riguardo non ad "acquisti" immobiliari, ma proprio agli investimenti "aziendali" elencati immediatamente prima.

Non si comprende poi quale indebito "frazionamento" sarebbe rilevabile nella valutazione delle dichiarazioni del padre della ricorrente, che per la parte relativa alla situazione di assoluta impossidenza della figlia sono persino superflue, considerata l’attenta analisi reddituale effettuata dal tribunale sulla base delle dichiarazioni fiscali esaminate; e per la parte relativa al presunto soccorso finanziario dell’uomo in favore della ricorrente, non illogicamente sono state svalutate, in assenza di qualunque documentazione a supporto.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa della stessa ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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